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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Carofiglio; imp. Luconi ed...

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sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Carofiglio; imp. Luconi ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 451/452-455/456 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182761 . Accessed: 28/06/2014 13:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.176 on Sat, 28 Jun 2014 13:02:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Carofiglio; imp. Luconi ed altri

sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Carofiglio; imp. Luconi ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.451/452-455/456Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182761 .

Accessed: 28/06/2014 13:02

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE SECONDA

ca, la Leimgruber propose rituale opposizione e, comparendo di

persona all'odierna udienza, provocò la revoca del decreto stesso.

Nel merito, poi, l'opponente — di professione fornaia — con

testò gli addebiti, asserendo che nelle circostanze di tempo e di

luogo di cui all'esposto ella si era limitata a far riscaldare per

qualche minuto il motore diesel della sua autovettura, con la quale doveva provvedere a distribuire il pane.

Furono, quindi, esaminati il brigadiere Graf ed il teste a disca

rico von Wenzel ed il pubblico ministero e la difesa presero le

conclusioni riportate nel verbale del dibattimento.

Diritto. — In punto di fatto può dirsi accertato, per averlo

ammesso la stessa Leimgruber, che questa, ogni mattina verso

le 4, accende il motore diesel della sua autovettura «per farlo

riscaldare» prima di partire per la distribuzione del pane.

Ora, che un comportamento siffatto, sotto le finestre di un

albergo, costituisca un disturbo del riposo delle persone può dirsi

pacifico. È notorio, infatti, che quel tipo di motore, proprio in

fase di avviamento, provoca un rumore martellante di considere

vole intensità, senza alcun dubbio sufficiente a svegliare chi dor

me nelle immediate vicinanze o comunque a disturbare il riposo. Il disturbo di carattere psicologico, poi, è tanto maggiore, quan to più chiara è la consapevolezza dell'assoluta inutilità di tale

preriscaldamento. Ed invero, la convinzione che il motore diesel

debba essere «riscaldato» prima di mettersi in marcia è bensì' dif

fusa, ma non per questo esatta, dato che le stesse case costruttrici

di autoveicoli, nelle istruzioni per l'uso e la manutenzione di tali

tipi di veicoli non solo non menzionano detta necessità, ma addi

rittura sconsigliano più o meno perentoriamente di riscaldare il

motore con il cambio in folle. Cosi, se nel libretto d'istruzioni

della Mercedes attualmente in vigore, nella facciata interna della

copertina, si consiglia di non far riscaldare il motore con il veico

lo fermo, in quello della Bmw 524td il consiglio è più secco (pag. 59: «Non fare riscaldare il motore a veicolo fermo, ma partire subito a basso numero di giri»), ed in quello della Volkswagen si passa chiramente all'ordine imperativo (pag. 27: «Non fare scal

dare il motore a macchina ferma: partire subito!»). Ed un simile

ordine si rinviene nel libretto d'uso, manutenzione e sicurezza

della Opel Kadett, ossia proprio dell'autovettura della Leimgru

ber, alla pag. 65: «Riscaldamento del motore: il motore deve rag

giungere la sua temperatura d'esercizio con la vettura in marcia

e non al minimo con il cambio in folle». Appunto l'inosservanza

di tali precise istruzioni, poi, concreta l'elemento soggettivo della

colpa, sicché del reato di cui sub 1 la prevenuta può dirsi piena mente convinta.

Quanto al reato di cui sub 2, non pare contestabile che, con

particolare riferimento al luogo in cui i fatti avvennero (il villag

gio di montagna immerso nel verde, deputato a consentire al turi

sta proveniente dai grandi centri urbani e da zone industrializzate

un'ossigenazione altrove ormai quasi del tutto impossibile), i gas ed i fumi emessi da un motore diesel lasciato andare a macchina

ferma per un considerevole periodo di tempo comportano conse

guenze idonee a ledere l'interesse alla salute dei cittadini ad essi

esposti. È noto, infatti, che i gas di scarico contengono monossi

do di carbonio (CO), idrogeno di carbonio (CH) e ossido di azo

to (NOx) che li rendono altamente velenosi, sicché la loro emissione

deve essere limitata allo stretto necessario. Ogni uso dell'autovei colo diverso da quello per cui esso è stato costruito — ossia per 10 spostamento senza fatica da un luogo all'altro — deve ritener

si, quindi, non consentito ai sensi dell'inciso contenuto nel 1°

comma dell'art. 674 c.p., essendo sicuramente dannoso. Anche

di tale reato, dunque, la Leimgruber deve essere riconosciuta col

pevole. Né vale a tal proposito come scriminante la circostanza

che altri inquinano molto di più, come la difesa ha inteso dimo

strare producendo due fotografie di autobus i cui motori veniva

no, appunto, preriscaldati con notevolissima emissione di gas e

fumi. Ed invero, parafrasando il vecchio detto, quod licet Jovi, non licet bovi, ovverossia, non perché altri inquinano in modo

più grave deve consentirsi che ognuno inquini nel suo piccolo. Tale ragionamento non ha pregio né in linea di fatto, né in linea di diritto e, semmai, il caso in esame deve servire a sensibilizzare al problema dei piccoli inquinamenti quotidiani che ognuno, con modesto impegno, può evitare.

11 Foro Italiano — 1989.

Un altro punto deve essere chiarito, in relazione all'afferma

zione della difesa che il Siemens avrebbe denunciato soltanto il

fatto del 7 gennaio 1988 e non quelli del 4 e del 5 s.m. e che

impropriamente, perciò, è stata contestata alla Leimgruber la con

tinuazione. Ora, è ben vero che nell'esposto consegnato ai cara

binieri Siemens dichiara di voler denunciare il caso verificatosi

il 7 gennaio, ma è altrettanto vero che egli dettagliatamente ha

descritto anche i casi precedenti. Trattandosi, poi, di reati perse

guibili d'ufficio, è chiaro che non rientra nella facoltà del cittadi

no di delimitare l'ambito di applicazione della legge all'uno o all'altro episodio ed ogni indicazione in tal senso deve ritenersi

ininfluente.

Tanto premesso, appare giusto confermare le pene già inflitte

con il decreto opposto, salve le maggiori spese di giudizio.

PRETURA DI PRATO; sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Caro

figlio; imp. Luconi ed altri.

PRETURA DI PRATO;

Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Inse

diamento produttivo — Autorizzazione allo scarico — Limiti

di accettabilità — Tensioattivi non ionici — Scarico eccedente

i limiti fissati dall'autorizzazione — Reato — Sussistenza (L. 10 maggio 1976 n. 319, norme per la tutela delle acque dall'in

quinamento, art. 22).

Risponde del reato di cui all'art. 22 l. 10 maggio 1976 n. 319

11 responsabile di un insediamento produttivo il cui scarico pre senti concentrazioni di tensioattivi non ionici superiori ai limiti

di accettabilità fissati — per i tensioattivi genericamente intesi — dal regolamento comunale e recepiti nel provvedimento di

autorizzazione. (1)

Svolgimento del processo. — A seguito di analisi effettuate su

campioni di acque di scarico di numerose industrie pratesi (tutte allacciate all'impianto centralizzato di depurazione di Baciacaval

lo) risultavano, con riferimento al parametro dei tensioattivi, va

lori analitici superiori a quelli fissati dal regolamento del comune

di Prato per gli scarichi confluenti nell'impianto centralizzato di

depurazione di Baciacavallo. I suddetti valori, espressione di me

todiche analitiche in precedenza non utilizzate, risultavano dalla

somma dei tensioattivi anionici (mbas) e dei tensioattivi non ioni

(1) Non constano precedenti editi. In presenza di un impianto centralizzato di depurazione ove confluisco

no gli scarichi degli insediamenti produttivi e civili di un dato ambito territoriale (corrispondente al territorio di uno o più comuni), i limiti di accettabilità imposti ai titolari dei singoli scarichi discendono dalle norme e dalle prescrizioni regolamentari stabilite dai comuni o dai consorzi che

gestiscono il pubblico servizio (art. 13 1. 319/76). In tale prospettiva la sentenza in epigrafe ritiene applicabile ad ipotesi di superamento dei limi ti di accettabilità (relativi alle concentrazioni di parametri inquinanti) pre visti dalle dette norme regolamentari e recepiti nel provvedimento di autorizzazione allo scarico, il disposto sanzionatorio dell'art. 22 1. 319/76 e non quello dell'art. 21, 3° comma, espressamente dettato con esclusivo riferimento al superamento dei limiti di accettabilità di cui alle tabelle

allegate alla legge. Nella medesima direzione interpretativa è Trib. Mace rata 2 maggio 1986, Dari, inedita; diverso avviso, seppure solo in obiter dictum, pare esprimere Cass. 17 febbraio 1988, Gremmo, Foro it., 1989, II, 104, ove si ritiene configurabile il reato di cui all'art. 21, 3° comma, 1. 319/76 per il caso di scarico che contrasti con le «prescrizioni aggiunti ve più restrittive contenute nel provvedimento di autorizzazione».

In generale, sulle tematiche connesse con l'applicazione dell'art. 22 cit., v. Pret. Sestri Ponente 22 febbraio 1986, id., 1987, II, 742, con ampia nota di richiami. In dottrina, v. G. Amendola, La tutela penale dall'in quinamento idrico, Milano, 1987, 129; P. Giampietro, L'inosservanza delle prescrizioni di autorizzazione allo scarico ai sensi dell'art. 22 della

legge Merli, in Giust. pen., 1977, II, 383; Id., Rassegna critica di giuris prudenza sull'art. 22 della legge Merli, in Cass, pen., 1981, 153 ed altresì Commento alla legge sull'inquinamento delle acque e del suolo, Milano, 1981, 523.

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453 GIURISPRUDENZA PENALE 4-54

ci (bias) mentre in passato le prassi analitiche erano state indiriz

zate alla sola rilevazione dei tensioattivi anionici.

La valutazione dei risultati delle analisi in argomento presenta va pertanto profili di complessità, sia dal punto di vista ammini

strativo che dal punto di vista penale, avuto riguardo soprattutto alla circostanza che i limiti regolamentari del comune di Prato

erano stati elaborati in un'epoca nella quale — come già si diceva — le ordinarie prassi analitiche erano mirate alla rilevazione dei

soli tensioattivi anionici.

Su tali basi emergeva l'opportunità della riunione dei procedi menti aventi ad oggetto la medesima violazione dell'art. 22 1.

319/76 secondo le suddette connotazioni; la riunione veniva ef

fettivamente disposta con ordinanza del 2 marzo 1988.

Procedutosi penalmente a carico dei soggetti individuati in epi

grafe per il reato di cui all'art. 22 1. 319/76 secondo l'imputazio ne articolata in rubrica, all'udienza odierna veniva celebrato il

dibattimento; dei quindici imputati non comparivano i soli Luco

ni Maria Cristina, Funghi Pier Giuseppe e Funghi Marta i quali venivano dichiarati contumaci.

Si procedeva quindi all'interrogatorio degli imputati presenti che tutti, con differenti sfumature, negavano l'addebito, eviden

ziando la propria persuasione soggettiva di aver sempre rispettato i limiti fissati dal regolamento del comune di Prato. Quasi tutti

gli imputati sottolineavano poi di aver fatto eseguire, a proprie

spese, analisi sul campione loro consegnato (all'atto dell'inter

vento) dai tecnici della Usi , avendo ricevuto conferma della re

golarità dei propri scarichi dai referti dei laboratori privati

interpellati. Alcuni degli imputati evidenziavano poi espressamente di esser

si sempre preoccupati dei soli tensioattivi anionici ai quali soltan

to ritenevano si riferissero i limiti del regolamento del comune

di Prato.

Alcuni altri fra gli imputati negavano più radicalmente ogni

responsabilità dichiarando di non essersi mai occupati, nelle pro

prie aziende, dell'attività tecnico-produttiva e del controllo sugli

scarichi; in particolare Funghi Giuseppe, Guarducci Remo, Gori

Giuseppe e Lopez Vito producevano, per il tramite dei propri

difensori, specifica documentazione al riguardo. Veniva quindi escussa in qualità di teste la dott. Pezzatini Eli

sabetta, amalista presso il servizio multinazionale di prevenzione; la teste forniva una serie di chiarimenti sui risultati delle analisi,

sulla classificazione scientifica delle sostanze denominate tensioattivi

(nonché sull'utilizzazione industriale di tali sostanze) e sulle me

todiche analitiche utilizzate per rilevarne la presenza nelle acque

di scarico.

Venivano quindi escussi i testi Bresci Dino e Moccia Antonio

specificamente con riferimento alla posizione dell'imputato Guar

ducci Remo.

A questo punto, indicati gli atti utilizzabili ai sensi dell'art.

466 bis c.p.p. veniva data la parola a p.m. e difesa che conclude

vano come da separato verbale in atti.

Motivi della decisione. — Il problema interpretativo fondamen

tale posto dal presente processo riguarda la precisa definizione

concettuale della categoria chimica delle sostanze tensioattive, ai

fini di individuare l'esatto ambito di riferibilità del limite (25 mgr/1) prescritto dal regolamento del comune di Prato per gli scarichi

confluenti nell'impianto centralizzato di depurazione di Bacia

cavallo.

Tensioattivi, secondo la definizione di un qualsiasi testo di chi

mica industriale, sono quelle sostanze che più correttamente do

vrebbero definirsi attive alle superfici, capaci cioè di «concretarsi

spontaneamente, quindi con diminuzione di energia libera super

ficiale alle interfasi»; la tipica struttura molecolare di tutti i ten

sioattivi è caratterizzata dalla presenza di gruppi idrofili ed idrofobi

con differenze connesse con variazioni di lunghezza delle parti

idrofila ed idrofoba. La definizione suddetta dei tensioattivi si riferisce pacificamen

te a tutte le sostanze aventi le medesime, sopra descritte attitudini

e proprietà chimico fisiche; in altri termini il genus delle sostanze

tensioattive è dotato di omogeneità concettuale proprio in rela

zione alle caratteristiche anzidette a nulla rilevando, in senso con

trario, l'esistenza di sottocategorie ulteriormente caratterizzate e

Il Foro Italiano — 1989.

diversificate le une dalle altre a causa di differenze di struttura

molecolare, nonché di specifiche attitudini a determinate reazioni

chimiche (ad es. attitudine o meno a determinare processi di io

nizzazione). Se quindi la nozione di tensioattivo senza ulteriori specificazio

ni è pacificamente riferita ad una famiglia di composti aventi

come caratteristiche comuni, la suddetta attitudine a concentrarsi

spontaneamente (e quindi, quando vengano sciolti in acqua, a

dare origine a schiuma superficiale) ed una strutturazione mole

colare definita dalla compresenza di gruppi idrofili ed idrofobi, a tale nozione ampia occorre far ricorso nell'interpretare l'espres sione adoperata da un testo legislativo, regolamentare o dagli al

legati integrativi di testi suddetti.

Soluzioni interpretative differenti da quella sopra indicata non

sono concettualmente praticabili; non è in particolare praticabile la prospettazione interpretativa suggerita dalla difesa degli impu tati. Tale prospettazione prende le mosse dall'affermazione se

condo la quale il legislatore (e successivamente, per conseguenza il comune di Prato, nel redigere il proprio regolamento), nella

redazione delle tabelle allegate alla legge Merli avrebbe inteso ri

ferirsi, per quanto attiene al parametro dei tensioattivi, alla sola

categoria degli anionici (mbas), non essendo nota all'epoca l'esi

stenza di altre categorie di tensioattivi. Logica conseguenza di

tale premessa applicata alla vicenda in argomento sarebbe stata

l'assoluzione di tutti gli imputati dall'imputazione loro ascritta

perché il fatto (la violazione cioè di una prescrizione dell'autoriz

zazione allo scarico, ed in particolare quella relativa ai limiti di

accettabilità dei tensioattivi) non sussiste, non essendo previsto dall'autorizzazione un limite di concentrazione per i tensioattivi

non ionici. Tale prospettazione, come già si diceva, non può essere condi

visa, in primo luogo perché fondata sulla premessa non vera del

la non conoscenza, all'epoca della redazione della legge Merli,

della categoria dei tensioattivi non ionici. Come infatti può age volmente ricavarsi anche solo dalla lettura di un manuale di chi

mica industriale (o addirittura, semplicemente di una enciclopedia) edito negli anni '60, i tensioattivi non ionici erano già allora og

getto di ampia e pacifica conoscenza.

L'affermazione difensiva non può però condividersi soprattut to per una diversa ed assorbente motivazione. L'interpretazione della legge (o comunque degli enunciati normativi cosi come inte

grati da allegati alle leggi, tabelle, ecc.), alla stregua dei criteri

individuati dall'art. 12 disp. prel., va operata indagando «il si

gnificato proprio delle parole» e «l'intenzione del legislatore». Sul significato proprio della parola tensioattivo non può esser

vi dubbio alcuno, alla stregua delle considerazioni svolte in pre cedenza.

Sull'intenzione del legislatore alla stessa maniera non può nu

trirsi dubbio alcuno ove soltanto si consideri la finalità della 1.

319/76 (tutela delle acque dall'inquinamento) e la non conciliabi

lità con tale fine istituzionale di disposizioni che, anche solo per

determinate sostanze, dessero una sostanziale licenza di inquinare in una sorta di deregulation dai contorni concettuali evidente

mente assurdi.

Sulla scorta delle argomentazioni fin qui sviluppate può quindi affermarsi che, sotto il profilo materiale, siano stati effettiva

mente effettuati degli scarichi in violazione di preescrizioni (quel le relative ai limiti di concentrazione dei tensioattivi) indicate nei

provvedimenti di autorizzazione.

Occorre quindi a questo punto rivolgere l'attenzione al proble ma della sussistenza o meno, nei fatti di cui al capo d'imputazio

ne, del necessario coefficiente di colpevolezza, intesa come legame

psicologico fra condotte e soggetti. Premesso che, vertendosi in materia di reati contravvenzionali,

non spetta al giudicante di accertare se la condotta degli agenti

sia stata caratterizzata da dolo o da colpa, occorre verificare però

la fondatezza della subordinata difensiva secondo la quale gli im

putati tutti sarebbero da ritenere quanto meno esenti da colpa,

avendo incolpevolmente ignorato (per effetto delle ragioni espo

ste in precedenza) l'esigenza di rispettare, anche con riferimento

ai tensioattivi non ionici, i limiti imposti dal regolamento del co

mune di Prato per le concentrazioni dei tensioattivi genericamen

te intesi.

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PARTE SECONDA

La fondatezza della suddetta prospettazione difensiva va verifi

cata, valutando la sussistenza o meno, nel caso di specie dei pa rametri concettuali di individuazione degli atteggiamenti colposi

penalmente rilevanti.

Tali parametri, come è noto, si identificano con la prevedibili tà e la prevenibilità degli eventi dannosi (intendendosi il danno

come offesa all'interesse tutelato dalla norma penale) derivanti

dalle azioni od omissioni poste in essere dagli autori materiali

delle condotte.

In particolare la prevedibilità dell'evento dannoso va valutata

in relazione all'onere di diligenza conoscitiva incombente sul sog

getto attivo del reato. Nel caso di specie tale onere di diligenza va ricostruito in base a parametri rigorosi giustificati per un ver

so dalla natura dei soggetti attivi (imprenditori commerciali o le

gali rappresentanti di società commerciali) e per altro verso

dall'interesse tutelato dalla normativa in oggetto. Se infatti in

via immediata e diretta l'art. 22 1. 319/76 tutela la regolare effet

tuazione degli scarichi in conformità con i provvedimenti autoriz

zatoti dell'autorità competente, in via mediata e coerentemente

con le finalità della legge, l'articolo cit. (come tutte le disposizio ni penali della legge Merli) mira anche e soprattutto a sanzionare

condotte idonee alla lesione di interessi ambientali diffusi la cui

tutela, globalmente intesa, ha sicuro rango costituzionale (cfr. art.

9 Cost.). Su queste basi, ritenuta la sussistenza di un rigoroso onere di

diligenza conoscitiva (commisurato in relazione ai parametri so

pra indicati) in capo agli odierni imputati, e ritenuta, peraltro,

pacificamente che l'esistenza dei tensioattivi non ionici, la loro

attitudine inquinante e la loro massiccia presenza nei processi pro duttivi delle industrie di cui si occupa il presente processo, pote vano essere conosciute proprio attivando tale diligenza qualificata, va sicuramente affermata la prevedibilità dell'evento dannoso (su

peramento dei limiti regolamentari) di cui al capo d'imputazione. Non ricorrono particolari problemi per l'affermazione di sussi

stenza del requisito della prevenibilità dell'evento dannoso in ar

gomento; va però chiarito al proposito che la prevenibilità è da

individuarsi in questa sede, indipendentemente da ogni considera

zione di fattibilità tecnica o economica.

Su tali basi è agevole sottolineare, a puro titolo di esemplifica

zione, che il superamento dei limiti regolamentari del comune

di Prato, poteva per esempio essere evitato riducendo opportuna mente l'immissione nel processo produttivo delle sostanze ten

sioattive, a nulla rilevando — ai fini dell'affermazione della

responsabilità penale — la possibilità che una tale riduzione com

porterebbe (o avrebbe comportato), di maggiori costi, peggiora mento della qualità dei prodotti ed in generale di diseconomie

produttive. Sempre a titolo di esemplificazione può richiamarsi

la possibilità dell'installazione di depuratori a pié di fabbrica i quali sicuramente avrebbero consentito e consentirebbero il man

tenimento degli scarichi entro i limiti prescritti. Anche con riferi mento a tale esemplificazione occorre sottolineare che l'evitabilità

dell'evento dannoso non può sicuramente escludersi adducendo

l'avvenuta partecipazione di tutte le ditte in oggetto, agli impegni di spesa per la realizzazione del depuratore centralizzato di Ba

ciacavallo ed il pesante aggravio economico che all'attività di tali ditte deriverebbe (o sarebbe derivato) dalle spese di installazione

anche di un depuratore a pié di fabbrica. Va comunque rilevato, a conclusione e completamento delle considerazioni svolte sul con

cetto di prevenibilità, che in presenza di un precetto penalmente sanzionato (come quello di cui all'art. 22 cit.) ed in presenza al

tresì del requisito, logicamente antecedente, della prevedibilità del

l'evento, la prevenzione dell'evento stesso si pone al primo posto nella gerarchia dei comportamenti da adottare; si colloca in so

stanza come interesse assolutamente prevalente rispetto ad altri

interessi (come per esempio quello alla produzione e/o all'eserci

zio di un'attività imprenditoriale) pur leciti e tutelati dall'ordi

namento.

Tutte le considerazioni svolte sin qui conducono, in via genera le, all'affermazione di penale responsabilità per i soggetti autori delle condotte specificate nel capo d'imputazione.

Vanno a questo punto esaminate partitamente le posizioni dei

singoli imputati, valutando in primo luogo le giustificazioni ad

dotte dalla difesa di Funghi Giuseppe, Guarducci Remo, Gori

Il Foro Italiano — 1989.

Giuseppe e Lopez Vito. Costoro, non avendo rivestito (per effet

to di patti sociali di cui la difesa ha prodotto documentazione) ruoli di rappresentanza o di amministrazione nelle rispettive so

cietà, non sarebbero, in radice, destinatari del precetto penale violato. In particolare per quanto riguarda l'imputato Guarducci

Remo la difesa ha prodotto copia di certificato della camera di

commercio da cui risulta che nella società Follatura Roma Guar

ducci Remo riveste la qualifica di socio che non partecipa alle

lavorazioni; circostanza questa confermata in punto di fatto dalle

deposizioni dei testi Bresci e Moccia.

Per quanto riguarda gli imputati Gori Giuseppe e Lopez Vito, la difesa ha prodotto copia di modifica dei patti sociali (registra ta il 27 novembre 1984) da cui risulta l'attribuzione esclusiva, nella Follatura G.L.N., dei compiti connessi al funzionamento

degli impianti relativi agli scarichi delle acque reflue, al socio No

to Ignazio. Per quanto riguarda infine l'imputato Funghi Giuseppe, è sta

to prodotto dalla difesa verbale di assemblea straordinaria della

srl Finissaggio tessuti Cober, recante modifica dello statuto e no

mina di un consiglio di amministrazione. Nell'assemblea suddetta

veniva approvata una disposizione statutaria che assegnava al pre sidente la competenza per tutti gli atti di ordinaria amministra

zione (tali dovendosi ritenere quelli connessi alla sorveglianza sugli

scarichi); veniva altresì' nominata presidente della società Luconi

Maria Cristina e Funghi Giuseppe semplicemente membro del con

siglio di amministrazione. Gli elementi di prova addotti dalla difesa dei suddetti imputati

sono da ritenersi sicuramente idonei ad escludere la sussistenza

di responsabilità, in capo ai prevenuti, relativamente alla vigilan za sugli scarichi e, per conseguenza, ad escluderne la penale re

sponsabilità per l'imputazione loro ascritta. In particolare non

essendo — per effetto della strutturazione interna delle società

di appartenenza — soggetti destinatari della previsione dell'art.

22 cit., i predetti imputati vanno mandati assolti dall'imputazio ne loro ascritta per non aver commesso il fatto.

Va invece affermata la penale responsabilità di tutti gli altri

imputati per i quali va però diversificato il trattamento sanziona

torio in relazione alla diversa gravità delle singole violazioni, per le quali comunque, tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., non si ritiene opportuno applicare la pena detentiva. Il corretto

comportamento processuale di tutti gli imputati nonché l'assenza

o la modestia dei precedenti consentono la concessione delle atte

nuanti generiche. Su queste basi le pene dell'ammenda in concreto da irrogarsi

in riferimento alla misura delle concentrazioni accertate dalle analisi

del Servizio Multinazionale di Prevenzione, sono: lire 2.000.000

(p. b. lire 3.000.000) — Luconi M. Cristina; lire 2.000.000 (p. b. lire 3.000.000) — Guarducci Romano; lire 1.000.000 (p. b. lire 1.500.000) — Diddi Massimo; lire 600.000 (p. b. lire 900.000) — Tempestini Daniele; lire 2.400.000 (p. b. lire 3.600.000) — Noto Ignazio; lire 1.200.000 (p. b. lire 1.800.000) — Funghi Mar

ta; lire 2.200.000 (p. b. lire 3.300.000) — Toccafondi Vittorio; lire 600.000 (p. b. lire 900.000) — Raffaelli Enrico; lire 400.000 (p. b. lire 600.000) — Balli L. Gino, per il quale è stata accertata

la sussistenza di un grado di colpa inferiore rispetto al consocio

Raffaelli, informalmente addetto, nella società Rgb, a compiti di vigilanza sugli scarichi; lire 800.000 (p. b. lire 1.200.000) — Martino Giovanni; lire 2.600.000 (p. b. lire 3.900.000) — Santi Stefano.

L'insussistenza o comunque la modestia dei precedenti penali di tutti gli imputati consente la concessione ad ognuno di essi dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non

menzione della condanna.

La complessità tecnica e giuridica dei temi affrontati e le per plessità legittime manifestate dai competenti soggetti amministra

tivi (v. lettera dell'assessore all'ambiente del comune di Prato, in data 28 maggio 1987 allegata agli atti del procedimento) im

pongono al pretore in esecuzione del dovere di collaborazione istituzionale definito di recente, in materia ambientale, dalla giu risprudenza della Corte di cassazione (sent. 24 novembre 1987,

imp. Nasciuti) di disporre che copia della sentenza venga trasmessa a fini conoscitivi e per ogni eventuale provvedimento di compe tenza all'amministrazione comunale di Prato in persona del sin daco pro tempore.

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