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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e...

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sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 205/206-217/218 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182719 . Accessed: 25/06/2014 03:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.25 on Wed, 25 Jun 2014 03:14:30 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e altri

sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.205/206-217/218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182719 .

Accessed: 25/06/2014 03:14

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

Nell'area del danno ambientale rientra in primo luogo la spesa necessaria al ripristino: ciò appare evidente, considerato che tale voce è espressamente indicata dal 6° comma dell'art. 18 tra i criteri cui il giudice deve attenersi in sede di liquidazione (non solo, ma l'8° comma prevede che il giudice disponga, ove possi bile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsàbile). L'avvocatura ha comunque chiesto una condanna soltanto gene rica, ragion per cui — ai sensi dell'art. 489, 2° comma, c.p.p. — si rimette la liquidazione del danno ambientale ad un separato giudizio, nel quale, ove il medesimo non risulterà precisamente quantificabile, verrà liquidato in via equitativa tenuto conto dei

criteri al riguardo posti dal 6° comma dell'art. 18 (gravità della

colpa individuale, costo necessario per il ripristino, profitto con

seguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali).

Soltanto all'esito di tale giudizio risulterà possibile stabilire quan ta parte del danno ambientale dovrà rimanere a carico dei singoli

imputati secondo il disposto del successivo 7° comma («Nei casi

di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei

limiti della propria responsabilità individuale): tale comma, no

nostante di ciò si sia dubitato in dottrina, contiene ad avviso del

pretore una disposizione di legge speciale successiva rispetto alla

norma di cui all'art. 187 c.p. riguardante l'indivisibilità e la soli

darietà nelle obbligazioni ex delieto.

Appare infatti evidente che i limiti della responsabilità indivi

duale in ordine al cagionato danno ambientale sono quelli deri

vanti dalla valutazione eseguita sulla scorta dei criteri di cui al

precedente 6° comma, valutazione che per l'appunto si è già de

mandata al giudice del quantum. È vero che il congegno posto in essere dai due commi in esame

ha fatto dubitare taluno della possibilità per il giudice del danno

ambientale di riservare la liquidazione dello stesso ad un separato

giudizio, ma non sembra possano sussistere valide ragioni per sostenere la deroga. Nel caso in esame al generale principio di

cui al 2° comma dell'art. 489 c.p.p. Gli imputati vanno comunque condannati in via tra loro soli

dale alla rifusione delle spese di costituzione in giudizio dello Sta

to, liquidate come in dispositivo. Per quanto concerne il comune, la legittimazione all'esercizio dell'azione di risarcimento del dan

no ambientale, allo stesso riconosciuto dal 3° comma dell'art.

8, ha comportato l'esplicazione di un intervento adesivo dipen dente a fianco dello Stato (in tal modo infatti, e non v'è ragione

per contestarne l'esattezza, l'istituto è stato ricostruito dalla dot

trina che per prima se n'è occupata).

Inoltre, il comune, ai sensi dell'art. 185 c.p., ha esercitato una

normale azione di risarcimento del danno cagionato dal reato,

ovviamente diverso e distinto dal danno ambientale.

È da ritenere sotto tale profilo che il danno morale, costituito

dallo stato di disagio e di sofferenza psicologica della popolazio ne in generale (e riferibile al comune in quanto ente esponenzia

le), ed in particolare dalla circostanza del divieto di attingere dai

pozzi artesiani (v. ordinanza sindacale in atti), si sia indubbia

mente verificato nella fattispecie, ragion per cui lo stesso — da

liquidarsi in separato giudizio — deve essere posto a carico di

entrambi gli imputati (stavolta in via solidale). Lo stesso dicasi per quanto riguarda i maggiori oneri sopporta

ti dal comune in relazione al pagamento delle ore straordinarie

effettuate dai vigili urbani nei giorni dell'emergenza scaturita dai

fatti di causa.

Anche tale danno dovrà comunque essere liquidato in separato

giudizio ai sensi del 2° comma dell'art. 489 c.p.p. Le spese di costituzione e di rappresentanza in giudizio liquida

te come in dispositivo, dovranno essere rifuse in solido da en

trambi gli imputati.

1

PRETURA DI GENOVA; sentenza 16 febbraio 1988; Giud. De

voto; imp. Santinolli e altri.

PRETURA DI GENOVA

Incolumità pubblica (reati e sanzioni amministrative contro la) — Commercio o somministrazione di medicinali imperfetti —

Prodotti dietetici — Reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 443;

r.d. 3 marzo 1927 n. 478, regolamento contenente norme per

la produzione e il commercio delle specialità medicinali, art. 9).

Il Foro Italiano — 1989.

Poiché ai fini della legge penale il farmaco irrazionale deve rite

nersi imperfetto, rispondono del delitto di cui all'art. 443 c.p. il medico e il farmacista che, nella terapia dell'obesità, sommi

nistrino e mettano in commercio sostanze medicinali preparate in base a prescrizioni farmaceutiche e dietetiche non razionali — data la anomala associazione tra loro di farmaci di provata

efficacia nella terapia dell'obesità con altri farmaci che appaio no inutili o addirittura controproducenti — e non personalizza te alle necessità del singolo paziente del quale non venga tenuto

in debito conto lo stato fisiologico e le eventuali affezioni pato

logiche. (1)

II

PRETURA DI CAVALESE; sentenza 27 febbraio 1987; imp. Franzellin.

Sanità pubblica — Specialità medicinali — Revoca della registra zione — Cessione — Reato — Depenalizzazione — Esclusione

(R.d. 27 luglio 1934 n. 1265, testo unico delle leggi sanitarie, art. 169; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema pe

nale, art. 32).

(1) Sul delitto di cui all'art. 443 c.p., v. Cass. 24 febbraio 1971, Sti

gliano, Foro it., Rep. 1972, voce Incolumità pubblica (reati contro la), n. 22; 10 maggio 1973, Viali, id., Rep. 1978, voce cit., n. 29; 14 dicembre

1978, Baglione, id., Rep. 1979, voce cit., n. 25; 9 febbraio 1979, Alecce, id., 1979, II, 561; 27 marzo 1980, Rocchelli, id., Rep. 1981, voce cit., n. 15; 25 febbraio 1983, Graziani, id., Rep. 1984, voce cit., n. 39; 3

aprile 1986, Barone, id., Rep. 1986, voce cit., n. 25; 26 aprile 1985, Ca

sertano, ibid., n. 27; 18 ottobre 1984, Di Gioia, ibid., n. 28; 9 luglio 1986, Guerra, id., Rep. 1987, voce cit., n. 24. Tra le decisioni di merito, v. Pret. Roma 27 maggio 1975, id., 1975, II, 248; Trib. Milano 20 dicem bre 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 28; Pret. Roma 15 aprile 1986, id., Rep. 1987, voce cit., n. 26.

In dottrina, sul delitto di cui all'art. 443 c.p., v., in generale, Manzini, Trattato di diritto penale, 5a ed., Torino, 1983, 451 ss. (secondo il quale «sono imperfetti i medicinali non preparati secondo le prescrizioni scien

tifiche, o nei quali non si sono verificate tutte le reazioni o condizioni necessarie per evitare, nei limiti del possibile, ogni pericolo nel loro uso e per renderli idonei allo scopo, o quando, pur non essendo guasti, sono

difettosi per qualsiasi altra causa»); Battaglini-Bruno, Incolumità pub blica (delitti contro la), voce del Novissimo digesto, 1962, VII, 565 ss.; Marini, Incolumità pubblica (delitti contro la), voce del Novissimo dige sto, appendice, 1983, IV; Jannitti Piromallo, Adulterazione, contraffa zione e commercio di cose in danno della pubblica salute, voce

dell' Enciclopedia dei diritto, 1958, I, 603 ss.; Sammarco, Incolumità pub blica (reati contro la), voce dell' Enciclopedia del diritto, 1971, XXI, 33

ss.; Piccinino, I delitti contro la salute pubblica, Milano, 1969; Mazza, L'accertamento e la prova dei dolo nel delitto di comune pericolo di com

mercio e somministrazione di medicinali guasti, in Arch, pen., 1977, II, 149 ss.; Assumma, Avvelenamento, adulterazione o contraffazione in danno

della pubblica salute, voce del Digesto pen., 1987, I, 39 ss. Per problemi particolari legati alla produzione e al commercio dei me

dicinali, v. Ambrogio, I medicinali nella vigente legislazione, in Rass.

amm. sanità, 1965, 137 ss.; Angelici, Organi amministrativi preposti al

controllo della produzione e vendita delle specialità medicinali, in Riv. trim, sanità, 1962, 965; Astolfi, Cosmetici e specialità medicinali (sulla

inapplicabilità dell'art. 9, n. 2, del r.d. 3 marzo 1927 n. 478), in Rass.

dir. farmaceutico, 1971, 7; Cappiello, Le specialità medicinali, in Giusi,

pen., 1971, II, 659; Cassina, La vendita dei medicinali, in Riv. pen., 1954, I, 198; Chicco, Sulla vendita di specialità medicinali revocate, in

Rass. dir. farmaceutico, 1971, 32; Colacci, A proposito di medicinali

contraffatti, adulterati o imperfetti, in Scuola positiva, 1967, 479; Ma

linconico, Obbligo di registrazione delle specialità medicinali, in Nuovo

dir., 1970, 636; Pieri, Disposizioni disciplinanti la fabbricazione e il com

mercio di medicinali, in Dir. economia, 1958, 761 ss.; Marchetti-Nicoloso, La detenzione e/o la vendita in farmacia di medicinali guasti o imperfet

ti, in Rass. dir. farmaceutico, 1987, 62.

Sulla preparazione dei medicinali, v. Cass. 1° febbraio 1966, Cecche

relli, Foro it., Rep. 1966, voce Sanità pubblica, n. 30, secondo cui l'art.

9 r.d. 3 marzo 1927 n. 478, che stabilisce le caratteristiche delle specialità medicinali differenziandole dai comuni preparati o prodotti medicinali, è tuttora operante e nessuna incompatibilità sussiste tra le disposizioni in esso contenute e gli art. 162 ss. t.u. leggi sanitarie; 23 aprile 1969,

Zaini, id., Rep. 1970, voce cit., n. 99 (sulla nozione di medicinali galenici ed officinali); 6 novembre 1970, Vai, id., Rep. 1971, voce cit., n. 117

(l'art. 9 r.d. 478/27 considera specialità medicinali anche i prodotti per la cosmetica); 16 novembre 1976, Modiano, id., Rep. 1977, voce cit., n. 116 (per l'attribuzione di effetti terapeutici si deve intendere l'attribu

zione dì proprietà tali da determinare reazioni organiche volte a vincere

e curare stati o affezioni patologiche).

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PARTE SECONDA

Non è depenalizzata la contravvenzione prevista dall'art. 169 t.u.

1265/34, che punisce il farmacista che ponga in vendita specia lità medicinali di cui sia stata revocata la registrazione. (2)

I

Motivi della decisione. — 1. - Con rapporto in data 14 dicem

bre 1984 il Nas di Genova denunciava alla locale procura della

repubblica Carla Garré, i medici Giorgio Santinolli, Antonio Co

stiglielo, Massimo Meardi, Giancarlo Barbano, Paolo Rasmini,

per violazione dell'art. 193 t.u. leggi sanitarie, e riferiva in merito

alle indagini espletate sul conto dei farmacisti Maurizio Mantero

e Adriana Del Grande Carlevaro.

In data 1° marzo 1984 il ministero della sanità segnalava alla

regione Liguria che le farmacie Ligure e S. Sebastiano avevano

acquistato rilevanti quantitativi della sostanza «amfepramone», iscritta nella tabella IV della legge 1975 n. 685, e richiedeva indi

cazioni sulla sua utilizzazione. Il 27 marzo 1984 l'assessore regio nale alla sanità richiedeva all'Usi n. 15 di predisporre immediati

accertamenti e controlli, avvalendosi della collaborazione del Nas.

Il Nas effettuava una prima visita ispettiva. Il 5 aprile 1984

presso la farmacia Ligure: alla presenza del titolare, veniva effet

tuata una campionatura, prelevata da un quantitativo di gr. 3864

di composto già preparato per l'incapsulamento. Nel retro della

farmacia era stato ricavato il laboratorio di preparazione e confe

zionamento; le due farmaciste coadiutrici addette dichiaravano

che le preparazioni venivano effettuate di volta in volta, a seguito di presentazione di ricette mediche, rilasciate per la quasi totalità

dai dott. Santinolli, Costigliolo, Meardi, Barbano, Rasmini.

Il 6 aprile presso la farmacia S. Sebastiano: alla presenza della

titolare, veniva prelevato analogo campione da un quantitativo di gr. 313,2 di composto, pronto per il riempimento di n. 900

capsule. Le preparazioni venivano effettuate nel laboratorio rica

vato nel retro della farmacia, prevalentemente da due farmaciste

coudiutrici, a seguito di presentazione di ricette mediche, rilascia

te per la quasi totalità dei medici predetti. I composti campionati presso le due farmacie avevano entram

(2) Sulla questione, v. Cass. 17 dicembre 1981, Capocasale (citata in

motivazione), Foro it., Rep. 1983, voce Contravvenzione, depenalizzazio ne e sanzioni amministrative, n. 42, che ha ritenuto la depenalizzazione della contravvenzione di cui all'art. 169 t.u. 1265/34, sia pure in virtù delle disposizioni previste dalla 1. 24 dicembre 1975 n. 706. Sempre sotto il vigore della legge da ultimo citata, anteriore alla vigente legge di depe nalizzazione 24 novembre 1981 n. 689, la Cassazione si era pronunciata in senso contrario con la decisione del 10 luglio 1978, Ghedini, inedita. Posteriormente alla 1. 689/81, v. Cass. 15 ottobre 1982, Neve Sada, id., Rep. 1984, voce Sanità pubblica, n. 144, citata in motivazione. In senso conforme alla sentenza in epigrafe, v. Pret. Verona 12 luglio 1988, giud. Grieco, imp. Capri, inedita.

Per altra ipotesi di reato contravvenzionale contenuto nel t.u. 1265/34, per cui è stata ritenuta l'avvenuta depenalizzazione, v. Cass. 12 maggio 1981, Neve Sada, id., Rep. 1982, voce Contravvenzione, depenalizzazio ne e sanzioni amministrative, n. 17 (relativa alla fattispecie di cui all'art. 125 che punisce la vendita di specialità medicinali a prezzo diverso da

quello previsto nella tariffa); 1° luglio 1987, Palloni, Giust. pen., 1988, II, 487 (in senso conforme alla precedente decisione). Da ultimo, in tema di depenalizzazione di reati alimentari, v. Cass. 2 dicembre 1985, Di Mar tino, Foro it., 1988, II, 456 (relativa alla depenalizzazione della contrav venzione ex art. 40 del regolamento sanitario sulle carni emanato con r.d. 20 dicembre 1928 n. 3298).

In generale, v. Cass. 1° febbraio 1966, Ceccherelli, cit. (le norme del r.d. n. 478 del 1927 integrano il precetto penale di cui all'art. 169 t.u. 1265/34 e quindi l'ignoranza o l'errore su di esse non può essere invocato a propria scusa); 13 ottobre 1970, Cammareri, id., Rep. 1971, voce Sani tà pubblica, n. 116; 15 luglio 1982, Trettel, id., Rep. 1983, voce cit., n. 163 (secondo cui la messa in commercio di specialità medicinali non

registrate è sanzionata solo quando avvenga ad opera del produttore, del commerciante e del farmacista e non anche quando la vendita sia effet tuata da un dettagliante: in proposito v. pure Cass. 16 novembre 1976, Modiano, cit., che ha ritenuto punibile anche il rappresentante di com

mercio); 18 novembre 1981, Fabbro, id., Rep. 1982, voce cit., n. 126

(che ha ribadito l'obbligo per i commercianti di esercitare il dovuto con trollo preventivo sulla merce avuta dal grossista o dal produttore al fine di evitare che ai prodotti destinati alla vendita siano attribuite virtù tera

peutiche delle quali siano invece privi); 3 luglio 1981, Fabietti, ibid., n. 125 (secondo cui si realizza il reato di cui all'art. 168 t.u. citato quando venga posto in circolazione un prodotto non registrato che sia offerto in vendita come specialità medicinale sia per le proprietà ad esso attribui te sia per il confezionamento e la etichettatura riportante impieghi del

prodotto tipici delle specialità medicinali).

Il Foro Italiano — 1989.

bi identica composizione dichiarata: amfepramone gr. 0,015, teo

bromina gr 0,03, pancreatina gr 0,1, acido deidrocolico gr. 0,2,

clorazepato gr 0,003. Il 9 aprile nei locali dell'istituto «Nuova Antropos», presso il

quale operavano i medici indicati. Esso risultava costituito da

più locali, variamente attrezzati per esercizi ginnici ed applicazio ni terapeutiche diverse. Facevano parte della struttura muraria

anche una sala di attesa e tre studi medici: uno utilizzato dal

dott. Santinolli, mentre nei rimanenti due si alternavano gli altri

medici, che la Garré — moglie del Santinolli — dichiarava essere

retribuiti direttamente da quest'ultimo, per le prestazioni rese di

volta in volta.

La soc. Antropos era stata autorizzata con decreti del presi dente della giunta regionale, in data 7 agosto 1981 e 14 febbraio

1983, ad aprire e gestire un istituto di fisiochinesiterapia e ginna stica medica. I locali utilizzati come ambulatori medici non risul

tavano indicati nella richiesta di autorizzazione, in violazione

dell'art. 194 t.u. leggi sanitarie. L'autorizzazione regionale non

comprendeva, comunque, lo svolgimento dell'attività di «centro

dietetico - fisioterapico», secondo la dizione espressamente appo sta sui foglietti illustrativi, rinvenuti nell'istituto, utilizzati per la

terapia dimagrante del dott. Santinolli.

Il dott. Costigliolo risultava sia effettuare visite nell'ambulato

rio, sia essere direttore sanitario dell'istituto; per la gestione bu

rocratica degli ambulatori (segreteria, comunicazioni telefoniche,

prenotazioni, pagamenti, ecc.) venivano utilizzati locali, persona le ed attrezzature proprie dell'istituto.

In data 21 luglio 1984 il ministero della sanità comunicava i

certificati relativi alle analisi compiute sui campioni prelevati dal

Nas. Il laboratorio di farmacologia dell'istituto superiore di sani

tà esprimeva parere favorevole per quanto concerneva i compo nenti analizzati; ed un giudizio critico circa la validità terapeutica della loro associazione: «La miscela preparata nella farmacia Li

gure risulta a base di uno stimolante anoressico (a dose piena), un tranquillante, due farmaci ad azione sul tubo gastroenterico e sulle ghiandole annesse (pancreatina ed ac. deidrocolico), e un

vaso-bronco-dilatatore (teobromina). L'associazione deve pertan to considerarsi anomala ed il sanitario che ha preparato la ricetta

deve giustificare il suo razionale».

Il 26 luglio 1984, il Nas contestava al personale di entrambe

le farmacie che le associazioni in esse preparate erano state giudi cate anomale del ministero.

In data 26 luglio 1984 il ministero trasmetteva alla Usi 18 ed

alla regione Liguria le seguenti osservazioni in merito a:

«Preparazioni galeniche magistrali per cura dimagrante a base

di prodotti farmacologici del gruppo delle amfetamine.

Le registrazioni delle specialità medicinali anoressizzanti a base

di derivati amfetaminici associati ad altri principi attivi sono sta

te revocate già da diversi anni, avendo gli organi consultivi di

questo ministero espresso un giudizio non favorevole su questi

prodotti, la cui formulazione era suscettibile di favorire possibili tà di uso improprio.

Restano tuttora registrate presso questo ministero, con indica

zioni di anoressizzanti, specialità medicinali a base di solo dietil

propione. Alla luce di quanto sopra, non si possono non esprimere, sul

piano tecnico, perplessità sui preparati delle farmacie . . ., i quali

contengono, secondo quanto dichiarato in etichetta, dietilpropio ne associato con vari principi attivi, fra cui un tranquillante.

È noto, peraltro, che in base alle norme vigenti, non può dirsi

preclusa la possibilità che il medico curante prescriva, per un de

terminato paziente, anche una formulazione di cui il ministero

della sanità non ritenga più opportuno consentire il commercio

come prodotto industriale.

Nella fattispecie, lascia fortemente perplessi il fatto che entrambi

i preparati oggetto di campionamento riportino una etichetta a

stampa, recante la composizione qualitativa, che il farmacista com

pleta a penna con la specificazione della quantità di ciascun com

ponente. La standardizzazione delle formule induce, infatti, a

sospettare che si tratti di preparati oggetto di un altissimo nume

ro di prescrizioni da parte dei medici che, evidentemente, fanno ricorso al dietilpropione in associazione non in casi sporadici, motivati dalle condizioni particolari di singoli pazienti, ma in modo

generalizzato e sistematico». (Omissis) 3. - Questi i quesiti proposti ai periti.

«1) Quale sia l'attività svolta dall'istituto Antropos, anche in relazione alle autorizzazioni amministrative necessarie.

2) Se le prescrizioni farmaceutiche e dietetiche dei medici, di cui al procedimento, poggino su basi razionali.

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GIURISPRUDENZA PENALE

3) Se le prescrizioni siano state personalizzate tenendo conto dello stato fisiologico e patologico del singolo paziente.

4) Le modalità di spedizione delle ricette e l'organizzazione al lo scopo istituita nelle farmacie».

Premessa un'ampia illustrazione delle risultanze processuali e

degli accertamenti compiuti dal Nas, i periti svolgevano una ser rata analisi del materiale acquisito, pervenendo a conclusioni ri

gorose ed estremamente dettagliate. Veniva allegata documentazione trasmessa dal ministero della sanità, da cui risul tava la revisione delle specialità contenenti amfepramone e la re

voca di quelle in associazione; il consumo di amfepramone tramite

farmacia, nell'arco di un anno, era risultato pari a circa tre volte

quello fornito alle industrie per l'impiego in specialità medicinali.

In merito al primo quesito, l'attività dell'istituto Antropos ap

pare essere duplice. Da un lato esistono locali, personale ed attrezzature per tratta

menti di tipo «fisiochinesiterapico». Dall'altro presso l'istituto viene

contemporaneamente svolta un'attività medica di tipo ambulato

riale, indirizzata al trattamento farmacologico e dietetico di pa zienti obesi. A tale attività partecipavano più medici, tra i quali il dott. Costigliolo direttore sanitario, alle dipendenze del dott.

Santinolli, operando in locali dell'istituto o comunque con essi

comunicanti.

Ciò risulta dai rilievi effettuati dal Nas, dal rinvenimento di

foglietti per la richiesta di esami chimico-clinici, che riportano l'indicazione «Nuova Antropos - Centro dietetico fisioterapico», dall'amministrazione in comune delle due attività.

L'istituto non disponeva delle autorizzazioni amministrative ne

cessarie per svolgere nei suoi locali attività medico-ambulatoriali, incluse quelle finalizzate al trattamento farmacologico di pazienti obesi.

In merito al secondo quesito, per razionalità di una prescrizio ne farmaceutica deve intendersi: A) l'intrinseca capacità dei sin

goli farmaci contenuti nella prescrizione di produrre o coadiuvare

l'effetto terapeutico desiderato (nel caso specifico un calo ponde rale del paziente obeso), e/o di limitare effetti collaterali indesi

derabili del trattamento stesso; B) l'idoneità delle dosi prescritte, in relazione all'obiettivo di ottenere la massima efficacia terapeu tica con la minima tossicità.

I periti precisavano il profilo dei farmaci, che fanno parte delle

prescrizioni in oggetto, e analizzavano un campione rappresenta

tivo, costituito da 952 ricette, spedite dalle due farmacie nei gior ni 25 febbraio, 12 aprile, 10 ottobre, 1° dicembre 1983; 10

febbraio, 14 maggio, 16 novembre 1984; 2 gennaio, 21 marzo, 9 maggio 1985, riportando i dati relativi in ampie tabelle riassun

tive. (Omissis) Le prescrizioni in esame non poggiano su basi razionali, in quan

to associano al dietilpropione, farmaco di provata efficacia nella

terapia dell'obesità, altri farmaci che per le loro proprietà farma

codinamiche intrinseche e/o per la misura delle dosi indicate ap

paiono, fatta parziale eccezione per il clorazepato, inutili o

addirittura controproducenti, senza contare che la presenza nella

stessa capsula di pancreatina e clorazepato costituisce un errore,

per le ragioni già evidenziate.

Certamente non si può escludere, almeno in certi pazienti, un

effetto psicologico utile derivante dalla soddisfazione di vedersi

curati con una prescrizione contenente numerosi farmaci ed im

plicante l'assunzione giornaliera di due diverse forme farmaceuti

che, capsule e gocce di tintura vegetale. Ma è «ferma opinione dei periti» che sia più corretto produrre nel paziente tale effetto

psicologico con un'accurata illustrazione della genesi dell'obesità

e delle reali necessità dietetiche e terapeutiche, piuttosto che at

traverso la ricettazione di farmaci in parte inutili.

Le prescrizioni sono ancora meno razionali sotto il profilo eco

nomico, in quanto l'acquisto di una eguale quantità di dietilpro

pione, sotto forma di specialità medicinale comunemente in

commercio, comporterebbe una spesa pari a circa la metà del

costo delle capsule ricettate. Il dietilpropione, associato in certi

pazienti ad una benzodiazepina, soddisfa completamente le ne

cessità terapeutiche dell'obeso.

Infine, appare poco prudente da parte del medico effettuare

prescrizioni di centinaia di capsule contenenti dietilpropione. Co

munemente venivano ricettate da 200 a 400 capsule (in un caso

1200); per la tolleranza e la dipendenza fisica e psichica, che si

può instaurare verso questo anoressante, e per il desiderio di di

magrire più in fretta, il paziente può essere spinto ad assumere

un numero giornaliero di capsule superiore a quello prescritto dal medico, fino a raggiungere dosaggi pericolosi.

Viene poi affrontato il profilo clinico delle prescrizioni, esami

II Foro Italiano — 1989 — Parte 11-1.

nando cosa sia l'obesità, le sue cause, quali siano gli obiettivi che il medico si propone di raggiungere con il trattamento di que sta malattia, quali i mezzi terapeutici a disposizione, riportando un ampio corredo bibliografico.

Fondamentalmente, gli obiettivi da raggiungere sono la norma lizzazione del peso corporeo e, soprattutto, il mantenimento di

questo in futuro. Ciò comporta un approfondito studio delle cause

che hanno provocato l'aumento ponderale del singolo paziente, allo scopo di modificarle, per quanto possibile.

«Non è sufficiente, quindi, far dimagrire una persona: essa,

infatti, riprenderà rapidamente il peso perduto con la dieta o con i farmaci, se non verranno eliminate le cause che hanno indotto

l'ingrassamento e, in particolare, se non verrà impartita una cor

retta educazione alimentare».

Viene cosi illustrata la dieta ipocalorica, con un controllo me dico almeno mensile del paziente, per evitare squilibri. L'uso dei

diuretici è da bandire nel trattamento dell'obesità.

Viene poi riportata una bibliografia contraria all'uso di «place bo» e di farmaci anoressigeni. «Somministrare questi farmaci nella

fase precoce della terapia dimagrante come stimolo alla motiva

zione non è soltanto inutile, ma anche pericoloso; se all'inizio

della terapia gli si prescrive un medicamento, il paziente lo consi

dererà entro breve tempo un fattore centrale del suo trattamento

e avrà difficoltà a rinunciarvi dopo un breve periodo». Non esiste una terapia dell'obesità, bensì' una terapia del pa

ziente obeso, che potrà variare, anche di molto, da caso a caso in relazione alle condizioni cliniche.

Dal punto di vista clinico, assume fondamentale importanza la dieta, che deve rispondere a precisi requisiti. La terapia farma

cologica, per gli effetti collaterali che può avere, deve essere im

piegata solo in un secondo periodo di tempo, quando tutti gli altri presidi terapeutici abbiano fallito, e solo dopo aver attenta

mente vagliato il rapporto danno potenziale/benefici.

L'approccio terapeutico del dott. Santinolli avviene invece in

modo completamente opposto. La visita medica non dura in me

dia più di quindici minuti, e non c'è quindi il tempo per appro fondire le cause dell'obesità nel singolo paziente, e tanto meno

per tentare una minima educazione alimentare. Una volta stabili

ta l'esistenza di un sovrappeso, a tutti i pazienti viene prescritta la stessa terapia farmacologica, come primo approccio terapeuti

co, indipendentemente dal sesso, dall'età, dall'esistenza di even

tuali patologie associate e dai farmaci per esse assunti.

Tra i farmaci anoressigeni viene scelto quello che più frequen temente può dar luogo ad effetti collaterali spiacevoli, ad assue

fazione e a dipendenza. Il trattamento dimagrante si basa

esclusivamente sull'uso del dietilpropione, usato in dose progres sivamente crescenti dal 1982 in poi, a causa della tolleranza cui

notoriamente danno luogo i derivati delle amfetamine.

Che l'amfepramone sia la base del trattamento dimagrante è

dimostrato dall'assurdità della dieta, identica per tutti i pazienti, che in pratica è una «non dieta». Scopo di questo trattamento

è l'abolizione del senso di fame, per cui il paziente rifiuta il cibo

per tutto il periodo in cui il farmaco è attivo, senza abituarsi

ad una alimentazione corretta, tale da consentirgli di mantenere

il peso raggiunto. Ne consegue che alla sospensione del farmaco, o quando verso di esso si è instaurata tolleranza, si ha ripresa del senso di fame e l'individuo ricomincia a mangiare come pri

ma, riguadagnando rapidamente il peso iniziale. A questo punto si impone un progressivo aumento delle dosi, con il pericolo di

maggiori effetti collaterali spiacevoli. In seguito a questa progressione «fame-aumento delle dosi di

dietilpropione - assuefazione - nuovo aumento delle dosi», si crea

uno stato di dipendenza del tutto analoga a quella che si viene

a creare per le amfetamine. Dall'esame delle cartelle cliniche rac

colte nel computer si ricava la constatazione che diversi pazienti,

dimagriti in seguito al trattamento, sono reingrassati nel giro di

6 mesi - 1 anno, ed hanno dovuto ripetere la terapia a dosi mag

giorate. La dieta Santinolli viene definita estremamente irrazionale,

un'accoglienza di cibi, che non sono pragonabili tra loro né dal

punto di vista calorifero, né da quello del contenuto in proteine,

lipidi, glucidi; una dieta dissociata, in quanto non contiene nelle

quantità e proporzioni dovute i vari nutrienti; una dieta ipocalo

rica, ipoglucidica, iperprotidica e iperlipidica, quindi squilibrata e potenzialmente dannosa.

L'elenco dei cibi riportati nel foglio illustrativo del dott. Santi

nolli non è basato su nessun criterio scientifico, né dal punto di vista quantitativo, né da quello qualitativo. Esso è solo un

paravento per mascherare il reale provvedimento dimagrante, co

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PARTE SECONDA

stituito dall'amfepramone. A sua volta, il trattamento farmaco

logico viene fatto credere terapia «a base di erbe», sfruttando

l'attuale orientamento verso la fitoterapia. In conclusione, sulla base dei dati e delle considerazioni espo

ste, ed anche tenendo conto del larghissimo numero di pazienti

coinvolti, i periti ritengono che le prescrizioni farmaceutiche e

dietetiche in causa non poggino su basi razionali. (Omissis) Per valutare compiutamente i profili penali dei fatti fin qui

esaminati, è di fondamentale importanza tenere ben presente la

dimensione complessiva del fenomeno.

Oggetto del procedimento non è l'esame di una ricetta, l'im

perfezione di alcune capsule, le responsabilità connesse alla reda

zione e spedizione di singole prescrizioni farmaceutiche.

Oggetto del procedimento è la responsabilità di un medico, che

dal 1983 al 1987 ha creato e gestito una struttura ambulatoriale, in cui si sono avvicendati altri diciannove sanitari — numero più volte sottolineato dalla difesa — trasformando un istituto di fi

sioterapia in una fabbrica di ricette, una «catena di montaggio», attraverso cui sono passate decine di migliaia di pazienti. La re

sponsabilità di due farmacisti, che tra il 1983 ed il giugno 1985

hanno trasformato i propri laboratori in una «vera e propria of

ficina farmaceutica», operando come «una piccola industria far

maceutica»; spedito 58.592 ricette, consumato kg 365 di

amfepramone, prodotto ciascuno una media di 14.565 capsule al giorno, cioè alcuni milioni di capsule all'anno, mantenendo

poi tale sistema produttivo fino al divieto imposto dal ministero

in data 10 marzo 1987.

La dimensione eccezionale del fenomeno è il primo dato di

partenza, oggettivamente accertato, e quindi processualmente certo, che costituisce il criterio fondamentale per affrontare il problema della classificazione del farmaco prodotto nelle due farmacie. È

la fattispecie in esame ad essere del tutto atipica, non riconduci

bile alle categorie classificatorie ed operative ordinariamente

accolte.

La disciplina normativa della materia è notoriamente insuffi

ciente, connotata da una terminologia eterogenea, e da una ca

rente definizione dei concetti. L'art. 144 t.u. leggi sanitarie non

definisce il concetto di galenico, e tale definizione non si rinviene

neppure nelle diverse disposizioni normative, che pure accennano ai preparati galenici.

L'interprete non può che ricorrere al comune significato delle

parole usate dal legislatore, ai sensi dell'art. 12 preleggi, tenendo

presente la particolare connotazione scientifica della relativa ter

minologia (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 1986, n. 688, Foro it., 1987, III, 133).

È comune, in dottrina e giurisprudenza, il richiamo alle defini

zioni date dall' Enciclopedia medica italiana (Firenze, 1952, IV,

740): «Medicamenti galenici venivano detti un tempo quelli deri vanti da diverse manipolazioni delle droghe (o semplici) di natura

vegetale o animale; farmaci, perciò, complessi e di composizione non ben definita o costante, in contrapposizione ai medicamenti

chimici, che hanno caratteristiche ben definite, costanti e control labili. Le preparazioni galeniche si distinguevano a loro volta in

magistrali e officinali: le prime preparate estemporaneamente dal farmacista su ricetta del medico (magister), le seconde tenute pronte nell'officina farmaceutica, perché di formula fissa stabilita dalla

farmacopea. Successivamente si è estesa la denominazione di galenico a tut

te le preparazioni farmaceutiche, ed attualmente si indicano co me galenici tutti quei medicamenti che non sono specialità medicinali. Tale definizione negativa si è imposta, soprattutto per ché accettata dalle autorità sanitarie e mantenuta nei testi di legge e decreti. In tal modo prodotti galenici sarebbero tutti i medica

menti, che il farmacista spedisce sotto suo controllo e responsabi lità, diversamente dalle specialità medicinali, di cui è responsabile unicamente il preparatore».

Il galenico, dunque, nasce connotato scientificamente in senso

positivo: esso è il farmaco (inteso nel senso di medicinale già in forma e dose di medicamento) derivante dall'impiego di dro

ghe medicinali, cioè di prodotti naturali, del regno vegetale ed

animale, usati singolarmente o tra loro combinati. Da questa definizione in positivo si è passati poi nella pratica,

anche amministrativa, alla definizione del galenico «in negativo», cioè come quel medicamento che non è specialità medicinale (Cons. Stato 28 ottobre 1986, cit.).

Conformemente alle definizioni comunemente accolte nella let teratura giuridica e nei manuali di legislazione farmaceutica, co stituisce «galenico» — termine derivato dal nome di Galeno di

Il Foro Italiano — 1989.

Pergamo (129-200 d.C), autore di molte formule di medicamenti, il cui uso si è poi esteso fino all'inizio dell'era moderna — ogni

prodotto terapeutico, semplice o composto, a dose e forma di

medicamento, preparato dal farmacista nella propria farmacia,

per la vendita diretta al pubblico nella farmacia stessa.

Si distingue poi tra galenico «officinale», il prodotto, semplice o composto, preparato secondo una formula fissa, prescritta dal

la farmacopea ufficiale. E galenico «magistrale», preparato estem

poraneamente dal farmacista, di volta in volta, sotto suo controllo

e responsabilità, secondo la ricetta, con cui il medico formula

la composizione del medicamento per la realizzazione in farmacia

(cfr. Cass. 23 aprile 1969, Zanni, id., Rep. 1970, voce Sanità

pubblica, n. 99). È invece normativa la definizione della specialità medicinale:

«Qualsiasi prodotto terapeutico, semplice o composto, preparato a dose o forma di medicamento, secondo una formula prestabili

ta, contenuto in recipienti od involucri determinati pronti per la

vendita e chiusi in modo che non sia possibile apportare al pro dotto qualsiasi modificazione» (art. 9 r.d. 3 marzo 1927 n. 478).

La disciplina dei galenici è tracciata dalla farmacopea ufficiale, vero e proprio codice farmaceutico, costituito da un corpo di

norme giuridiche — emanate con decreto ministeriale — dal con

tenuto tecnico ma con immediato valore precettivo, nel quale ven

gono elencati i medicinali generalmente accettati per il loro uso

terapeutico. Né costituisce parte integrante il formulario naziona

le, costituito dalla raccolta delle monografie di volta in volta pub blicate sulla Gazzetta ufficiale, in cui vengono indicati gli standards

di efficacia, sicurezza e qualità delle sostanze impiegate in medi

cina, nella preparazione dei medicinali e dei galenici. Il farmacista non ha bisogno di autorizzazione a produrre far

maci, giacché questa è insita nell'autorizzazione ad aprire e a ge stire la farmacia. Ma tale produzione può essere effettuata solo

entro gli schemi prima delineati, come stabilito dall'art. 35, 2°

comma, r.d. 30 settembre 1938 n. 1706 («I medicamenti compo sti debbono corrispondere alla formula prescritta dalla farmaco

pea ed essere preparati con le norme in essa descritte»). Il farmacista può quindi produrre farmaci approntati secondo

una formula fissa, soltanto se tale formula è prescitta nella far

macopea o in altri formulari equipollenti. Può produrre farmaci di formulazione diversa, la cui composi

zione non è codificata nella farmacopea — cioè «originali» —

soltanto estemporaneamente, su formula ricettata da un medico

di volta in volta. Tale facoltà non è prevista espressamente dalla

legge, ma solo in forma implicita («Qualsiasi medicinale non de

scritto nella farmacopea deve essere somministrato dal farmacista allo stato di purezza, genuinità ed ottima conservazione», art.

35, 3° comma, con gli obblighi di cui all'art. 37), poiché ricom

presa nei principi generali, cioè deriva dalla storia stessa della

medicina e del rapporto medico-farmacista («I farmacisti non pos sono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui siano prov visti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia»; «Hanno l'obbligo di spedire le ricette nel tempo strettamente necessario per eseguire magistralmente le

preparazioni»: art. 38). Soltanto la specialità medicinale può avere una formula presta

bilita non prevista nella farmacopea, proprio perché tale formula è stata anch'essa preventivamente autorizzata dal ministero della sanità con la registrazione, previo accertamento della qualità, ef ficacia e sicurezza del prodotto, mediante esame dei protocolli sperimentali dal produttore (art. 162 t.u. leggi sanitarie).

La presenza di una formula prestabilita costituisce il carattere

fondamentale — di garanzia per la salute dell'utente, contro ogni improvvisazione terapeutica — che accomuna il galenico offici nale e la specialità medicinale, e distingue concettualmente i pro dotti farmaceutici preparati secondo un'esperienza consolidata dai rimedi estemporanei, richiesti di volta in volta dal medico al far macista per il singolo paziente. Scopo evidente dal sistema è deli mitare il campo delle responsabilità: demandando al farmacista

quella della qualità della preparazione, e sottraendogli invece quella dell'efficacia e sicurezza del medicamento.

I problemi interpretativi affrontati in giurisprudenza sembrano limitati alla distinzione tra specialità medicinale e galenico offici

nale, per l'evidente carattere comune della predisposizione della

formula, variando in sostanza il tipo di produzione, industriale o artigianale.

Non è stato invece affrontato, almeno per quanto ci risulta, il problema relativo alla differenziazione tra specialità e galenico magistrale: principalmente, sembra, per la rarefazione di tale ipo

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GIURISPRUDENZA PENALE

tesi, pressoché scomparsa in tutta Italia, prima dell'avvento delle

nuove terapie dimagranti. Ritiene il decidente che il carattere di distinzione consista nelle

tipicità dell'uno e dell'altro preparato: non in criteri meramente

estrinseci o di confezione, bensì' intrinseci e oggettivi, cioè di ef

fettivo significato terapeutico e farmacologico. Per la specialità, nella preparazione a carattere generale, secondo una formula pre

stabilita; per il magistrale, nella estemporaneità della preparazio

ne, secondo una specifica ricetta medica, valida per l'uso

individuale. La ricorrenza di una formula prestabilita è il dato costante sot

tolineato in perizia, ove si rileva come l'impostazione di tutta

la «catena di montaggio» ideata dal Santinolli informi entrambi

i versanti dell'attività terapeutica: per i medici, per consentire un

elevato numero giornaliero di visite e quindi di relative prescri

zioni; per i farmacisti, per facilitare la spedizione delle ricette.

La prescrizione costante, qualitativamente invariabile, di cin

que farmaci associati, con limitate variazioni quantitative del do

saggio per capsula di due soli componenti, consentiva la

preparazione di grandi quantità di miscele a dosi prefissate, già

predisposte per la spedizione di gruppi di ricette. «Si configura in pratica, per l'invarianza qualitativa ed in parte quantitativa delle prescrizioni e per il loro numero elevatissimo, una situazio

ne analoga a quella della preparazione di una specialità medicina

le, che sul piano pratico sostanzialmente aggira i vari dispositivi di legge, che regolano la messa in commercio dei preparati di

questo tipo». Il farmaco in esame non è certamente un galenico officinale;

la sua formulazione non corrisponde ad alcuna formula contenu

ta nella farmacopea, o in altre raccolte di analogo valore ufficia

le: anzi in nessuna raccolta di alcun genere. Ciò risulta

espressamente dalla relazione peritale, dalle osservazioni dell'isti

tuto superiore di sanità, e comunque non costituisce oggetto di

contestazione da parte dei consulenti. È proprio del Santinolli

avere ideato un farmaco originale, non corrispondente ad alcuna

formulazione precedente. Ma esso neppure costituisce un galenico magistrale.

«Estemporaneo» è voce dotta, che deriva dal tardo latino ex

temporaneum, dall'espressione ex tempore, cioè sul momento; si

gnifica pertanto «che non pone tempo in mezzo, che è immediato

e improvviso». Riportando, come esempio proprio, di significato

preciso: «detto di scrittore, soprattutto di poeta, che compone

improvvisando» (Dizionario etimologico della lingua italiana, Za

nichelli, 1984). Tutto si può dire delle preparazioni dei due farmacisti, tranne

che esse fossero preparate sul momento. Non perché il farmacista

debba «improvvisare», e non debba invece possedere un'attrezza

tura ed un congrua dotazione di materie prime predisposte al

l'uopo; ma perché ogni singola preparazione deve avvenire appunto

sul momento, in quanto non deve corrispondere ad una formula

prestabilita. Le farmacie si erano «organizzate in modo da razionalizzare

la preparazione delle capsule, nel senso di non preparare volta

per volta quelle di una singola ricetta». Ogni giorno veniva ap

prestata la miscela base, in previsione di un costante afflusso di

clienti, provvisti di ricette contenenti prescrizioni uniformi.

Già nella prima ispezione effettuata dal Nas il 5 e 6 aprile 1984

— eseguita quando l'attività delle farmacie ancora non aveva su

scitato particolari sospetti — venivano reperite ingenti quantità

di prodotto già miscelato, pronto per l'introduzione nelle capsu

le, eccedenti le quantità necessarie per la spedizione di singole

ricette: gr. 3864 presso la farmacia Ligure; gr. 313,2, pronto per

il confezionamento di n. 900 capsule, presso la farmacia di S.

Sebastiano.

Le due miscele avevano identica composizione, qualitativa e

quantitativa, cioè erano composte dai cinque noti farmaci in eguale

dosi predeterminate, come risulta dai verbali del Nas, sottoscritti

dagli odierni imputati. Fatto questo estremamente significativo,

perché dimostra come le due farmacie lavorassero in parallelo,

nell'identico presupposto di una ricettazione costante da parte dei

medici, sulla base di una formula prestabilita.

Si spiega così lo stupore manifestato dal dott. Meardi, quando

si meravigliava che le farmacie potessero prevedere le quantità

e qualità delle sue prescrizioni. Miscele di questo tipo sono state ancora rinvenute dal Nas,

nel corso delle ispezioni eseguite nel 1985 e nel 1986.

Le farmacie erano provviste di un'ampia dotazione di vasetti

di plastica, dotati di coperchio, a buona tenuta, recanti etichette

Il Foro Italiano — 1989.

prestampate, campionate dal Nas, che ritroviamo allegate alle due

perizie. Nelle etichette della farmacia S. Sebastiano erano già predispo

sti a macchina in ordine verticale, tutti i componenti del medici

nale: «Dietilproprione hcl gr.; Teobromina, Pancreatina; Acido

deidrololico; Clorazepato», con apposta la dicitura a stampa: «Sog

getto disciplina legge 685/75 tab. IV». Le etichette indicanti la

dose di somministrazione — obbligatorie ai sensi dell'art. 37 r.d.

1938 n. 1706 — riportavano addirittura la posologia a stampa: «1 cp. prima di colazione 1 cp. prima di pranzo 1 cp. pomeriggio 1 cp prima di cena».

Nelle etichette della farmacia Ligure troviamo già predisposti,

questa volta a penna, non solo tutti i componenti, ma anche le

dosi di alcuni di essi: dosi comunque fisse, variando sostanzial

mente soltanto la dose di amfepromone da confezione a con

fezione.

Fatti questi che sembrano di estrema gravità e quanto mai pro banti della formula prestabilita.

Come precedentemente ricordato, già in data 26 luglio 1984

il ministero della sanità manifestava forti perplessità sui preparati che «riportino una etichetta a stampa, recante la composizione

qualitativa, che il farmacista completa a penna con la specifica

zione della quantità di ciascun componente», in quanto ciò pre

supponeva una «standardizzazione delle formule».

Il farmaco in esame non presenta dunque il requisito fonda

mentale del galenico magistrale, cioè la estemporaneità della pre

parazione per l'uso individuale del singolo paziente. (Omissis) 7. - Le prescrizioni farmaceutiche e dietetiche dei medici non

sono fondate su basi farmacologiche razionali, e non sono perso nalizzate alle necessità del singolo paziente, tenendo conto del

suo stato fisiologico e di eventuali affezioni patologiche. La cura Santinolli è irrazionale nel suo complesso. Essa è basa

ta su un equivoco di fondo, in cui il medico induceva i propri

clienti; non esiste una terapia dell'obesità, ma una terapia del

paziente obeso che, individuate le cause fisiologiche o patologi

che del sovrappeso, tende a modificarle con interventi differen

ziati, personalizzati alle sue necessità.

L'approccio terapeutico del dott. Santinolli avveniva invece in

modo diametralmente opposto, prescrivendo a tutti i pazienti la

stessa terapia farmacologica, indipendentemente dalle condizioni

individuali di ognuno. Tutte le 952 ricette esaminate contengono un'associazione di

farmaci invariabile sotto il profilo qualitativo. Il dietilproprione

non è sicuramente, in tutti i casi, il più indicato degli anoressiz

zanti disponibili, in quanto induce, rispetto agli altri, effetti col

laterali più rilevanti; ed è stato prescritto in un certo numero

di pazienti a dosaggi giornalieri anche largamente superiori a quelli

abituali. Gli altri farmaci in associazione sono uno non appropriato e

gli altri tre inutili; due di essi risultano antagonisti nelle modalità

di assorbimento. Irrilevante o addirittura controproducente la pre

scrizione delle tinture vegetali. La dieta prescritta è squilibrata e potenzialmente dannosa; as

surda, perché identica per tutti i pazienti, ed estremamente irra

zionale, perché l'elenco di cibi ivi contenuto non è fondato su

alcun criterio scientifico, né dal punto di vista qualitativo, né

da quello quantitativo. Tinture vegetali e dieta costituiscono sol

tanto un paravento al vero trattamento dimagrante: l'amfe

pramone. La prescizione di questo farmaco veniva effettuata in modo

da cagionare grave pericolo al paziente, in quanto i medici omet

tevano un serio esame preliminare delle sue condizioni generali,

e della tolleranza del farmaco.

La sua costante prescrizione «non trova alcuna giustificazione

razionale e costituisce una prova inoppugnabile della più assoluta

mancanza di una personalizzazione della ricetta», per selezionare

i casi da trattare con anoressizzanti, e per scegliere il tipo di ano

ressizzante più idoneo.

Non risultano personalizzate le dosi di clorazepato, superfluo

nei soggetti non ansiosi, e comunque scelta farmacologica non

appropriata. È da escludere qualsiasi personalizzazione qualitati

va o quantitativa per quanto concerne teobromina, pancreatina

e acido deidrocolico, sempre presenti in tutte le prescrizioni esa

minate, per gli ultimi due nell'identico dosaggio per capsula.

(Omissis) In sostanza, l'errore fondamentale è di avere generalizzato una

terapia che, se può essere convenientemente utilizzata in casi sin

goli, selezionati nella loro specificità, non è assolutamente idonea

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Page 7: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e altri

PARTE SECONDA

per una utilizzazione di massa, sempre e comunque identica per tutti. Prescrivere amfepramone ha senso quando un particolare

paziente abbisogni di un rapido calo ponderale, per motivi con

tingenti e personali; è assurda invece la generalizzazione sistema

tica per decine di migliaia di pazienti di una terapia selettiva, trasformata da riduzione veloce del peso a vera e propria cura

dell'obesità.

Questo aspetto del problema è stato efficacemente sottolineato

dal ministero della sanità, con un giudizio riassuntivo dell'intera

problematica: «Non può dirsi preclusa la possibilità che il medico

curante prescriva, per un determinato paziente, anche una for

mulazione di cui il ministero non ritenga più opportuno consenti

re il commercio come prodotto industriale». Ma lascia fortemente

perplessi «che si tratti di preparati oggetto di un altissimo nume

ro di prescrizioni da parte di medici che, evidentemente, fanno

ricorso al dietilproprione in associazione non in casi sporadici, motivati dalle condizioni particolari di singoli pazienti, ma in modo

generalizzato e sistematico» (osservazioni in data 26 luglio 1984,

precedentemente citate). È consigliabile, invece, «che il trattamento

farmacologico dell'obesità sia limitato a casi selezionati e parti

colari, tenuti in attenta considerazione il rapporto rischio-beneficio

e la pericolosità di effetti secondari» (cosi la parte motiva del

d.m. 26 maggio 1987, precedentemente riportato per esteso). Possiamo quindi ritenere pacificamente acquisita l'irrazionalità

della terapia ideata dal dott. Santinolli. (Omissis) 8. - Ai fini della legge penale, il farmaco irrazionale deve rite

nersi imperfetto. La dizione «imperfetto» è tratta dall'art. 58 del t.u. leggi sani

tarie del 1907, ed è «comprensiva di ogni possibile vizio del medi

cinale» (cosi la relazione ministeriale sul progetto del codice penale,

II, 231). Ai sensi dell'art. 443 c.p., il farmaco è imperfetto quando non

abbia una giusta dosatura dei vari componenti medicamentosi, cosi da risultare inefficace; o non risulti preparato secondo le

rigorose prescrizioni scientifiche (Cass. 26 maggio 1985, Caserta

no, id., Rep. 1986, Incolumità pubblica (reati contro la), n. 27). Difetti dei necessari elementi o della giusta dosatura o, comun

que, data l'amplissima accezione dell'aggettivo «imperfetto», sia

affetto da qualsiasi vizio, originario o sopravvenuto, che lo renda

inidoneo allo scopo o addirittura pericoloso (Cass. 27 marzo 1980,

Rocchelli, id., Rep. 1982, voce cit., n. 27). È imperfetto il medicinale che, pur non essendo guasto, sia

difettoso per qualsiasi altra causa. L'imperfezione, infatti, è stata

intesa dal legislatore come non conformità con i principi della

tecnica farmaceutica, cosi da comprendere ogni possibile vizio, non dipendente da contraffazione o da adulterazione (Cass. 9

febbraio 1979, Alecce, id., 1979, II, 561). Trattasi di delitto di mero pericolo, o di «pericolo remoto e

presunto», giacché non si esige che il pericolo per la salute pub blica sia sorto, e neppure che la pericolosità del medicinale im

perfetto sia dimostrata in concreto, essendo tale pericolo presunto in via assoluta dalla legge nel medicinale imperfetto (Cass. 3 apri le 1986, Baroni, id., Rep. 1986, voce cit., n. 25).

L'impostazione giurisprudenziale è stata contestata in dottrina, lamentando una confusione concettuale tra dannosità del prodot to e pericolosità della condotta. Ma questo aspetto della norma

appare comunque accessorio alla fattispecie, poiché il farmaco

Santinolli viene espressamente definito pericoloso in concreto. Come risulta dalla lettera della norma, il delitto può commet

tersi non solo ponendo in commercio il medicinale imperfetto, ma anche con la sua somministrazione. Tale momento non pre

suppone necessariamente la detenzione per il commercio, trattan

dosi di concetto da essa distinto, analogo a quello espresso nell'art. 442 c.p., con la frase «distribuisce per il consumo».

Che il concetto di somministrare sia distinto dal concetto di

vendere è dimostrato dall'art. 730 c.p., il quale contempla alter

nativamente l'ipotesi di chi «vende o somministra»; per cui il

reato può essere commesso anche da chi non esercita il commer

cio di sostanze medicinali.

Somministrare è termine tratto dalla legislazione sanitaria, e non significa soltanto porgere per il consumo immediato, ma al tresì «dare altrui ciò che gli fa bisogno». A livello etimologico, somministrare deriva dal latino «ministrare», che non vuol dire

vendere, ma: dare, distribuire, servire, porgere. Il concetto di somministrazione, dunque, comprende tutte le

condotte di consegna del prodotto, a qualsiasi titolo, purché in

rapporto con il pubblico. Della somministrazione e messa in commercio delle sostanze

medicinali imperfette rispondono in concorso sia i medici che i

Il Foro Italiano — 1989.

farmacisti, in quanto i primi ponevano in essere la condizione

necessaria ed indispensabile per l'attività produttiva e commer

ciale dei secondi. Il medico dava al paziente quella ricetta, in

base alla quale il farmacista consegnava il medicinale prescritto.

(Omissis)

II

Fatto e diritto. — Con rapporto 17 agosto 1985 la locale squa dra di polizia giudiziaria segnalava che a seguito di indagini era

emerso che Franzellin Giancarlo, titolare della farmacia «Alla Ma

donna» di Cavalese aveva ceduto a tale Rosalia Chiocchetti la

specialità medicinale «Pantopon Roche» Cpr. da gr. 0,01; detta

specialità era peraltro da tempo stata revocata.

Svolti ulteriori accertamenti, sono stati emessi due distinti man

dati di comparizione per i reati di cui in epigrafe.

L'imputato si è difeso affermando che il medicinale in questio ne non deve essere considerato «specialità» bensì' «sostanza» che

egli aveva regolarmente registrato sul registro degli stupefacenti. Ha affermato inoltre che comunque la norma di cui all'art.

169 deve ritenersi depenalizzata. Deve essere immediatamente rilevato che i reati di cui alla ru

brica sono ricompresi tra quelli di cui all'art. 1 d.p.r. 16 dicem

bre 1986 n. 865; non ricorrono né condizioni ostative oggettive né soggettive né v'è stata rinuncia ex art. 5 del suddetto decreto.

Si impone allora di valutare se sussistono gli estremi di cui al

l'art. 152, cpv., c.p.p. in relazione in particolare a quanto dedot

to dall'imputato. Com'è noto si definisce medicamento ogni sostanza o compo

sizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie, da somministrare allo scopo di ripristinare, cor

reggere, modificare le funzioni organiche dell'uomo.

Dal punto di vista giuridico-amministrativo il medicamento può essere classificato in specialità medicinale e galenico estempora neo o industriale.

Per la specialità medicinale ed i galenici officinali (industriali) è il ministero della sanità che attraverso la registrazione nel pri mo caso, o l'inclusione negli elenchi allegati dalla farmacopea ufficiale nel secondo caso, ne garantisce la qualità e l'efficienza.

Per la preparazione magistrale è il medico che, formulando

il medicamento, valuta l'efficacia e la sicurezza terapeutica, spet tando al farmacista la garanzia della genuinità delle materie pri me impiegate e la tecnica di preparazione sulla base delle

disposizioni contenute nella farmacopea ufficiale.

La definizione di specialità medicinale è data dall'art. 9 r.d.

3 marzo 1927 n. 478 che recita: «qualsiasi prodotto terapeutico

semplice o composto, preparato a dose o forma di medicamento

secondo la formula prestabilita, contenuto in recipienti od invo

lucri determinati pronti per la vendita e chiusi in modo che non

sia possibile apportare al prodotto qualsiasi modificazione».

Del galenico, sia esso estemporaneo che industriale, non esista

invece una espressa definizione normativa al di fuori del riferi

mento del tutto generico ai medicamenti composti di cui all'art.

35, 1° comma, r.d. 1706/38.

Può pertanto ricavarsi una definizione soltanto in negativo del

galenico: ogni medicamento non costituente specialità medicinale.

Fatte queste premesse è del tutto evidente che la sostanza in

questione deve essere ritenuta una vera e propria specialità medi

cinale avendone tutte le caratteristiche (nome di fantasia, confe

zionamento particolare, predeterminato e sigillato, indicazioni ed

effetti terapeutici). Del resto è lo stesso imputato che nella me

moria 27 luglio 1984 inviata dall'ordine dei farmacisti ne eviden

zia le caratteristiche individuandone la ditta produttrice ed il tipo di confezionamento.

I seguenti accertamenti esperiti hanno consentito di appurare che il «Pantopon Roche» già in commercio nel nostro paese non

è più in produzione dal 1967. Né certo può ritenersi lecita, in

virtù, della defizione data dal r.d. 478/27, alla specialità medici

nale, l'utilizzazione da parte del farmacista del contenuto della

specialità per la preparazione estemporanea di un galenico magi strale, addirittura prescindendo dalla prescrizione medica.

Occorre allora esaminare la questione se l'art. 169 cit. conservi

tuttora carattere penale o sia stato degradato dall'apposita nor

mativa ad illecito amministrativo.

Com'è noto il 2° comma dell'art. 32 1. 689/81 ha escluso la

depenalizzazione di quei reati, pur sanzionati con la pena pecu niaria, che «nelle ipotesi aggravate siano punibili con la pena de

tentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria». Tale esclusione di carattere generale non era espressamente pre

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Page 8: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 febbraio 1988; Giud. Devoto; imp. Santinolli e altri

GIURISPRUDENZA PENALE

vista nella 1. 706/75 sicché si erano determinate incertezze nella

pratica sul se, in tali casi, operasse o meno la depenalizzazione per la forma semplice (nella relazione al d.d.l. 1799, il quale suc

cessivamente ha dato vita alla 1. 689/81, si afferma che tale prin

cipio «forse potrebbe ritenersi già implicitamente contenuto nell'art. I 1. 706/75»),

Questa scelta normativa aveva dato luogo al sorgere di perples sità di carattere costituzionale evidenziandosi come la rilevanza

della condotta dell'agente nell'una o nell'altra branca dell'ordi

namento (penale o amministrativo) era demandata non alla legge ma alla valutazione discrezionale del giudice, chiamato ad accer

tare la maggiore o minore gravità del fatto, e di conseguenza a determinare la natura e la rilevanza giuridica del comportamento.

Di fatto la prevalente giurisprudenza di merito affrontando il

problema ha ritenuto la fattispecie oggi assunta dall'imputato co

me depenalizzata, configurata tuttora come reato (Pret. Lecco

24 giugno 1977, Foro it., Rep. 1978, voce Sanità pubblica, n.

154; Pret. Assisi 3 maggio 1977, ibid., n. 155; Trib. Milano 2

dicembre 1977, ibid., n. 152; Pret. Narni 25 novembre 1976, ibid., n. 153; contra, per il formale rilievo che l'art. 169 non è ricom

preso tra i casi di esclusione contemplati dall'art. 14 1. 706/75, Pret. Monza 1° giugno 1977, ibid., n. 157).

Tale fattispecie, in effetti, dà luogo ad un'entità unica doven

dosi prendere in considerazione il comportamento astratto come

tale considerato illecito.

Il fatto che tale comportamento sia punito per la prima volta

con la sola ammenda e quando vi sia recidiva anche con l'arre

sto, può solo significare che, nel caso della prima violazione, vi

è una considerazione di minore gravità mentre l'ulteriore atteg

giamento illecito fa caducare tale presunzione. Ma nell'unicità

dell'entità giuridica non v'è dubbio che la violazione è punita sia con l'ammenda che con l'arresto.

Valido conforto è dato dalla considerazione che, se fosse di

chiarata depenalizzata la violazione commessa per la prima volta

(violazione non diversa dalle ulteriori) non potrebbe verificarsi

l'ipotesi della recidiva cosiché si toglierebbe di fatto valore di

illecito penale a quel comportamento per cui è comminata la pe na dell'arresto.

La 1. 689/81, come detto, propone una esplicita disposizione in materia.

Pure nell'ambito di un tentativo di interpretazione restrittiva

che favorisca il mantenimento tra le ipotesi di depenalizzazione della maggior parte delle ipotesi semplici, deve ritenersi che l'art.

32, 2° comma, cit. si applichi pure ai casi, come quello in esame, in cui la condotta in tutti i suoi elementi materiali resta immutata

e l'aggravamento dipende esclusivamente da una condizione sog

gettiva dell'agente.

Questa interpretazione corrisponde al dato letterale riferendosi

l'art. 32 non alle aggravanti in senso tecnico bensì più generica mente alle «ipotesi aggravate».

Allorquando l'aggravamento non è ricollegabile ad un elemen

to materiale della condotta espressamente previsto (com'è nell'art.

169 cit.), la fattispecie prevista anche con pena detentiva non è

diversa da quella sanzionata con pena pecuniaria e dunque essa

deve essere configurata come entità unica esclusa dalla depenaliz

zazione; negli altri casi la violazione semplice sarà da considerarsi

depenalizzata e quella aggravata manterrà il suo carattere di ille

cito criminale.

La Suprema corte si è pronunciata due volte sulla questione: la prima, non ancora vigente la 1. 689/81, ritenendo depenalizza ta la ipotesi di reato meno grave (Cass. 17 dicembre 1981, Capo

casale, id., Rep. 1983, voce Contravvenzione, n. 42); con la

seconda pronuncia la Cassazione, pur non specificamente soffer

mandosi ad esaminare la problematica de qua, pare aderire a quel

l'orientamento che non ricomprende tra le ipotesi aggravate di

cui all'art. 32 quelle che sono tali esclusivamente per la presenza

della recidiva e conseguentemente ritenere depenalizzata la relati

va ipotesi semplice (Cass. 15 ottobre 1982, Spinelli, id., Rep. 1984, voce Sanità pubblica, n. 144).

A tale proposito può osservarsi che allorquando la fattispecie

legale riconnette alla recidiva l'applicabilità della pena detentiva

deve aversi riguardo soprattutto ai casi di reiterazione della me

desima violazione, ed inoltre che la recidiva è evidentemente inte

sa nella sua accezione penalistica, e cioè con riferimento unicamente

alla commissione di fatti-reato.

Fatte queste premesse, va osservato che il ritenere depenalizza

ta la fattispecie semplice dovrebbe portare, come effetto indotto,

II Foro Italiano — 1989 — Parte II-8.

all'applicabilità della sanzione penale anche per l'ipotesi di reite razione della stessa violazione che il legislatore pure assoggetta a pena detentiva, dovendosi certo dubitarsi della legittimità di una interpretazione che estendesse in forza delle successive leggi depenalizzatrici lo status di recidivo anche a colui che, già sotto

posto a sanzione pecuniaria per una determinata infrazione ora

amministrativa, commette un'altra identica infrazione, quest'ulti ma costituente reato. Aderendo alla opinione espressa dalla Su

prema corte, solo accogliendo una interpretazione di questo tipo, sarebbe possibile pervenire all'applicazione della sanzione penale

per l'ipotesi di reiterazione della medesima violazione, poiché, diversamente opinando, non vi sarebbe «recidiva».

Ma vi è un ulteriore motivo di carattere sostanziale: appare del tutto ingiustificato sia sotto il profilo logico che sotto quello teorico e sistematico, che a fatti identici e dunque con una mede

sima potenzialità lesiva del bene tutelato, venga prestata una tu

tela differenziata (amministrativa o penale) sulla base della sola

recidiva, come se tra violazione amministrativa e reato non vi

siano differenze antologiche. Le argomentazioni finora esposte inducono il giudicante a con

siderare non fondata la tesi dell'avvenuta «depenalizzazione» del

la norma in esame (in tal senso si esprime pure la circolare del

ministero della sanità 7 marzo 1983 dir. gen. serv.

800.7. AG.306/99). Per completezza espositiva può rilevarsi che anche la Suprema

corte in passato ha espresso un diverso orientamento rispetto a

quello attuale, affermando con sentenza 29 settembre 1978, Ghe

dini, la esclusione dalla depenalizzazione dell'art. 169 cit. a causa

della sussistenza della pena accessoria della sospensione dall'eser

cizio della professione. (Omissis)

PRETURA DI GELA; sentenza 11 febbraio 1988; Giud. Di Pao

la; imp. Rinzivillo. PRETURA DI GELA; !

Alimenti e bevande (igiene e commercio) — Cattivo stato di con

servazione — Nozione — Fattispecie (L. 30 aprile 1962 n. 283,

disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostan

ze alimentari e delle bevande, art. 5; d.p.r. 26 marzo 1980 n.

327, regolamento di esecuzione della 1. 30 aprile 1962 n. 283

e successive modificazioni, art. 28).

Attraverso la previsione del cattivo stato di conservazione — art.

5, lett. b), /. 283 del 1962 — il legislatore si è voluto assicurare, in un'ottica di tutela anticipata della salute pubblica, che non

vengano poste in essere anomale condizioni di conservazione

dell'alimento che possano portare ad alterazioni del prodotto di maggiore gravità, che trovano la loro previsione nelle ulte

riori lettere dello stesso art. 5 (nella specie, un rivenditore espo neva in vendita pane riposto in contenitori non idonei dal punto di vista igienico perchè non consentivano una pulizia «facile,

rapida e completa»). (1)

(1) In tema, v. Cass. 11 luglio 1985, De Martino, Foro it., 1987, II, 321, con nota di richiami.

Con riferimento alla sentenza della Cassazione ora citata, Cappelli, In tema di responsabilità del commerciante per difettosa conservazione delle sostanze alimentari deperibili che siano detenute per la vendita, in

Giust. pen., 1988, II, 283, prende posizione in senso contrario, rilevando da un lato che «solo per alcuni determinati prodotti alimentari sono pre scritte nel regolamento alla 1. 283/62 . . . particolari modalità di conser

vazione al fine di preservarne la commestibilità e la salubrità» e osservando

dall'altro lato che «col distinguere i due 'stati' — cattivo stato di conser

vazione e stato di alterazione — il legislatore ha inteso dare rilievo pena le .. . anche a quelle modificazioni che, senza dar luogo ad alterazioni

biochimiche, compromettono le proprietà organolettiche del prodotto ri

levandone il 'cattivo stato di conservazione'. Condizione questa che . . . va

riscontrata nell'oggetto materiale del reato e non nelle modalità di con

servazione, anche per le conseguenze eccessivamente penalizzanti che de

riverebbero dalla lettura della norma nel senso indicato dalla sentenza

annotata». Aderisce invece alla opinione del Supremo collegio, Correrà, Tutela igienico-sanitaria degli alimenti e bevande, 2a ed., Milano, 1986,

71, il quale rileva che con la previsione 'cattivo stato di conservazione'

il legislatore ha inteso fare riferimento alle modalità di conservazione del

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