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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bardi, Est. Russo; imp....

Date post: 29-Jan-2017
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sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bardi, Est. Russo; imp. Casucci e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 249/250-253/254 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171575 . Accessed: 25/06/2014 10:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 10:24:35 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bardi, Est. Russo; imp. Casucci e altri

sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bardi, Est. Russo; imp. Casucci e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.249/250-253/254Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171575 .

Accessed: 25/06/2014 10:24

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GIURISPRUDENZA PENALE

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con sentenza

del 3 . giugno 1974, il Tribunale di Roma dichiarò colpevole Maria

Letizia Paolozzi del delitto di apologia di reato, commesso a

titolo di colpa, ai sensi degli art. 57 e 414, ult. comma, cod.

pen., condannandola quindi con le attenuanti generiche alla

pena di mesi dieci di reclusione; ciò perché la Paolozzi non

aveva impedito la pubblicazione sul giornale « Il potere operaio del lunedi », del quale era direttrice responsabile, di due articoli

in cui si faceva l'apologia del sequestro di un dirigente della

Siemens e di un attentato dinamitardo e di altri delitti, commessi

a Sulmona nel piazzale antistante la fabbrica « Adriatica compo nenti elettronici».

In seguito al gravame dell'imputata, la Corte d'appello di Roma

con sentenza del 4 aprile 1977 ha integralmente confermato la

decisione impugnata. La Paolozzi ha proposto ricorso per cassazione, presentando

a mezzo del difensore specifici motivi.

Motivi della decisione. — Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, si denuncia la vio

lazione dell'art. 414, ult. comma, cod. pen., e si sostiene che i

giudici di appello non si sarebbero adeguati all'interpretazione data alla suddetta norma dalla Corte costituzionale, nella senten

za n. 65 del 1970 (Foro it., 1970, I, 1545) e che in particolare

non avrebbero tenuto conto che, per la configurabilità dell'apo

logia di reato, sarebbe necessaria l'idoneità dell'azione a provo care la commissione di delitti; con la conseguenza che i giudici avrebbero errato nel ritenere la Paolozzi colpevole del delitto

ascrittole, posto che in nessuno dei due articoli sarebbe stato rav

visabile il requisito suddetto, inteso come un pericolo certo e

attuale e non meramente potenziale.

La censura non è fondata.

La norma dell'art. 414, ult. comma, cod. pen., che punisce

l'apologia di uno o più delitti, prevede una fattispecie criminosa,

che si concreta, come questa corte ha più volte precisato con la

sua costante giurisprudenza, nella pubblica formulazione di un

giudizio favorevole su uno o più specifici episodi delittuosi, tale

da implicare la loro approvazione convinta, in termini di ade

sione intellettuale e psicologica, da parte dell'agente.

Nel ritenere la legittimità costituzionale della norma incrimi

natrice, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 65 del 4 mag

gio 1970, ha opportunamente sottolineato come l'apologia del

delitto costituisca un inammissibile attacco contro le basi stesse

di ogni immaginabile ordinamento; ed è peraltro evidente come

anche lo Stato democratico non possa e non debba rinunciare

a difendere i capisaldi dell'ordine da cui è nato e che può libera

mente mutare, attraverso gli appositi meccanismi costituzionali.

Ma, affinché non risulti compromessa la libertà di manifestazio

ne del pensiero, che è un principio irrinunciabile dello Stato de

mocratico e che trova, nel nostro ordinamento, solenne garanzia

nell'art. 21, 1° comma, Cost., è evidentemente necessario che la

norma incriminatrice dell'apologia di reato venga interpretata in

modo da escludere che essa possa applicarsi a lecite espressioni

di pensiero, quali indubbiamente sono la critica della legge, la

propaganda per ottenerne l'aggiornamento o l'abrogazione, il giu

dizio favorevole sui moventi di determinati delitti. Occorre cioè

fissare una netta distinzione tra la libertà di giudicare e di criti

care, che deve essere senza limiti, e quei comportamenti che, at

traverso la parola o gli scritti, possono provocare pericolosi tur

bamenti dell'ordine democratico, che è un fondamento e una fi

nalità irrinunciabile del sistema costituzionale.

Diversamente perciò da quanto questa corte ha ritenuto in

precedenti ed anche recenti pronunce, per la configurabilità del

reato di apologia non basta il pubblico, convinto elogio di un

in cui la pubblicazione esce dalla tipografia, identificandosi in quel

momento la diffusione seppure potenziale; Cass. 16 gennaio 1978,

Campobello, ibid., n. 3, ancora sul momento di perfezionamento del

reato di istigazione a disobbedire alla legge, ravvisandolo nell'atto

della consegna di uno stampato a contenuto istigatorio, senza che

rilevi l'effettiva conoscenza del contenuto da parte del soggetto che

ricéve la pubblicazione. Nel senso di escludere la sussistenza del rea

to di istigazione a delinquere per l'inidoneità della condotta nel ca

so di diffusione di volantini o di pubblicazione sulla stampa di un

articolo, v. Trib. Pisa 10 ottobre 1975, e Trib. Roma 6 ottobre 1975,

id., 1976, II, 65, con nota di richiami. Sulla costituzionalità del

l'art. 266 cod. pen., v. Corte cost. 5 giugno 1978, n. 71, id., 1978,

I, 1338, con nota di richiami ed osservazioni di Pizzorusso, e 1979,

I, 899, con nota di Stortoni, L'incostituzionalità dei reati di opi

nione: una questione liquidata?

Il Foro Italiano — 1980 — Parte II 17.

fatto oggettivamente delittuoso, ma è altresì' necessario, secondo le stesse indicazioni contenute nella citata sentenza della Corte

costituzionale, che la condotta suddetta sia caratterizzata, sul

piano psicologico e su quello oggettivo, da altri elementi, idonei a distinguerla dalle lecite manifestazioni di pensiero.

A questo fine, anche se non si vuole considerare l'apologia come un'ipotesi di istigazione indiretta, è tuttavia innegabile, cosi come ha da tempo avvertito la più autorevole dottrina, che il discorso apologetico deve essere anzitutto connotato dal c. d.

dolo istigatorio, deve cioè avere una portata suggestiva, tale da

proporre il fatto delittuoso, come un modello o un esempio da

imitare. In termini obiettivi, inoltre, come bene ha chiarito la

Corte costituzionale nella sua sentenza, l'apologia punibile, per differenziarsi dalla pura e semplice manifestazione di pensiero, deve integrare un comportamento che per le sue modalità sia

concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.

Quest'ultimo requisito però, diversamente da quanto sembra

ritenere la ricorrente, anche se esclude che quello di apologia

possa considerarsi come un reato di pericolo presunto, non può tuttavia intendersi nel senso che la condotta punibile debba avere

la concreta capacità di provocare, nella situazione considerata, l'immediata esecuzione di delitti, e sia pure la probabilità che

essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo; al

contrario, il requisito dell'idoneità, postulato dalla Corte costi*

tuzionale come condizione essenziale per assicurare la conformità

della norma incriminatrice al precetto dell'art. 21, 1° comma,

Cost., non può essere inteso se non in un senso corrispondente

all'identico concetto elaborato dalla dottrina sulla base della

interpretazione dell'art. 49 cod. pen., e cioè come la ragionevole, non insignificante possibilità che alla condotta seguano determi

nati eventi.

In questa prospettiva, di conseguenza, per accertare la concreta

idoneità nel senso accennato dell'azione apologetica, occorre sta

bilire, di volta in volta, se la convinta, pubblica approvazione di specifici episodi delittuosi rechi in sé la possibilità di influire

sulla condotta di terzi, in modo da poterli determinare al delitto.

Ma proprio perché l'idoneità del comportamento è integrata dalla mera possibilità e non dalla probabilità o dalla certezza di

eventi futuri, è anche evidente come la sussistenza dell'accennato

requisito possa essere esclusa, soltanto quando risulti che l'ambien

te, a cui è destinato il discorso apologetico, sia del tutto refrat

tario a recepire l'impulso implicitamente istigatorio.

Nel caso di specie, la corte d'appello, pur accennando nella

sua sentenza alla possibilità di considerare il delitto di apolo

gia come un reato di pericolo presunto, si è poi attenuta, nella

concreta valutazione degli scritti sottoposti al suo esame, ai prin

cipi giuridici prima enunciati, dimostrando come entrambi gli

articoli pubblicati sul giornale diretto dalla Paolozzi presentassero una concreta idoneità a provocare la commissione di delitti. In

particolare, i giudici di appello hanno messo in evidenza, con

un analitico esame dei due articoli, come le espressioni apolo

getiche usate fossero sempre seguite da frasi che attribuivano

carattere di esemplarità alle azioni delittuose e che contenevano

un espresso implicito invito alla loro reiterazione. Con questi

riferimenti, i giudici del merito hanno correttamente dimostrato

come gli articoli incriminati presentassero tutti i requisiti neces

sari, per la configurabilità del delitto di apologia, e la loro deci

sione perciò, essendo fondata su ineccepibili criteri giuridici, si

sottrae alle critiche che le muove la ricorrente. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE DI MELFI; sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bar

di, Est. Russo; imp. Casucci e altri. TRIBUNALE DI MELFI;

Ordine pubblico (reati contro) — Pubblicazione e diffusione di

notizie vere — Commento tendenzioso — Insussistenza del

reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 656).

La divulgazione di notizie concernenti avvenimenti realmente ve

rificatisi, ancorché, poi, le interpretazioni al riguardo assuma

no, in riferimento alla previsione di sviluppi futuri espressi in

ordine ad essi da colui che le riferisce, una forma tendenziosa,

esclude, di per sé, l'integrazione della fattispecie criminosa di

cui all'art. 656 cod. pen. (nella specie, alcuni tra gli imputati

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PARTE SECONDA

avevano affisso manifesti o pubblicato documenti ove, in par ticolare, traendo spunto dalle vicende giudiziarie conseguenti all'assassinio di un giovane militante antifascista, veniva de

nunciato il clima repressivo instauratosi in Italia in conse

guenza dell'emanazione delle misure normative adottate subito

dopo il rapimento dell'on. Moro). (1)

(1) Negli stessi termini della sentenza che si riporta (id est.': estraneità alla fattispecie dell'art. 656 cod. pen. del solo apprezza mento soggettivo in ordine a fatti realmente accaduti, atteso che « notizia » è solo l'enunciazione di un fatto, con esclusione del com

mento, sia pure tendenzioso), cfr. Cass. 9 aprile 1974, Butelli, Foro

it., Rep., 1975, voce Ordine pubblico (reati contro), nn. 4, 5, e in extenso in Mass. pen.. 1975, 175, con nota di Galasso (sottolinea la corte come, in base al coordinamento tra l'art. 21 Cost, e l'art. 656 cod. pen., non commetta un illecito l'agente allorquando, rife

rendosi a fatti realmente accaduti, ne dia un'interpretazione sogget tiva, « specie quando essa ritrovi nella situazione dei fatti un fon damento di possibile verità, sia legittimata da opinioni in tal senso diffuse e propalate, ed il soggetto sia convinto di affermare il vero e comunque ignaro di narrare il falso »); Trib. Verona 26 settembre

1972, Foro it., Rep. 1973, voce cit., n. 21, e per esteso in Giur. me rito, 1973, II, 196, con nota di Donatiello (ove, in motivazione, viene riservato il carattere della « tendenziosità » esclusivamente a

quella notizia che, seppur dotata di un sostanziale contenuto di verità, viene, però, presentata in modo contorto, dando cosi alla verità officio, carattere e funzione di falsità); soprattutto Trib. Mi lano 17 aprile 1972, Foro it., 1972, II, 269, con ampia nota di ri chiami di giurisprudenza e di dottrina (nella specie, viene esclusa la configurabilità di questo reato nel fatto degli imputati che, a se guito del rinvenimento del cadavere di Giangiacomo Feltrinelli ai piedi di un traliccio dell'alta tensione, avevano pubblicamente di chiarato di essere dell'avviso che l'evento fosse dovuto ad un assas sinio commesso da avversari politici).

Contra, invece, nel senso che per « notizia » debba intendersi non soltanto la semplice e nuda rappresentazione o comunicazione di fatti oggettivi, ma anche la diffusione di apprezzamenti o commenti, anche politici, sui fatti stessi, v. Trib. Roma 22 marzo 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 10, ove, tuttavia, viene assolto l'imputato per aver esercitato legittimamente il diritto di critica, essendosi ri ferito ad avvenimenti realmente accaduti.

Corte cost. 3 agosto 1976, n. 210, id., 1977, I, 295, con nota di richiami (cui adde, oltre alle tre sentenze di merito precedentemen te richiamate, Trib. Roma 5 febbraio 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 20), ha dichiarato infondata, in ciò ribadendo un precedente orientamento (Corte cost. 29 dicembre J972, n. 199, id., 1973, I, 321, con nota di richiami, e 16 marzo 1962, n. 19, id., 1962, I, 595, con nota di richiami), l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 656, in riferimento all'art. 21 Cost, (in motivazione la corte precisa come il concetto di ordine pubblico esclude che il diritto di manifestare il proprio pensiero possa giustificare, in base ad ideologie politiche, la lesione di quel bene, di guisa che rientra nel potere discrezionale del legislatore stabilire se la tutela del « turbamento » dell'ordine pubbli co costituisca bene tutelabile di per sé).

Sulla nozione di «notizia» v., inoltre, Cass. 11 gennaio 1977, Bu scaroli, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 15, 16; su quella di «notizia tendenziosa», invece, v. Cass. 4 febbraio 1976, Catanese, ibid., n. 17, e, per esteso, in Mass pen., 1976, 734, con nota di Mulliri (testual mente: « notizia tendenziosa » è quella non falsa, né esagerata, ma suscettiva, per il modo con cui è presentata, di insinuare suggestiva mente nella generalità un'opinione atta a deprimere od eccitare lo spirito pubblico). Tra l'altro, sempre in quest'ultima sentenza, la corte esclude che l'inciso contenuto nell'art. 656 « per le quali possa es sere turbato l'ordine pubblico » riguardi una condizione oggettiva di punibilità, riferendosi, al contrario, ad un elemento del reato stes so, il cui evento è di pericolo; contra, su questo punto, v., in dottri na, Manzini, Trattato di diritto penale italiano, 1961, X, 106.

In dottrina, sull'art. 656, oltre agli autori citati ed alle note di ri chiami, v., in generale, Antoltsei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Torino, 1974, II, 659 e 660, ove viene riportata la defini zione di « notizie tendenziose » presente nella relazione al re; te stualmente: « sono tendenziose non solo le notizie che tendono ad uno scopo illecito, ma altresì quelle che hanno in sé la capacità di produrre un effetto dannoso, indipendentemente dalla volontà del l'agente »; Fiore, Reati di opinione e libertà di manifestazione del pensiero, Padova, 1972, 139 seg. (l'autore pone in rilievo l'inam missibilità della censura della « tendenziosità » di informazione, sia pure col pretesto di tutelare l'ordine pubblico, giacché, al di fuori dell'ipotesi di notizia sicuramente ed integralmente non vera, ciò significherebbe censurare la « tendenza » in base alla quale un de terminato avvenimento viene apprezzato e definito); R. R., Notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, in Critica pen., 1978, 54 seg.

Nel senso che anche l'esagerazione e la tendenziosità possano ri condursi al denominatore della falsità, cfr. Nuvolone, Il diritto pe nale della stampa. Padova, 1971, 240, e Manzini, op. cit., IV, 286; contra. P. Barile, Libertà di manifestazione del pensiero, voce del

Il Tribunale, ecc. — Fatto. — In data 9 maggio 1978 la que stura di Bari trasmetteva alla procura della Repubblica della stessa città vari manifesti e volantini, individuando in Casucci

Giuseppe, Milella Pietro, Rivera Anna Maria, Vox Maria Anna e Quaranta Luigi i responsabili delle relative operazioni di stam

pa, riproduzione, pubblicazione o affissione, secondo quanto pre

VEnciclopedia del diritto, 1974, XXIV, 441, che parla di «carica di discrezionalità attribuita in queste due ipotesi al giudice e di corre lativo svuotamento del principio di legalità, e quindi della libertà costituzionale ».

Sulla necessità di arrivare ad un'abrogazione dell'art. 656 cod. pen., atteso che una norma che punisca la diffusione di notizie false può avere senso soltanto in un regime in cui lo Stato pretende per sè il monopolio dell'informazione, v., da ultimo, E. Bruti Liberati, Notizie false e tendenziose, in Qualegiustizia, 1974, 122 seg. (ove, pure, è contenuta, a pag. 157 seg., una rassegna delle «notizie» pub blicate in manifesti, articoli di giornale, volantini, ecc., incriminate in quanto false, esagerate o tendenziose). L'autore giunge a queste conclusioni sottolineando pili volte il carattere sussidiario che as sume questa norma nella repressione del dissenso politico, nel senso che essa viene usata quando non si ritiene di far ricorso ad incrimi nazioni più gravi, come quelle di apologia e di vilipendio.

♦ ♦ *

Per una migliore informazione riportiamo i motivi d'appello della procura della Repubblica di Melfi:

« Il tribunale ha motivato il suo convincimento argomentando: 1) che non poteva disconoscersi l'effettiva rispondenza alla realtà del contenuto delle notizie pubbliche; 2) che nella specie si trattava di valutazioni, interpretazioni e commenti relativi ad avvenimenti certi; 3) che non poteva confondersi la tendenziosità del commento o dell'interpretazione con la tendenziosità della notizia; 4) che non erano quindi ravvisabili notizie false o tendenziose; 5) che comun que non era dato al giudice penale censurare quegli apprezzamenti senza incidere su di un diritto costituzionalmente garantito.

Questo ufficio non può che manifestare il proprio dissenso in or dine a tutte le predette argomentazioni, che non possono reggere ad un sereno riesame dei fatti, e chiede alla ecc./ma Corte d'appello di Potenza di volere riformare la impugnata sentenza con l'afferma zione della responsabilità dei prevenuti in epigrafe indicati (nei cui confronti non può, come invece per altri, farsi alcuna questione circa la paternità o meno delle operazioni di stampa, riproduzione, pub blicazione, affissione o propalazione delle notizie) e con la condanna degli stessi alla pena che sarà ritenuta di giustizia.

Infatti il p. m. appellante ritiene, in contrasto col tribunale, che in effetti vi sia stata diffusione non solo di notizie tendenziose, ma anche di vere e proprie notizie false, idonee di per se stesse a de terminare pubblica apprensione, giacché falsa è non solo la notizia di un fatto inventato di sana pianta ma anche quella di un fatto travisato ed è tendenziosa la notizia di un fatto vero, presentata con particolari modalità, cioè in modo malizioso e subdolo. Dire, come si dice nel manifesto fatto stampare ed affiggere dal Casucci, che « lo Stato, la D.C., il P.C.I. cercano di mettere a tacere il dissenso, il movimento rivoluzionario e la classe operaia con gli arresti di massa, le carceri speciali, il confino, le leggi fasciste » e che « uti lizzano il rapimento di Moro per far passare chi. lotta e si ribella come fiancheggiatore del terrorismo », significa dare notizie false per le quali può essere turbato l'ordine pubblico.

Continuare a dire che « terroristi sono lo Stato, la D.C., il P.C.I., che, pur di mantenere il potere, stanno trasformando l'Italia in uno Stato di polizia e di morte » significa dare altra notizia altrettanto falsa.

Porre in relazione la scarcerazione di alcuni individui con l'arre sto di altri di diversa tendenza politica (« i magistrati che a dicem bre e febbraio scarcerarono i fascisti assassini di Benedetto Petrone oggi hanno arrestato cinque dei suoi compagni e costretti altri tre alla latitanza ») significa presentare i fatti in modo tale da depri mere o eccitare, cioè da suscitare impressioni o reazioni non adegua te alla realtà dei fatti: significa in conclusione propalare notizie tendenziose, dando ad intendere che i magistrati, i quali invece già contano nelle loro file le vittime della violenza di opposto segno, sono protettori di fascisti e persecutori di compagni.

Ed è falsa comunque la notizia di una scarcerazione di assassini, essendo noto che contro l'assassino di Benedetto Petrone si è proce duto senza alcun tentennamento e che la scarcerazione ebbe a ri guardare soltanto alcuni imputati di favoreggiamento e falsa testi monianza.

Dare poi alle stampe, come ha fatto il Milella, un documento in cui si parla e di arresto di cinque antifascisti colpevoli di essere vittime delle aggressioni degli assassini di Benedetto Petrone e di utilizzazione delle nuove leggi e dell'intero apparato repressivo dello Stato contro le masse popolari, contro gli oppositori ed in definitiva contro gli stessi partiti di sinistra, non significa altro che pubbli care notizie false e tendenziose insieme: false nella parte in cui, pur con gli oggettivi punti di riferimento, si accenna ad arresti di

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GIURISPRUDENZA PENALE

cisato nei rispettivi capi di imputazione. A seguito di trasmissione

degli atti alla Corte suprema dalla procura generale della Repub blica presso la Corte d'appello di Bari ex art. 60 per un presunto contenuto oltraggioso da parte di suddetti manifesti nei confronti

di magistrati della procura e dell'ufficio istruzione presso il tri

bunale della stessa città, la Corte di cassazione, con ordinanza

del 3 ottobre 1978, rimetteva il procedimento al Tribunale di

Melfi.

In seguito, il g. i. presso questo ufficio giudiziario, in data

13 febbraio 1979, su conforme richiesta del p. m., dichiarava non

doversi promuovere l'azione penale in ordine al delitto di ol

traggio a p. v.; quindi, restituiti gli atti al p. m., quest'ultimo

disponeva il rinvio a giudizio dei predetti imputati per la con

travvenzione ad essi rispettivamente ascritta.

All'odierno dibattimento, celebratosi in contumacia del Casucci

e della Rivera, p. m. e difensore concludevano come da verbale.

Motivi della decisione. — Il collegio ritiene che gli imputati debbano essere assolti dalle relative imputazioni perché il fatto

non sussiste (e quindi irrilevante appare l'indagine circa l'effet

tiva paternità degli scritti in questione: cfr. sul punto le dichiara

zioni dei prevenuti). Dalle contestazioni cosi come enunciate in

rubrica appare innanzitutto evidente l'esistenza di un comune

denominatore che già da solo risulta sufficiente a suffragare il

convincimento del tribunale come sopra espresso, e cioè l'effettiva

rispondenza alla realtà del contenuto delle notizie affisse o pub blicate. Procedendo con ordine osserviamo che il Casucci ri

sponde di aver fatto stampare ed affìggere all'ingresso dell'Uni

versità di Bari « copie di un manifesto nel quale si poneva in

relazione la scarcerazione di presunti assassini di Benedetto Pe

trone con l'arresto di alcuni compagni...» : in tal caso (come

negli altri) occorre dunque verificare quale era la « notizia » e,

se questa era falsa o tendenziosa. La notizia nella specie con

cerneva la scarcerazione dei presunti assassini di Benedetto Pe

trone, scarcerazione che davvero avvenne, come risulta in atti,

e che fu riportata nel suddetto manifesto in modo non tenden

zioso, a meno che non voglia confondersi « la notizia » stessa

con il relativo commento che rispecchiava in realtà l'interpreta zione data all'avvenimento certo in una determinata chiave e vi

sione politica. E sul punto ritorneremo poi di seguito.

Per quanto concerne il Milella, questi, secondo l'accusa, diede

« alle stampe » sulla « Gazzetta del Mezzogiorno » un documen

to contenente la notizia, anche qui, certa della notizia dell'arre

sto in Bari di cinque antifascisti, con le relative correlazioni e

supposizioni, poi ribadite, in volantini ciclostilati che furono

ancora riprodotti e distribuiti in Bari dalla Rivera e dalla Vox.

Al Quaranta si addebita invece di aver fatto ciclostilare e distri

buire in Bari, nella sua qualità di responsabile della sezione

M.L.S. « Claudio Varalli », alcuni volantini sui quali, partendo

antifascisti rei soltanto di essere tali; tendenziose, in quanto suscet

tive di insinuare nella generalità una erronea opinione circa un

attacco in atto alle libertà democratiche e quindi apprensione, sfi

ducia, turbamento. Com'è evidente, dunque, è fuori luogo il riferimento al libero

apprezzamento dei fatti ed ai diritti costituzionalmente garantiti. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la verificatasi propala

zione delle notizie radicalmente false e nemmeno con quella delle

tendenziose, poiché non può distinguersi tra tendenziosità della no

tizia e tendenziosità del commento o della interpretazione, secondo

il tribunale leciti in ogni caso. La notizia diviene tendenziosa per il

modo come viene presentata ed attraverso il commento contenente

circostanze di fatto capaci di distorcere il significato di ciò di cui

si dà notizia. È stato già detto che libertà di pensiero sancita dall'art. 21 Cost,

non può fornire protezione per la cosciente e volontaria diffusione

di notizie false (false nella essenza, false nella qualità o false nel

modo), in quanto non può esistere un diritto alla menzogna, garan tito per di più dalla Costituzione, e che la tutela del diritto di libera

manifestazione del proprio pensiero non può estendersi fino a sacri

ficare un bene sociale anch'esso costituzionalmente protetto come

l'ordine pubblico. Insomma, nel particolare clima di tensione esistente nel paese, il

diffondere le notizie innanzi riportate, non corrispondenti alla realtà, che fanno apparire i governanti, i partiti, i magistrati ed in genere i tutori dell'ordine democratico come la personificazione del sopru

so, del terrore e della repressione del semplice dissenso, non può non

travalicare i limiti della critica politica pienamente lecita e non può non integrare gli estremi del reato di cui all'art. 656 cod. pen., le

cui disposizioni sono poste a presidio del diritto dei consociati non

tanto a ricevere una informazione corretta e non distorta, quanto a godere pacificamente delle proprie libertà senza alcun turbamento

del senso di tranquillità e di sicurezza».

dalla notizia dell'arresto dei compagni, si assumeva che il rela tivo processo era stato organizzato come controaltare a quello per l'assassinio di Benedetto Petrone: anche nella fattispecie dunque si dà per scontata, nello stesso capo di imputazione, la veridicità della notizia. Non può negarsi che in tutte le ipotesi sopraelencato si sia effettivamente verificato l'avvenimento og getto dei relativi commenti: ed allora va senz'altro esclusa la falsità della notizia. Deve peraltro esaminarsi se le suddette no tizie furono riferite in modo tendenzioso: di tanto invero si oc

cupa in particolare la parte finale del capo d'imputazione (almeno cosi è da ritenere) laddove si contesta ai prevenuti l'aver travi sato « il significato, la portata e la ragion d'essere delle misure

indispensabili a difesa della legalità repubblicana e dell'ordine democratico . .. ».

Non va comunque sottaciuto che il « tutti » di cui alla sud detta parte finale della rubrica, non può davvero riferirsi a tutti e cinque gli imputati, avendo solo alcuni di questi valutato in un certo modo le indicate « misure indispensabili ».

Ma prima di esaminare in particolare il presunto travisamen

to, è necessario soffermarsi sul resto dell'imputazione al fine della suddetta indagine. Al proposito occorre precisare che l'art. 656 cod. pen., riferendosi alle notizie «tendenziose», ha inteso

ricomprendere i casi di presentazione di notizie vere in modo alterato: in maniera cioè da dare una rappresentazione alterata della realtà (e nella specie di ciò dovrebbe trattarsi, essendosi

già rilevata la veridicità — peraltro non contestata — delle no tizie in parola).

Per tendenziosità deve intendersi dunque rappresentazione al terata della realtà: e ciò avviene quando taluno divulghi notizie falsandole attraverso il modo di riferirle, e cioè notizie che, in

definitiva, non rispondono al vero (si direbbe per l'errore di per cezione al quale inducono le relative modalità di diffusione). Pre messo che l'interpretazione della norma in esame appena espo sta è in linea con la prevalente giurisprudenza della Suprema corte, non può negarsi che in tutte le fattispecie di cui al capo di imputazione manchi la notizia falsa (esagerata) o tendenziosa; in tutte le su esposte ipotesi, cioè, si è in presenza di interpre tazioni di fatti veri, con i relativi commenti e valutazioni: e di certo non può confondersi la tendenziosità della notizia con la

tendenziosità del commento e dell'interpretazione. L'art. 656 cod.

pen. invero punisce solo, nella parte che ora interessa, il modo subdolo e capzioso della rappresentazione della notizia, nel senso

prima indicato, senza investire o intaccare minimamente la li bertà dell'apprezzamento del fatto.

Ritiene, cioè, questo tribunale che il commento dell'avvenimen to possa, al limite, anche essere tendenzioso senza per ciò incor rere nelle maglie del reato in parola: in tal caso infatti la ten

denziosità diventa subiettiva, e dunque vien meno quel compor tamento oggettivo al quale si aggancia l'elemento materiale della

fattispecie criminosa.

In armonia a tali convincimenti è palesemente superfluo sof

fermarsi più di tanto anche sul già indicato « travisamento (nel

quale sarebbero incorsi gli imputati) del significato delle mi

sure indispensabili a difesa della legalità ..., per fronteggiare la

catena di eccidi consumati dalle Brigate Rosse...».

La stessa terminologia al proposito adoperata dall'accusa, già sottintende per vero un momento soggettivo nell'interpretazione delle leggi c.d. antiterroristiche, conformemente al credo politico dei giovani prevenuti ed al movimento al quale essi erano (e

sono) ideologicamente legati. Deve in definitiva affermarsi che in tutti gli scritti in questio

ne (ed al di là di ogni indagine circa la loro paternità ed alla

loro idoneità a turbare l'ordine pubblico) vennero manifestati

apprezzamenti soggettivi e commenti e valutazioni in riferimento

a fatti realmente accaduti (scarcerazioni ed arresti, emanazioni

di nuove leggi...). E se anche le suddette valutazioni vennero espresse in modo

estremamente critico o addirittura tendenzioso, anche con ri

guardo agli sviluppi futuri ed alle conseguenze sociali connesse

ai fatti stessi, non è dato al giudice penale censurare quegli ap

prezzamenti senza incidere, limitandoli, sui corrispondenti diritti

costituzionalmente garantiti. Per questi motivi, ecc.

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