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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 giugno 1982; Giud. Di Iasi; imp. Pellegrino

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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 16 giugno 1982; Giud. Di Iasi; imp. Pellegrino

sentenza 16 giugno 1982; Giud. Di Iasi; imp. PellegrinoSource: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.449/450-453/454Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174635 .

Accessed: 24/06/2014 20:01

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GIURISPRUDENZA PENALE

Ogni atto che, anziché porsi nel solco di questa innovativa at

tività di partecipazione del privato alla gestione dell'urbanistica,

abbia invece il solo scopo di intralciare la collaborazione del cit

tadino andrà ritenuto illegittimo. Ciò è quanto deve affermarsi con riferimento al parere della

commissione edilizia del comune di Salò del 26 aprile 1982, tale

atto deve essere perciò disapplicato in quanto illegittimo e allo

stesso non può attribuirsi alcun valore interruttivo del procedi

mento di formazione del silenzio-assenso.

In conseguenza deve dichiararsi che gli odierni imputati hanno

iniziato la costruzione della casa lecitamente ed in base ad una

concessione ottenuta in forma tacita.

Dal Bon Angelo, Dal Bon Carla, Giacomini Elisa, Manfredini

Ennio e Biondo Paolo vanno perciò assolti perché il fatto non

sussiste.

I

PRETURA DI FOGGIA; PRETURA DI FOGGIA; sentenza 16 giugno 1982; Giud. Di

Iasi; imp. Pellegrino.

Cause di non punibilità — Reati edilizi — costruzione aDusiva

— Stato di necessità — Sussistenza — Esclusione — Fattispe

cie (Cod. pen., art. 54; 1. 28 gennaio 1977 n. ilO, norme per

la edificabilità dei suoli, art. 17).

La scriminante dello stato di necessità non può configurarsi in re

lazione al reato di costruzione senza concessione perché la na

tura stessa dell'attività dell'agente richiede per l'esecuzione del

le opere un congruo periodo di tempo nonché una particolare

organizzazione di mezzi che mal si conciliano con i requisiti del

l'attualità del pericolo e della costante mancanza di una effet

tiva alternativa previsti dall'art. 54 c. p. (nella specie, l'impu

tato aveva allegato — senza peraltro fornire alcuna prova —

di essere stato costretto a realizzare l'opera perché sfrat

tato). (1)

II

PRETURA DI PIZZO; sentenza 19 gennaio 1982; Giud. Nova

rese; imp. Pinella e La Grotteria.

Edilizia e urbanistica — Costruzione di veranda chiusa a ve

tri — Lavori di manutenzione straordinaria — Configurabi lità — Disciplina applicabile (L. 5 agosto 1978 n. 457, norme

per l'edilizia residenziale, art. 31, 48).

Edilizia e urbanistica — Lavori di manutenzione straordinaria — Mancanza dell'autorizzazione — Contravvenzione (L. 28

gennaio 1977 n. 10, art. 17; 1. 5 agosto 1978 n. 457, art. 31, 48).

Cause di non punibilità — Reati edilizi >— Lavori abusivi di

manutenzione straordinaria — Necessità di arrestare gli effetti

dannosi cagionati daila umidità — Stato di necessità — Sus

sistenza — Fattispecie i(Cod. pen., art. 54; I. 28 gennaio 1977

n. 10, art. 17; 1. 5 agosto 1978 n. 457, art. 31, 48).

La costruzione di veranda chiusa a vetri su di una terrazza

costituisce opera di manutenzione straordinaria e come tale è

soggetta alla mera autorizzazione del sindaco. (2) L'aver eseguito lavori di manutenzione straordinaria in mancanza

di autorizzazione del sindaco integra la contravvenzione di cui

all'art. 17, lett. a), l. 28 gennaio 1977 n. 10. (3) Va assolto dall'imputazione di esecuzione di lavori di manuten

zione straordinaria in mancanza di autorizzazione del sindaco, ai

sensi dell'art. 54 c.p., per aver agito in stato di necessità, chi

abbia provveduto alla costruzione di veranda chiusa a vetri

su di una terrazza al fine di prevenire gli effetti dannosi ca

gionati dall'umidità all'immobile ed alle persone che l'abitano

(nella specie, era stato accertato che l'imputato abitava in un

edificio che all'interno presentava vaste chiazze di umidità e

sui soffitti e sulle pareti tanto da considerarsi non abitabile,

che l'intonaco era tutto sgretolato e che, infine, le opere erano

state eseguite in prossimità dell'incalzare della stagione inver

nale, in un comune montano, sfornito di alberghi e locande ed

il cui patrimonio edilizio era composto da edifìci vecchi che mal

sopportavano le numerose precipitazioni atmosferiche). (4)

(1-4) In termini con la pronuncia Pret. Foggia v. Cass. 22 giugno 1979,

Callegaro, Foro it., Rep. 1980, voce Cause di non punibilità, n. 38 e

3 novembre 1980, Cortisano, id., Rep. 1981, voce cit., n. 43.

Nel senso della applicabilità dell'esimente dello stato di necessità

nell'ipotesi di costruzione abusiva da parte di chi, percependo un

modesto reddito da lavoro, non sia in condizioni di fronteggiare il

Il Foro Italiano — 1982 — Parte II-31.

I

Motivi della decisione. — Sulla base del verbale agli atti, con

fermato in dibattimento dal teste Giuffreda Giovanni, vigile ur

bano, nonché sulla base dell'ammissione dello stesso imputato, non v'è dubbio ch'egli abbia eseguito la costruzione che in fatto

gli viene contestata, né sussiste dubbio che detta costruzione, per le note obiettive che ne fanno escludere il carattere precario o

pertinenziale, debba ritenersi abbisognevole di preventiva conces

sione edilizia (nella fattispecie mancante) in quanto comportante trasformazione edilizia e urbanistica del territorio ai sensi del

l'art. 1 1. n. 10/1977. In ordine all'elemento soggettivo del reato va notato che, ver

tendosi in ipotesi contravvenzionale, esso può essere costituito

dalla semplice colpa che è da presumersi in re ipsa, per il solo

fatto della violazione di legge, né l'imputato, su cui incombe

l'onere della prova contraria, ha fornito validi elementi di difesa

in tal senso.

A parere di questo giudice, inoltre, è da escludere che quanto affermato dall'imputato (e cioè la necessità di provvedersi di un

alloggio in quanto sfrattato) possa integrare gli estremi dello sta to di necessità invocato dalla difesa in quanto trattasi di una

semplice affermazione dell'imputato non suffragata da alcun altro elemento di prova, laddove, per costante giurisprudenza, « l'onere di provare l'esistenza dello stato di necessità incombe all'impu tato » (v. per tutte Cass. 5 ottobre 1954, Fanelli, Foro it., Rep. 1956, voce Prova penale, n. 23). Quand'anche, però, l'imputato, attraverso l'esibizione di provvedimenti di sfratto, stati di famiglia ed altro, avesse fornito un più valido supporto probatorio-docu mentale alla sua semplice affermazione, a parere di questo giudice ciò non sarebbe valso ad integrare gli estremi richiesti dall'art. 54 c. p. per la sussistenza della scriminante dello stato di necessità. È inutile nascondere infatti che occorre una notevole forzatura

interpretativa del citato articolo (facendo salva la peculiarità di

singoli casi di specie che possono prospettarsi all'esame del giu dice) per poter riconoscere nel bisogno di un'abitazione (sia pure documentato) gli estremi del pericolo attuale di un danno grave alla persona, non altrimenti evitabile.

L'attualità del pericolo richiesta dal citato art. 54, specie se vi sta in collegamento con la mancanza di alternativa lasciata al

l'agente, infatti, comporta che l'azione da questi compiuta deve rivestire carattere d'immediatezza e non è pertanto ravvisabile nell'attività di costruzione abusiva che richiede, per la sua rea

lizzazione, tempo, organizzazione e mezzi, rendendo cosi di dif ficile configurazione sia la costante attualità del pericolo che la costante mancanza d'effettiva alternativa.

D'altra parte, sulla base di una corretta interpretazione dell'arti colo citato, risulta altresì difficile ravvisare il pericolo attuale in

quella che è una condizione protratta nel tempo, una sorta di status (di sfrattato, di senzatetto, di nullatenente); tali condi

zioni, infatti, possono e devono essere prese in considerazione

dal giudice nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali ai fini dei

mercato delle locazioni immobiliari, sempreché l'alloggio risulti com misurato alle esigenze della famiglia dell'agente e sussista propor zione fra l'interesse urbanistico tutelato da sacrificare e l'interesse del

privato esposto al pericolo di un danno grave, v. Pret. Roma 21 febbraio 1979, id., 1981, II, 351, con nota di richiami ove sono se gnalate pronunce analoghe (fra le quali v. Pret. Castelfranco Veneto 3 febbraio 1978, id., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 710, che ha applicato l'esimente nel caso di costruzione abusiva di un capan none ove trasferire un laboratorio di falegnameria con dieci lavo ratori, risultando che il laboratorio stesso era destinato alla chiusura

per la inidoneità dei locali originari: su questo punto v., pure, Cass. 6 ottobre 1980, Zago e Pret. Roma 2 novembre 1980, id., Rep. 1981, voce Cause di non punibilità, nn. 42, 44).

Per una ipotesi di applicazione dell'esimente nel caso di occupa zione abusiva di alloggi '(art. 633 c.p.) necessitata dalla carenza del mercato delle locazioni nonché dall'elevato canone, v. Pret. Pizzo 2 febbraio 1980, id., 1981, II, 351, con nota di richiami.

In tema di manutenzione straordinaria, quanto alla definizione, v. Cass. 3 dicembre 1980, Da Ronchi, id., Rep. 1981, voce Edilizia e urbanistica, n. 393 e 6 novembre 1981, P. m. c. Bartoletti, id., 1982, II, 265, con nota di richiami; in argomento e per ulteriori indicazioni in relazione al reato configurabile nel caso di lavori di manutenzione straordinaria non autorizzata, v. Cass. 28 dicembre 1979, Guarino, id., Rep. 1981, voce cit., n. 392; Pret. Moncalieri 7 maggio 1980, ibid., n. 394; Pret. Pietrasanta 15 novembre 1979, ibid., n. 396; Pret. Gala tina 23 novembre 1979, ibid., n. 397; Pret. Bassano del Grappa 16

gennaio 1981, ibid., n. 398; Cass. 3 dicembre 1980, Da Ronchi, ibid., n. 400; 31 ottobre 1980, Biancati, ibid., n. 401; 21 marzo 1980, To massetti, ibid., n. 402; Trib. Chiavari 29 agosto 1980, ibid., n. 406; Cass. 13 ottobre 1980, Zerbone, ibid., n. 407; 2 dicembre 1980, D'Ot

tavi, Pret. Albenga 10 dicembre 1980 e Pret. Civita Castellana 17 febbraio 1981, id., 1981, II, 468, con nota di Nisticò.

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PARTE SECONDA

l'art. 133 c. p. e nel giudizio sulle attenuanti, ma non possono (sempre facendo salva la peculiarità di fattispecie da esaminare caso per caso) integrare gli estremi di una scriminante oltre e al di là della dinamica dalla norma prevista, finendo per ampliarne pericolosamente i confini e per svuotarla, in pratica, di concreto

significato. Diversamente opinando, l'assoluzione perché il fatto

non costituisce reato finirebbe per divenire una clausola di stile in quasi tutti i casi (e sono moltissimi, rappresentando più del

50 % dell'abusivismo locale) di costruzioni ad uso abitativo per sonale, e ciò in evidente danno dell'intera collettività. Se, in

fatti, la ratio dell'incriminazione di cui all'art. 17, lett. b), 1. cit.

tende ad una corretta gestione del territorio nell'interesse della

collettività, il moltiplicarsi di pur modeste e « necessitate » co

struzioni ad uso abitativo finisce per precostituire una situazione

di fatto che, in concreto, impedisce tale gestione del territorio

con notevole danno per l'interesse pubblico che non può certa

mente essere assoggettato alla necessità e ai bisogni dei singoli. Indubbiamente il problema degli sfrattati e dei senzatetto esi

ste ed è grave su tutto il territorio nazionale e, in particolare, in

questo mandamento, consta, per ragioni professionali, personal

mente, a chi scrive.

D'altra parte il moltiplicarsi, dall'oggi al domani, di piccole costruzioni (spesso monolocali edificati in proprio e talvolta su

suolo pubblico) che sbucano quasi come funghi in tutta la zona

periferica della città, non è altro che la risposta deviente alla ca

renza di edilizia abitativa. Tale carenza è però problema collet

tivo e politico che non si risolve certo concedendo al singolo una

sorta di « licenza a delinquere » e sanzionando con l'assoluzione

in sede giurisdizionale un suo preteso diritto di « farsi giustizia da sé». Una scelta di politica giudiziaria in tal senso, oltre che

di stampo chiaramente «paternalista», finirebbe con l'investire

il magistrato di un ruolo di supplenza che non gli compete. Il

problema-casa, va affrontato e risolto in sede politica e le scelte

di politica giudiziaria che il magistrato è quotidianamente co

stretto a operare, in una materia cosi scottante, da una legisla zione che in questo campo, specie negli ultimi tempi, appare sem

pre più altalenante, stratificata e contraddittoria, non possono es

sede certo tese a « nascondere » il problema col rimedio della

facile assoluzione, ma a ricercarne le cause colpevoli, perseguen do, ad esempio, omissioni e speculazioni, oltre che quei feno meni di mutamento di destinazione che diventano sempre più

frequenti, sfuggendo spesso al controllo del giudice penale, e che, sottraendo all'uso abitativo una notevole fetta del patrimonio edilizio, comportano la progressiva « terziarizzazione » dei cen

tri storici e la corrispettiva, necessitata « ghettizzazione » in pe riferia della popolazione, contribuendo ad aumentare la fame di

case che trova sfogo nell'abusivismo e comporta uno sviluppo edilizio selvaggio delle aree periferiche urbane.

Per tutto quanto suesposto, non ravvisandosi nel comportamen to di Pellegrino Antonio gli estremi dello stato di necessità, il

predetto va dichiarato colpevole del reato ascrittogli e, tenuto

conto dei criteri di cui agli art. 133 ss. c. p., e in particolare del

fatto che la costruzione è stata effettuata non a fini speculativi ma per necessità personale, il predetto va condannato alla pena che stimasi equo contenere nella misura di giorni cinque di arresto

e lire 50.000 di ammenda. Alla dichiarazione di responsabilità se

gue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Poiché l'imputato è incensurato e pertanto può beneficiarne,

ritenendo, sulla base della modesta entità del fatto e del buon

comportamento processuale del prevenuto, che nel futuro egli si

asterrà dal commettere ulteriori reati, gli si concedono i bene

fici della sospensione condizionale della pena e della non men

zione.

II

Fatto e diritto. — Pittella Soccorso e La Grotteria Franceschi na proponevano opposizione avverso il decreto penale con il

quale venivano condannati per la contravvenzione edilizia de

scritta in epigrafe. All'odierno dibattimento, il Pittella asseriva di avere eseguito la tettoia per impedire il verificarsi di umidità nella sottostante abitazione, suffragando ciò mediante la produ zione di un certificato dell'ufficiale sanitario di Monterosso Cala

bro, mentre La Grotteria Franceschina, moglie del Pittella, con fortata dal marito, affermava di non avere eseguito l'opera che

era stata effettuata dal Pittella soltanto.

Indi, datasi lettura degli atti consentiti, il p. m. e la difesa

concludevano come da separato verbale.

Osserva il giudicante che l'esecuzione della « veranda a vetri »

sulla terrazza si da farla divenire coperta non altera né la desti

nazione d'uso né i volumi e la superficie dell'unità immobiliare, rientrando in quelle modifiche necessarie per rinnovare parte de

gli edifici, previste dall'art. 31, lett. b), 1. 5 agosto 1978 n. 457, onde trova applicazione il successivo art. 48.

Infatti, ad avviso del giudicante, non può asserirsi che, essen do l'attività consistita nel saldare dei tubi in ferro si da creare una intelaiatura, non esiste una trasformazione edilizia e/o urba nistica (cfr. Pret. Messina 15 novembre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 415, per una fattispecie solo in

parte simile), in quanto, pur mancando opere in muratura, è

sempre avvenuta una trasformazione urbanistica, perché la ter

razza ed il manufatto sono visibili dall'esterno, ed edilizia, ese

guita con mezzi e strumenti più moderni (strutture in ferro, in

fisse a precedenti muri), per cui è necessaria l'autorizzazione

sindacale. Ricondotta la fattispecie sotto il paradigma normativo dell'art. 48 1. n. 457/1978, avendo il legislatore nella prefata

legge enucleato un concetto di manutenzione straordinaria, dif

forme da quello del codice civile e più ampio e diverso dalla co

mune accezione, occorre trattare della sanzione penale applica bile, qualora venga violato l'art. 48 1. cit. e cioè venga eseguita

un'opera di manutenzione straordinaria senza autorizzazione.

A tal riguardo le opinioni in dottrina e giurisprudenza sono

difformi, sostenendosi da alcuni (cfr. Pret. Bassano del Grappa 22 dicembre 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 394) la punibilità di detta inosservanza in base all'art. 41, lett. b), 1. n. 1150 del

1942, nella parte ancora in vigore, da altri (cfr. Pret. Roma 31

ottobre 1979, id., 1980, II, 270, e Pret. Grosseto 6 marzo 1979,

id., Rep. 1979, voce cit., n. 397, cui adde Pret. Pizzo 8 marzo

1980, In iure praesentia, 1980, 233) l'applicabilità dell'art. 17, lett. a), 1. n. 10 del 1977 e da altre magistrature ancora l'insus

sistenza di una sanzione penale (cfr. Trib. Rieti 29 settembre 1978, Foro it.. Rep. 1979, voce cit., n. 395; Pret. Sessa Aurunca 20 di

cembre 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 423; Pret. Civitavecchia

20 giugno 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 311; Pret. Ottaviano

14 febbraio 1979, id., 1980, II, 270). Detta ultima tesi ha trovato

autorevole conforto in una recente decisione della Corte suprema

(cfr. Cass. 2 dicembre 1980, D'Ottavi, id., 1981, II, 468), la quale ha asserito che « l'avere eseguito lavori di manutenzione straor

dinaria in un immobile senza autorizzazione sindacale di cui al

l'art. 48 1. n. 457 non è attività penalmente sanzionabile, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ».

Tale decisione, nonostante l'autorità da cui proviene, non ap pare condivisibile, giacché, a parere del giudicante, tralascia di

approfondire il significato da attribuire all'ult. comma dell'art. 31 1. n. 457/1978 e non affronta la tematica conseguente alla omessa previsione di una sanzione penale, che potrebbe far sor

gere il dubbio circa la legittimità costituzionale della norma in esame sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., pur es sendo nota quella giurisprudenza costituzionale sulla discrezio nalità del legislatore nel prevedere le sanzioni penali e nel pu nire determinate fattispecie.

Ed invero è senza dubbio esatto che la 1. n. 457 « costituisce una chiara innovazione della precedente normativa » e la diver sità terminologica, ontologica e giuridica tra concessione ed auto rizzazione rende inoperante l'art. 17 1. n. 10/1977 nella parte in cui fa riferimento a detto atto, ma è pur vero che l'art. 17, lett. a) « costituisce norma in bianco, che va riempita alla stregua delle

prescrizioni dettate ... in altri atti dell'amministrazione » e pre vede la punizione per « l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste ... dai regolamenti edilizi e dagli strumenti urbanistici».

Orbene, alla stregua di tale ultimo dettato, in base al combi nato disposto degli art. 31, ult. comma, e 48 1. n. 457/1978 può ritenersi che, poiché «le definizioni (dell'art. 31 cit.) prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei re

golamenti edilizi », si ha un'inserzione automatica per espressa volontà legislativa delle predette definizioni e della relativa disci

plina nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici, onde l'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria senza la pre scritta autorizzazione viola una norma del regolamento edilizio ed è quindi sanzionata dall'art. 17, lett. a), 1. n. 10/1977.

In tal modo la soluzione accolta non è in contrasto con il di vieto di applicazione analogica delle norme penali con il noto broccardo nullum crimen sine lege <art. 25, 2° comma, Cost.) giac ché si fonda su un'interpretazione letterale, sistematica e logica della 1. n. 457/1978 (art. 31 e 48) e dell'art. 17, lett. a), 1. n.

10/1977, il quale ultimo non viola il principio di legalità per la sua indeterminatezza, essendo il fatto punibile ben delineato con riferimento agli atti normativi indicati nella prefata disposi zione di legge. Inoltre consente una graduazione della sanzione

penale e degli interventi amministrativi, distinguendo tra opere di manutenzione ordinaria, per le quali non occorre alcun prov vedimento dell'autorità, attività edilizie di manutenzione straor

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GIURISPRUDENZA PENALE

dinaria, autorizzatoli, e costruzioni, per cui è necessaria la con

cessione.

Infine esclude un'ulteriore disparità di trattamento derivante dal fatto che alcuni recenti regolamenti edilizi, anche se, ad av

viso del giudicante, in modo ultroneo, hanno espressamente re

cepito la normativa della 1. 5 agosto 1978 n. 457 sicché l'esecu

zione delle opere di manutenzione straordinaria senza autorizza

zione, costituendo una violazione di una norma del predetto re

golamento, viene ad essere punita dall'art. 17, lett. a), 1. n.

10/1977, mentre ciò non potrebbe accadere, seguendo la decisio

ne che si contrasta, qualora il prefato atto normativo, perché è

meno recente, non preveda esplicitamente la recezione di dette

disposizioni.

Affermata la punibilità della violazione dell'art. 48 1. n. 457/ 1978 a norma dell'art. 17, lett. a), 1. n. 10/1977, occorre rilevare

che, nella fattispecie in esame, la La Grotteria Franceschina deve

essere assolta per non avere commesso il fatto, non esistendo in

atti alcuna prova circa la commissione da parte della stessa, men

tre per il Pittella Soccorso ricorre la scriminante dello stato di

necessità, onde deve essere dichiarato non punibile per il reato

ascrittogli. A tal proposito non si nasconde il giudicante la diffi

coltà di configurare detta causa di non punibilità, rigorosamente intesa dai giudici di legittimità, qualora vengano commessi reati

contravvenzionali ed in particolare violazioni edilizie (cfr. fra le

più recenti Pret. Roma 21 febbraio 1979, id., Rep. 1980, voce

Cause di non punibilità, nn. 39-41); tuttavia, nella fattispecie in

esame, appaiono sussistenti tutti i requisiti dell'esimente dello

stato di necessità.

Ed invero il prevenuto abita in un comune montano, sfornito

di alberghi e locande, il cui patrimonio edilizio è prevalentemente

composto da edifici vecchi, che mal sopportano le numerose pre

cipitazioni atmosferiche. Inoltre risulta dal certificato dell'uffi

ciale sanitario del luogo che la casa del Pittella presentava « vaste chiazze di umidità sui soffitti e sulle pareti tanto da con siderarsi non abitabile a meno di opportuni lavori di riparazio ne ». Detta circostanza è confermata dal rapporto dei carabinieri, i quali hanno constatato che « effettivamente l'interno della sof fitta della stanza da letto, corrispondente al pavimento della ter

razza, era notevolmente umida e per l'infiltrazione di acqua l'in tonaco era quasi tutto sgretolato ».

Peraltro è noto che l'umidità, causa del formarsi di muffe, è dannosa alla salute ed in detta terrazza non era stata eliminata

l'infiltrazione di acqua, nonostante fosse « munita di pavimenta zione » perché « non disponeva dei necessari accorgimenti ». Per tanto sussisteva un pericolo attuale di un danno grave alla per sona e la situazione di pericolo non era stata causata volonta

riamente dall'imputato, essendo dovuta all'azione erosiva de

gli agenti atmosferici.

Occorre, quindi, esaminare se l'azione compiuta, indilaziona bile e cogente, fosse l'unica idonea, in relazione alle circostanze, ad evitare a sé o ad altri il grave danno e se la stessa sia pro porzionata al pericolo. A tal fine è opportuno premettere che il sistema dell'esecuzione di una « tettoia » o di una chiusura a vetri della terrazza è molto usato nella zona per evitare infiltra zioni di acqua e che, nonostante la moderna tecnica edilizia pre veda anche altri ritrovati più costosi, la popolazione, composta nella maggioranza da contadini, qual è il prevenuto, si affida spes so alle prestazioni di « mastri » cioè di muratori o alle proprie cognizioni, effettuando dette opere e personalmente, come nel caso in esame, ovvero con l'ausilio di qualche familiare o mura tore. Pertanto, pur se, in astratto, l'opera eseguita con una « mo derna » struttura in ferro possa apparire una fra le tante possi bili, tenuto conto delle superiori considerazioni, in concreto avu to riguardo alle cognizioni degli abitanti della zona è l'unica atta ad eliminare in maniera definitiva le infiltrazioni di acqua, tanto

più che, alle volte, anche una perfetta impermeabilizzazione del manto della terrazza, non elimina il fenomeno a causa dello sfal

damento della copertura in conseguenza dell'azione erosiva degli

agenti atmosferici e non può essere eseguita in presenza di umi

dità, in quanto esalterebbe tale fenomeno e produrrebbe la for

mazione di bolle, che si romperebbero con il semplice calpestio, facendo riprodurre le infiltrazioni.

È vero che l'imputato avrebbe potuto stendere dei teloni di pla stica per eliminare l'umidità e quindi procedere all'applicazione della guaina bituminosa protettiva, ma l'incipiente stagione in

vernale (il reato è stato accertato alla fine di settembre) esclu

deva la possibilità di un intervento di tal fatta.

Esiste, inoltre, la proporzione tra la lesione dell'interesse urba

nistico protetto dalla norma in esame e quello del privato esposto el pericolo di un danno grave, giacché la compromissione del

l'interesse collettivo, inerente al territorio, è avvenuta, secondo

dimensioni qualitative e quantitative inferiori a quelle riferibili

al sacrificio dell'interesse del privato, trattandosi di un'opera di

straordinaria manutenzione per la quale è necessaria soltanto

l'autorizzazione. Pertanto l'imputato Pittella deve essere dichia

rato non punibile per la sussistenza dell'esimente dello stato di

necessità.

PRETURA DI PIETRASANTA; PRETURA DI PIETRASANTA; sentenza 3 giugno 1982; Giud.

Carletti; imp. Paolini.

Amnistia, indulto e grazia — Amnistia del 1981 <— (Reati edilizi — Costruzione abusiva — Concessione in sanatoria — Legit timità sostanziale dell'opera — Applicabilità <(L. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 15, 17; d. p. r. 18 dicembre 1981 n. 744, concessione di amnistia e

indulto, art. 2).

La concessione in sanatoria rilasciata successivamente all'ese

cuzione delle opere realizzate abusivamente sul riscontro della

loro conformità agli strumenti urbanistici preesistenti, benché

lasci sussistere la contravvenzione di cui all'art. 17, lett. b), l. 28 gennaio 1977 n. 10, esclude l'illegittimità sostanziale del

manufatto; pertanto, anche se la violazione abbia riguardato una non limitata entità dei volumi, la contravvenzione edilizia, nel concorso dei requisiti temporali, soggettivi ed oggettivi, de

ve intendersi estinta per intervenuta amnistia, ai sensi dell'art.

2 d. p. r. 18 dicembre 1981 n. 744. (1)

Fatto e diritto. — Con rapporto qui pervenuto il 20 maggio

1981, i vigili urbani di Pietrasanta riferivano di due abusi edilizi

commessi dalla società « Savema » e per essa dal suo titolare, Paolini Ferruccio. Costui, nel novembre 1980, aveva realizzato

una tettoia di 240 mq., aperta da tutti i lati; all'epoca del rapporto

poi (o, più precisamente, all'epoca del sopralluogo, cioè il 7 mag

gio 1981) stava costruendo un grande capannone di 6500 me. circa.

Le fotografie allegate al rapporto evidenziano dimensioni e con

sistenza dei due manufatti.

Chiamato all'odierno dibattimento a rispondere del reato in

epigrafe, il Paolini poteva produrre due concessioni, rilasciate dal

sindaco in sanatoria, rispettivamente per la tettoia (concessione n. 175) e per il capannone (concessione n. 174), alla data del 1°

giugno 1982. Il verbalizzante, sentito come teste, confermava la

autenticità dei documenti, precisando che le concessioni erano

state rilasciate in base alla normativa urbanistica vigente all'epoca dei lavori.

I lavori sono terminati certamente prima del 31 agosto 1982;

oggi peraltro i manufatti non possono più ritenersi realizzati ille

gittimamente, salvoché per una parte residua, come più avanti

vedremo. Essi mancavano certamente di concessione ed erano

dunque illegittimi sotto questo profilo fino al 1° giugno 1982; ma, come la concessione dimostra, non erano, neppure in precedenza, in contrasto col piano vigente. Si pone pertanto il problema se

(1) Contra, Cass. 28 ottobre 1980, Marraro, Foro it., Rep. 1981, voce Amnistia, n. 42.

Da ultimo, in tema di applicabilità dell'amnistia nella ipotesi di opere realizzate abusivamente in zone gravate da vincoli paesaggi stici v. Trib. Genova 30 marzo 1982, id., 1982, II, 247, con nota di richiami, nella quale si segnalano le più recenti e significative pro nunce in relazione alla nozione di reato edilizio amnistiabile.

Quanto alla c.d. concessione in sanatoria, v. Pret. Pietrasanta 18 ottobre 1979, id., 1980, II, 200, con nota di richiami, che ha rite nuto la insussistenza del reato di costruzione abusiva nel caso di con cessione in sanatoria intervenuta successivamente all'inizio delle ope re ma prima della loro ultimazione; v. anche, tra le altre, T.A.R. Abruzzo, Sez. Pescara, 29 gennaio 1980, n. 6, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 598, la quale ha ritenuto che il sistema della nuova normativa edilizia (1. « Bucalossi ») ha precluso la possibilità della concessione in sanatoria (salva la sola ipotesi di cui all'art. 15, 12° comma, 1. cit.) per le opere costruite senza concessione, prescin dendo dalla eventuale conformità di fatto agli strumenti urbanistici

(nello stesso senso, v. T.A.R. Lombardia, Sez. Brescia, 22 giugno 1979, n. 270, ibid., n. 599; T.A.R. Sardegna 18 luglio 1979, n. 249, ibid., n. 600; T.A.R. Piemonte 10 gennaio 1979, n. 10, id., 1979, III, 475, con nota di richiami; contra, T.A.R. Toscana 7 giugno 1978, n. 285, ibid.; TjA.R. Piemonte e T.A.R. Toscana, da ultimo citate, sono an notate da S. A. Romano, in Ciur. merito, 1980, 188; in argomento, v. infine Pifferi, La sanatoria esclude il reato di opera edilizia abu

siva?, in Ammin. it., 1980, 84). In dottrina v. Caliulo, La concessione edilizia in sanatoria, in

Riv. giur. edilizia, 1979, II, 124; Toccafondi, Sulla sopravvivenza dell'istituto della sanatoria in materia di concessione ex l. 28 gen naio 1977 n. 10, in Ammin. it., 1980, 1213.

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