sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Carofiglio; imp. Luconi ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.451/452-455/456Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182761 .
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PARTE SECONDA
ca, la Leimgruber propose rituale opposizione e, comparendo di
persona all'odierna udienza, provocò la revoca del decreto stesso.
Nel merito, poi, l'opponente — di professione fornaia — con
testò gli addebiti, asserendo che nelle circostanze di tempo e di
luogo di cui all'esposto ella si era limitata a far riscaldare per
qualche minuto il motore diesel della sua autovettura, con la quale doveva provvedere a distribuire il pane.
Furono, quindi, esaminati il brigadiere Graf ed il teste a disca
rico von Wenzel ed il pubblico ministero e la difesa presero le
conclusioni riportate nel verbale del dibattimento.
Diritto. — In punto di fatto può dirsi accertato, per averlo
ammesso la stessa Leimgruber, che questa, ogni mattina verso
le 4, accende il motore diesel della sua autovettura «per farlo
riscaldare» prima di partire per la distribuzione del pane.
Ora, che un comportamento siffatto, sotto le finestre di un
albergo, costituisca un disturbo del riposo delle persone può dirsi
pacifico. È notorio, infatti, che quel tipo di motore, proprio in
fase di avviamento, provoca un rumore martellante di considere
vole intensità, senza alcun dubbio sufficiente a svegliare chi dor
me nelle immediate vicinanze o comunque a disturbare il riposo. Il disturbo di carattere psicologico, poi, è tanto maggiore, quan to più chiara è la consapevolezza dell'assoluta inutilità di tale
preriscaldamento. Ed invero, la convinzione che il motore diesel
debba essere «riscaldato» prima di mettersi in marcia è bensì' dif
fusa, ma non per questo esatta, dato che le stesse case costruttrici
di autoveicoli, nelle istruzioni per l'uso e la manutenzione di tali
tipi di veicoli non solo non menzionano detta necessità, ma addi
rittura sconsigliano più o meno perentoriamente di riscaldare il
motore con il cambio in folle. Cosi, se nel libretto d'istruzioni
della Mercedes attualmente in vigore, nella facciata interna della
copertina, si consiglia di non far riscaldare il motore con il veico
lo fermo, in quello della Bmw 524td il consiglio è più secco (pag. 59: «Non fare riscaldare il motore a veicolo fermo, ma partire subito a basso numero di giri»), ed in quello della Volkswagen si passa chiramente all'ordine imperativo (pag. 27: «Non fare scal
dare il motore a macchina ferma: partire subito!»). Ed un simile
ordine si rinviene nel libretto d'uso, manutenzione e sicurezza
della Opel Kadett, ossia proprio dell'autovettura della Leimgru
ber, alla pag. 65: «Riscaldamento del motore: il motore deve rag
giungere la sua temperatura d'esercizio con la vettura in marcia
e non al minimo con il cambio in folle». Appunto l'inosservanza
di tali precise istruzioni, poi, concreta l'elemento soggettivo della
colpa, sicché del reato di cui sub 1 la prevenuta può dirsi piena mente convinta.
Quanto al reato di cui sub 2, non pare contestabile che, con
particolare riferimento al luogo in cui i fatti avvennero (il villag
gio di montagna immerso nel verde, deputato a consentire al turi
sta proveniente dai grandi centri urbani e da zone industrializzate
un'ossigenazione altrove ormai quasi del tutto impossibile), i gas ed i fumi emessi da un motore diesel lasciato andare a macchina
ferma per un considerevole periodo di tempo comportano conse
guenze idonee a ledere l'interesse alla salute dei cittadini ad essi
esposti. È noto, infatti, che i gas di scarico contengono monossi
do di carbonio (CO), idrogeno di carbonio (CH) e ossido di azo
to (NOx) che li rendono altamente velenosi, sicché la loro emissione
deve essere limitata allo stretto necessario. Ogni uso dell'autovei colo diverso da quello per cui esso è stato costruito — ossia per 10 spostamento senza fatica da un luogo all'altro — deve ritener
si, quindi, non consentito ai sensi dell'inciso contenuto nel 1°
comma dell'art. 674 c.p., essendo sicuramente dannoso. Anche
di tale reato, dunque, la Leimgruber deve essere riconosciuta col
pevole. Né vale a tal proposito come scriminante la circostanza
che altri inquinano molto di più, come la difesa ha inteso dimo
strare producendo due fotografie di autobus i cui motori veniva
no, appunto, preriscaldati con notevolissima emissione di gas e
fumi. Ed invero, parafrasando il vecchio detto, quod licet Jovi, non licet bovi, ovverossia, non perché altri inquinano in modo
più grave deve consentirsi che ognuno inquini nel suo piccolo. Tale ragionamento non ha pregio né in linea di fatto, né in linea di diritto e, semmai, il caso in esame deve servire a sensibilizzare al problema dei piccoli inquinamenti quotidiani che ognuno, con modesto impegno, può evitare.
11 Foro Italiano — 1989.
Un altro punto deve essere chiarito, in relazione all'afferma
zione della difesa che il Siemens avrebbe denunciato soltanto il
fatto del 7 gennaio 1988 e non quelli del 4 e del 5 s.m. e che
impropriamente, perciò, è stata contestata alla Leimgruber la con
tinuazione. Ora, è ben vero che nell'esposto consegnato ai cara
binieri Siemens dichiara di voler denunciare il caso verificatosi
il 7 gennaio, ma è altrettanto vero che egli dettagliatamente ha
descritto anche i casi precedenti. Trattandosi, poi, di reati perse
guibili d'ufficio, è chiaro che non rientra nella facoltà del cittadi
no di delimitare l'ambito di applicazione della legge all'uno o all'altro episodio ed ogni indicazione in tal senso deve ritenersi
ininfluente.
Tanto premesso, appare giusto confermare le pene già inflitte
con il decreto opposto, salve le maggiori spese di giudizio.
PRETURA DI PRATO; sentenza 19 ottobre 1988; Giud. Caro
figlio; imp. Luconi ed altri.
PRETURA DI PRATO;
Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Inse
diamento produttivo — Autorizzazione allo scarico — Limiti
di accettabilità — Tensioattivi non ionici — Scarico eccedente
i limiti fissati dall'autorizzazione — Reato — Sussistenza (L. 10 maggio 1976 n. 319, norme per la tutela delle acque dall'in
quinamento, art. 22).
Risponde del reato di cui all'art. 22 l. 10 maggio 1976 n. 319
11 responsabile di un insediamento produttivo il cui scarico pre senti concentrazioni di tensioattivi non ionici superiori ai limiti
di accettabilità fissati — per i tensioattivi genericamente intesi — dal regolamento comunale e recepiti nel provvedimento di
autorizzazione. (1)
Svolgimento del processo. — A seguito di analisi effettuate su
campioni di acque di scarico di numerose industrie pratesi (tutte allacciate all'impianto centralizzato di depurazione di Baciacaval
lo) risultavano, con riferimento al parametro dei tensioattivi, va
lori analitici superiori a quelli fissati dal regolamento del comune
di Prato per gli scarichi confluenti nell'impianto centralizzato di
depurazione di Baciacavallo. I suddetti valori, espressione di me
todiche analitiche in precedenza non utilizzate, risultavano dalla
somma dei tensioattivi anionici (mbas) e dei tensioattivi non ioni
(1) Non constano precedenti editi. In presenza di un impianto centralizzato di depurazione ove confluisco
no gli scarichi degli insediamenti produttivi e civili di un dato ambito territoriale (corrispondente al territorio di uno o più comuni), i limiti di accettabilità imposti ai titolari dei singoli scarichi discendono dalle norme e dalle prescrizioni regolamentari stabilite dai comuni o dai consorzi che
gestiscono il pubblico servizio (art. 13 1. 319/76). In tale prospettiva la sentenza in epigrafe ritiene applicabile ad ipotesi di superamento dei limi ti di accettabilità (relativi alle concentrazioni di parametri inquinanti) pre visti dalle dette norme regolamentari e recepiti nel provvedimento di autorizzazione allo scarico, il disposto sanzionatorio dell'art. 22 1. 319/76 e non quello dell'art. 21, 3° comma, espressamente dettato con esclusivo riferimento al superamento dei limiti di accettabilità di cui alle tabelle
allegate alla legge. Nella medesima direzione interpretativa è Trib. Mace rata 2 maggio 1986, Dari, inedita; diverso avviso, seppure solo in obiter dictum, pare esprimere Cass. 17 febbraio 1988, Gremmo, Foro it., 1989, II, 104, ove si ritiene configurabile il reato di cui all'art. 21, 3° comma, 1. 319/76 per il caso di scarico che contrasti con le «prescrizioni aggiunti ve più restrittive contenute nel provvedimento di autorizzazione».
In generale, sulle tematiche connesse con l'applicazione dell'art. 22 cit., v. Pret. Sestri Ponente 22 febbraio 1986, id., 1987, II, 742, con ampia nota di richiami. In dottrina, v. G. Amendola, La tutela penale dall'in quinamento idrico, Milano, 1987, 129; P. Giampietro, L'inosservanza delle prescrizioni di autorizzazione allo scarico ai sensi dell'art. 22 della
legge Merli, in Giust. pen., 1977, II, 383; Id., Rassegna critica di giuris prudenza sull'art. 22 della legge Merli, in Cass, pen., 1981, 153 ed altresì Commento alla legge sull'inquinamento delle acque e del suolo, Milano, 1981, 523.
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453 GIURISPRUDENZA PENALE 4-54
ci (bias) mentre in passato le prassi analitiche erano state indiriz
zate alla sola rilevazione dei tensioattivi anionici.
La valutazione dei risultati delle analisi in argomento presenta va pertanto profili di complessità, sia dal punto di vista ammini
strativo che dal punto di vista penale, avuto riguardo soprattutto alla circostanza che i limiti regolamentari del comune di Prato
erano stati elaborati in un'epoca nella quale — come già si diceva — le ordinarie prassi analitiche erano mirate alla rilevazione dei
soli tensioattivi anionici.
Su tali basi emergeva l'opportunità della riunione dei procedi menti aventi ad oggetto la medesima violazione dell'art. 22 1.
319/76 secondo le suddette connotazioni; la riunione veniva ef
fettivamente disposta con ordinanza del 2 marzo 1988.
Procedutosi penalmente a carico dei soggetti individuati in epi
grafe per il reato di cui all'art. 22 1. 319/76 secondo l'imputazio ne articolata in rubrica, all'udienza odierna veniva celebrato il
dibattimento; dei quindici imputati non comparivano i soli Luco
ni Maria Cristina, Funghi Pier Giuseppe e Funghi Marta i quali venivano dichiarati contumaci.
Si procedeva quindi all'interrogatorio degli imputati presenti che tutti, con differenti sfumature, negavano l'addebito, eviden
ziando la propria persuasione soggettiva di aver sempre rispettato i limiti fissati dal regolamento del comune di Prato. Quasi tutti
gli imputati sottolineavano poi di aver fatto eseguire, a proprie
spese, analisi sul campione loro consegnato (all'atto dell'inter
vento) dai tecnici della Usi , avendo ricevuto conferma della re
golarità dei propri scarichi dai referti dei laboratori privati
interpellati. Alcuni degli imputati evidenziavano poi espressamente di esser
si sempre preoccupati dei soli tensioattivi anionici ai quali soltan
to ritenevano si riferissero i limiti del regolamento del comune
di Prato.
Alcuni altri fra gli imputati negavano più radicalmente ogni
responsabilità dichiarando di non essersi mai occupati, nelle pro
prie aziende, dell'attività tecnico-produttiva e del controllo sugli
scarichi; in particolare Funghi Giuseppe, Guarducci Remo, Gori
Giuseppe e Lopez Vito producevano, per il tramite dei propri
difensori, specifica documentazione al riguardo. Veniva quindi escussa in qualità di teste la dott. Pezzatini Eli
sabetta, amalista presso il servizio multinazionale di prevenzione; la teste forniva una serie di chiarimenti sui risultati delle analisi,
sulla classificazione scientifica delle sostanze denominate tensioattivi
(nonché sull'utilizzazione industriale di tali sostanze) e sulle me
todiche analitiche utilizzate per rilevarne la presenza nelle acque
di scarico.
Venivano quindi escussi i testi Bresci Dino e Moccia Antonio
specificamente con riferimento alla posizione dell'imputato Guar
ducci Remo.
A questo punto, indicati gli atti utilizzabili ai sensi dell'art.
466 bis c.p.p. veniva data la parola a p.m. e difesa che conclude
vano come da separato verbale in atti.
Motivi della decisione. — Il problema interpretativo fondamen
tale posto dal presente processo riguarda la precisa definizione
concettuale della categoria chimica delle sostanze tensioattive, ai
fini di individuare l'esatto ambito di riferibilità del limite (25 mgr/1) prescritto dal regolamento del comune di Prato per gli scarichi
confluenti nell'impianto centralizzato di depurazione di Bacia
cavallo.
Tensioattivi, secondo la definizione di un qualsiasi testo di chi
mica industriale, sono quelle sostanze che più correttamente do
vrebbero definirsi attive alle superfici, capaci cioè di «concretarsi
spontaneamente, quindi con diminuzione di energia libera super
ficiale alle interfasi»; la tipica struttura molecolare di tutti i ten
sioattivi è caratterizzata dalla presenza di gruppi idrofili ed idrofobi
con differenze connesse con variazioni di lunghezza delle parti
idrofila ed idrofoba. La definizione suddetta dei tensioattivi si riferisce pacificamen
te a tutte le sostanze aventi le medesime, sopra descritte attitudini
e proprietà chimico fisiche; in altri termini il genus delle sostanze
tensioattive è dotato di omogeneità concettuale proprio in rela
zione alle caratteristiche anzidette a nulla rilevando, in senso con
trario, l'esistenza di sottocategorie ulteriormente caratterizzate e
Il Foro Italiano — 1989.
diversificate le une dalle altre a causa di differenze di struttura
molecolare, nonché di specifiche attitudini a determinate reazioni
chimiche (ad es. attitudine o meno a determinare processi di io
nizzazione). Se quindi la nozione di tensioattivo senza ulteriori specificazio
ni è pacificamente riferita ad una famiglia di composti aventi
come caratteristiche comuni, la suddetta attitudine a concentrarsi
spontaneamente (e quindi, quando vengano sciolti in acqua, a
dare origine a schiuma superficiale) ed una strutturazione mole
colare definita dalla compresenza di gruppi idrofili ed idrofobi, a tale nozione ampia occorre far ricorso nell'interpretare l'espres sione adoperata da un testo legislativo, regolamentare o dagli al
legati integrativi di testi suddetti.
Soluzioni interpretative differenti da quella sopra indicata non
sono concettualmente praticabili; non è in particolare praticabile la prospettazione interpretativa suggerita dalla difesa degli impu tati. Tale prospettazione prende le mosse dall'affermazione se
condo la quale il legislatore (e successivamente, per conseguenza il comune di Prato, nel redigere il proprio regolamento), nella
redazione delle tabelle allegate alla legge Merli avrebbe inteso ri
ferirsi, per quanto attiene al parametro dei tensioattivi, alla sola
categoria degli anionici (mbas), non essendo nota all'epoca l'esi
stenza di altre categorie di tensioattivi. Logica conseguenza di
tale premessa applicata alla vicenda in argomento sarebbe stata
l'assoluzione di tutti gli imputati dall'imputazione loro ascritta
perché il fatto (la violazione cioè di una prescrizione dell'autoriz
zazione allo scarico, ed in particolare quella relativa ai limiti di
accettabilità dei tensioattivi) non sussiste, non essendo previsto dall'autorizzazione un limite di concentrazione per i tensioattivi
non ionici. Tale prospettazione, come già si diceva, non può essere condi
visa, in primo luogo perché fondata sulla premessa non vera del
la non conoscenza, all'epoca della redazione della legge Merli,
della categoria dei tensioattivi non ionici. Come infatti può age volmente ricavarsi anche solo dalla lettura di un manuale di chi
mica industriale (o addirittura, semplicemente di una enciclopedia) edito negli anni '60, i tensioattivi non ionici erano già allora og
getto di ampia e pacifica conoscenza.
L'affermazione difensiva non può però condividersi soprattut to per una diversa ed assorbente motivazione. L'interpretazione della legge (o comunque degli enunciati normativi cosi come inte
grati da allegati alle leggi, tabelle, ecc.), alla stregua dei criteri
individuati dall'art. 12 disp. prel., va operata indagando «il si
gnificato proprio delle parole» e «l'intenzione del legislatore». Sul significato proprio della parola tensioattivo non può esser
vi dubbio alcuno, alla stregua delle considerazioni svolte in pre cedenza.
Sull'intenzione del legislatore alla stessa maniera non può nu
trirsi dubbio alcuno ove soltanto si consideri la finalità della 1.
319/76 (tutela delle acque dall'inquinamento) e la non conciliabi
lità con tale fine istituzionale di disposizioni che, anche solo per
determinate sostanze, dessero una sostanziale licenza di inquinare in una sorta di deregulation dai contorni concettuali evidente
mente assurdi.
Sulla scorta delle argomentazioni fin qui sviluppate può quindi affermarsi che, sotto il profilo materiale, siano stati effettiva
mente effettuati degli scarichi in violazione di preescrizioni (quel le relative ai limiti di concentrazione dei tensioattivi) indicate nei
provvedimenti di autorizzazione.
Occorre quindi a questo punto rivolgere l'attenzione al proble ma della sussistenza o meno, nei fatti di cui al capo d'imputazio
ne, del necessario coefficiente di colpevolezza, intesa come legame
psicologico fra condotte e soggetti. Premesso che, vertendosi in materia di reati contravvenzionali,
non spetta al giudicante di accertare se la condotta degli agenti
sia stata caratterizzata da dolo o da colpa, occorre verificare però
la fondatezza della subordinata difensiva secondo la quale gli im
putati tutti sarebbero da ritenere quanto meno esenti da colpa,
avendo incolpevolmente ignorato (per effetto delle ragioni espo
ste in precedenza) l'esigenza di rispettare, anche con riferimento
ai tensioattivi non ionici, i limiti imposti dal regolamento del co
mune di Prato per le concentrazioni dei tensioattivi genericamen
te intesi.
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PARTE SECONDA
La fondatezza della suddetta prospettazione difensiva va verifi
cata, valutando la sussistenza o meno, nel caso di specie dei pa rametri concettuali di individuazione degli atteggiamenti colposi
penalmente rilevanti.
Tali parametri, come è noto, si identificano con la prevedibili tà e la prevenibilità degli eventi dannosi (intendendosi il danno
come offesa all'interesse tutelato dalla norma penale) derivanti
dalle azioni od omissioni poste in essere dagli autori materiali
delle condotte.
In particolare la prevedibilità dell'evento dannoso va valutata
in relazione all'onere di diligenza conoscitiva incombente sul sog
getto attivo del reato. Nel caso di specie tale onere di diligenza va ricostruito in base a parametri rigorosi giustificati per un ver
so dalla natura dei soggetti attivi (imprenditori commerciali o le
gali rappresentanti di società commerciali) e per altro verso
dall'interesse tutelato dalla normativa in oggetto. Se infatti in
via immediata e diretta l'art. 22 1. 319/76 tutela la regolare effet
tuazione degli scarichi in conformità con i provvedimenti autoriz
zatoti dell'autorità competente, in via mediata e coerentemente
con le finalità della legge, l'articolo cit. (come tutte le disposizio ni penali della legge Merli) mira anche e soprattutto a sanzionare
condotte idonee alla lesione di interessi ambientali diffusi la cui
tutela, globalmente intesa, ha sicuro rango costituzionale (cfr. art.
9 Cost.). Su queste basi, ritenuta la sussistenza di un rigoroso onere di
diligenza conoscitiva (commisurato in relazione ai parametri so
pra indicati) in capo agli odierni imputati, e ritenuta, peraltro,
pacificamente che l'esistenza dei tensioattivi non ionici, la loro
attitudine inquinante e la loro massiccia presenza nei processi pro duttivi delle industrie di cui si occupa il presente processo, pote vano essere conosciute proprio attivando tale diligenza qualificata, va sicuramente affermata la prevedibilità dell'evento dannoso (su
peramento dei limiti regolamentari) di cui al capo d'imputazione. Non ricorrono particolari problemi per l'affermazione di sussi
stenza del requisito della prevenibilità dell'evento dannoso in ar
gomento; va però chiarito al proposito che la prevenibilità è da
individuarsi in questa sede, indipendentemente da ogni considera
zione di fattibilità tecnica o economica.
Su tali basi è agevole sottolineare, a puro titolo di esemplifica
zione, che il superamento dei limiti regolamentari del comune
di Prato, poteva per esempio essere evitato riducendo opportuna mente l'immissione nel processo produttivo delle sostanze ten
sioattive, a nulla rilevando — ai fini dell'affermazione della
responsabilità penale — la possibilità che una tale riduzione com
porterebbe (o avrebbe comportato), di maggiori costi, peggiora mento della qualità dei prodotti ed in generale di diseconomie
produttive. Sempre a titolo di esemplificazione può richiamarsi
la possibilità dell'installazione di depuratori a pié di fabbrica i quali sicuramente avrebbero consentito e consentirebbero il man
tenimento degli scarichi entro i limiti prescritti. Anche con riferi mento a tale esemplificazione occorre sottolineare che l'evitabilità
dell'evento dannoso non può sicuramente escludersi adducendo
l'avvenuta partecipazione di tutte le ditte in oggetto, agli impegni di spesa per la realizzazione del depuratore centralizzato di Ba
ciacavallo ed il pesante aggravio economico che all'attività di tali ditte deriverebbe (o sarebbe derivato) dalle spese di installazione
anche di un depuratore a pié di fabbrica. Va comunque rilevato, a conclusione e completamento delle considerazioni svolte sul con
cetto di prevenibilità, che in presenza di un precetto penalmente sanzionato (come quello di cui all'art. 22 cit.) ed in presenza al
tresì del requisito, logicamente antecedente, della prevedibilità del
l'evento, la prevenzione dell'evento stesso si pone al primo posto nella gerarchia dei comportamenti da adottare; si colloca in so
stanza come interesse assolutamente prevalente rispetto ad altri
interessi (come per esempio quello alla produzione e/o all'eserci
zio di un'attività imprenditoriale) pur leciti e tutelati dall'ordi
namento.
Tutte le considerazioni svolte sin qui conducono, in via genera le, all'affermazione di penale responsabilità per i soggetti autori delle condotte specificate nel capo d'imputazione.
Vanno a questo punto esaminate partitamente le posizioni dei
singoli imputati, valutando in primo luogo le giustificazioni ad
dotte dalla difesa di Funghi Giuseppe, Guarducci Remo, Gori
Il Foro Italiano — 1989.
Giuseppe e Lopez Vito. Costoro, non avendo rivestito (per effet
to di patti sociali di cui la difesa ha prodotto documentazione) ruoli di rappresentanza o di amministrazione nelle rispettive so
cietà, non sarebbero, in radice, destinatari del precetto penale violato. In particolare per quanto riguarda l'imputato Guarducci
Remo la difesa ha prodotto copia di certificato della camera di
commercio da cui risulta che nella società Follatura Roma Guar
ducci Remo riveste la qualifica di socio che non partecipa alle
lavorazioni; circostanza questa confermata in punto di fatto dalle
deposizioni dei testi Bresci e Moccia.
Per quanto riguarda gli imputati Gori Giuseppe e Lopez Vito, la difesa ha prodotto copia di modifica dei patti sociali (registra ta il 27 novembre 1984) da cui risulta l'attribuzione esclusiva, nella Follatura G.L.N., dei compiti connessi al funzionamento
degli impianti relativi agli scarichi delle acque reflue, al socio No
to Ignazio. Per quanto riguarda infine l'imputato Funghi Giuseppe, è sta
to prodotto dalla difesa verbale di assemblea straordinaria della
srl Finissaggio tessuti Cober, recante modifica dello statuto e no
mina di un consiglio di amministrazione. Nell'assemblea suddetta
veniva approvata una disposizione statutaria che assegnava al pre sidente la competenza per tutti gli atti di ordinaria amministra
zione (tali dovendosi ritenere quelli connessi alla sorveglianza sugli
scarichi); veniva altresì' nominata presidente della società Luconi
Maria Cristina e Funghi Giuseppe semplicemente membro del con
siglio di amministrazione. Gli elementi di prova addotti dalla difesa dei suddetti imputati
sono da ritenersi sicuramente idonei ad escludere la sussistenza
di responsabilità, in capo ai prevenuti, relativamente alla vigilan za sugli scarichi e, per conseguenza, ad escluderne la penale re
sponsabilità per l'imputazione loro ascritta. In particolare non
essendo — per effetto della strutturazione interna delle società
di appartenenza — soggetti destinatari della previsione dell'art.
22 cit., i predetti imputati vanno mandati assolti dall'imputazio ne loro ascritta per non aver commesso il fatto.
Va invece affermata la penale responsabilità di tutti gli altri
imputati per i quali va però diversificato il trattamento sanziona
torio in relazione alla diversa gravità delle singole violazioni, per le quali comunque, tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., non si ritiene opportuno applicare la pena detentiva. Il corretto
comportamento processuale di tutti gli imputati nonché l'assenza
o la modestia dei precedenti consentono la concessione delle atte
nuanti generiche. Su queste basi le pene dell'ammenda in concreto da irrogarsi
in riferimento alla misura delle concentrazioni accertate dalle analisi
del Servizio Multinazionale di Prevenzione, sono: lire 2.000.000
(p. b. lire 3.000.000) — Luconi M. Cristina; lire 2.000.000 (p. b. lire 3.000.000) — Guarducci Romano; lire 1.000.000 (p. b. lire 1.500.000) — Diddi Massimo; lire 600.000 (p. b. lire 900.000) — Tempestini Daniele; lire 2.400.000 (p. b. lire 3.600.000) — Noto Ignazio; lire 1.200.000 (p. b. lire 1.800.000) — Funghi Mar
ta; lire 2.200.000 (p. b. lire 3.300.000) — Toccafondi Vittorio; lire 600.000 (p. b. lire 900.000) — Raffaelli Enrico; lire 400.000 (p. b. lire 600.000) — Balli L. Gino, per il quale è stata accertata
la sussistenza di un grado di colpa inferiore rispetto al consocio
Raffaelli, informalmente addetto, nella società Rgb, a compiti di vigilanza sugli scarichi; lire 800.000 (p. b. lire 1.200.000) — Martino Giovanni; lire 2.600.000 (p. b. lire 3.900.000) — Santi Stefano.
L'insussistenza o comunque la modestia dei precedenti penali di tutti gli imputati consente la concessione ad ognuno di essi dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non
menzione della condanna.
La complessità tecnica e giuridica dei temi affrontati e le per plessità legittime manifestate dai competenti soggetti amministra
tivi (v. lettera dell'assessore all'ambiente del comune di Prato, in data 28 maggio 1987 allegata agli atti del procedimento) im
pongono al pretore in esecuzione del dovere di collaborazione istituzionale definito di recente, in materia ambientale, dalla giu risprudenza della Corte di cassazione (sent. 24 novembre 1987,
imp. Nasciuti) di disporre che copia della sentenza venga trasmessa a fini conoscitivi e per ogni eventuale provvedimento di compe tenza all'amministrazione comunale di Prato in persona del sin daco pro tempore.
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