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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 19 febbraio 1980; Giud. Cozzella; impr. Molitierno

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sentenza 19 febbraio 1980; Giud. Cozzella; impr. Molitierno Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 667/668-669/670 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171650 . Accessed: 28/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 09:42:59 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 19 febbraio 1980; Giud. Cozzella; impr. MolitiernoSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.667/668-669/670Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171650 .

Accessed: 28/06/2014 09:42

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE SECONDA

minare l'elemento soggettivo del reato e il nesso di causalità che collega l'omissione contestata all'evento.

Il 26 luglio 1972 un documento redatto da parte dei responsa bili sindacali aziendali sugli ambienti di lavoro nello stabilimento Dalmine di Costa Volpino segnalava alla direzione aziendale l'ec

cessiva rumorosità di alcuni macchinari e lavorazioni. Nessun provvedimento veniva adottato per diminuire l'inten

sità dei rumori.

Con verbale 19 dicembre 1975 l'ispettorato del lavoro prescri veva che fossero effettuati gli esami audiometrici a tutti gli ope rai; il dott. Canzoneri effettuava 752 esami e rilevava « deficit audiometrici che per la loro caratteristica forma sono da attri buire all'azione prolungata da rumore sulle cellule cocleari ».

A seguito di tale segnalazione l'ispettorato del lavoro redigeva il verbale 6 dicembre 1976 con cui prescriveva di diminuire l'in tensità dei rumori e di risolvere globalmente il problema entro sei mesi, dotando nel frattempo gli operai addetti di idonei mez zi di protezione auricolare; prescriveva inoltre, nel caso di im

possibilità di una soluzione temporanea di protezione indivi

duale, di ridurre i tempi di esposizione a seconda dei diversi

posti di lavoro.

Con suo documento 28 gennaio 1977 la direzione dello stabi limento lamentava la difficoltà di risoluzione del problema, fa cendo presente che « un apposito studio attraverso ricerche ori

ginali richiederebbe un impegno concettuale e uno sforzo finan ziario di grande rilievo » ; afferma inoltre di non poter « garantire che la pressione sonora ambientale venga contenuta entro i li miti oggi ritenuti accettabili » ed elencava alcuni interventi già effettuati o progettati.

Appare evidente, in base alla documentazione sopra elen cata (ma basterebbe recarsi anche una sola volta all'interno del lo stabilimento di Costa Volpino per rendersi conto che il ru mare raggiunge livelli intollerabili) che il problema della rumo rosità dell'ambiente di lavoro non solo era a conoscenza della direzione aziendale, ma preoccupava anche i lavoratori e le loro

rappresentanze sindacali, che cercarono di interessare sia l'azien da sia l'ispettorato del lavoro al fine di porre un argine alle evidenti e dilaganti menomazioni dell'udito degli addetti ai re

parti rumorosi.

Nonostante ciò non fu posto in essere alcun presidio veramente efficace e nemmeno fu affrontato seriamente un progetto di in sonorizzazione dell'ambiente: sino al 1976/1977 i lavoratori non vennero nemmeno dotati di protezioni auricolari (tappi e cuffie) ma fu lasciato all'iniziativa individuale il compito di procurarsi tali mezzi in infermeria; non venne svolta, nemmeno dopo la data

sopra citata, alcuna iniziativa intesa a rendere edotti i singoli lavoratori dei rischi inerenti all'esposizione al rumore e una con

seguente opera di convincimento — e, ove fosse necessario e utile, di coercizione — circa l'uso e i tempi d'uso delle protezioni au

ricolari, così che le stesse non vennero normalmente usate per ché procuravano disturbi fastidiosi, quali ronzii, mal di testa e di orecchi, e causavano l'impossibilità di percepire i rumori pe ricolosi o i segnali collegati a lavorazioni pericolose; non ven nero studiati e regolamentati i tempi di esposizioni al rumore, limitandosi l'azienda a concedere in alcuni reparti una pausa di mezz'ora ogni 1 ora e mezzo di lavoro, non sufficiente a impe dire l'insorgere e il procedere della sordità, come si rileva dalla

perizia medico-legale e dalle prescrizioni dell'ispettorato del la voro; non furono attuati se non interventi sporadici e insuffi cienti sulle fonti di rumore (la maggior parte degli stessi peraltro vennero effettuati dopo l'instaurazione del presente procedimento, come si evince dalla relazione dell'ing. Vigone allegata agli atti).

Né, tralasciando i rilievi precedenti, può essere accettabile la giustificazione addotta di mancanza o insufficienza di rimedi tec

nologici alle lavorazioni rumorose perché è noto che la stessa Dalmine s.p.a. ha realizzato altrove impianti insonorizzati di la vorazione dei tubi; d'altra parte anche la perizia Berlincioni, proprio là dove sembra scagionare gli imputati — formulando un giudizio non spettantele e non motivato di non colpevolez za — allude alla presenza, al di fuori dell'azienda Dalmine, di tecnici e tecnologie validi ed efficaci, sebbene non utilizzati dalla s.p.a. Dalmine.

Da quanto fin qui detto risulta evidente la responsabilità degli imputati che, nelle loro rispettive qualità di direttore dello sta bilimento e di amministratore delegato della società, avevano l'obbligo giuridico di attivarsi per impedire l'evento: il direttore perché a lui incombe per legge l'onere di sovraintendere e attuare tutte le misure antifortunistiche e igieniche prescritte a salva guardia dei lavoratori; a lui pertanto era demandato il compito, quale vertice dell'unità produttiva di lavorazioni gravemente pe ricolose per la salute dei lavoratori di vigilare e controllare af finché non si giungesse a compromissioni irreversibili: allo scopo sarebbe stato sufficiente effettuare periodicamente visite audio metriche onde allontanare tempestivamente dalle fonti più rumo rose i soggetti maggiormente predisposti, dotare i lavoratori di

protezioni auricolari — là dove ne fosse possibile e consigliata l'utilizzazione — e attivarsi perché le stesse fossero usate, se condo i tempi e i modi prescritti dalla buona tecnica; attuare direttamente nei limiti dei suoi poteri decisionali le modifiche possibili e utili sulle fonti del rumore; segnalare ai massimi or gani della società la gravità del problema e promuoverne l'atti vità diretta a risolverlo; l'amministratore delegato perché la so luzione del problema, essendo la rumorosità direttamente colle gata alle forme e ai modi di produzione, non poteva essere ri solto dal solo direttore dello stabilimento ma coinvolgeva il po tere decisionale del massimo organo della società, sia per gli in terventi finanziari notevoli, sia per una diversa organizzazione del lavoro che consentisse una rotazione degli addetti alle lavo razioni più rumorose; né il fatto che l'amministratore delegato ing. Benevento abbia assunto tale sua qualità solo nell'ottobre 1977 può essere sufficiente a scagionarlo, perché nei due anni e mezzo intercorrenti da tale data ad oggi, nessuno degli inter venti sopra descritti quali efficaci mezzi di lotta alla sordità da rumore è stato attuato, pur potendosi riconoscere che sono stati messi allo studio e parzialmente effettuati alcuni interventi sulle principali fonti di rumorosità (peraltro di limitata efficacia, come riconosciuto dagli stessi consulenti di parte).

Ne consegue che entrambi gli imputati, pur con la concessione delle attenuanti generiche (per l'incensuratezza e per il compor tamento testé citato inteso a migliorare la situazione della ru morosità ambientale) che si possono ritenere equivalenti alla aggravante contestata, debbono essere ritenuti responsabili del reato loro ascritto: pena adeguata da infliggere appare quella di 1 milione di multa ciascuno (p. b. lire 400.000 aumentata ex art. 590, 4° comma) con i benefìci di legge.

Gli imputati sono inoltre tenuti in solido al pagamento delle spese processuali, al risarcimento del danno verso le parti ci vili costituite, da liquidarsi in separata sede perché assai com plessa è la valutazione del danno esclusivamente ascrivibile al rumore subito presso lo stabilimento Dalmine; alle parti civili costituite che ne hanno fatto richiesta può essere concessa una provvisionale immediatamente esecutiva di lire 1.000.000 ciascu na, considerata la gravità della menomazione subita e il lungo tempo occorso per evidenziarla; vanno anche liquidate a carico degli imputati le spese di costituzione e difesa delle parti civili in lire 120.000 complessive per ciascuna di esse.

Per questi motivi, ecc.

PRETURA DI AVERSA; sentenza 19 febbraio 1980; Giud. Coz zella; impr. Molitierno.

PRETURA DI AVERSA;

circolazione stradale — Andamento di autoveicolo a persona munita di patente di guida valida per autoveicolo di categoria diversa — Reato — Insussistenza — Fattispecie (D. pres. 15 giugno 1959 n. 393, t. u. delle norme sulla circolazione stradale, art. 79, 80, 87; legge 14 febbraio 1974 n. 62, sostituzione degli art. 79, 80, 86, 124 e 127 e modifiche agli art. 81, 87, 88, 138 e 141 t.u. delle norme sulla disciplina della circolazione stra dale, art. 1).

Non è previsto dalla legge come reato l'affidamento della guida di un autoveicolo a persona munita di patente valida per la guida di autoveicoli della stessa specie ma di diversa categoria (nella specie, era stata affidata a persona munita della patente di categoria C la guida di un autobus per il quale occorre la patente di categoria A). (1)

Il Pretore, ecc. — Al Molitierno Filippo, come si evince dalla ru brica, viene addebitato di avere affidato a Rinaldi Bernardo la guida dell'autobus tg. AV 143312, per la cui guida è richiesta la patente di categoria A, ancorché il predetto fosse munito della patente di guida di categoria C.

(1) Nel senso che ai fini della esclusione della responsabilità per il reato di affidamento incauto di veicoli è necessario che l'affidatario sia munito di tipo di patente specificamente e tassativamente richiesto per la guida del veicolo affidato, Cass. 5 giugno 1973, Galleri, Foro it., Rep. 1974, voce Circolazione stradale, n. 323; 16 luglio 1969, Magna nini, id., Rep. 1970, voce cit., n. 404. La giurisprudenza è costante nel senso che la distinzione delle categorie di veicoli ai fini della pa tente di guida opera nell'ambito di ciascun tipo o specie di essi, pertanto risponde della contravvenzione prevista dall'art. 80, 13° com ma, cod. strad., e non di quella di cui all'art. 87, 6° comma, stesso co dice chi guidi un veicolo di specie diversa da quella indicata nel l'autorizzazione conseguita (Cass. 10 ottobre 1977, Bellei, id., Rep. 1978, voce cit., n. 265; 5 dicembre 1975, Vassallo, id., Rep. 1976, voce cit., n. 281; 20 dicembre 1973, Tinarello, id., Rep. 1974, voce cit., n. 122; 20 gennaio 1972, Casanova, id., Rep. 1975, voce cit., n. 255).

In dottrina, cons. Boccolini, in Circolaz. e trasp., 1975, 198; Fatto ri, ibid., 112.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Orbene pare al giudicante che il fatto ora detto non sia pre veduto dalla legge come reato.

L'art. 79 del codice della strada, dopo avere stabilito che chi

guida veicoli deve essere idoneo per condizioni fisiche e psi chiche e precisato che, a seconda del veicolo, occorre avere com

piuto un certo numero di anni ovvero non aver superato una certa età (comma 1° e 3°), dispone che chiunque guida veicoli e non si trovi nelle condizioni chieste è punito, salvo quanto pre vedono i comma successivi, con la pena dell'arresto e dell'am menda (comma 4°) e soggiunge che, chiunque avendo la mate riale disponibilità di veicoli ne affida o ne consente la condotta a persone che non si trovano nelle condizioni richieste è punito, a sua volta, con le pene dell'arresto o dell'ammenda (com ma 8°).

L'art. 80 dello stesso codice, dal canto suo, dopo avere dispo sto che non si possono guidare autoveicoli o motoveicoli senza avere conseguito la patente di guida (comma 1°) e precisato che

per ciascuna categoria di veicoli occorre un determinato tipo di

patente di guida (comma 2°), statuisce da un lato che chiunque guida autoveicoli o motoveicoli senza essere munito della paten te di guida è punito con le pene dell'arresto e dell'ammenda

(comma 13°), dall'altro che chiunque, avendo la materiale dispo nibilità di un veicolo, ne affida o ne consente la guida a persona non munita della patente è punito con la pena dell'arresto o dell'ammenda (comma 12°). L'art. 87 dello stesso codice, infine,

dopo avere sancito che la patente di guida per autoveicoli e motoveicoli ad uso pubblico è valida anche per la guida ad uso

privato delle stesse categorie di veicoli (comma 1°) e precisato da un lato che la patente di guida per autoveicoli e motoveicoli delle categorie B, C e D è valida anche per le categorie che

rispettivamente le precedono nell'elencazione di cui all'art. 80

(comma 2°), dall'altro che la patente di guida per autoveicoli e motoveicoli non solo della categoria F ma anche delle categorie A e B rilasciata a mutilati o minorati fisici è valida solo per la

guida dei veicoli in essa indicati (comma 3° e 4°), si limita a san zionare il fatto di chi guida un autoveicolo o un motoveicolo con patente di guida diversa da quella per esso richiesta (com ma 5° e 6°).

L'art. 87, cioè, a differenza di ciò che fanno gli art. 79 e 80, nessuna sanzione prevede per colui che, avendo la materiale di

sponibilità di un veicolo, ne affida o ne consente la guida a per sona munita di patente di categoria diversa da quella per esso

prescritta. Parrebbe d'uopo, dunque, concludere che il fatto addebitato

al prevenuto non costituisce reato, nel senso che esso non è pre veduto come tale dalla legge.

Prima di sottoscrivere tale conclusione, peraltro, sembra op

portuno verificare se, come ha mostrato di ritenere il magistrato che ha redatto la rubrica, il fatto de quo realizzi l'ipotesi di cui

è parola nel 12° comma dell'art. 80 del codice della strada. Or bene sembra al decidente che l'opinione manifestata dal magi strato istruttore non possa condividersi. La norma ora richia

mata, come si è visto, disciplina l'ipotesi di chi, avendo la mate

riale disponibilità di un veicolo, ne affida o ne consente la

guida a persona che non sia munita della patente di guida. Ora, se si tiene presente che la Corte suprema ha statuito che

risponde del reato previsto dall'art. 80 (guida senza paten

te) e non del reato previsto dall'art. 87 (guida con patente di categoria diversa da quella prescritta), non soltanto chi si

pone alla guida di un veicolo senza aver conseguito patente di

alcun genere, ma anche chi guida un veicolo con patente valida

per veicoli appartenenti non già a categoria ma addirittura a spe cie diversa da quella per cui è stata rilasciata (v. sent. 18 giu

gno 1969, Rosa, Foro it., Rep. 1970, voce Circolazione stradale, n. 309; e 21 dicembre 1973, Tinarello, id., Rep. 1974, voce cit., n. 122), è giocoforza concludere, argomentando a contrario, che

incorrerà nella violazione dell'art. 80, 12° comma, non solo co

lui che affida la guida di un veicolo a persona priva di patente di qualsiasi genere, ma anche colui che affida la guida di un

veicolo (di un autoveicolo, per esempio) a persona munita di

patente valida per veicoli di specie tuttaffatto diversa (per mo

toveicolo, per esempio). Non sembra proprio, però, che si possa andare più in là.

Non sembra, cioè, che la disposizione dell'art. 80, 12° comma, del codice della strada si possa ritenere applicabile anche al ca

so in cui, come nella specie, la guida di un autoveicolo venga dal proprietario affidata a persona munita di patente e di pa tente valida per veicoli della stessa specie, anche se non della

medesima categoria. La lettera della norma non lo consente in nessun modo (essa

facendo riferimento all'affidamento della guida di un veicolo

a persona non munita di patenté e non già a persona non munita

di patente e non già a persona non munita della patente richie

sta per quella categoria di veicoli).

Neppure la ratio lo consente (essa mirando ad evitare che si

affidi la guida di un veicolo a persona priva di una qualsiasi patente).

Né d'altra parte della norma in questione può farsi applicazio ne analogica, non essendo, come è noto, consentita nel nostro diritto l'analogia in malam partem.

La conclusione cui, dunque, devesi pervenire è quella di cui sopra: il fatto per cui è processo non è preveduto dalla legge come reato.

Per questi motivi, ecc.

Rivista di giurisprudenza penale Istruzione penale — Sentenza di non doversi procedere per estin

zione del reato per prescrizione — Inappellabilità — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. pen., art. 387).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esa me alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità del l'art. 387 cod. proc. pen., nella parte in cui esclude il diritto del l'imputato di appellare la sentenza del giudice istruttore che ha dichiarato non doversi procedere perché estinto il reato per pre scrizione, in riferimento agli art. 3, 24 Cost. (1).

Corte di cassazione; ordinanza 13 dicembre 1979 (Gazz. uff. 3 settembre 1980, n. 242); ric. Ippolito.

(1) Si rileva che «l'imputato, prosciolto dal giudice istruttore per intervenuta prescrizione con una sentenza che esclude l'applicabilità dell'art. 152, capov., cod. proc. pen. con argomentazioni a lui sfa vorevoli, è privato, per il disposto dell'art. 387 cod. proc. pen., del diritto, invece conferito al pubblico ministero, di appellare la sentenza stessa e perciò della possibilità, donde la rilevanza della questione, di ottenere un riesame dei fatti, ai fini dell'eventuale ap plicabilità dell'art. 152, capov., cod. proc. pen., più ampio rispetto a quello che può compiere il giudice di legittimità ».

Analoga questione è stata sollevata da App. Roma, ord. 25 ottobre 1976 e dalla stessa Cass., ord. 13 maggio 1976, Foro it., 1977, II, 219 e 45, con note di richiami, commentate da Presutti, in Riv. dir. proc., 1977, 113, circa l'inapplicabilità della sentenza del giudice istruttore che abbia dichiarato non doversi pro cedere perché il reato si è estinto per amnistia.

Sul tema cfr., citate in motivazione, Corte cost. 10 ottobre 1979, n. 118, Foro it., 1979, I, 2986, che ha dichiarata infondata la questione di costituzionalità dell'art. 512, n. 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non consente all'imputato l'appello avverso le sentenze di proscioglimento per mancanza di querela; 16 luglio 1979, n. 72, id., 1979, I, 2182; 5 giugno 1978, n. 73, id., 1978, I, 1337 e 25 marzo 1975, n. 70, id., 1975, I, 1052, con note di richiami, che hanno dichiarato l'incostitu zionalità degli art. 512 e 513 cod. proc. pen., nella parte in cui esclu devano il diritto dell'imputato di proporre appello contro sentenze as solutorie emesse in seguito a giudizio per estinzione del reato prece duta da giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggra vanti ovvero dall'applicazione di circostanze attenuanti.

Incolumità pubblica (reati contro la) — Omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro — Omissione dolosa di cautele atte a prevenire le malattie professionali — Non punibilità — Questione non manifestamente infondata di co stituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. pen., art. 437).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame alla Corte costituzionale) la questione di costituzionalità dell'art. 437 cod. pen., nella parte in cui non estende il tratta mento punitivo previsto per la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro all'accertato inadempi mento dell'obbligo giuridico di collocare impianti ed apparec chiature destinati a prevenire malattie professionali, in riferi mento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

Tribunale di Rieti; ordinanza 11 marzo 1980 (Gazz. uff. 11 giugno 1980, n. 159); Giud. istr. Pacifico; imp. Busso ed altra.

(1) In senso contrario a quanto ritenuto nell'ordinanza del Trib. di Rieti, per l'applicabilità dell'art. 437 cod. pen. anche a chi abbia dolosamente omesso di collocare impianti idonei a prevenire malat tie professionali, v. Trib. Padova, ord. 13 febbraio 1978, Foro it., Rep. 1978, voce Incolumità pubblica (reati), n. 15.

Sugli elementi necessari ad integrare il reato di cui all'art. 437 cod. pen., cfr. Cass. 13 ottobre 1978, Morelli, 10 ottobre 1978, Gur ron, App. Trento 10 febbraio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 4-6; Trib. Bolzano 7 giugno 1974, id., 1975, II, 50, con nota di richiami, nel senso che il pericolo per la pubblica incolumità va inteso come possibilità di danno ad un numero indeterminato di persone; Trib. Torino 30 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce cit., n. 12; Trib. Bolzano 28 gennaio 1975, id., Rep. 1978, voce cit., n. 22; Trib. Torino 7 maggio 1974, id., Rep. 1977, voce cit., n. 17, secondo cui non vale

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