sentenza 17 novembre 1986; Pres. Mei, Est. Viggiani, imp. Lo BiancoSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.333/334-335/336Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179675 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
prescrizioni di cui agli art. 282 e 284 c.p.p., in quanto l'Eliseo,
per la natura del lavoro abitualmente svolto (marittimo) sarebbe
assai poco controllabile al fine di assicurarne l'assoggettamento all'esecuzione della pena definitiva.
A tale esigenza può, però, adeguatamente farsi fronte con la
misura alternativa di cui all'art. 254 ter c.p.p., potendosi dispo
re, anche d'ufficio, che l'imputato, in luogo di essere custodito
in carcere, rimanga in stato di arresto nella propria abitazione.
TRIBUNALE DI MATERA; sentenza 17 novembre 1986; Pres.
Mei, Est. Viggiani, imp. Lo Bianco.
TRIBUNALE DI MATERA;
Simulazione di reato — Differenza tra reato denunciato e reato
realmente accaduto — Sussistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 367).
Sussiste simulazione di reato ex art. 367 c.p. quando sia denun
ciato un reato non solo ontologicamente, ma anche soltanto
strutturalmente diverso da quello realmente verificatosi (nella
specie, l'imputato, avendo subito il furto dell'autoradio, aveva
falsamente denunciato anche la sottrazione della ruota di scor
ta, del cric, della cassetta attrezzi e del triangolo in dotazione
della propria autovettura). (1)
(1) La sentenza ripropone il consolidato orientamento della Cassazio
ne, secondo cui commette il delitto di simulazione di reato tanto chi de nunci un reato inesistente, quanto chi simuli un reato «essenzialmente diverso» da quello realmente verificatosi: in entrambi i casi, infatti, il reato denunciato deve considerarsi come non avvenuto.
Con specifico riferimento alla seconda ipotesi di simulazione di reato, la Suprema corte ha precisato che vi sarebbe «differenza essenziale» tra
quanto falsamente denunciato e quanto realmente accaduto, non solo quan do il reato simulato e quello realmente verificatosi divergano nel nomen
iuris, ma anche quando, pure coincidendo nel titolo, i due reati si diffe
renzino nell'aspetto qualitativo dell'oggetto materiale (Cass. 8 novembre
1985, Guarrera, Foro it., Rep. 1986, voce Simulazione di reato, n. 8; 7 maggio 1985, Stevanato, ibid., n. 5; 16 ottobre 1984, Marrani, id.,
Rep. 1985, voce cit., nn. 4, 16, citata in motivazione; 11 ottobre 1984, Salvati, ibid., n. 2; 23 maggio 1984, Brunelli, ibid., n. 3, citata in moti
vazione; 21 dicembre 1983, Roselli, id., Rep. 1984, voce cit., n. 2, citata in motivazione; 9 giugno 1983, Bennati, ibid., n. 4; 9 giugno 1983, Da
niele, ibid., n. 3). Tale indirizzo giurisprudenziale interpreta quindi latamente la nozione
di «diversità essenziale», ritenendo applicabile l'art. 367 c.p. anche in
quei casi in cui il reato simulato non assuma una configurazione giuridica diversa da quella del reato realmente verificatosi. Viceversa, secondo l'o
rientamento precedentemente accolto dalla giurisprudenza di legittimità, e di recente riproposto da Cass. 29 gennaio 1985, Marvaso, id., Rep. 1986, voce cit., n. 13, la suddetta diversità essenziale tra il reato simulato a quelle realmente posto in essere sussisterebbe in quanto il primo reato, differenziandosi dal secondo nei suoi elementi principali, assuma, per l'ap
punto, una diversa configurazione giuridica (Cass. 29 settembre 1976,
Stallone, id., Rep. 1977, voce cit., n. 4; 7 febbraio 1975, Sitria, id., 1976,
li, 182, con nota di richiami); e cioè, in altri termini, in quanto il fatto
reale venga alterato, nei suoi elementi essenziali, in modo tale da rappre sentare un titolo di reato essenzialmente diverso dal vero (Cass. 29 gen naio 1985, Marvaso, cit. In senso conforme, in dottrina: Manzini, Trattato
di diritto penale italiano, V, 817). Costante nel tempo è invece rimasta la tesi secondo cui sarebbe penal
mente irrilevante una differenza fra reale e simulato, che attenga a moda
lità dell'azione a circostanze che non incidano sulla qualificazione giuridica del reato realmente avvenuto (es.: alterazione meramente quantitativa del
l'oggetto del reato. Cfr. in senso conforme tutta la giurisprudenza sin
qui citata). Allo stesso modo nessun mutamento si registra in ordine a quell'orien
tamento che esclude la simulazione di reato solo nel caso di un'immedia
ta e spontanea resipiscenza del denunciarne, non rilevando invece, a tal
fine, una semplice ritrattazione della denuncia non contestuale a quest'ul tima, anche se anteriore all'inizio delle indagini (ipotesi che può, al più, giustificare l'applicazione dell'attenunante di cui all'art. 62, n. 6, seconda
ipotesi. Cfr. in proposito: Cass. 18 giugno 1985, Longa, id., Rep. 1986,
Il Foro Italiano — 1988.
Fatto e diritto. — Con sentenza del Pretore di Matera del 14
novembre 1985 Lo Bianco Vincenzo veniva assolto dal reato di
cui all'art. 367 c.p. perché il fatto non costituisce reato.
Rispondeva l'imputato di tale reato perché, con denuncia spor ta ai carabinieri di Ferrandina in data 7 maggio 1983, affermava
falsamente di avere subito il furto ad opera di ignoti della ruota
di scorta, del cric, della cassetta attrezzi e del triangolo in dota
zione alla propria autovettura Fiat 127 tg MT51534, di guisa da
poter dare inizio ad un procedimento penale per accertare le date
circostanze, laddove aveva subito il furto soltanto dell'autoradio
marca «Rodstar stereo 4» (fatto avvenuto in Ferrandina il 7 mag
gio 1983). Avverso la predetta decisione proponeva appello davanti a questo
tribunale il p.m. e all'odierno pubblico dipartimento, dopo l'in
terrogatorio dell'imputato, il p.m. e la difesa concludevano come
da verbale in atti.
Ritiene questo collegio che la decisione di primo grado deve
essere riformata con l'accoglimento dell'appello del p.m. Afferma il pretore, richiamando un pacifico orientamento giu
risprudenziale, che non vi è simulazione di reato allorquando l'al
terazione del vero riguardi modalità e circostanze del fatto che
non influiscono nella configurazione giuridica del reato realmen
te avvenuto ed essendo emerso dalle risultanze processuali che
il prevenuto ebbe a subire realmente il furto dell'autoradio e che,
quindi, la denuncia da lui sporta è risultata falsa soltanto in ordi
ne al quantum delle cose sottratte, il primo giudice ha mandato
assolto il Lo Bianco perché il fatto non costituisce reato.
Tale decisione non tiene, però, conto che la Suprema corte ha
avuto modo di precisare che quando la differenza tra il fatto
denunciato e quello realmente accaduto è solo apparentemente
quantitativa, nel senso che investe non un certo numero di cose
indiscriminatamente considerate, bensì cose la cui singola identità
assume un'entità o una funzione separatamente e significativa mente rilevabile, si ha reato strutturalmente diverso, come tale
idoneo ad integrare al presupposto oggettivo del delitto di cui
all'art. 367 c.p. (Cass. 21 dicembre 1983, Roselli, Foro it., Rep.
1984, voce Simulazione di reato n. 2). E il caso di specie deciso dalla Cassazione era identico a quello
esaminato in questa sede: «un automobilista, avendo subito il
furto dell'autoradio, non coperto da assicurazione, aveva falsa
mente denunciato la sottrazione di altri accessori dell'auto: ruota
di scorta, sedili, ecc.».
In senso sostanzialmente conforme, con riferimento ad analo
ga fattispecie, si è espressa anche la sentenza della Suprema corte
del 23 maggio 1984, Brunelli (id., Rep. 1985, voce cit., n. 3). Tale indirizzo giurisprudenziale coglie sostanzialmente la diffe
renza tra cose di genere, per le quali l'alterazione della quantità denunciata è ininfluente, e le cose di specie, le cui individualità
rileva ai fini della simulazione e porta alla conclusione che si ha
simulazione di reato non solo quando è denunciato un reato on
tologicamente diverso, ma anche quando è denunciato un reato
strutturalmente diverso, fino a ravvisare la sussistenza del reato
nella falsa denuncia sul tempo e sul luogo del furto, nonché sul
recupero della refurtiva (Cass. 16 ottobre 1984 Marrani, ibid., nn. 4, 16). Pertanto il Lo Bianco deve essere ritenuto colpevole del reato ascrittogli e va escluso che vi sia stata da parte dello
stesso imputato una resipiscenza spontanea immediata e manife
stata alla stessa autorità cui era stata fatta la falsa denuncia, avendo
l'imputato dichiarato in dibattimento di aver fatto le dichiarazio
ni spontanee ai carabinieri per timore di essere chiamato dagli stessi che avevano già appreso che esso Lo Bianco aveva subito
solo il furto della radio.
voce cit., n. 9; 12 dicembre 1984, Della Porta, ibid., n. 7; 7 novembre
1984, Napodano, id., Rep. 1985, voce cit., n. 12; 16 ottobre 1984, Mar
rani, cit.; 2 luglio 1984, Fonzo, ibid., n. 11; 27 aprile 1984, Bellizzi,
ibid., n. 13; 23 gennaio 1984, Pavone, ibid., n. 15; 12 ottobre 1983,
Lallobattista, ibid., n. 10). In dottrina, di recente, si vedano: La Cute, La simulazione di reato,
Napoli, 1986. Maffuccini, Punibilità ex art. 367 c.p.: è sufficiente l'ini
zio dell'attività di polizia giudiziaria, può essere concessa la sospensione condizione/e anche più di due volte in determinati casi (nota a Pret. Tea
no 26 aprile 1985, Foro it., Rep. 1985, voce cit., n. 9), in Nuovo dir.,
1985, 643.
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PARTE SECONDA
Quanto al trattamento sanzionatone, tenuto conto dei criteri
di cui all'art. 132 c.p. e concesse le attenuanti generiche, giacché
l'imputato non ha subito altre condanne, è equo infliggere la pe na di mesi otto di reclusione (pena base anni uno), oltre al paga mento delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ricorrono le condizioni poiché la pena inflitta resti sospesa, nella sua esecuzione, per il termine e alle condizioni di legge.
PRETURA DI CARINI; sentenza 27 giugno 1986; Giud. Libri
no; imp. Crivello.
PRETURA DI CARINI; !
Edilizia e urbanistica — Sanatoria — Ultimazione dei lavori —
Nozione — Estensione ad opera di legge regionale — Inammis
sibilità — Fattispecie (Cost., art. 25; 1. 28 febbraio 1985 n.
47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 31, 44;
1. reg. sic. 15 maggio 1986 n. 26, norme integrative della 1.
reg. 10 agosto 1985 n. 37, relativa a «nuove norme in materia
di controllo della attività urbanistico-edilizia, riordino urbani
stico e sanatoria delle opere abusive», art. 3).
Ai fini della sospensione del procedimento penale, non si può tenere conto della estensione della nozione di 'ultimazione dei
lavori'per la sanatoria delle opere abusive, operata da una leg
ge della regione Sicilia. (1)
(1) I. - Non constano precedenti in termini.
Nel caso di specie, è stata effettuata una particolare applicazione del
(consolidato) criterio ermeneutico, secondo cui tra le possibili interpreta zioni di una norma dev'essere preferita quella più aderente ai principi costituzionali (in proposito, tra le altre: Cass. 22 giugno 1983, n. 4272, Foro it., Rep. 1983, voce Corte costituzionale, n. 35; e, in motivazione, Cass. 16 novembre 1987, Ciardi, Corriere giur., 1988, 33). Tale scelta
interpretativa ha portato il giudicante a reputare tamquam non esset sul
piano penale (sostanziale e processuale) una norma regionale, ritenuta
costituzionalmente illegittima, per aver invaso un campo (quello della nor
mativa penale) riservato al monopolio della legislazione statale. E, inve
ro, come viene evidenziato in motivazione, l'art. 3 1. reg. sic. 15 maggio 1986 n. 26 poneva una regolamentazione giuridica difforme da quella fissata da una norma statale (art. 31 1. 28 febbraio 1985 n. 47), riguar dante il procedimento di sanatoria delle opere edilizie abusive e — come
tale — incidente in campo penale (sostanziale e processuale), alla luce
di quanto disposto dagli art. 38, 39 e 44 della stessa legge nazionale.
Quindi — alla luce di una interpretatio abrogans — la sentenza in epigra fe ha ritenuto di poter prescindere radicalmente dalla suddetta norma
regionale; in passato, invece, di fronte a norme regionali (ancora emana
te dalla regione Sicilia: 1. reg. 15 novembre 1982 n. 135), ritenute invasive
della potestà legislativa statale esclusiva in materia penale, un altro giudi ce di merito scelse la (diversa) strada dell'eccezione di illegittimità costitu
zionale (Pret. Messina, ord. 3 gennaio 1983, Foro it., 1984, II, 107).
Orbene, in una recente pronuncia, la Corte di cassazione ha sostanzial
mente condiviso la scelta ermeneutica effettuata nella sentenza che si ri
porta (Cass. 10 dicembre 1985, Ganassi, Giur. it., 1987, II, 66 e Cass.
pen., 1987, 1003): è stato sostenuto che il giudice penale deve (diretta
mente) escludere la giuridica rilevanza di una normativa regionale — nel
caso di specie, 1. reg. Emilia-Romagna 29 gennaio 1983 n. 7 — incompa tibile con quella nazionale di settore, nell'ipotesi concreta: 1. 10 maggio 1976 n. 319 in materia di inquinamento idrico.
II. - Sul tema della potestà normativa delle regioni in materia penale,
per ampi riferimenti agli orientamenti della dottrina ed alla giurispruden za della Corte costituzionale, cfr. S.D. Messina, Legge regionale e abro
gazione di legge penale? (nota a Pret. Messina, ord. 3 gennaio 1983,
cit.), in Foro it., 1984, II, 107; E. Gizzi, Regione, voce del Novissimo
digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 519; G. Fiandaca, in nota a Corte
cost. 7 luglio 1986, n. 179, Foro it., 1987, I, 20.
III. - Va ricordato che dopo la emanazione della (discussa) legge statale
28 febbraio 1985 n. 47, la regione Sicilia predispose un complesso di
norme — tra cui quella «disapplicata» nella sentenza in epigrafe — poi
impugnate dal commissario di governo innanzi alla Corte costituzionale,
perché reputate «interferenti» nella materia penale riservata alla legisla zione statale. Con sentenza n. 179 del 7 luglio 1986, cit., la Corte
Il Foro Italiano — 1988.
(Omissis). La difesa dell'imputato ha chiesto la sospensione del
procedimento ex art. 44 1. 47/85 giacché le opere, alla data del
1° ottobre 1983, erano da ritenersi ultimate secondo la nuova
definizione che di tale termine fornisce l'art. 3 1. reg. sic. 15 mag
gio 1986 n. 26, emessa con l'intento di agevolare la sanatoria
delle opere abusive, ampliandone la casistica, semplificando la
documentazione richiesta e limitando gli accertamenti.
Ma tale assunto non pare condivisibile.
Non può negarsi che il citato art. 3 ha profondamente modifi
cato, per la regione sicialiana, il 2° comma dell'art. 31 1. 47/85
che afferma, come è noto, che «si intendono ultimati gli edifici
nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura», stabilendo invece, riprendendo la nozione della prima legge re
gionale di sanatoria (art. 8 1. 29 febbraio 1980 n. 7) che ai fini
del limite temporale delle opere sanabili (che resta quello del 1°
ottobre 1983) «si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stata
eseguita la struttura portante sia essa del tipo intelaiato in cemen
to armato o in acciaio, o con pannelli portanti o in muratura
e sia completata la copertura».
La nozione di «rustico» è infatti diversa e più ampia di quella di «struttura», intendendosi, anche nel linguaggio comune, «al
rustico» un fabbricato privo delle opere di rifinitura e dunque
nel quale non sarebbe stato realizzato altro oltre la mera struttu
ra. In pratica, tenendo conto delle tecniche edilizie consuete, che
vedono il dominante impiego di strutture edilizie intelaiate in ce
mento armato, perché l'immobile possa ritenersi con il rustico
eseguito alla data del 1° ottobre 1983 (e perciò suscettibile di
sanatoria) si richiede, da parte della 1. 47/85, l'avvenuta realizza
zione, appunto entro tale data, anche della c.d. muratura di tam
ponamento, costituita da materiale di possibile varia natura (se
condo i luoghi e le abitudini costruttive: tufi segati, laterizi fora
ti, mattoni pieni cotti o di pomice-cemento, ecc.) non portante
ed avente la funzione di riempire gli spazi esterni verticali tra
le strutture dell'immobile.
Tale interpretazione è stata pure esattamente recepita dalla cir
colare n. 3356/85 del 30 luglio 1985 del ministero dei lavori pub
blici che ha avuto cura di precisare che «quanto all'espressione
costituzionale ha ritenuto illegittima la legge dell'assemblea regionale 2
aprile 1986, intitolata «modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 10 agosto 1985 n. 37», perché lesiva delle attribuzioni statali in materia penale, in quanto disciplinante la sanatoria degli abusi edilizi in maniera contra
stante con la legge nazionale. Per un primo commento delle norme fissate
dalla menzionata 1. reg. 2 aprile 1986, cfr. M. Cicala, Il condono sicilia
no, in Corriere giur. 1986, 694. Peraltro, la citata pronuncia della Corte
costituzionale ha suscitato unanimi commenti favorevoli in dottrina: cfr. — oltre a Fiandaca, cit. — anche G. Tosi, L'illegittimità del condono
edilìzio siciliano: un'applicazione del limite penale, in Riv. giur. urbani
stica, 1987, 44 ss.; Travi, Il condono edilizio in Sicilia e il limite della
materia penale, in Regioni, 1987, 143 ss.
IV. - Infine, sui rapporti tra la competenza legislativa delle regioni
[a statuto ordinario] e quella dello Stato nelle materie di cui all'art. 117
Cost, (tra cui rientra anche l'urbanistica) ed a seguito della entrata in
vigore del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, v. Cass. 24 novembre 1981, Pon
tiggia, Foro it., Rep. 1983, voce Regione, n. 165, e in Cass, pen, 1983, 1661 con nota di F. Giampietro, che tra l'altro, ha sostenuto: 1) che
«le materie indicate di competenza legislativa regionale dall'art. 117 Cost., sono soggette ai mutamenti dei contenuti definitori delle materie stesse, a seconda del modificarsi dell'ordinamento statale positivo; pertanto, il
legislatore ordinario può ridefinire — quando modifica la disciplina nor
mativa del settore — le materie regionali e collegarle tra loro, con l'unico
limite che non deve pervenire a risultati che contraddicano il senso comu
ne delle espressioni usate dall'art. 117 Cost.»; 2) che «la competenza legis lativa delle regioni a statuto ordinario è ripartita (o concorrente), nel
senso che spetta allo Stato porre i principi fondamentali, che si possono anche desumere dalle leggi vigenti e alla regione porre norme di contenu
to, nei limiti di tali principi. Pertanto, nelle materie regionali, la fattispe cie normativa è complessa, perché viene determinata dal concorso della
norma statale e di quella regionale»; 3) che «inoltre, dal fatto che la
legislazione è ripartita, consegue un problema di limiti, perché la norma
zione sia dello Stato che delle regioni non può essere invasiva delle sfere
di competenza legislativa dell'altro soggetto: lo Stato non può porre nor
me di dettaglio (o di specie) e la regione non può porre norme di principio».
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