sentenza 13 febbraio 1982; Pres. Fico, Est. Bresciano; imp. Sica e PratesiSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.255/256-259/260Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174593 .
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PARTE SECONDA
Ora, pare evidente che se si fosse voluto limitare l'applicazio ne delle sanzioni sostitutive ai soli reati di competenza del pre tore, quale unica categoria di reati presa in considerazione per l'applicabilità delle stesse sanzioni non sarebbe stato necessario il riferimento ai reati « commessi da persona minore degli anni 18 » giacché l'età dell'autore dei reati non può influire sulla ti
pologia, definita in generale (e salve le eccezioni previste da leg gi speciali) dall'art. 31 c. p. p. in relazione alla entità della pena comminata in astratto. In altre parole, definendosi cosi la tipo logia dei reati non era necessario un riferimento esplicativo alla loro commissione da parte di un minorenne, giacché un reato di
competenza del pretore rimaneva (evidentemente) sempre tale an che se commesso da persona minore degli anni diciotto: cosic ché una precisazione in merito era assolutamente inutile.
Non cosi, viceversa, può dirsi per la precisazione « anche se
giudicati... da un giudice superiore », giacché il riferimento alla « competenza del pretore » per la definizione della categoria di
reati cui applicare le sanzioni sostitutive avrebbe potuto ingene rare confusione circa la possibilità di tale applicazione nel caso in cui detti reati fossero giudicati da un giudice diverso dal pre tore. Di qui l'opportunità dell'esplicita risoluzione di tale que stione in senso affermativo.
Pertanto, se si vuole attribuire un senso alla menzione dei reati « commessi da persona minore degli anni 18», bisogna ritenere
che tale dizione definisca una tipologia di reati diversa dai « rea
ti di competenza del pretore ».
Quindi, sembra corretto ritenere che le predette sanzioni so
stitutive si applichino in due casi: 1) i reati di competenza del
pretore, anche se giudicati da un giudice superiore; 2) i reati
commessi dai minori degli anni 18, indipendentemente dalla
precedente categoria costituita dai reati di competenza del pre tore, e quindi dal loro riferimento dell'organo giurisdizionale
competente a giudicarli.
La conseguenza è che, mentre nel caso sub 1) è necessario
che ricorrano i requisiti a) della riconducibilità del reato nella ca
tegoria di quelli di competenza del pretore, e b) del limite della
pena detentiva previsto per ciascuna sanzione sostitutiva, nel ca
so sub 2) non v'è il limite indicato alla lett. a), ma solo quello
precisato nella lett. b).
Tale interpretazione, anche a non volerla ritenere come l'unica
possibile, sarebbe comunque perfettamente consentita dalla di
zione dell'art. 54.
Ora, nell'eventualità in cui ci si trovi dinanzi a due interpreta zioni consentite sembra doveroso adottare quella che meglio ri
sponde ad esigenze sistematiche. Ed anche sotto tale profilo, il
collegio ritiene che l'interpretazione più corretta sia quella più
sopra indicata, ed adottata nella presente decisione.
Non v'è dubbio, infatti, che l'ordinamento giuridico ha attri buito una posizione del tutto particolare alla normativa penale riguardante i minori. Benché il sistema penale sia unico per que sti e per i maggiorenni, esso contiene, tutavia, significative dispo sizioni in favore dei minorenni, volte a favorirne il recupero so
ciale più che tese alla pura riaffermazione del diritto punitivo dello Stato.
Così dicasi della possibilità di assoluzione per immaturità, del
perdono giudiziale, della riduzione della sanzione penale per la diminuente dell'età minore, della migliore disciplina della sospen sione condizionale della pena, della liberazione condizionale sen za un periodo minimo di espiazione della pena, della possibilità di esecuzione della libertà vigilata senza il ricorso alla polizia, della riabilitazione speciale, e cosi via: si tratta di disposizioni che offrono al minorenne un trattamento assolutamente speciale, e che costituiscono un orientamento che deve sorreggere nell'in
terpretazione della norma.
A tale orientamento di carattere generale si è, appunto, rifatta la Corte costituzionale che, con la sentenza 20 aprile 1978, n. 46 (Foro it., 1978, I, 1073), ha dichiarato inapplicabile ai mi nori il divieto di concessione della libertà provvisoria per deter minati reati contenuto nell'art. 2 1. 22 maggio 1975 n. 152: e ciò proprio sul presupposto che ogni norma riguardante i mi nori va interpretata nel senso nel quale essa possa favorirne il
recupero sociale.
D'altro canto, la stessa 1. n. 689 in esame prevede un tratta mento speciale per i minori nell'art. 75, disponendo che la li bertà controllata venga per essi eseguita secondo le modalità
previste dall'art. 47 dell'ordinamento penitenziario vigente per l'affidamento in prova al servizio sociale. Sembra, dunque, im
pensabile che proprio una legge quale appunto quella n. 689, diretta anche a favorire un migliore inserimento sociale del con dannato mediante l'esclusione o l'attenuazione della carcerazione, non abbia previsto un trattamento più favorevole proprio per i
minorenni, per i quali l'ordinamento giuridico appresta norme
e strutture di impronta marcatamente rieducativa.
D'altro canto, la normativa in esame ben poco sarebbe utiliz
zabile per i minorenni, che nel 70 % circa dei casi sono impu tati di furti, anche lievi, ma tuttavia con una o più aggravanti che, facendo sfuggire il reato alla competenza pretorile, impedi rebbero l'applicazione delle sanzioni sostitutive.
Per tutte queste considerazioni si impone, quindi, l'interpreta zione dell'art. 54 sopra seguita, con la conseguenza che le san
zioni sostitutive devono essere ritenute applicabili a tutti i reati
commessi da minorenni, con la sola limitazione — giova ripe terlo — costituita dalla pena irrogabile in concreto, che non de
ve superare i limiti massimi previsti per l'applicabilità di cia
scuna sanzione sostitutiva.
Nel caso di specie, la sanzione sostitutiva (da individuarsi nel
la libertà controllata per il periodo di quattro mesi) è preferi bile in quanto il minore può essere appoggiato, con separato
provvedimento amministrativo, ad una struttura di accoglimento lontana dall'ambiente dal quale il giovane è fortemente condi
zionato, e che si rivela idonea per la presenza di un educatore
cui il Beccini era in precedenza notevolmente legato.
Consegue l'immediata scarcerazione del condannato se non de
tenuto per altra causa.
I
TRIBUNALE DI ROMA; TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 13 febbraio 1982; Pres. Fico., Est. Bresciano; imp. Sica e Pratesi.
Ingiuria e diffamazione — Diffamazione a mezzo stampa — Af
fermazioni non veritiere circa le conseguenze dell'accoglimento di una proposta referendaria — Reato — Sussistenza (Cod. pen., art. 57, 595; 1. 8 febbraio 1948 n. 47, disposizioni sulla stampa, art. 13, 21).
Integra gli estremi del reato di diffamazione a mezzo stampa la
pubblicazione di un articolo giornalistico in cui si affermi, in
palese contrasto con la verità, che l'accoglimento della propo sta referendaria radicale in materia di aborto avrebbe abolito
l'obbligo degli enti ospedalieri e delle altre strutture sanitarie
pubbliche di effettuare interventi per l'interruzione della ma
ternità. (1)
II
TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 13 febbraio 1982; Pres. Fico, Est. Ettari; imp. Ferrara e Scalfari.
Ingiuria e diffamazione — Diffamazione a mezzo stampa — Af
fermazione obiettivamente inesatta circa le conseguenze del
l'accoglimento di una proposta referendaria — Opinione sinte tica espressa in sede di critica giornalistica — Reato — Insussi stenza (Cod. pen., art. 57, 595; 1. 8 febbraio 1948 n. 47, art.
13, 21).
Costituisce legittimo esercizio del diritto di critica giornalistica la pubblicazione di un articolo in cui si affermi, a mo' di va lutazione sintetica e non di cronaca analitica, che l'accogli mento della proposta referendaria radicale in materia di abor to avrebbe comportato — circostanza obiettivamente inesat ta — la totale abrogazione della l. 194/1978. (2)
(1-2) Continuano, ed anzi s'inaspriscono, gli strascichi giudiziari della campagna referendaria della primavera '81: episodio emble matico della « guerra guerreggiata » tra radicali e mass media, accu sati di distorcere sistematicamente o passare sotto silenzio l'attività di chi non prosperi nei meandri del « Palazzo ». Nella circostanza, le ostilità erano iniziate con una raffica di richieste di provvedimenti d'urgenza, in parte accolte e in parte no (v. Pret. Roma, ord. 11 mag gio 1981, ed altre sei, Foro it., 1981, I, 1737). Il «fronte» ha poi subito qualche modificazione. E cosi, accanto ad un giornalista e al direttore pro tempore di « Paese sera », troviamo analoga accop piata per « L'Unità » (identico esito processuale, sentenza inedita in pari data); ed ancora Zollo e Folli, all'epoca responsabili rispetti vamente de « L'Unità » e de « L'informatore repubblicano » (due sen tenze di condanna rese in pari data sempre dal collegio capitolino); nonché Ferrari e Scalfari per «La Repubblica», i soli ad andare assolti.
Da notare che — com'era già avvenuto per Trib. Roma 10 marzo 1982, in questo fascicolo, I, 1405, rispetto alla fase cautelare decisa da Pret. Roma, ord. 2 giugno 1980 (Foro it., 1980, I, 2046; anche
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GIURISPRUDENZA PENALE
I
Fatto e diritto. — Sica Luciana e Pratesi Piero sono stati rin
viati a giudizio per rispondere dei reati indicati in epigrafe in
seguito ad una duplice querela presentata da Rutelli Francesco,
segretario nazionale del Partito Radicale, Franca Berger, Laura
Cherubini, Maria Grazia Pavesi, Silvio Pergameno e Giuseppe
Rippa, componenti del comitato promotore del referendum sul
l'aborto, a conferma di una querela già presentata per lo stesso
fatto dal Rutelli e dalla Passeri. Entrambi gli imputati sono ri
masti contumaci. Si sono costituiti parti civili Berger, Cherubini,
Passeri, Rutelli e Pergameno. Al termine della discussione la
parti hanno formulato le conclusioni riportate nel verbale.
I querelanti si dolgono della pubblicazione sul quotidiano «Paese Sera» del 16 aprile 1981 dell'articolo intitolato «La
proposta radicale » nel quale si afferma tra l'altro: « La propo sta radicale chiede innanzitutto la soppressione del primo arti colo della legge (omissis). Tra le altre norme cancellate le più
importanti riguardano ... (omissis) le procedure per interrom
pere la gravidanza, l'obbligo delle strutture pubbliche di prati care gli interventi... (omissis) ». Quest'ultimo concetto è riba
dito poco oltre con la frase: « Ospedali non più tenuti per legge a dare questo genere di prestazioni ».
Occorre premettere che in data odierna questo collegio del tri
bunale ha deciso altri procedimenti contro giornalisti di vari
quotidiani in merito ad affermazioni analoghe a quelle di cui
oggi ci si duole. Esclusi i due processi per i quali si è dato torto
ai querelanti, ve ne sono tre recanti in particolare i nn. 7829/81,
6945/81 e 6946/81, nei quali le stesse parti civili si sono costi
tuite ed hanno prodotto le fotocopie del verbale di presentazione della proposta di referendum depositato presso la Corte di cas
sazione (proc. 7829/81 a carico di Zollo Antonio) dalla quale
risulta l'identità tra d promotori della proposta e le odierne par
ti civili, uno stampato con l'intero testo normativo della 1. 194/
1978 in cui sono riportate in caratteri rossi le parti di cui la
proposta radicale chiedeva l'abrogazione (proc. 7829/81 cit., 6946/
81 e 6945/81 rispettivamente a carico di Folli Stefano e di De
kosas Gianni) e fotocopie di provvedimenti emessi ex art. 700
c. p.c. dal Pretore di Roma dn identica materia, nei quali si or
dinava ai resistenti direttori di quotidiani la rettifica di notizie
pubblicate; tra queste vi è un provvedimento emesso proprio
in relazione all'articolo di cui oggi ci occupiamo, per il quale il
pretore ha accolto le ragioni dei ricorrenti, obbligato il Pratesi,
e per esso il quotidiano « Paese Sera », a pubblicare una retti
fica (v. proc. 6945/81 cit.). In verità il difensore di parte civile
avrebbe dovuto mostrare maggiore diligenza e produrre stampa
ti e fotocopie in numero sufficiente per i vari procedimenti trat
tati nell'odierna udienza; tuttavia ritiene il tribunale di poter
decidere anche in virtù della corretta condotta del difensore de
gli imputati, che non ha sollevato obiezioni di sorta perché, es
sendo difensore in alcuni degli altri procedimenti oggi trattati,
ha potuto prendere visione dei documenti. Si deve pertanto ri
tenere provata la legittimazione dei querelanti sia nella veste
di promotori, sia, quanto al Rutelli, nella qualità di segretario nazionale del Partito Radicale, direttamente chiamato in causa
dall'estensore dell'articolo sin dal titolo: « La proposta radica
le ». Tale proposta prevedeva l'abrogazione parziale della 1. 194/
78. In particolare in seguito all'abrogazione parziale del 4° com
ma dell'art. 9 1. cit. di testo sarebbe risultato di seguente (tra
parentesi sono indicate le parti da abrogare) : « Gli enti ospe
lieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad
assicurare (l'espletamento delle procedure previste dall'art. 7 e)
l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti (secondo le modalità previste dagli art. 5, 7 e 8). La re
in Giust. civ., 1981, I, 218, con note di Fiori e 632 ss. di Dogliotti) —
anche nelle sentenze su riportate (e in quelle inedite), il discorso tra
passa dall'originaria impostazione in termini di lesione dell'identità
personale al più « trito » approccio in chiave di offesa alla reputazione. Solo che, nelle odierne pronunzie, lo shifting non è interno al ragio namento dell'organo giudicante, ma si pone come frutto dell'inizia
tiva — querela — dei procuratori del referendum e dei rappresen tanti del PR.
Le pronunzie in epigrafe danno per scontata la possibilità di tute
lare l'onore di associazioni non riconosciute quali i partiti politici. In dottrina, il punto rimane assai controverso. Cfr., a fronte della
risposta categoricamente negativa di A. De Cupis, I diritti della per
sonalità2, in Trattato già diretto da Cicu e Messineo, continuato da
Mengoni, Milano, 1982, 257, la posizione ben altrimenti disponibile di L. Concas, Il partito politico come soggetto passivo del delitto di
diffamazione, in Riv. pen., 1979, 449.
Sul reato di diffamazione a mezzo stampa, v. Cass. 16 giugno 1981,
Cederna, che sarà riportata in un prossimo fascicolo.
gione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la
mobilità del personale». Orbene risulta evidente che anche in seguito all'abrogazione
parziale richiesta dai radicali non sarebbe venuto in alcun modo
meno l'obbligo degli enti pubblici di effettuare gli interventi.
Con l'abrogazione totale di altri articoli (1, 4, 5, 7, 8, 12, 13, 14) e quella parziale degli art. 6, 9, 10, 11, 19, 22, si sarebbe dra
sticamente mutata la situazione normativa, con massiccio am
pliamento delle possibilità di abortire mediante procedure sem
plificate e con esclusione di alcune sanzioni penali. Come si è avu
to modo di osservare nelle altre sentenze di cui ai procedimenti citati, l'abrogazione avrebbe comportato alcune conseguenze giu ridiche di notevole rilievo sotto il profilo penalistico, lasciando
prive di adeguata sanzione alcune condotte illecite. Ma in ogni caso l'abrogazione parziale non avrebbe in alcun modo abolito
l'obbligo degli enti ospedalieri e delle altre strutture sanitarie
pubbliche di effettuare gli interventi abortivi. Pertanto l'articolo
pubblicato dalla Sica afferma circostanze palesemente false; il
fatto che il quotidiano non abbia provveduto a rettificare tali notizie benché sollecitato sia in via bonaria, sia in sede civile ex art. 700 c. p. c., sia dopo la presentazione della querela, co stituisce l'ulteriore e superflua prova della malafede e della vo lontà di fuorviare il lettore.
È dovere primario e insopprimibile del giornalista — perfino se collegato ad organi di stampa di partiti politici — esercitare con assoluta correttezza il diritto di cronaca, nel senso di ripor tare le notizie in maniera assolutamente fedele, spogliandosi in
tale fase della propensione verso determinate ideologie, di qua lunque natura siano; soltanto nella fase immediatamente suc
cessiva, cioè quella in cui si proceda a commentare la notizia, esercitando il diritto di critica, è logico siano espresse le proprie convinzioni personali, in forma anche polemica ed aspra, pur ché non venga offesa la reputazione altrui.
Anche se può sembrare utopistico quanto sopra detto, non vi
si può derogare in alcun modo se si ha a cuore lo sviluppo de
mocratico della società. Non bisogna infatti dimenticare che i
mass media costituiscono un potentissimo veicolo di orientamen
to della pubblica opinione; se l'informazione giornalistica è
corretta il lettore è in grado di elaborare convinzioni personali autonomamente e di instaurare perciò un rapporto dialettico, e
perciò critico e genuino, con il commentatore della notizia e, in
ultima analisi, con l'organo di stampa; se invece la notizia pub blicata è falsa, il lettore si formerà un'opinione basata su di una
falsa rappresentazione della realtà, senza possibilità di una va
lutazione critica della notizia e nella maggior parte dei casi su
birà l'opinione dell'organo di stampa. Lo stato di incensuratezza della Sica e la sua giovane età
consentono di concederle le attenuanti generiche da dichiararsi
prevalenti sull'aggravante contestata: pena congrua appare quel la in dispositivo (p.b. lire 150.000 - 1/3). Segue la condanna
al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede nonché
alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle
costituite parti civili in ragione di lire 250.000, così liquidate
complessivamente e globalmente in mancanza di notula. Ai sensi
dell'art. 12 1. 47/1948 liquida in favore delle parti civili costi
tuite la somma di lire due milioni a titolo di riparazione pecu
niaria, cosi' determinata in relazione alla diffusione del quotidia no e alle modalità -del fatto. Ai sensi dell'art. 9 1. cit. si or dina la pubblicazione della sentenza per estratto per una sola
volta sul quotidiano «Paese Sera». Il reato ascritto al Pratesi
è estinto per amnistia (d. p. r. 744/1981).
Il
Fatto e diritto. — In data 11 maggio 1981 Rutelli Francesco,
Tempestini Angelo, Cherubini Laura e Passeri M. Grazia — i
primi due nella rispettiva qualità di segretario nazionale e re
gionale del Partito Radicale; le ultime due poi costituitesi parte
civile, nella qualità di membri del comitato promotore del re
ferendum radicale per la modifica della legge sull'aborto — pre sentavano querela nei confronti del direttore responsabile del
quotidiano « La Repubblica », Scalfari Eugenio, e del giornali sta Ferrara Giovanni per un articolo da quest'ultimo redatto e
pubblicato su quel giornale il 12 aprile 1981. Detto articolo, dal
titolo « Al referendum bisogna votare », si riefriva ai noti refe
rendum per la modifica della legge anzidetta ed è stato dai que relanti ritenuto diffamatorio in quanto la frase « il referendum
proposto dai radicali propone l'abrogazione totale della leg
ge... » in esso contenuta, essendo contraria al vero, avrebbe
avuto lo scopo di ingenerare nel pubblico dei lettori una con
vinzione errata e di delineare una immagine dei « radicali »,
quali promotori e sostenitori del referendum, del tutto falsata.
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PARTE SECONDA
Ciò sul rilievo che l'abrogazione totale della legge sarebbe si nonimo di « cancellazione » di un diritto del P. R. sempre pro pugnato.
Il Ferrara e lo Scalfari venivano quindi tratti a giudizio di rettissimo avanti a questo tribunale per rispondere dei reati in
epigrafe. La difesa dei medesimi eccepiva in rito il difetto di
querela e chiedeva nel merito l'assoluzione con formula piena.
La querela però esiste ed è stata tempestivamente presentata da soggetti legittimati a farlo: la Cherubini e la Passeri, a ti
tolo personale, nella menzionata qualità di membri del comi
tato promotore del referendum in esame (qualità risultante da
una copia del verbale 7 febbraio 1980 di presentazione della richiesta di referendum alla cancelleria della Corte di cassazione,
prodotta dalla difesa di parte civile in altro, analogo processo n. 7829/81, trattato contestualmente al presente nell'udienza odier
na), e gli altri due come rappresentanti del P. R., il quale noto riamente ha assunto l'iniziativa di detto referendum, come del resto lo stesso articolista ha evidenziato parlando di « referen dum proposto dai radicali ».
Ciò posto, deve osservarsi che l'articolo incriminato si soffer ma ad analizzare le conseguenze politiche di una affermazione del referendum radicale o di quello proposto dal Movimento per la vita. Entrambi, secondo l'articolista, si presentavano come bat
taglie su valori civili o religiosi, ma di fatto la scelta da essi
proposta era sostanzialmente politica, soprattutto perché una « vit toria del sf » avrebbe fatto arretrare di colpo di vari anni i rap porti politici tra le forze democratiche e laiche, riaprendo una contesa nel sistema dei partiti.
In tale contesto, sinteticamente e, se si vuole, suggestivamente, l'articolista, nell'illustrare la portata dei due referendum, ha so stenuto che quello radicale proponeva « l'abrogazione totale del la legge », precisando in seguito che ciò avrebbe comportato la « liberalizzazione assoluta dell'aborto ». Nessun altro specifico ri ferimento contiene l'articolo in ordine al referendum radicale.
Orbene, non vi è dubbio che le affermazioni in esame sono obiettivamente inesatte, in quanto della vigente legge i radicali non hanno proposto l'abrogazione totale, ma è vero altresì che tali e tante erano le norme da abrogare secondo il loro pro getto (gli interi art. 1, 4, 5, 7, 8, 12, 13, 14 e parzialmente gli art. 6, 9, 10, 11, 19, 22) che la legge ne sarebbe risultata so stanzialmente modificata, sì da apparire totalmente diversa dalla
precedente. Sarebbe infatti rimasta inalterata la sola normativa concernente
i consultori familiari, l'obiezione di coscienza da parte del per sonale sanitario ed ausiliario, le prestazioni ospedaliere ed altri connessi compiti delle regioni (come l'aggiornamento del perso nale predetto) e taluni illeciti penali (interruzione della gravi danza senza il consenso della donna, ovvero senza l'accerta mento medico in talune ipotesi, dopo i 90 giorni — lett. A e B dell'art. 6: grave pericolo per la vita della donna, ovvero per la sua salute fisica o psichica, in correlazione con accertati pro cessi patologici).
Ma sarebbero state spazzate via, con i principi sanciti dall'art. 1 sul diritto alla procreazione cosciente e responsabile garantito dallo Stato, sul valore sociale della maternità e sulla tutela della vita umana sin dal suo inizio, anche le norme finalizzate alla pro mozione e sviluppo dei servizi socio-sanitari e delle altre ini ziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite. Sarebbero state soppresse le limitazioni, le cautele e le procedure previste dalla legge per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, per cui l'abor to in tale periodo sarebbe divenuto assolutamente libero ed in
controllato; sarebbe stata soppressa anche la particolare procedu ra prevista per l'interruzione della gravidanza dopo i primi 90
giorni (in particolare, l'accertamento dei processi patologici di cui all'art. 6, da parte di un medico ospedaliero), con conse
guente riduzione delle correlative cautele e garanzie. Sarebbero
state abrogate le speciali procedure previste per le minorenni e
le interdette, nonché l'obbligo per i medici di svolgere un'atti
vità di informazione e di prevenzione delle gravidanze non desi derate. Sarebbero state soppresse anche le norme che attribui scono in via esclusiva gli interventi interruttivi della gravi danza agli ospedali pubblici ed alle case di cura autorizzate e
quella che impone l'obbligo della informativa al medico provin ciale, con la conseguenza che l'aborto si sarebbe potuto prati care, senza alcun controllo, presso qualsiasi clinica privata o
qualsiasi ambulatorio medico.
La libertà della donna ne sarebbe risultata quindi enormemente accresciuta e, correlativamente, i compiti delle strutture pubbli che si sarebbero ridotti all'apprestamento dei mezzi per l'atto ma teriale di interruzione della gravidanza, esclusa ogni funzione di
controllo e di incisivo intervento per la tutela di altri, superiori interessi. In definitiva, alla normativa attuale ne sarebbe suben
trata un'altra completamente diversa, sia per quanto attiene alle
modalità di intervento delle strutture pubbliche, sia, soprattutto,
per quanto concerne la determinazione dei principi ispiratori e
dei concreti fini da perseguire.
Orbene, di fronte ad una modifica cosi profonda, ben si com
prende che l'estensore dell'articolo incriminato abbia potuto con
efficace sintesi affermare che si trattava di una abrogazione to
tale della legge in vigore e di una liberalizzazione assoluta del
l'aborto. Tanto più che nel contesto dell'articolo le frasi in que stione assumono il valore non di una obiettiva notizia di cro
naca, ma di un giudizio, di un'opinione; a questo riguardo oc
corre tener presente che la richiesta di referendum in questione era stata presentata più di un anno prima e che il contenuto
di essa, nei suoi elementi di fatto, era stato ampiamente divul
gato da tutti i mezzi di informazione. Pertanto si era ormai giun ti ad uno stadio in cui i dati di fatto della questione, ed in par ticolare le singole norme della legge che i radicali intendevano
far abrogare per realizzare il loro ben noto programma, erano
perfettamente a conoscenza del pubblico dei lettori. A quel pun
to, più che ripetere i termini precisi delle due anzidette proposte referendarie ed elencarne con puntuale monotonia i singoli ele
menti innovativi, appariva più utile ed opportuno al giornalista
esprimere opinioni, fare raffronti, muovere critiche: ciò da un
lato per vivacizzare la materia, che essendo ormai nota rischia
va di perdere di interesse, e, dall'altro, per portare avanti, con
pari libertà dei promotori del referendum, nell'ambito di un'op
portuna dialettica democratica, la propria battaglia civile o re
ligiosa o, come nella specie, squisitamente politica.
In considerazione di quanto precede può prescindersi dal va
lutare la potenzialità offensiva delle espressioni in esame, doven
dosi senz'altro ritenere che il giornalista ha correttamente eserci
tato il proprio diritto di critica. Detta scriminante si estende al
direttore responsabile del periodo sul quale l'articolo è stato pub blicato. (Omissis)
Rivista di giurisprudenza penale Ordinamento penitenziario — Semilibertà — Mancata previsione
del delitto di strage tra quelli ostativi alla concessione — Que
stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 1, 2, 3; 1. 26 luglio 1975 n. 354, norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limi
tative della libertà, art. 47, 48; 1. 12 gennaio 1977 n. 1, modi
ficazioni alla legge 26 luglio 1975 n. 354 e all'art. 385 cod. pen., art. 4).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità
degli art. 48, 3° comma, e 47, 2° comma, 1. 26 luglio 1975 n. 354, come modificato dall'art. 4 1. 12 gennaio 1977 n. 1, nella parte in cui non prevede, tra i delitti ostativi alla concessione della semi libertà (rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata,
sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione) il delitto
di strage di cui all'art. 285 c. p., in riferimento agli art. 1, 2, 3 Cost. (1)
Corte d'appello di Perugia; Sezione sorveglianza; ordinanza 26
marzo 1981 (Gazz. uff. 25 novembre 1981, n. 325); ric. Marzorati.
(1) Per l'infondatezza della questione di costituzionalità degli art. 47, ¥ comma, e 48, 3° comma, 1. 354/1975, nella parte in cui escludono dall'affidamento in prova al servizio sociale e dall'ammissione alla semilibertà i condannati o internati che abbiano commesso delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, in riferimento agli art. 3 e 27, 3" comma, Cost., v. Corte cost. 7 luglio 1980, n. 107, Foro it., 1980, I, 2089, con nota di richiami.
Nel senso che, in caso di cumulo di pene inflitte per reati di specie diversa, può essere ammesso al regime di semilibertà il condannato che abbia già scontato la parte di pena relativa al delitto che sarebbe ostativo alla concessione, v. Trib. min. Genova, ord. 8 febbraio 1979, id., 1979, II, 205, con nota di richiami, cui adde Cass. 24 gennaio 1979, Cozzolino, id., Rep. 1979, voce Ordinamento penitenziario, n. 71.
In tema di semilibertà v., da ultimo, Trib. min. Torino, ord. 9 gennaio 1981 e Trib. min. Milano, ord. 16 novembre 1979, id., 1982, II, 137, con nota di richiami e osservazione di La Greca, secondo cui la persona condannata per reato commesso in età minore può essere
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