sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bardi, Est. Russo; imp. Casucci e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.249/250-253/254Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171575 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Con sentenza
del 3 . giugno 1974, il Tribunale di Roma dichiarò colpevole Maria
Letizia Paolozzi del delitto di apologia di reato, commesso a
titolo di colpa, ai sensi degli art. 57 e 414, ult. comma, cod.
pen., condannandola quindi con le attenuanti generiche alla
pena di mesi dieci di reclusione; ciò perché la Paolozzi non
aveva impedito la pubblicazione sul giornale « Il potere operaio del lunedi », del quale era direttrice responsabile, di due articoli
in cui si faceva l'apologia del sequestro di un dirigente della
Siemens e di un attentato dinamitardo e di altri delitti, commessi
a Sulmona nel piazzale antistante la fabbrica « Adriatica compo nenti elettronici».
In seguito al gravame dell'imputata, la Corte d'appello di Roma
con sentenza del 4 aprile 1977 ha integralmente confermato la
decisione impugnata. La Paolozzi ha proposto ricorso per cassazione, presentando
a mezzo del difensore specifici motivi.
Motivi della decisione. — Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, si denuncia la vio
lazione dell'art. 414, ult. comma, cod. pen., e si sostiene che i
giudici di appello non si sarebbero adeguati all'interpretazione data alla suddetta norma dalla Corte costituzionale, nella senten
za n. 65 del 1970 (Foro it., 1970, I, 1545) e che in particolare
non avrebbero tenuto conto che, per la configurabilità dell'apo
logia di reato, sarebbe necessaria l'idoneità dell'azione a provo care la commissione di delitti; con la conseguenza che i giudici avrebbero errato nel ritenere la Paolozzi colpevole del delitto
ascrittole, posto che in nessuno dei due articoli sarebbe stato rav
visabile il requisito suddetto, inteso come un pericolo certo e
attuale e non meramente potenziale.
La censura non è fondata.
La norma dell'art. 414, ult. comma, cod. pen., che punisce
l'apologia di uno o più delitti, prevede una fattispecie criminosa,
che si concreta, come questa corte ha più volte precisato con la
sua costante giurisprudenza, nella pubblica formulazione di un
giudizio favorevole su uno o più specifici episodi delittuosi, tale
da implicare la loro approvazione convinta, in termini di ade
sione intellettuale e psicologica, da parte dell'agente.
Nel ritenere la legittimità costituzionale della norma incrimi
natrice, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 65 del 4 mag
gio 1970, ha opportunamente sottolineato come l'apologia del
delitto costituisca un inammissibile attacco contro le basi stesse
di ogni immaginabile ordinamento; ed è peraltro evidente come
anche lo Stato democratico non possa e non debba rinunciare
a difendere i capisaldi dell'ordine da cui è nato e che può libera
mente mutare, attraverso gli appositi meccanismi costituzionali.
Ma, affinché non risulti compromessa la libertà di manifestazio
ne del pensiero, che è un principio irrinunciabile dello Stato de
mocratico e che trova, nel nostro ordinamento, solenne garanzia
nell'art. 21, 1° comma, Cost., è evidentemente necessario che la
norma incriminatrice dell'apologia di reato venga interpretata in
modo da escludere che essa possa applicarsi a lecite espressioni
di pensiero, quali indubbiamente sono la critica della legge, la
propaganda per ottenerne l'aggiornamento o l'abrogazione, il giu
dizio favorevole sui moventi di determinati delitti. Occorre cioè
fissare una netta distinzione tra la libertà di giudicare e di criti
care, che deve essere senza limiti, e quei comportamenti che, at
traverso la parola o gli scritti, possono provocare pericolosi tur
bamenti dell'ordine democratico, che è un fondamento e una fi
nalità irrinunciabile del sistema costituzionale.
Diversamente perciò da quanto questa corte ha ritenuto in
precedenti ed anche recenti pronunce, per la configurabilità del
reato di apologia non basta il pubblico, convinto elogio di un
in cui la pubblicazione esce dalla tipografia, identificandosi in quel
momento la diffusione seppure potenziale; Cass. 16 gennaio 1978,
Campobello, ibid., n. 3, ancora sul momento di perfezionamento del
reato di istigazione a disobbedire alla legge, ravvisandolo nell'atto
della consegna di uno stampato a contenuto istigatorio, senza che
rilevi l'effettiva conoscenza del contenuto da parte del soggetto che
ricéve la pubblicazione. Nel senso di escludere la sussistenza del rea
to di istigazione a delinquere per l'inidoneità della condotta nel ca
so di diffusione di volantini o di pubblicazione sulla stampa di un
articolo, v. Trib. Pisa 10 ottobre 1975, e Trib. Roma 6 ottobre 1975,
id., 1976, II, 65, con nota di richiami. Sulla costituzionalità del
l'art. 266 cod. pen., v. Corte cost. 5 giugno 1978, n. 71, id., 1978,
I, 1338, con nota di richiami ed osservazioni di Pizzorusso, e 1979,
I, 899, con nota di Stortoni, L'incostituzionalità dei reati di opi
nione: una questione liquidata?
Il Foro Italiano — 1980 — Parte II 17.
fatto oggettivamente delittuoso, ma è altresì' necessario, secondo le stesse indicazioni contenute nella citata sentenza della Corte
costituzionale, che la condotta suddetta sia caratterizzata, sul
piano psicologico e su quello oggettivo, da altri elementi, idonei a distinguerla dalle lecite manifestazioni di pensiero.
A questo fine, anche se non si vuole considerare l'apologia come un'ipotesi di istigazione indiretta, è tuttavia innegabile, cosi come ha da tempo avvertito la più autorevole dottrina, che il discorso apologetico deve essere anzitutto connotato dal c. d.
dolo istigatorio, deve cioè avere una portata suggestiva, tale da
proporre il fatto delittuoso, come un modello o un esempio da
imitare. In termini obiettivi, inoltre, come bene ha chiarito la
Corte costituzionale nella sua sentenza, l'apologia punibile, per differenziarsi dalla pura e semplice manifestazione di pensiero, deve integrare un comportamento che per le sue modalità sia
concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti.
Quest'ultimo requisito però, diversamente da quanto sembra
ritenere la ricorrente, anche se esclude che quello di apologia
possa considerarsi come un reato di pericolo presunto, non può tuttavia intendersi nel senso che la condotta punibile debba avere
la concreta capacità di provocare, nella situazione considerata, l'immediata esecuzione di delitti, e sia pure la probabilità che
essi vengano commessi in un futuro più o meno prossimo; al
contrario, il requisito dell'idoneità, postulato dalla Corte costi*
tuzionale come condizione essenziale per assicurare la conformità
della norma incriminatrice al precetto dell'art. 21, 1° comma,
Cost., non può essere inteso se non in un senso corrispondente
all'identico concetto elaborato dalla dottrina sulla base della
interpretazione dell'art. 49 cod. pen., e cioè come la ragionevole, non insignificante possibilità che alla condotta seguano determi
nati eventi.
In questa prospettiva, di conseguenza, per accertare la concreta
idoneità nel senso accennato dell'azione apologetica, occorre sta
bilire, di volta in volta, se la convinta, pubblica approvazione di specifici episodi delittuosi rechi in sé la possibilità di influire
sulla condotta di terzi, in modo da poterli determinare al delitto.
Ma proprio perché l'idoneità del comportamento è integrata dalla mera possibilità e non dalla probabilità o dalla certezza di
eventi futuri, è anche evidente come la sussistenza dell'accennato
requisito possa essere esclusa, soltanto quando risulti che l'ambien
te, a cui è destinato il discorso apologetico, sia del tutto refrat
tario a recepire l'impulso implicitamente istigatorio.
Nel caso di specie, la corte d'appello, pur accennando nella
sua sentenza alla possibilità di considerare il delitto di apolo
gia come un reato di pericolo presunto, si è poi attenuta, nella
concreta valutazione degli scritti sottoposti al suo esame, ai prin
cipi giuridici prima enunciati, dimostrando come entrambi gli
articoli pubblicati sul giornale diretto dalla Paolozzi presentassero una concreta idoneità a provocare la commissione di delitti. In
particolare, i giudici di appello hanno messo in evidenza, con
un analitico esame dei due articoli, come le espressioni apolo
getiche usate fossero sempre seguite da frasi che attribuivano
carattere di esemplarità alle azioni delittuose e che contenevano
un espresso implicito invito alla loro reiterazione. Con questi
riferimenti, i giudici del merito hanno correttamente dimostrato
come gli articoli incriminati presentassero tutti i requisiti neces
sari, per la configurabilità del delitto di apologia, e la loro deci
sione perciò, essendo fondata su ineccepibili criteri giuridici, si
sottrae alle critiche che le muove la ricorrente. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI MELFI; sentenza 15 gennaio 1980; Pres. Bar
di, Est. Russo; imp. Casucci e altri. TRIBUNALE DI MELFI;
Ordine pubblico (reati contro) — Pubblicazione e diffusione di
notizie vere — Commento tendenzioso — Insussistenza del
reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 656).
La divulgazione di notizie concernenti avvenimenti realmente ve
rificatisi, ancorché, poi, le interpretazioni al riguardo assuma
no, in riferimento alla previsione di sviluppi futuri espressi in
ordine ad essi da colui che le riferisce, una forma tendenziosa,
esclude, di per sé, l'integrazione della fattispecie criminosa di
cui all'art. 656 cod. pen. (nella specie, alcuni tra gli imputati
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PARTE SECONDA
avevano affisso manifesti o pubblicato documenti ove, in par ticolare, traendo spunto dalle vicende giudiziarie conseguenti all'assassinio di un giovane militante antifascista, veniva de
nunciato il clima repressivo instauratosi in Italia in conse
guenza dell'emanazione delle misure normative adottate subito
dopo il rapimento dell'on. Moro). (1)
(1) Negli stessi termini della sentenza che si riporta (id est.': estraneità alla fattispecie dell'art. 656 cod. pen. del solo apprezza mento soggettivo in ordine a fatti realmente accaduti, atteso che « notizia » è solo l'enunciazione di un fatto, con esclusione del com
mento, sia pure tendenzioso), cfr. Cass. 9 aprile 1974, Butelli, Foro
it., Rep., 1975, voce Ordine pubblico (reati contro), nn. 4, 5, e in extenso in Mass. pen.. 1975, 175, con nota di Galasso (sottolinea la corte come, in base al coordinamento tra l'art. 21 Cost, e l'art. 656 cod. pen., non commetta un illecito l'agente allorquando, rife
rendosi a fatti realmente accaduti, ne dia un'interpretazione sogget tiva, « specie quando essa ritrovi nella situazione dei fatti un fon damento di possibile verità, sia legittimata da opinioni in tal senso diffuse e propalate, ed il soggetto sia convinto di affermare il vero e comunque ignaro di narrare il falso »); Trib. Verona 26 settembre
1972, Foro it., Rep. 1973, voce cit., n. 21, e per esteso in Giur. me rito, 1973, II, 196, con nota di Donatiello (ove, in motivazione, viene riservato il carattere della « tendenziosità » esclusivamente a
quella notizia che, seppur dotata di un sostanziale contenuto di verità, viene, però, presentata in modo contorto, dando cosi alla verità officio, carattere e funzione di falsità); soprattutto Trib. Mi lano 17 aprile 1972, Foro it., 1972, II, 269, con ampia nota di ri chiami di giurisprudenza e di dottrina (nella specie, viene esclusa la configurabilità di questo reato nel fatto degli imputati che, a se guito del rinvenimento del cadavere di Giangiacomo Feltrinelli ai piedi di un traliccio dell'alta tensione, avevano pubblicamente di chiarato di essere dell'avviso che l'evento fosse dovuto ad un assas sinio commesso da avversari politici).
Contra, invece, nel senso che per « notizia » debba intendersi non soltanto la semplice e nuda rappresentazione o comunicazione di fatti oggettivi, ma anche la diffusione di apprezzamenti o commenti, anche politici, sui fatti stessi, v. Trib. Roma 22 marzo 1976, id., Rep. 1977, voce cit., n. 10, ove, tuttavia, viene assolto l'imputato per aver esercitato legittimamente il diritto di critica, essendosi ri ferito ad avvenimenti realmente accaduti.
Corte cost. 3 agosto 1976, n. 210, id., 1977, I, 295, con nota di richiami (cui adde, oltre alle tre sentenze di merito precedentemen te richiamate, Trib. Roma 5 febbraio 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 20), ha dichiarato infondata, in ciò ribadendo un precedente orientamento (Corte cost. 29 dicembre J972, n. 199, id., 1973, I, 321, con nota di richiami, e 16 marzo 1962, n. 19, id., 1962, I, 595, con nota di richiami), l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 656, in riferimento all'art. 21 Cost, (in motivazione la corte precisa come il concetto di ordine pubblico esclude che il diritto di manifestare il proprio pensiero possa giustificare, in base ad ideologie politiche, la lesione di quel bene, di guisa che rientra nel potere discrezionale del legislatore stabilire se la tutela del « turbamento » dell'ordine pubbli co costituisca bene tutelabile di per sé).
Sulla nozione di «notizia» v., inoltre, Cass. 11 gennaio 1977, Bu scaroli, id., Rep. 1977, voce cit., nn. 15, 16; su quella di «notizia tendenziosa», invece, v. Cass. 4 febbraio 1976, Catanese, ibid., n. 17, e, per esteso, in Mass pen., 1976, 734, con nota di Mulliri (testual mente: « notizia tendenziosa » è quella non falsa, né esagerata, ma suscettiva, per il modo con cui è presentata, di insinuare suggestiva mente nella generalità un'opinione atta a deprimere od eccitare lo spirito pubblico). Tra l'altro, sempre in quest'ultima sentenza, la corte esclude che l'inciso contenuto nell'art. 656 « per le quali possa es sere turbato l'ordine pubblico » riguardi una condizione oggettiva di punibilità, riferendosi, al contrario, ad un elemento del reato stes so, il cui evento è di pericolo; contra, su questo punto, v., in dottri na, Manzini, Trattato di diritto penale italiano, 1961, X, 106.
In dottrina, sull'art. 656, oltre agli autori citati ed alle note di ri chiami, v., in generale, Antoltsei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Torino, 1974, II, 659 e 660, ove viene riportata la defini zione di « notizie tendenziose » presente nella relazione al re; te stualmente: « sono tendenziose non solo le notizie che tendono ad uno scopo illecito, ma altresì quelle che hanno in sé la capacità di produrre un effetto dannoso, indipendentemente dalla volontà del l'agente »; Fiore, Reati di opinione e libertà di manifestazione del pensiero, Padova, 1972, 139 seg. (l'autore pone in rilievo l'inam missibilità della censura della « tendenziosità » di informazione, sia pure col pretesto di tutelare l'ordine pubblico, giacché, al di fuori dell'ipotesi di notizia sicuramente ed integralmente non vera, ciò significherebbe censurare la « tendenza » in base alla quale un de terminato avvenimento viene apprezzato e definito); R. R., Notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, in Critica pen., 1978, 54 seg.
Nel senso che anche l'esagerazione e la tendenziosità possano ri condursi al denominatore della falsità, cfr. Nuvolone, Il diritto pe nale della stampa. Padova, 1971, 240, e Manzini, op. cit., IV, 286; contra. P. Barile, Libertà di manifestazione del pensiero, voce del
Il Tribunale, ecc. — Fatto. — In data 9 maggio 1978 la que stura di Bari trasmetteva alla procura della Repubblica della stessa città vari manifesti e volantini, individuando in Casucci
Giuseppe, Milella Pietro, Rivera Anna Maria, Vox Maria Anna e Quaranta Luigi i responsabili delle relative operazioni di stam
pa, riproduzione, pubblicazione o affissione, secondo quanto pre
VEnciclopedia del diritto, 1974, XXIV, 441, che parla di «carica di discrezionalità attribuita in queste due ipotesi al giudice e di corre lativo svuotamento del principio di legalità, e quindi della libertà costituzionale ».
Sulla necessità di arrivare ad un'abrogazione dell'art. 656 cod. pen., atteso che una norma che punisca la diffusione di notizie false può avere senso soltanto in un regime in cui lo Stato pretende per sè il monopolio dell'informazione, v., da ultimo, E. Bruti Liberati, Notizie false e tendenziose, in Qualegiustizia, 1974, 122 seg. (ove, pure, è contenuta, a pag. 157 seg., una rassegna delle «notizie» pub blicate in manifesti, articoli di giornale, volantini, ecc., incriminate in quanto false, esagerate o tendenziose). L'autore giunge a queste conclusioni sottolineando pili volte il carattere sussidiario che as sume questa norma nella repressione del dissenso politico, nel senso che essa viene usata quando non si ritiene di far ricorso ad incrimi nazioni più gravi, come quelle di apologia e di vilipendio.
♦ ♦ *
Per una migliore informazione riportiamo i motivi d'appello della procura della Repubblica di Melfi:
« Il tribunale ha motivato il suo convincimento argomentando: 1) che non poteva disconoscersi l'effettiva rispondenza alla realtà del contenuto delle notizie pubbliche; 2) che nella specie si trattava di valutazioni, interpretazioni e commenti relativi ad avvenimenti certi; 3) che non poteva confondersi la tendenziosità del commento o dell'interpretazione con la tendenziosità della notizia; 4) che non erano quindi ravvisabili notizie false o tendenziose; 5) che comun que non era dato al giudice penale censurare quegli apprezzamenti senza incidere su di un diritto costituzionalmente garantito.
Questo ufficio non può che manifestare il proprio dissenso in or dine a tutte le predette argomentazioni, che non possono reggere ad un sereno riesame dei fatti, e chiede alla ecc./ma Corte d'appello di Potenza di volere riformare la impugnata sentenza con l'afferma zione della responsabilità dei prevenuti in epigrafe indicati (nei cui confronti non può, come invece per altri, farsi alcuna questione circa la paternità o meno delle operazioni di stampa, riproduzione, pub blicazione, affissione o propalazione delle notizie) e con la condanna degli stessi alla pena che sarà ritenuta di giustizia.
Infatti il p. m. appellante ritiene, in contrasto col tribunale, che in effetti vi sia stata diffusione non solo di notizie tendenziose, ma anche di vere e proprie notizie false, idonee di per se stesse a de terminare pubblica apprensione, giacché falsa è non solo la notizia di un fatto inventato di sana pianta ma anche quella di un fatto travisato ed è tendenziosa la notizia di un fatto vero, presentata con particolari modalità, cioè in modo malizioso e subdolo. Dire, come si dice nel manifesto fatto stampare ed affiggere dal Casucci, che « lo Stato, la D.C., il P.C.I. cercano di mettere a tacere il dissenso, il movimento rivoluzionario e la classe operaia con gli arresti di massa, le carceri speciali, il confino, le leggi fasciste » e che « uti lizzano il rapimento di Moro per far passare chi. lotta e si ribella come fiancheggiatore del terrorismo », significa dare notizie false per le quali può essere turbato l'ordine pubblico.
Continuare a dire che « terroristi sono lo Stato, la D.C., il P.C.I., che, pur di mantenere il potere, stanno trasformando l'Italia in uno Stato di polizia e di morte » significa dare altra notizia altrettanto falsa.
Porre in relazione la scarcerazione di alcuni individui con l'arre sto di altri di diversa tendenza politica (« i magistrati che a dicem bre e febbraio scarcerarono i fascisti assassini di Benedetto Petrone oggi hanno arrestato cinque dei suoi compagni e costretti altri tre alla latitanza ») significa presentare i fatti in modo tale da depri mere o eccitare, cioè da suscitare impressioni o reazioni non adegua te alla realtà dei fatti: significa in conclusione propalare notizie tendenziose, dando ad intendere che i magistrati, i quali invece già contano nelle loro file le vittime della violenza di opposto segno, sono protettori di fascisti e persecutori di compagni.
Ed è falsa comunque la notizia di una scarcerazione di assassini, essendo noto che contro l'assassino di Benedetto Petrone si è proce duto senza alcun tentennamento e che la scarcerazione ebbe a ri guardare soltanto alcuni imputati di favoreggiamento e falsa testi monianza.
Dare poi alle stampe, come ha fatto il Milella, un documento in cui si parla e di arresto di cinque antifascisti colpevoli di essere vittime delle aggressioni degli assassini di Benedetto Petrone e di utilizzazione delle nuove leggi e dell'intero apparato repressivo dello Stato contro le masse popolari, contro gli oppositori ed in definitiva contro gli stessi partiti di sinistra, non significa altro che pubbli care notizie false e tendenziose insieme: false nella parte in cui, pur con gli oggettivi punti di riferimento, si accenna ad arresti di
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GIURISPRUDENZA PENALE
cisato nei rispettivi capi di imputazione. A seguito di trasmissione
degli atti alla Corte suprema dalla procura generale della Repub blica presso la Corte d'appello di Bari ex art. 60 per un presunto contenuto oltraggioso da parte di suddetti manifesti nei confronti
di magistrati della procura e dell'ufficio istruzione presso il tri
bunale della stessa città, la Corte di cassazione, con ordinanza
del 3 ottobre 1978, rimetteva il procedimento al Tribunale di
Melfi.
In seguito, il g. i. presso questo ufficio giudiziario, in data
13 febbraio 1979, su conforme richiesta del p. m., dichiarava non
doversi promuovere l'azione penale in ordine al delitto di ol
traggio a p. v.; quindi, restituiti gli atti al p. m., quest'ultimo
disponeva il rinvio a giudizio dei predetti imputati per la con
travvenzione ad essi rispettivamente ascritta.
All'odierno dibattimento, celebratosi in contumacia del Casucci
e della Rivera, p. m. e difensore concludevano come da verbale.
Motivi della decisione. — Il collegio ritiene che gli imputati debbano essere assolti dalle relative imputazioni perché il fatto
non sussiste (e quindi irrilevante appare l'indagine circa l'effet
tiva paternità degli scritti in questione: cfr. sul punto le dichiara
zioni dei prevenuti). Dalle contestazioni cosi come enunciate in
rubrica appare innanzitutto evidente l'esistenza di un comune
denominatore che già da solo risulta sufficiente a suffragare il
convincimento del tribunale come sopra espresso, e cioè l'effettiva
rispondenza alla realtà del contenuto delle notizie affisse o pub blicate. Procedendo con ordine osserviamo che il Casucci ri
sponde di aver fatto stampare ed affìggere all'ingresso dell'Uni
versità di Bari « copie di un manifesto nel quale si poneva in
relazione la scarcerazione di presunti assassini di Benedetto Pe
trone con l'arresto di alcuni compagni...» : in tal caso (come
negli altri) occorre dunque verificare quale era la « notizia » e,
se questa era falsa o tendenziosa. La notizia nella specie con
cerneva la scarcerazione dei presunti assassini di Benedetto Pe
trone, scarcerazione che davvero avvenne, come risulta in atti,
e che fu riportata nel suddetto manifesto in modo non tenden
zioso, a meno che non voglia confondersi « la notizia » stessa
con il relativo commento che rispecchiava in realtà l'interpreta zione data all'avvenimento certo in una determinata chiave e vi
sione politica. E sul punto ritorneremo poi di seguito.
Per quanto concerne il Milella, questi, secondo l'accusa, diede
« alle stampe » sulla « Gazzetta del Mezzogiorno » un documen
to contenente la notizia, anche qui, certa della notizia dell'arre
sto in Bari di cinque antifascisti, con le relative correlazioni e
supposizioni, poi ribadite, in volantini ciclostilati che furono
ancora riprodotti e distribuiti in Bari dalla Rivera e dalla Vox.
Al Quaranta si addebita invece di aver fatto ciclostilare e distri
buire in Bari, nella sua qualità di responsabile della sezione
M.L.S. « Claudio Varalli », alcuni volantini sui quali, partendo
antifascisti rei soltanto di essere tali; tendenziose, in quanto suscet
tive di insinuare nella generalità una erronea opinione circa un
attacco in atto alle libertà democratiche e quindi apprensione, sfi
ducia, turbamento. Com'è evidente, dunque, è fuori luogo il riferimento al libero
apprezzamento dei fatti ed ai diritti costituzionalmente garantiti. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la verificatasi propala
zione delle notizie radicalmente false e nemmeno con quella delle
tendenziose, poiché non può distinguersi tra tendenziosità della no
tizia e tendenziosità del commento o della interpretazione, secondo
il tribunale leciti in ogni caso. La notizia diviene tendenziosa per il
modo come viene presentata ed attraverso il commento contenente
circostanze di fatto capaci di distorcere il significato di ciò di cui
si dà notizia. È stato già detto che libertà di pensiero sancita dall'art. 21 Cost,
non può fornire protezione per la cosciente e volontaria diffusione
di notizie false (false nella essenza, false nella qualità o false nel
modo), in quanto non può esistere un diritto alla menzogna, garan tito per di più dalla Costituzione, e che la tutela del diritto di libera
manifestazione del proprio pensiero non può estendersi fino a sacri
ficare un bene sociale anch'esso costituzionalmente protetto come
l'ordine pubblico. Insomma, nel particolare clima di tensione esistente nel paese, il
diffondere le notizie innanzi riportate, non corrispondenti alla realtà, che fanno apparire i governanti, i partiti, i magistrati ed in genere i tutori dell'ordine democratico come la personificazione del sopru
so, del terrore e della repressione del semplice dissenso, non può non
travalicare i limiti della critica politica pienamente lecita e non può non integrare gli estremi del reato di cui all'art. 656 cod. pen., le
cui disposizioni sono poste a presidio del diritto dei consociati non
tanto a ricevere una informazione corretta e non distorta, quanto a godere pacificamente delle proprie libertà senza alcun turbamento
del senso di tranquillità e di sicurezza».
dalla notizia dell'arresto dei compagni, si assumeva che il rela tivo processo era stato organizzato come controaltare a quello per l'assassinio di Benedetto Petrone: anche nella fattispecie dunque si dà per scontata, nello stesso capo di imputazione, la veridicità della notizia. Non può negarsi che in tutte le ipotesi sopraelencato si sia effettivamente verificato l'avvenimento og getto dei relativi commenti: ed allora va senz'altro esclusa la falsità della notizia. Deve peraltro esaminarsi se le suddette no tizie furono riferite in modo tendenzioso: di tanto invero si oc
cupa in particolare la parte finale del capo d'imputazione (almeno cosi è da ritenere) laddove si contesta ai prevenuti l'aver travi sato « il significato, la portata e la ragion d'essere delle misure
indispensabili a difesa della legalità repubblicana e dell'ordine democratico . .. ».
Non va comunque sottaciuto che il « tutti » di cui alla sud detta parte finale della rubrica, non può davvero riferirsi a tutti e cinque gli imputati, avendo solo alcuni di questi valutato in un certo modo le indicate « misure indispensabili ».
Ma prima di esaminare in particolare il presunto travisamen
to, è necessario soffermarsi sul resto dell'imputazione al fine della suddetta indagine. Al proposito occorre precisare che l'art. 656 cod. pen., riferendosi alle notizie «tendenziose», ha inteso
ricomprendere i casi di presentazione di notizie vere in modo alterato: in maniera cioè da dare una rappresentazione alterata della realtà (e nella specie di ciò dovrebbe trattarsi, essendosi
già rilevata la veridicità — peraltro non contestata — delle no tizie in parola).
Per tendenziosità deve intendersi dunque rappresentazione al terata della realtà: e ciò avviene quando taluno divulghi notizie falsandole attraverso il modo di riferirle, e cioè notizie che, in
definitiva, non rispondono al vero (si direbbe per l'errore di per cezione al quale inducono le relative modalità di diffusione). Pre messo che l'interpretazione della norma in esame appena espo sta è in linea con la prevalente giurisprudenza della Suprema corte, non può negarsi che in tutte le fattispecie di cui al capo di imputazione manchi la notizia falsa (esagerata) o tendenziosa; in tutte le su esposte ipotesi, cioè, si è in presenza di interpre tazioni di fatti veri, con i relativi commenti e valutazioni: e di certo non può confondersi la tendenziosità della notizia con la
tendenziosità del commento e dell'interpretazione. L'art. 656 cod.
pen. invero punisce solo, nella parte che ora interessa, il modo subdolo e capzioso della rappresentazione della notizia, nel senso
prima indicato, senza investire o intaccare minimamente la li bertà dell'apprezzamento del fatto.
Ritiene, cioè, questo tribunale che il commento dell'avvenimen to possa, al limite, anche essere tendenzioso senza per ciò incor rere nelle maglie del reato in parola: in tal caso infatti la ten
denziosità diventa subiettiva, e dunque vien meno quel compor tamento oggettivo al quale si aggancia l'elemento materiale della
fattispecie criminosa.
In armonia a tali convincimenti è palesemente superfluo sof
fermarsi più di tanto anche sul già indicato « travisamento (nel
quale sarebbero incorsi gli imputati) del significato delle mi
sure indispensabili a difesa della legalità ..., per fronteggiare la
catena di eccidi consumati dalle Brigate Rosse...».
La stessa terminologia al proposito adoperata dall'accusa, già sottintende per vero un momento soggettivo nell'interpretazione delle leggi c.d. antiterroristiche, conformemente al credo politico dei giovani prevenuti ed al movimento al quale essi erano (e
sono) ideologicamente legati. Deve in definitiva affermarsi che in tutti gli scritti in questio
ne (ed al di là di ogni indagine circa la loro paternità ed alla
loro idoneità a turbare l'ordine pubblico) vennero manifestati
apprezzamenti soggettivi e commenti e valutazioni in riferimento
a fatti realmente accaduti (scarcerazioni ed arresti, emanazioni
di nuove leggi...). E se anche le suddette valutazioni vennero espresse in modo
estremamente critico o addirittura tendenzioso, anche con ri
guardo agli sviluppi futuri ed alle conseguenze sociali connesse
ai fatti stessi, non è dato al giudice penale censurare quegli ap
prezzamenti senza incidere, limitandoli, sui corrispondenti diritti
costituzionalmente garantiti. Per questi motivi, ecc.
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