sentenza 21 novembre 1988; Pres. ed est. Marra; imp. Tarditi e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.545/546-551/552Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182780 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
tale da legittimare alcun dubbio sulla legittimità del porto della
carabina, e che d'altro canto l'autorizzazione ad entrare in terri
torio italiano al valico doganale di Ventimiglia ha necessariamen
te ancor più convinto gli imputati della liceità del porto del
l'oggetto. L'ultimo versante da esaminare riguarda direttamente il livello
culturale dei due fratelli Khediri, inteso come sommatoria delle
conoscenze possedute, e conseguente grado di discernimento cri
tico della realtà circostante.
Questo tribunale non intende assolutamente indulgere a pieti smo gratuito, o a facile sociologia su «marginalità» e «devian
za»: ma neppure si può nascondere, sotto un profilo strettamente
tecnico-giuridico, che la possibilità di conoscere la nostra legisla zione penale speciale non è identica per il cittadino integrato nel
la comunità nazionale, magari giurista versato nelle discipline pe
nali, o per due nordafricani in transito, venditori ambulanti di
varia cianfrusaglia, i quali, come molti altri stranieri provenienti dal terzo e quarto mondo, si trovano a vivere sul territorio euro
peo in condizioni di oggettiva e notoria inferiorità sociale.
Nessun commento può essere migliore delle stesse parole della
corte per descrivere le conseguenze dell'oggettiva inferiorità so
ciale dei prevenuti ai fini della colpevolezza: «Il fondamento co
stituzionale della «scusa» dell'inevitabile ignoranza della legge pe nale vale soprattutto per chi versa in condizioni soggettive d'infe
riorità e non può essere certamente strumentalizzata per coprire omissioni di controlli, indifferenze, ecc. di soggetti dai quali, per la loro elevata condizione sociale e tecnica, sono esigibili partico lari comportamenti realizzativi degli obblighi strumentali di di
ligenza». Per tutte le ragioni esposte, deve concludersi che l'errore in
cui sono incorsi gli imputati, è quello stesso errore in cui sarebbe
incorsa ogni persona ragionevole eiusdem condicionis et profes sions (ma anche di meno limitate disponibilità economiche e cul
turali: purché residente in Francia) che si fosse trovata nella me
desima situazione di fatto sopra compiutamente descritta. Esso
è stato determinato dell'impossibilità di prendere conoscenza del
precetto contestato: l'errore in questione, quindi, in quanto non
evitabile per i due specifici imputati, deve condurre alla relativa
assoluzione perché il fatto loro ascritto non costituisce reato, per difetto del richiesto elemento soggettivo del dolo.
Gli oggetti in sequestro vanno confiscati come per legge.
TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 21 novembre 1988; Pres.
ed est. Marra; imp. Tarditi e altro.
TRIBUNALE DI MILANO; se
Tributi in genere — Sostituto d'imposta — Omesso versamento
di ritenute alla fonte — Reato — Momento consumativo (D.p.r.
29 settembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle
imposte sul reddito, art. 92). Tributi in genere
— Sostituto d'imposta — Qualifica — Fattispe
cie (D.l. 10 luglio 1982 n. 429, norme per la repressione dell'e
vasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
e per agevolare la definizione delle pendenze in materia tributa
ria, art. 2; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 10 luglio 1982 n. 429, art. 1).
Il reato previsto dall'art. 92, 3° comma, d.p.r. 602/73 rientra
tra quelli di pura omissione e si consuma con la decorrenza
dell'ultimo giorno in cui può essere presentata la dichiarazione
da parte del sostituto d'imposta. (1)
(1-2) In relazione a quanto affermato nella prima massima, non si rin
vengono pronunce di analogo tenore. È opportuno tuttavia segnalare che
la fattispecie di cui all'art. 92, 3° comma, d.p.r. 602/73 sanzionava (la
disposizione risulta infatti oggi abrogata, ai sensi dell'art. 13, 1° comma,
Il Foro Italiano — 1989.
In epoca anteriore all'entrata in vigore del d.l. 512/83, le società
fiduciarie distributrici di utili su titoli atipici, per conto di so cietà emittenti, non rivestivano la qualifica di sostituto d'impo sta, per cui fino al 1° ottobre 1983 non sussisteva l'obbligo
per queste di effettuare la dichiarazione posta dalla legge a ca
rico del sostituto d'imposta (nella specie, era stato contestato
il reato di cui all'art. 2, 1° comma, n. 2, l. 516/82). (2)
Fatto. — Con rapporto del 23 maggio 1983 il servizio centrale
degli ispettori tributari Secit notiziava la locale procura della re
pubblica su alcuni fatti di rilevanza penale emersi nel corso di
una verifica effettuaua alla Fid-Terziario — gestioni mobiliari, società fiduciaria e revisione per azioni — con sede sociale in
Milano corso Venezia n. 10.
La Fin-Terziario faceva parte di un gruppo di società la cui
capofila era la Fid-Terziario. Quest'ultima provvedeva alla stipula di un contratto di asso
ciazione in partecipazione con società (che assumevano la qualità di associante) per finanziare operazioni imprenditoriali o com
merciali. La Fid-Terziario si poneva come l'unico contraente con le so
cietà imprenditoriali (associati) di un contratto di associazione
in partecipazione nel quale l'associante si obbligava ad emettere
una serie di titoli per l'importo complessivo del finanziamento.
La Fin-Terziario nella sua qualità di impresa associata cedeva
i diritti derivati dal contratto e li collocava sul mercato finanziario.
La Fid-Terziario a sua volta, quale società finanziaria a richie
sta dei giratari dei titoli, provvedeva alla intestazione fiduciaria
ed alla loro amministrazione.
Stipulato il contratto di associazione in partecipazione relativo
ad ogni singolo affare tra la società operativa e la s.p.a. Fin
Terziario, la prima rilasciava un certificato di partecipazione cor
rispondente all'«ammontare dell'apporto all'ordine della secon
da; la Fin-Terziario girava, poi, tale certificato alla s.p.a. Fid
Terziario che acquistava la qualifica di associato in partecipazio ne al posto dell'originario contraente. La Fin-Terziario Service
(altra società del gruppo) reperiva i risparmiatori disposti a sotto
scrivere una parte dell'apporto; costoro firmavano un «modulo
di prenotazione» con il quale affidavano alla Fid-Terziario l'in
carico di prenotare un certo numero di unità di partecipazione e di acquistare i certificati da intestare fiduciariamente alla stessa
Fid-Terziario per conto del sottoscrittore.
La Fid-Terziario, in base alle prenotazioni, emetteva titoli rap
presentativi di certificati di associazione in partecipazione nei quali veniva richiamato l'affare cui il titolo si riferiva; il sottoscrittore
assumeva, cosi, la qualifica di associato in partecipazione in rela
zione alle unità sottoscritte.
Per il periodo di tempo intercorrente tra il versamento delle
somme da parte del sottoscrittore e l'effettivo godimento dei di
ritti rappresentati sul certificato la Fid-Terziario corrispondeva al cliente in interesse vari al 17,50% ed operava su tale somma,
corrisposta a titolo di interessi, la ritenuta di acconto Irpef pari
al 15%.
Nel corso dell'ispezione si accertava che la Fid-Terziario ebbe
1. 516/82) l'omesso versamento, da parte del sostituto d'imposta, di rite
nute alla fonte per un ammontare complessivo superiore a cinquanta mi
lioni. In ragione di tali presupposti, si è perciò ritenuto che il momento
consumativo dell'illecito in oggetto debba essere più correttamente ravvi
sato allo scadere dell'anno solare nel corso del quale avrebbero dovuto
essere effettuati i singoli versamenti (in questo senso, v. D'Avirro
Nannucci, I reati nella legislazione tributaria, Padova, 1984, 159 s.). Non risultano inoltre precedenti sulla fattispecie di cui all'art. 2, 1°
comma, n. 2, 1. 516/82. Per indicazioni più generali su questa ipotesi di reato, v. principalmente D'Avirro-Nannucci, op. cit., 472 ss.; Flo
ra, in Di Nicola - Grosso - Nobili - Padovani, Responsabilità e proces so penale nei reati tributari, Milano, 1986, 148 ss.; Caracciolo Le con
travvenzioni in ordine alla dichiarazione annuale dei sostituti d'imposta, in Fisco, 1986, 32 ss.; Traversi, I reati in materia di imposte dirette
e Iva, Milano, 1986, 391 ss.; Patrono - Tinti, Contravvenzioni e delitti
tributari nella l. 7 agosto 1982 n. 516, Torino, 1988; Cadoppi, in Carac
cioli - Giarda - Lanzi, Diritto e procedura penale tributaria, Pa
dova, 1989, 89 ss., al quale si rinvia per ulteriori riferimenti biblio
grafici.
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PARTE SECONDA
in quattro occasioni ad effettuare parziali restituzioni di apporto
(tali qualificate dal rappresentante della società) mediante le qua
li veniva rimborsata una parte della somma sottoscritta, motivan
do la operazione con il richiamo di una clausola contrattuale la
quale prevedeva, appunto, tale facoltà «anche nell'ipotesi in cui
la situazione di tesoreria della società associarne lo consente ri
spetto alle originarie previsioni di spese».
Nella stessa clausola era previsto, altresì, che la misura di tali
anticipate restituzioni di apporto non avrebbe affatto comportato
una diminuzione del valore del titolo, di tal che gli utili finali
sarebbero stati calcolati sulla base dell'intera somma originaria
mente conferita.
Vi erano state parziali restituzioni di apporto nei seguenti affa
ri: a) Sibaris Marine Land; b) Sibaris Marine Land due; c) Mila no Metro Land.
In relazione all'affare Sibaris Marine-Land, rilevavano gli ispet
tori, che con lettere indirizzate ai sottoscrittori datate 1° luglio
1982, la Fid-Terziario aveva provveduto all'invio dell'assegno di
pertinenza del destinatario, per l'importo globale di lire
370.000.000, corrispondente al 10% dell'apporto originario di li
re 3.987.000.000 approssimativamente per difetto di una parte di titoli all'epoca evidentemente non ancora collocati.
Secondo gli ispettori tali erogazioni in denaro non erano resti
tuzioni di apporto, bensì costituivano altrettante vere e proprie distribuzioni di utili, ancorché esse fossero state configurate co
me anticipata restituzione di una parte delle quote sottoscritte.
Iniziatasi la sommaria istruttoria, il pubblico ministero iniziava
l'azione penale a carico del Tarditi in ordine ai reati di cui alla
rubrica. E difatti in data 15 gennaio 1985 inviava gli atti al giudi ce istruttore per procedere con rito formale a carico del Tarditi
(quale presidente del Fid-Terziario) per le imputazioni suddette.
Interrogato dal giudice istruttore, il Tarditi affermava che gli
importi restituiti ai sottoscrittori non potevano costituire «utili»
in quanto utili nella gestione dell'affare non ve ne erano stati.
Soggiungeva di aver presentato ricorso alla commissione tribu
taria di primo grado avverso l'accertamento degli ispettori tributari.
Per gli stessi fatti di cui era stato investito il giudice istruttore
con il procedimento succitato, era nato altro analogo procedi mento e della istruttoria dello stesso si occupava altro pubblico ministero sempre della procura della repubblica di Milano. Detto
pubblico ministero formalizzava, poi, lo stesso in data 10 aprile 1987 chiedendo, nella missiva di inoltro degli atti, l'estensione
dell'imputazione anche a carico di Monachesi Mario, presidente della società associante Sibaris Marine Land. Il Monachesi veni
va, quindi, anch'egli interrogato sui fatti di causa dal giudice istrut
tore, con mandato di comparizione, e al pari del Tarditi sostene
va che le somme elargite ai sottoscrittori costituivano restituzioni
parziali anticipate di capitale, cosi come previsto dal contratto
di associazione in partecipazione.
Precisava, inoltre, che non era stato possibile distribuire utili
perché la società Sibaris Marine Land era stata inoperante relati
vamente all'attività imprenditoriale nella zona dello Ionio per la
costruzione di villette per non essere stata concessa dai competen ti organi amministrativi la licenza edilizia.
Puntualizzava, ancora, che la prova della mancanza della per cezione di utili sociali emergeva chiaramente dal bilancio che era
stato fatto dalla società di revisione «Andersen», bilancio che
presentava un passivo e non un attivo.
Il giudice istruttore, quindi, provvedeva ad interrogare gli ispet tori verbalizzanti nonché alcuni sottoscrittori dei titoli atipici of
ferti dalla Fid-Terziario. Espletata l'istruttoria di entrambi i provvedimenti, il giudice
istruttore provvedeva con separate ordinanze (una del 28 marzo
1988 ed un'altra del 3 luglio 1988) al rinvio a giudizio dei due imputati dinanzi al tribunale per rispondere dei reati loro conte
stati con mandato di comparizione. In data odierna, in presenza del solo Tarditi ed in contumacia
del Monachesi, veniva celebrato il dibattimento, previa riunione
per connessione sia soggettiva sia oggettiva dei due procedimenti innanzi citati, procedimenti peraltro fissati per il medesimo giorno.
Durante l'istruttoria dibattimentale venivano ascoltati di nuo
II Foro Italiano — 1989.
vo gli imputati, i verbalizzanti ed alcuni sottoscrittori dei titoli
atipici. Tutti confermavano quanto già asserito in sede istruttoria.
Veniva, quindi, effettuata la discussione, all'esito della quale,
la parte civile rappresentata dall'avvocato dello Stato, il pubblico
ministero e la difesa concludevano come da verbale.
Motivi della decisione. — Ritiene il collegio di dover mandare
entrambi gli imputati assolti dalle imputazioni loro ascritte con
la più ampia formula terminativa.
Prima di esaminare in modo specifico i fatti che hanno dato
origine al procedimento in oggetto, devesi stabilire quale sia la
disposizione normativa sotto cui ricadono le violazioni contestate.
Gli ispettori tributari, nel rapporto, addebitano al Tarditi ed
al Monachesi, nelle loro rispettive qualità, di aver indicato —
quali sostituti di imposta — in misura inferiore al dovuto le rite
nute di acconto omettendo di operare ritenute per lire 55.550.000
(15% di lire 370.000.000 corrisposti ad alcuni sottoscrittori del l'affare Sibaris Marine Land) superando la soglia dell' 1 per mille
dell'ammontare delle ritenute dichiarate.
Per questo medesimo fatto il pubblico ministero ha elevato due
imputazioni. Ha, infatti, contestato al Tarditi il reato di cui al
l'art. 2, 1° comma, n. 2, 1. 516/82 ed al Tarditi ed al Monachesi
il reato di cui all'art. 92, 3° comma, d.p.r. 602/73.
La ragione di tale duplice contestazione è data dal fatto che
l'episodio per cui è processo si è realizzato nell'arco di tempo che va dal 1° luglio 1982 (data in cui vi è stato il versamento
di lire 370.000.000 ai sottoscrittori dei titoli atipici) ed il 30 aprile 1983 (data in cui doveva essere effettuata la dichiarazione del
sostituto di imposta).
Proprio in tale periodo, e vale a dire il 1° gennaio 1983, è
entrata in vigore la 1. 516/82 che ha espressamente abrogato l'art.
92, 3° comma, d.plr. 602/73, contestato ai due prevenuti. Si pone, quindi, il problema di stabilire sotto quale previsione
ricade il fatto loro addebitato.
Ove si ritenga punibile ai sensi del predetto art. 92 opererebbe la pregiudiziale tributaria e, pertanto, il procedimento de quo do
vrebbe essere necessariamente sospeso in attesa della definitività
dell'accertamento fatto dagli ispettori tributari.
Ove, invece, si ritenga l'applicabilità dell'art. 2 1. 516/82 non
sarebbe più operante tale pregiudiziale tributaria ed il merito po trebbe essere esaminato dall'autorità giudiziaria.
La chiave di volta del problema è data dall'individuazione del
momento di consumazione del reato di omessa dichiarazione da
parte del sostituto di imposta delle ritenute di acconto.
A parere del tribunale il reato in questione rientra tra quelli di pura omissione il cui momento consumativo coincide con la
decorrenza dell'ultimo giorno in cui può essere fatta la dichia
razione.
Ai termini dell'art. 9, 4° comma, del detto d.p.r. 600/73, detta
dichiarazione deve essere presentata ai competenti uffici nel pe riodo intercorrente tra il 1° ed il 30 aprile di ciascun anno per i pagamenti fatti nell'anno precedente. Il medesimo termine ope ra per le ritenute su dividendi nei casi previsti dall'art. 27 stesso
d.p.r. 600/73.
Ciò posto, tenuto conto che il termine per effettuare la dichia
razione in relazione alla ritenuta delle somme esborsate il 1° lu
glio 1982 da parte della società Fid-Terziario ai sottoscrittori dei
titoli atipici è scaduto il 30 aprile 1983, appunto in quella data
deve collocarsi storicamente il momento consumativo del reato.
Che il momento consumativo del reato di cui all'abrogato art.
92 d.p.r. 602/73 ed art. 2 1. 516/82 sia quello innanzi indicato, si desume anche da due autorevoli pronunce della Corte costitu
zionale.
I giudici della consulta con le ordinanze n. 333 del 1987 (Foro
it., 1988, I, 2778) e n. 300 del 1988 {id., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 1219), nel dichiarare manifestamente infondata una
questione di illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art.
21. 516/82, sollevata con riferimento all'art. 3 Cost., hanno riba
dito che il reato in esame è di natura omissiva ad effetti perma nenti e si consuma con lo scadere del termine di cui agli art.
3 ed 8 d.p.r. 602/73.
Una volta stabilito ed individuato il momento consumativo del
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GIURISPRUDENZA PENALE
reato, ne scaturisce che devesi affermare l'inapplicabilità all'o
missione in oggetto dell'art. 92, 3° comma, d.p.r. 602/73.
Questa omissione, infatti, ricade sotto la previsione dell'art.
2 1. n. 516: reato la cui componente oggettiva è diversa da quella di cui all'abrogato art. 92, 3° comma, d.p.r. 602/73.
Ciò comporta conseguenzialmente che la contestazione di cui
al capo b) di imputazione non può essere mossa ai due imputati in quanto, all'epoca del commesso fatto, l'art. 92, 3° comma,
era stato abrogato dall'art. 13 1. 516/82, e, quindi, non era più
«preveduta dalla legge come reato» l'omessa dichiarazione del
sostituto di imposta con le modalità descritte da detto art. 92,
3° comma, d.p.r. 602/73.
Il pubblico ministero, dal suo canto, ha contestato al solo Tar
diti, e non anche al Monachesi, il reato di cui all'art. 2, 1 ° com
ma, n. 2,1. 516/82. A parere del tribunale l'addebito di cui sopra
non può essere mosso al Tarditi in quanto esso non aveva affatto
la qualifica di sostituto di imposta. L'art. 2 suddetto stabilisce: «È punito con l'arresto fino a tre
anni o con l'ammenda fino a lire sei milioni chiunque nella di
chiarazione annuale presentata in qualità di sostituto di imposta
indica le ritenute operate in misura inferiore a quella dovuta, se
l'ammontare delle ritenute non operate sulle somme pagate è su
periore globalmente a dieci milioni di lire e con riferimento al
singolo percepiente, al 5% delle ritenute operate. Nei casi in cui
nella dichiarazione non dovevano essere indicati i percepienti, la
pena si applica se l'ammontare delle ritenute non operate è supe
riore all'uno per mille dell'ammontare delle ritenute dichiarate».
La definizione giuridica del sostituto di imposta si ritrova nel
l'art. 64, 1° comma, d.p.r. 600.
Secondo tale norma: «Chi in forza di disposizioni di legge è
obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatto
o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto, deve
esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo espres
so. Il sostituto ha la facoltà di intervenire nel procedimento di
accertamento del tributo».
Per il vigente ordinamento tributario il sostituto di imposta
è soggetto passivo dell'imposizione tributaria per un debito pro
prio anche se per fatti inerenti all'attività di altro soggetto pro
duttore di reddito (il sostituto).
II legislatore è ricorso a questa figura del tutto particolare e
propria solo del diritto tributario ai fini dell'agevolazione, del
l'accertamento e della riscossione del tributo quando i soggetti
passivi finali tenuti al suo pagamento sono tanti.
Secondo l'accusa il Tarditi sarebbe stato sostituto di imposta,
quale presidente della Fid-Terziario in relazione agli importi re
stituiti nel 1982 ai sottoscrittori dei titoli atipici per la somma
più volte menzionata, in base al disposto di cui all'art. 26 d.p.r
600/73. Stabilisce quest'ultima norma: «I soggetti indicati nel 1 ° com
ma dell'art. 23 devono operare una ritenuta del 15% a titolo di
acconto, con obbligo di rivalsa, sui redditi di capitale da essi cor
risposti, diversi da quelli contemplati nei commi precedenti e nel
l'art. 27».
Sempre secondo il pubblico ministero le somme versate dalla
Fid-Terziario ai risparmiatori sottoscrittori dei titoli atipici emes
si dalla Sibaris Marine Land erano da considerarsi a tutti gli ef
fetti come «redditi» diversi da quelli previsti dall'art. 27 e dunque
come tali assoggettabili alla ritenuta del 15% da parte dei sostitu
ti di imposta. Tali redditi non potevano rientrare nella previsione
di cui all'art. 27 che appunto stabilisce: «Gli utili in qualsiasi
forma e sotto qualsiasi denominazione distribuiti dalle società per
azioni e in accomandita per azioni e dalle società anche coopera
tive, a responsabilità limitata... sono soggetti alla ritenuta del 10%
a titolo di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche
e dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche dovute ai soci
con l'obbligo di rivalsa». A parere della difesa del Tarditi le somme distribuite dalla Fid
Terziario ai sottoscrittori dovevano, invece, a tutti gli effetti, con
siderarsi restituzione parziale di apporto o al massimo «utili» e
non redditi. Ove si considerassero «utili» essi sarebbero assoggettabili alla
previsione normativa di cui all'art. 27 suddetto.
Il Foro Italiano — 1989.
Ciò avrebbe comportato conseguenzialmente che le ritenute del
10% non avrebbero dovuto essere effettuate tramite i sostituti
di imposta, bensì direttamente dalla società che distribuiva gli
«utili». Per corroborare tale tesi il difensore ha sostenuto che il legisla
tore è intervenuto espressamente con il d.p.r. 22 dicembre 1986
n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi) inserendo in esso
una disposizione specificamente dettata a modificare la generica
elencazione dei redditi di capitale stabilita dall'art. 41 d.p.r. 597/73, introducendo nell'elencazione dei redditi da capitale anche «gli
utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione» (art.
41, lett. f). Tutto ciò a parere del difensore del Tarditi escluderebbe l'ap
plicabilità nella fattispecie dell'art. 26 d.p.r. citato, non versan
dosi in tema di redditi da capitale. Sempre per il detto difensore vi sarebbero nel merito ulteriori
e comprovanti ragioni per escludere l'esistenza dell'ipotesi di rea
to contestata al suo patrocinato. E ciò perché, come si è innanzi accennato, a parere del detto
difensore la restituzione della somma effettuata dalla Fid-Terziario
ai sottoscrittori dei titoli atipici emessi dalla Sibaris Marine Land costituiva una parziale restituzione di apporto e non invece una
distribuzione di utili e quindi come tale detta somma non era
assoggettabile alla ritenuta alla fonte. A riprova di tale assunto
faceva rilevare che la Sibaris Marine Land, come risultava dalle
certificazioni della società di revisione Arthur Andersen, non aveva
conseguito alcun utile in quanto il suo bilancio si era chiuso con
una perdita al 31 dicembre 1982 di lire 5.460.167.
Questa tesi non è degna di accoglimento. Non ha dubbi il col
legio nel ritenere che le somme corrisposte il 1° luglio 1982 dal
Fid-Terziario ai risparmiatori della Sibaris Marine Land costitui
vano vere e proprie distribuzioni di utili o acconti sugli utili.
Depongono a favore di questa tesi le seguenti circostanze: a)
mancata riduzione delle ragioni di partecipazione del sottoscritto
re nell'affare; b) l'erogazione delle somme fu accompagnata dal
lo stacco di una cedola e cioè proprio di quella parte del titolo
destinata a rappresentare autonomamente il diritto alla percezio
ne degli utili dell'associato; c) mancata proporzionale riduzione
della quota di utili spettante.
Nessun dubbio, quindi, sull'assoggettibilità della disciplina di cui all'art. 26 d.p.r. 600/73 degli «utili» corrisposti ai risparmia tori della Sibaris Marine Land da parte della Fid-Terziario.
Ritiene comunque il tribunale che l'assoluzione del Tarditi dal
l'imputazione a lui addebitata debba essere dichiarata per motivi
diversi da quelli addotti dal difensore.
Egli all'epoca dei fatti nella sua qualità di presidente della Fid
Terziario non era sostituto di imposta, e, quindi, non rivestiva
la qualifica di soggetto passivo dell'imposizione tributaria relati
va al versamento della ritenuta di acconto sulle somme corrispo
ste ai risparmiatori della Sibaris Marine Land.
Prima dell'entrata in vigore del d.l. 30 settembre 1983 conver
tito, con modificazioni, nella 1. 25 novembre 1983 n. 649, l'impo
sizione dei redditi derivanti dai cosiddetti titoli atipici e cioè dai «titoli o certificati in serie o di massa, diversi dalle azioni e obbli
gazioni o titoli similari» era disciplinata dall'art. 41 d.p.r. 597/73
e dall'art. 26 d.p.r. 600/73.
Più precisamente le disposizioni relative ai redditi derivanti al
l'associato dal contratto di associazione in partecipazione, anche
quando la qualità di associato risultava da un certificato, era con
tenuta nella lett. c) dell'art. 41 e nell'ultimo comma dell'art. 26
citato.
Stabilisce l'ultimo comma dell'art. 26: «I soggetti indicati nel
1° comma dell'art. 23 devono operare una ritenuta del 15% a
titolo di acconto, con l'obbligo di rivalsa sui redditi di capitale da essi corrisposti. Tutto ciò sta ad indicare che sostituto di im
posta non poteva essere affatto la società fiduciaria quale la Fid
Terziario alla quale i risparmiatori della Sibaris Marine Land sot
toscrittori dei titoli atipici avevano consegnato detti titoli per la
gestione, bensì solo ed esclusivamente la società che aveva ricevu
to il capitale e cioè la Sibaris Marine Land. La Fid-Terziario si inserì nell'operazione di pagamento quale
semplice mandataria ed intermediaria.
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PARTE SECONDA
Questa disciplina giuridica è durata fino al 1° ottobre 1983: data questa successiva alla consumazione del reato che è stata
indicata nel 30 aprile 1983 (ultimo giorno in cui doveva essere
presentata la dichiarazione del sostituto di imposta). Il 1° ottobre 1983 è, infatti, entrato in vigore il d.l. 30 settem
bre 1982 n. 512, convertito, con modificazioni, nella 1. 30 novem
bre 1983 n. 649. Onde offrire al fisco maggiori garanzie di percepire
l'imposta derivante dai titoli atipici, quali quelli de quibus, veni va, con il decreto suddetto, stabilito all'art. 5 che «se i proventi sono corrisposti da altri soggetti per conto degli emittenti la rite
nuta è operata da essi».
Il che significa chiaramente l'attribuzione a far tempo dal 1°
ottobre 1983 anche alle società fiduciarie distributrici di utili, su
titoli atipici, per conto delle società emittenti, della qualifica di sostituto di imposta.
Prima di tale data esse non avevano tale veste.
Di conseguenza, come si è detto innanzi, nessun obbligo grava va sulla Fid-Terziario di effettuare la dichiarazione posta dalla
legge a carico del sostituto di imposta. Ciò incombeva solo ed esclusivamente alla Sibaris Marine Land.
Contrariamente, poi, a quanto sostenuto dal difensore del Tar
diti, il collegio reputa che il testo unico delle imposte sui redditi (d.p.r. n. 917 del 22 dicembre 1986) ha «confermato» che gli «utili» derivanti dai contratti di associazione in partecipazione sono assoggettabili alla disciplina del suddetto art. 26 e non del
27. Se ne spiega il perché. Il d.p.r. di cui sopra ha, infatti, modificato la generica elenca
zione dei redditi da capitale inserendo alla lett. f) del citato art.
41 «gli utili derivati dai contratti di associazione in partecipazione». Tutti i redditi da capitale (ivi compresi gli utili di cui sopra)
sono soggetti alle ritenute di cui all'art. 26 il cui titolo è appunto «ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale».
Il fatto, poi, che il legislatore li abbia qualificati «utili» e non
«redditi», ciò non comporta automaticamente, per la sola dizio
ne letterale, l'assoggettabilità degli stessi alla previsione di cui
all'art. 27 stesso d.p.r. Detto art. 27, il cui titolo è «ritenuta sui dividendi» concerne
specificamente gli «utili» in qualsiasi forma e sotto qualsiasi de
nominazione distribuiti dalle società per azioni e in accomandita
per azioni e dalle società cooperative a responsabilità limitata,
comprese quelle di mutua assicurazione. È di chiarezza solare che
la norma suddetta inerisce a quegli utili derivanti da attività so
cietarie.
Nel caso, invece, degli utili derivanti da contratti di associazio
ne in partecipazione siamo in una ipotesi completamente diversa
e comunque al di fuori di utili derivanti da un'attività societaria.
È noto, infatti, che l'associazione in partecipazione non realiz
za per nulla una forma societaria.
Trattasi invece di un contratto regolato dall'art. 2549 c.c. con
il quale «l'associante attribuisce all'associato una partecipazione
agli utili della sua impresa e di uno o più affari verso il corrispet tivo di un determinato apporto».
È un contratto sinallagmatico ed aleatorio in cui l'associante
è unico titolare della gestione e non è tenuto né a chiedere all'as
sociato autorizzazioni o pareri, né a fornirgli informazioni.
L'associante, inoltre, è obbligato ad esercitare l'impresa per il tempo convenuto e deve agire secondo buona fede e non può
aggravare con nuove iniziative il rischio preso in considerazione
dall'associato al momento della stipulazione del contratto. Tenu
to conto della natura e della causa del contratto di associazione
in partecipazione, è evidente che il legislatore, pur avendo quali ficato come «utili» gli incrementi derivati dal suddetto atto nego
ziale, li ha determinatamente parificati ai redditi da capitale assoggettandoli alla medesima disciplina tributaria quanto alle mo
dalità attraverso le quali i soggetti passivi debbono adempire al
l'obbligazione tributaria su loro gravante. Tale parificazione è data dal fatto che nell'elencazione dei red
diti da capitale di cui al citato art. 41 ne sono compresi alcuni
assimilabili agli utili derivanti dal contratto di associazione in par tecipazione, quali i redditi da capitali dati a mutuo o altrimenti impiegati, nonché i redditi derivanti dalla partecipazione ad asso ciazione in qualità di associato con esclusione del caso in cui l'ap
porto e costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro.
Il Foro Italiano — 1989.
Per concludere, quindi, nessun addebito può essere posto a ca
rico del Tarditi per aver indicato le ritenute, nella dichiarazione
presentata quale sostituto di imposta, in misura minore a quella
dovuta. E ciò perché non era il Tarditi il soggetto passivo di
tale obbligo bensì il Monachesi quale presidente della Sibaris Ma
rine Land.
TRIBUNALE DI CASSINO; sentenza 4 febbraio 1988; Pres. Mar
mo, Est. Caiati; imp. De Ciantis.
TRIBUNALE DI CASSINO;
Edilizia e urbanistica — Costruzioni abusive — Oblazione — Ef
fetto estintivo (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia
di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 31, 34, 35, 38, 39).
L'estinzione del reato di costruzione abusiva è subordinata alla
presentazione della domanda di sanatoria ex art. 31 l. 47/85,
accompagnata (soltanto) dalla prova dell'integrale versamento
delle somme a titolo di oblazione, nella misura determinata dalla
parte. (1)
(1) I. - La pronuncia si conforma ad un filone giurisprudenziale, cui hanno aderito non pochi giudici di merito (cfr. Pret. Ceglie Messapico 3 febbraio 1987, Foro it., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 596; Trib. Trani 14 luglio 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 694; Trib. Locri
23 marzo 1987, ibid., n. 718; Pret. Bari 20 aprile 1988, ibid., n. 721; Trib. Salerno 16 febbraio 1988, ibid., n. 723).
II. - Detto orientamento non è affatto condiviso dalla Suprema corte, secondo cui «l'effetto estintivo del reato di costruzione abusiva non sca turisce dalla mera presentazione della domanda e dal versamento della somma a titolo di oblazione nella misura determinata dalla parte, ma
è necessario che risulti dagli atti di causa che la pubblica amministrazione abbia esercitato i poteri conferiti dagli art. 35, 36, 37, 38 e 39 1. 28 feb braio 1985 n. 47; infatti, la sanatoria, pur essendo stata configurata dal
legislatore come istituto generale, non ha, però, carattere automatico, perché occorre una verifica della pubblica amministrazione, (...)» (cosi, Cass. 22 giugno 1987, Pacciarella, ibid., n. 692), costituita «dal provvedi mento sindacale ex art. 35, 8° comma, 1. cit., con il quale viene determi nato in via definitiva l'importo dell'oblazione o rilasciata la concessione in sanatoria» (cosi, Cass. 3 aprile 1987, Corso, ibid., n. 691; nello stesso senso: Cass. 27 febbraio 1987, Gallucci, ibid., n. 690; 27 febbraio 1987, Fattucci, ibid., n. 712; 14 ottobre 1987, Landolfi, ibid., n. 715; 11 no vembre 1987, Corsi, ibid., n. 727; 12 novembre 1987, Stanziola, ibid., n. 728; 12 novembre 1987, Federico, ibid., n. 729; 16 novembre 1987, Larosa, ibid., n. 730).
Tuttavia, qualche diversità di accenti si constata per quel che concerne i limiti del sindacato del giudice penale, riguardo i presupposti di applica bilità della peculiare causa di estinzione in discorso. Invero, da un canto è stato affermato che «il sindacato del giudice in materia non è margina le, dovendo verificare l'ammissibilità, tempestività, regolarità della do manda e del versamento ed accertare la data di ultimazione della costru zione» (cosi, Cass. 28 settembre 1987, De Giorgi, ibid., n. 656); in tal
modo, peraltro, sembra essere stata recepita l'autorevole indicazione for nita dalla Corte costituzionale, secondo cui il giudice penale prima di dichiarare l'estinzione del reato urbanistico deve svolgere propri controlli e riscontri probatori, senza essere affatto vincolato alle decisioni di meri to dell'autorità amministrativa comunale (cfr. Corte cost. 31 marzo 1988, n. 369, ibid., n. 650).
Al contrario, in altre sentenze è stato sostenuto che «il previsto dovere di rispettare le tabelle allegate alla legge ex art. 34 1. 47/85 deve (...) essere sottoposto ad un controllo demandato esplicitamente ed esclusiva mente al sindaco (...)» (cosi, Cass. 16 novembre 1987, Larosa, cit.; nello stesso senso: Cass. 26 maggio 1988, Caraccio, Riv. pen., 1989, 305).
In tale prospettiva, è stato puntualizzato che, «in difetto di espressa previsione normativa, non è compito del giudice stabilire (...) la rispon denza della misura degli importi, calcolati dalla parte, a quella dovuta secondo la tabella allegata alla legge ai fini del rilascio della concessione in sanatoria delle opere abusive» (Cass. 4 maggio 1988, Cioffi, ibid., 304).
All'autorità giudiziaria, comunque, spetterebbe accertare (soltanto) se il fatto-reato sia stato commesso entro il termine utile del 1° ottobre
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