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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e...

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sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 281/282-287/288 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182728 . Accessed: 25/06/2014 01:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.134 on Wed, 25 Jun 2014 01:43:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e altri

sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.281/282-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182728 .

Accessed: 25/06/2014 01:43

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GIURISPRUDENZA PENALE

I

PRETURA DI VERONA; sentenza 26 settembre 1988; Giud. Cit

terio; imp. Perusi e altri.

PRETURA DI VERONA; s tcd tr\ • imn donici o alt

Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio — Omissione di atti di ufficio — Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza

negli ambienti di lavoro — Omessa istituzione — Reato — Sus

sistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 328). Parte civile — Tutela della salute — Costituzione di sindacati

— Ammissibilità (Cost., art. 32; cod. pen., art. 185; cod. proc.

pen., art. 22).

Rispondono del reato di omissione di atti d'ufficio ex art. 328

c.p. gli amministratori di una unità sanitaria locale i quali non

provvedano alla istituzione del servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, previsto, sia pure senza

alcun termine perentorio, dalla l. 833/78, tralasciando altresì

di avviare, nelle more, una qualsiasi attività in qualche modo

idonea alla verifica dell'osservanza nel territorio delle norme

antinfortunistiche. (1) È ammissibile la costituzione di parte civile dei sindacati nel pro

cedimento penale contro gli amministratori di una unità sanita

ria locale che abbiano omesso di istituire il servizio di

prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, previ sto dalla I. 833/78, in quanto le associazioni sindacali sono

soggetti portatori di un proprio specifico interesse all'azione

della pubblica amministrazione a tutela dei lavoratori, ed in

particolare della loro salute, garantita dall'art. 32 Cost. (2)

II

PRETURA DI MONOPOLI; sentenza 8 aprile 1988; Giud. Gior

gio; imp. Donzelli.

Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio — Omissione

di atti di ufficio — Reato — Sussistenza — Fattispecie di uffi

ciale giudiziario (Cod. pen., art. 328).

Risponde del reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 c.p.

l'ufficiale giudiziario che non provveda ad effettuare il pigno ramento mobiliare legittimamente richiestogli, accogliendo le

doglianze del debitore e valutando, in modo del tutto arbitra

rio, che non sussiste pericolo nel ritardo dell'esecuzione. (3)

(1, 3) Benché non caratterizzate da principi di diritto originali, limitan

dosi alla conferma dei predominanti orientamenti giurisprudenziali in te

ma di omissione di atti di ufficio, le due sentenze si segnalano, tuttavia,

per l'interesse delle fattispecie concrete che ne sono oggetto: il disservizio

di una unità sanitaria locale in un settore carico di implicazioni sociali

come la prevenzione degli infortuni sul lavoro; e l'inefficienza di un uffi

ciale giudiziario tale da vanificare un provvedimento esecutivo della ma

gistratura. In particolare, Pret. Verona si inscrive nell'ambito delle sempre più

frequenti decisioni inerenti la tutela della salute, a testimonianza dell'ac

cresciuta sensibilità (giurisprudenziale, ma non solo) verso i problemi del la qualità della vita in senso lato: sotto questo profilo, l'art. 328 c.p. si è rivelato un utile presidio penalistico, ad es., della salvaguardia am

bientale (cfr. Pret. Roma 2 marzo 1987, Foro it., 1987, II, 619, con nota

di Giorgio, riguardante un caso di inquinamento acustico ed atmosferico

conseguente all'incontrollato sviluppo del traffico automobilistico nel centro

della capitale; Pret. Genova 26 marzo 1986, ibid., 737, circa lo scarico

dei rifiuti urbani; Pret. San Miniato 22 luglio 1985, id., Rep. 1987, voce

Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio, n. 44, sul mancato

controllo del funzionamento di un impianto di depurazione, cui adde, con fattispecie concreta analoga, Cass. 2 ottobre 1985, Puccini, ibid., n. 45; Pret. Pistoia 17 dicembre 1984, id., 1985, II, 467, relativa all'o

messa istituzione di controlli sugli scarichi industriali). Per un precedente per molti versi simile a Pret. Monopoli, cfr. Cass.

5 dicembre 1985, Licata, id., Rep. 1987, voce cit., n. 47, fattispecie di

custode giudiziario di cose pignorate. In generale, circa gli estremi del reato di omissione di atti di ufficio,

cfr., nello stesso senso delle decisioni su riprodotte, fra le altre, Cass.

12 marzo 1985, Monti, id., Rep. 1986, voce cit., n. 38; 12 febbraio 1985,

Bracci, ibid., n. 37; 5 febbraio 1985, Mortara, ibid., n. 36, tutte con

fattispecie di rifiuto della prestazione da parte di un medico, cui adde, Cass. 18 marzo 1986, Badessa, id., Rep. 1987, voce cit., n. 37; 6 luglio

1984, Esposito, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; 12 marzo 1974, Angelini,

id., Rep. 1975, voce cit., n. 35, tutte in motivazione sub II, e 20 novem

bre 1985, Rizza, id., Rep. 1987, voce cit., n. 31, in motivazione sub I.

Il Foro Italiano — 1989.

I

Motivi della decisione. — Pare opportuno prendere le mosse

da un dato indiscusso in esito alle istruttorie espletate: presso l'Usi 26 con sede in Bussolengo alla data del 1° giugno 1987

non è stato istituito il servizio di prevenzione, igiene e sicurezza

negli ambienti di lavoro, né risulta essere mai stata espletata alcu

na attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di verifica

dell'osservanza nel territorio delle norme antinfortunistiche. Ciò

risulta dal contenuto della relazione a firma del responsabile del

Sip in data 31 agosto 1987, è confermato dalle deposizioni istrut

torie e dibattimentali del dott. Campedelli e del dott. Sandri, non

è contraddetto da alcuno degli imputati. Il problema che si pone al giudicante è quindi quello di verifi

care le ragioni di tale oggettiva mancanza, per accertare se sia

o meno configurabile nella condotta degli amministratori della

Usi 26 una qualche responsabilità di rilevanza penale (ché quelle di tipo politico-amministrativo eventualmente riscontrabili non in

teressano questo giudizio e, pur a fronte di diverse affermazioni

fatte in sede di discussione dai difensori delle parti civili e degli

imputati, sono del tutto irrilevanti e inidonee a influire sulla va

lutazione dei fatti innanzitutto e del loro valore probatorio poi).

L'operare nel succedersi del tempo dell'unità sanitaria e il mu

tamento di taluno degli amministratori avranno ovvia incidenza

nella decisione conclusiva; peraltro per ragioni di comodità espo sitiva la ricostruzione dei fatti avverrà con esclusivo riferimento

agli organi ed alle date, lasciando alla parte terminale — della

valutazione delle posizioni individuali — il richiamo della parte

cipazione dei singoli agli atti ed ai fatti prima ricostruiti, sin d'o ra ricordando peraltro che, dei sette imputati giunti al dibattimento, il Perusi e il Vesentini sono nel comitato di gestione della Usi

26 dalla sua costituzione, il Militello dal 17 novembre 1980, il

Marchiori, il Pennacchioni, il Rossi e lo Zanetti dal 24 maggio

1986, e che il Perusi è stato anche presidente dal 24 gennaio 1984

al maggio 1987.

Vanno infine premessi alla valutazione del materiale probato rio i dati normativi rilevanti. Non può non cominciarsi, pur con

quello che con felice espressione è stato definito «l'imbarazzo

dell'ovvietà», con la nostra Costituzione la quale, nel combinato

disposto degli art. 35, 32 e 41 pone il principio che «la repubblica è fondata sul lavoro e il lavoro è tutelato in tutte le sue forme

ed esplicazioni, che la salute è un diritto fondamentale dell'indi

viduo ed un interesse della collettività, che l'attività economica

non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo

da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità uma

na», sicché bene è stato affermato che «salute e sicurezza costi

tuiscono dei beni cardine di rango costituzionale rispetto ai quali deve cedere il passo qualunque altro valore ed interesse in contra

sto». Orbene la legge nazionale n. 833 del 23 dicembre 1978, isti

tuendo il servizio sanitario nazionale con una riforma ancorata

alla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo

e interesse della collettività (art. 32 Cost., 1 1. n. 833), indicava

tra gli obiettivi la prevenzione delle malattie e degli infortuni in

ogni ambito di vita e di lavoro, nonché la prevenzione e la salva

guardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita

e di lavoro (art. 2, n. 2, e 5), per perseguire la sicurezza del

lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organiz

zazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla

salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro

gli strumenti ed i servizi necessari (art. 2, n. 8, lett. b). Prevedeva

poi, all'art. 14, che l'unità sanitaria locale provvedesse in parti

In dottrina, per tutti, Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale,

Bologna, 1988, I, 193 ss., cui si rinvia per ulteriori riferimenti di dottrina

sull'argomento.

(2) In senso favorevole alla costituzione di parte civile del sindacato,

cfr., di recente, Cass. 13 marzo 1986, Battaglini, Foro it., Rep. 1987,

voce Parte civile, n. 10.

Il problema dell'ammissibilità della costituzione di parte civile di asso

ciazioni, riconosciute o meno, aventi come fine la tutela dei c.d. interessi

diffusi, si è, da ultimo, posto specie con riguardo ad organizzazioni

ecologico-ambientaliste. L'orientamento della più recente giurisprudenza di merito è nel senso dell'ammissibilità: Pret. Sestri Ponente 22 febbraio

1986, id., 1987, II, 742; Pret. Vibo Valentia 24 novembre 1986, id., 1988,

II, 48, con nota di Giorgio.

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PARTE SECONDA

colare all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione

degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (lett. f). Nelle attività di prevenzione venivano comprese: l'individuazio

ne, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, pericolo sità e deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro, in

applicazione delle norme di legge vigenti in materia; l'indicazione

delle misure idonee alla eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle

norme di legge vigenti in materia; la formulazione di mappe di

rischio con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze pre senti nel loro ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologi che ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente (art. 20, lett.

a, c e d). Erano quindi previsti interventi di prevenzione all'inter

no degli ambienti di lavoro (art. 20, ultimo comma), con l'attri

buzione alla Usi dei compiti già svolti dall'ispettorato del lavoro

in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di

salute dei lavoratori e, a parte del personale, della qualifica di

ufficiale di polizia giudiziaria, per le funzioni ispettive e di con trollo esercitate relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro, con il potere di accesso e la facoltà

di diffida previsti dal d.p.r. 520/55, strumenti tipici per l'accerta mento dell'osservanza delle norme antinfortunistiche.

Dopo questa normativa nazionale, la materia venne espressa mente disciplinata dalla 1. reg. 30 novembre 1982 n. 54. Questa attribuiva alle unità sanitarie locali le funzioni di prevenzione, di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, prevedendo l'auto

nomo esercizio delle funzioni di igiene pubblica da quelle ora

richiamate, con l'istituzione di due autonomi servizi, salva la pos sibilità di far espletare le diverse funzioni da un unico servizio

ove le circostanze lo rendessero opportuno in relazione ai criteri

espressamente indicati dal 4° comma dell'art. 1 1. reg. (modesta consistenza numerica della popolazione, particolari condizioni

socio-economiche e geomorfologiche del territorio, scarso svilup

po delle attività lavorative produttive). Tale decisione avrebbe co

munque dovuto essere adottata in esito ali 'iter specificamente

previsto dalla medesima norma. In ogni caso, parrebbe ovvio, ma a fronte di talune affermazioni degli imputati sembra oppor tuno ricordarlo, l'eventuale non istituzione di un autonomo ser

vizio di prevenzione (determinata, come detto, non in esito ad

una decisione «criptica») obbligava comunque l'unità sanitaria

ad espletare ed adempiere tutte le attività di prevenzione indicate

dall'art. 1, ultimo comma, e dall'art. 3 1. 54/82. Tra le attività

di prevenzione la legge regionale prevede espressamente quelle di

individuazione, accertamento e controllo dei fattori di nocività,

pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia (art. 3, lett. a), di indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei

fattori di rischio e al risarcimento di ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle norme vigenti in materia (art. 3, lett. c), con espresso riferimento agli interventi di prevenzione agli interni

degli ambienti di lavoro (art. 3, ultimo comma). Ancora l'art. 5 1. 54/82 dispone che lo Spisal (o il Sip se non separato) accerti

l'applicazione della normativa vigente in materia di sicurezza an

che per quanto concerne le norme relative alla igiene del lavoro

ed alla prevenzione degli infortuni, utilizzando eventualmente la facoltà di ricorrere alla diffida di cui all'art. 9 d.p.r. 13 marzo 1955 n. 520. Il personale tecnico previsto nella pianta organica deve essere esperto nelle varie materie (tra cui l'edilizia e il ciclo di produzione antinfortunistica) in rapporto al servizio cui è adi

bito (art. 14); giova fin d'ora in proposito richiamare le piante organiche relative a tale servizio — che ricevettero il positivo pa rere vincolante della regione il 2 aprile 1985 — espressamente descritte nella loro composizione specifica nei piani sanitari re

gionali 1982-1984 e 1984-1986. Per l'esercizio di funzioni stru mentali richiedenti l'uso di particolari tecnologie o il possesso di specifici livelli di specializzazione sono previsti i presidi multi zonali di prevenzione, ciascuno al servizio di più unità sanitarie

locali, il cui intervento avviene su richiesta dei servizi del settore che ne coordina le modalità di esecuzione (art. 16 e 19 1. reg.).

A questo punto l'indagine deve accertare quali fossero gli stru menti e i mezzi disponibili in relazione agli obblighi posti dalla normativa nazionale e regionale a carico degli amministratori e

se, nella consapevolezza dell'esistenza dei problemi e della dove rosità della loro soluzione si sia fatto tutto o almeno parte di ciò che oggettivamente poteva essere fatto o tentato, utilizzando

Il Foro Italiano — 1989.

strumenti, mezzi e occasioni la cui esistenza fosse nota. (Omissis) A giudizio di questo pretore, attese le risultanze probatorie fi

nora esposte, la mancata istituzione dello Spisal e l'assenza di

una qualsiasi attività in qualche modo idonea a condurre alla

verifica dell'osservanza nel territorio delle norme antinfortunisti

che e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro da parte dei

responsabili amministrativi dell'Usi 26 configura l'elemento og

gettivo del contestato reato. È concorde invero la dottrina nel

ritenere oggetto della tutela penale l'interesse concernente il nor

male funzionamento della pubblica amministrazione in quanto attiene alla effettività, tempestività ed efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni e della prestazione dei pubblici servizi. Non rilevano in proposito singole inadempienze ai doveri funzio

nali, ma quelle che pregiudichino lo svolgersi complessivo della

pubblica funzione e del pubblico servizio, mentre la condotta omis

siva può sussistere anche quando non vi sia una fissazione esplici ta del termine e l'atto (inteso qui come modo di atteggiarsi della

pubblica amministrazione) possa quindi poi ancora utilmente pro durre i propri effetti, ma tuttavia essendo dalla non tempestività del compimento già derivato un danno alla pubblica amministra

zione, inteso quale offesa a un suo interesse socialmente rilevan

te. Nella fattispecie, può tranquillamente affermarsi che a partire dal trasferimento delle competenze ispettive dagli enti ed organi

primi preposti (ad iniziare dall'ispettorato del lavoro) alle Usi, il 1° gennaio 1980, al 1° luglio 1987, nessuna attività ispettiva e di controllo nelle aziende è stata svolta nel territorio di compe tenza dell'Usi 26, né sono state neppure in minima parte poste le basi per il suo utile esperimento. Non vi è personale (che pote va esserci, anche con qualifica specificamente finalizzata a tali

controlli, come previsto dalle piante approvate dalla regione), non

vi è stata attività neppure di studio e di preparazione per un suc

cessivo intervento, non è stata ricercata alcun'altra alternativa pur

possibile in via provvisoria; in sostanza appare non essere stato

fatto nulla di ciò che pur era possibile fare o tentare di fare.

La carenza è grave, avuto riguardo alla presenza in tale territorio

di settori produttivi (lavorazioni relative ai marmi, al settore cal

zaturiero e agricole) di significativa rilevanza e complessità, e co

stituisce espressa violazione di legge, essendo le leggi nazionali

e regionali in materia immediatamente precettive e tali da far sor

gere per gli amministratori competenti l'obbligo di immediata at

tivazione compatibilmente con i mezzi, le risorse e le occasioni

disponibili ed ottenibili. Sicché appare doveroso affermare che

l'attuazione dei servizi e delle attività previsti dalla 1. reg. 54/82

(e già prima dalla 1. 833/78) non è suscettibile di ritardi che siano il frutto di scelte discrezionali dei pubblici amministratori interes

sati, le «scelte» essendo già state fatte dal legislatore e spettando agli amministratori esclusivamente la loro tempestiva «attuazio

ne», tenuto conto soprattutto della grande rilevanza anche costi

tuzionale (come si è visto nelle premesse) degli interessi disciplinati dalla normativa richiamata e dalla assenza dell'intervento sostitu tivo nel settore di altri organi: tutto ciò che la Usi non fa nessun altro può fare, da qui l'obbligo di una pronta attuazione. Non

contestata è infine la riferibilità al comitato di gestione della com

petenza a promuovere tutte le iniziative attuative di cui si è fino ra discusso. La richiamata assenza di iniziative dell'Usi 26

costituisce, come detto, oggettivi ritardo e omissione: occorre ve rificare se sussisteva una consapevolezza negli amministratori og gi tratti a giudizio tale da costituire in loro quel dolo generico richiesto dalla norma per la sussistenza del reato contestato.

(Omissis) È noto, come con giurisprudenza costante si afferma, che per

la configurabilità del reato di cui all'art. 328 c.p. si richiede, sot to il profilo psicologico, il dolo generico, vale a dire la volontà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare, ritardare od omettere l'atto da lui dovuto: l'avverbio «indebitamente» inserito nel dettato legislativo non comporta infatti l'esistenza di un dolo

specifico ma sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti (per tutte, Cass., sez. VI, 20 no vembre 1985, Rizza, Foro it., Rep. 1987, voce Abuso di poteri, n. 31). Nella fattispecie l'esistenza dei doveri imposti da norme nazionali e regionali e la consapevolezza degli imputati circa la loro esistenza (e quindi della loro violazione non dandovi in al cun modo adeguata attuazione) risulta, per quanto finora argo mentato, provata. L'esistenza del recente provvedimento applicativo dell'amnistia impone di dichiarare l'estinzione del reato fino a tutto l'8 giugno 1986. Agli imputati è però contestato un

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GIURISPRUDENZA PENALE

periodo temporale di consumazione fino al 1° giugno 1987; non essendo intervenute situazioni rilevanti nel modificare le carenze

descritte, deve affermarsi la loro colpevolezza per il periodo indi

cato (che per il Perusi è limitato a quello di cessazione dalla cari

ca di presidente); invero pare corretto ritenere che gli episodi verificatisi prima dell'8 giugno 1986 (vedi vicenda Finesso) rilevi

no nel comparare la natura dell'elemento psicologico caratteriz

zante la condotta omissiva anche successiva. Valutati i criteri ex

art. 133 c.p., in particolare la gravità della omissione, da un lato, il «clima culturale di insensibilità» (per utilizzare un concetto

espresso dall'assessore Bogoni), dall'altro, concesse le attenuanti

generiche al Vesentini, che è incensurato, esclusa l'aggravante ex

art. 112, n. 1, c.p. contestata (giacché essendo la condotta omis

siva ascritta propria dei membri di un organo amministrativo col

legiale la pluralità dei soggetti è elemento necessario e non eventuale

della condotta), appare equo irrogare la pena pecuniaria della

multa per lire due milioni al Perusi e per lire un milione al Vesen

tini (p.b. 1.300.000 — art. 62 bis c.p.). A quest'ultimo può essere

concessa la sospensione condizionale della pena, alla quale osta

no invece i precedenti del Perusi. Entrambi vanno condannati

al pagamento in solido delle spese processuali e dichiarati inter

detti dai pubblici uffici, ciascuno per la durata di un anno secon

do il combinato disposto degli art. 28 e 31 c.p. Venendo agli altri imputati, si deve osservare che anche a loro

è attribuibile la condotta omissiva nella sua materialità (perché,

per quanto prima detto trattando l'argomento, la delibera del

29 ottobre 1986 relativa alla proposta di nomina degli u.p.g. era

non idonea a costituire una sia pur minimale risposta alle carenze

per l'ennesima volta lamentate dal responsabile Sip), tuttavia di

versa appare la situazione sotto il profilo della sussistenza dell'e

lemento psicologico. Invero i quattro che assunsero l'incarico nel

maggio 1986 hanno concordemente affermato di non essere stati

a conoscenza specifica delle diverse competenze della Usi al mo

mento dell'inizio della loro attività quali componenti del comita

to di gestione e di avere appreso qualcosa della problematica dell'antinfortunistica in occasione dell'arrivo della relazione del

responsabile del Sip. Tali affermazioni paiono sufficientemente

credibili, avuto anche riguardo al fatto che non vi era una pro fessionalità specifica dei quattro in ordine ai settori di intervento

dell'Usi ed è un fatto che le competenze di questa siano varie

e talune di singolare complessità. Tuttavia, se non pare corretto

o pertinente il rilevare che l'accedere ad un incarico pubblico che

si caratterizza per essere il momento gestionale e propulsivo di

un ente cosi delicato e di determinante importanza sociale avreb

be comportato il dovere di accertarsi prima delle proprie incom

benze (giacché qui il discorso esula dall'aspetto penale e

condurrebbe a non rilevanti considerazioni politico-amministrative), deve peraltro rilevarsi che non possono convincere le affermazio

ni degli imputati di avere ritenuto di adempiere ai loro obblighi istituzionali con il provvedimento indicato, sia per le ragioni già ormai più volte richiamate, sia perché nessuno risulta avere af

frontato o chiesto che si affrontasse, come era pure doveroso, il problema se non altro della copertura della pianta organica. Se da un lato potrebbe cosi ritenersi (a fronte della condotta ma

teriale omissiva descritta) che quattro si «accodarono» al clima

omissivo (il che fonderebbe anche l'elemento psicologico della lo

ro responsabilità), tuttavia non può affatto escludersi che la loro

inesperienza e la non conoscenza del problema abbia potuto fon

dare il loro erroneo convincimneto di averlo adeguatamente af

frontato: se erroneo convincimento ci fu, certo esso sarebbe stato

dovuto a «colpa», intesa nella sua nozione penalistica, ma risul

terebbe escluso il dolo. Appare perciò rispondente alle risultanze

processuali mandarli assolti con la formula del dubbio sulla sus

sistenza dell'elemento psicologico.

Analoga decisione pare doversi adottare per definire la posizio ne del Militello, certamente più delicata perché questi è nel comi

tato di gestione dal 1980. Tale protrarsi nel tempo della sua

presenza potrebbe fondare la sua responsabilità anche sotto il

profilo della consapevolezza, avendo egli fatto parte del comitato

cui giunsero le relazioni dei responsabili Sip e che svolse le attivi

tà preliminari e successive il parere vincolante della regione sulla

pianta organica. Tuttavia la comprovata esistenza di una infor

male ripartizione di competenze (le «deleghe» rilasciate dal presi

dente) e la determinante presenza della figura del presidente (anche

quanto ai tempi di trattazione dei diversi problemi), possono giu

stificare il dubbio che il Militello, assegnatario di una «delega» in materia di «età adulta, materna e infantile» comprendente an

li Foro Italiano — 1989 — Parte IMO.

che la casa di cura di Peschiera, fosse ad adeguata conoscenza

delle esigenze della prevenzione antinfortunistica e dei possibili rimedi per ovviare, senza nulla avere consapevolmente fatto o

proposto in proposito (lo stesso non risulta, ad esempio, aver

mai partecipato agli incontri con il sindacato). Residuano due provvedimenti. Il primo riguarda la necessità

di svolgere indagini ed accertamenti in ordine all'adempimento delle funzioni in materia di prevenzione, sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro nell'intero territorio del mandamento da parte delle diverse Usi. Dalle deposizioni raccolte e dalla documenta

zione acquisita si rende opportuno verificare lo stato di attuazio

ne dell'applicazione della 1. 54/82, soprattutto in relazione alla

copertura dei posti previsti dalle piante organiche approvate dalla

regione con le specialità pure espressamente descritte negli allega ti ai piani regionali sanitari.

L'ultima decisione riguarda la condanna del Vesentini e del

Perusi al risarcimento dei danni sofferti dalle parti civili costitui

te. Sulla ammissibilità della costituzione di parte civile delle orga nizzazioni sindacali Cisl, Cgil, Filea-Cgil, va richiamato integralmente il contenuto dell'ordinanza dibattimentale del 13

giugno 1988. Qui giova solo richiamare brevemente talune delle

considerazioni li svolte, per ribadire che sussiste un interesse spe cifico dei lavoratori dipendenti all'attivazione degli organi pub blici istituzionalmente deputati, ed in via esclusiva, ai necessari

controlli dell'applicazione della normativa antinfortunistica (con trolli i quali per se stessi, e quindi anche prescindendo dall'esito

dei singoli accertamenti, svolgono funzione di prevenzione spe ciale e generale). È altresì pacifico in dottrina che la condotta

omissiva contestata possa in determinati casi, oltre che ledere l'in

teresse concernente il normale funzionamento della pubblica am

ministrazione (per quanto attiene alla effettività, tempestività ed

efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni e delle pre stazioni dei pubblici servizi), offendere anche interessi specifici della stessa pubblica amministrazione e dei privati, assumenti questi la qualifica e la natura di soggetti «danneggiati» o «passivi se

condari», quale che sia la definizione preferita. Nella specie ap

pare esistente un immediato e diretto collegamento tra l'omissione

(della quale i due imputati sono stati riconosciuti responsabili) e il pregiudizio dei privati (donde la legittimazione di costoro a proporre l'azione civile nel relativo processo penale). In partico lare deve ritenersi che le organizzazioni sindacali de quibus siano

da considerarsi tra i soggetti danneggiati dalla condotta omissiva

concretamente contestata agli imputati, sotto un duplice concor

rente aspetto: innanzitutto quali associazioni di tutela di quei la

voratori che sono i soli destinatari della normativa antinfortunistica

(tutela che istituzionalmente e per la delega ricevuta mediante l'a

desione debbono svolgere), in secondo luogo quali soggetti collet

tivi portatori di un proprio specifico interesse all'azione della

pubblica amministrazione nei settori di sua competenza relativi

alla tutela dei lavoratori, manifestato questo non solo dalla par

tecipazione alla contrattazione collettiva e ad accordi particolari nella materia de qua, dalle espresse previsioni normative — es.

art. 1, 4° comma, 3, lett. b), e ultimo comma, 1. reg. 54/82), interesse che ai sensi degli art. 32, 35 e 41 Cost, deve qualificarsi come diritto soggettivo. (Omissis)

II

Fatto e diritto. — (Omissis). Preliminarmente va evidenziato

che la materialità del fatto addebitato risulta incontestabile, alla

luce della documentazione in atti e delle dichiarazioni rese dal

prevenuto in istruttoria ed in udienza. In sostanza, il Donzelli,

recatosi il 14 maggio 1987 presso la sede dell'esercizio commer

ciale denominato «Lui e Lei», munito di titolo esecutivo inviato

gli dall'avv. E. Borghi di Milano, nell'interesse della soc.Tema

srl omise — quale ufficiale giudiziario di Monopoli — di effet tuare il chiesto pignoramento, redigendo un processo verbale di

«pegno sospeso»; ivi, vennero raccolte le doglianze del debitore

sopra specificato e sul presupposto che le stesse fossero «docu

mentate» e che non sussistesse «pericolo nel ritardo», fu omessa

l'esecuzione del pignoramento mobiliare, al fine di consentire al

procuratore della ditta creditrice istante l'esame della documenta

zione esibitagli dal sig. Guarnieri. In effetti in data 26 giugno

1987 (ossia oltre un mese dopo l'accesso presso la sede del

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Page 5: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e altri

PARTE SECONDA

l'esercizio commerciale in questione), il Donzelli inviò tutta la

documentazione sopra specificata all'avv. Borghi, che poi inoltrò

un esposto (in atti) alla Pretura di Monopoli. Indi, in data 31

agosto 1987, il Donzelli provvide all'esecuzione del pignoramento

mobiliare, nuovamente sollecitato, con altro titolo esecutivo, dal

l' avv. Borghi. Tanto premesso, occorre ora valutare se la condotta del preve

nuto sia o meno censurabile ai sensi dell'art. 328 c.p. Com'è sta

to evidenziato dalla più accorta giurisprudenza e dottrina, la ratio

giustificativa della norma penale in questione è quella di tutelare

il risultato tipico ed istituzionale della funzione pubblica e non

già (soltanto) il dovere di fedeltà ed obbedienza del funzionario.

Sicché, sussiste il delitto de quo solo quando — mediante l'omis

sione (il rifiuto o il ritardo) — sia stato compromesso il raggiun

gimento dello scopo assegnato all'ufficio o al servizio e non già in presenza di ogni trasgressione di leggi, regolamenti o disposi zioni interne, già costituente illecito per il diritto amministrativo.

Cosi è stato puntualizzato che per l'integrazione del reato de quo, necessita l'effettiva mancanza dell'atto di ufficio, che la pubblica amministrazione aveva il dovere di compiere o di emanare» (Cass. 22 ottobre 1985, Roberti, Foro it., Rep. 1986, voce Abuso di

poteri, n. 29). Cosi è stato anche evidenziato che «l'omissione

di atti d'ufficio presuppone un giudizio di relazione tra il com

portamento tenuto e quello che il pubblico ufficiale avrebbe do

vuto tenere in base ad una norma, non essendo giuridicamente

apprezzabile e scriminante una condotta, attiva o inerziale, diver

sa per l'assenza di conformità al modello comportamentale ri

chiesto» (Cass. 6 luglio 1984, Esposito, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; in motivazione Cass. 18 marzo 1986, Badessa, id., Rep.

1987, voce cit., n. 37).

Orbene, nella fattispecie concreta, il Donzelli non ha compiuto l'unico atto dovuto (l'esecuzione del richiesto pignoramento), ch'e

gli avrebbe dovuto eseguire in base a quanto disposto dall'art.

108 d.p.r. 15 dicembre 1959 n. 1229 (disciplinante l'ordinamento

degli ufficiali giudiziari) ed essendogli stata la richiesta ritualmente

formulatagli per posta dall'avv. Borghi di Milano ex art. 104, 2° e 3° comma, del citato d.p.r. Va evidenziato che il vigente ordinamento giuridico processualcivilistico non contempla il «ver

bale di pegno sospeso» redatto, nel caso di specie, dal prevenuto.

Né, d'altronde, si può pensare che un ufficiale giudiziario (al pari di qualunque altro pubblico funzionario) possa adottare provve dimenti «atipici», suggeritigli dalla propria fantasia o da proprie

personali congetture. È pur vero che l'ufficiale giudiziario può

sospendere d'ufficio la procedura relativa all'esecuzione degli ob

blighi di fare, quando — a mente dell'art. 613 c.p.c. — insorga no difficoltà in executivis. Ma tale ipotesi, evidentemente, non

ricorre nella fattispecie concreta. È pur vero, peraltro, come opi nato in dottrina (Ufficiale giudiziario, voce del Novissimo dige sto, XIX, 1022), che «(. . .) l'ufficiale giudiziario può legittimamente rifiutarsi di soddisfare la richiesta in tutti i casi in cui essa lo esporrebbe a compiere un atto non conforme alle

prescrizioni di legge, come quando, ad es., la parte chieda l'ese cuzione di un pignoramento senza essere munito di titolo esecuti

vo o senza aver prima intimato il precetto». Ma non è certo questa la situazione verificatasi nel caso di specie. Ad onor del vero, uno dei difensori del prevenuto, in apposita memoria scritta ver sata in giudizio (riprendendo quanto già affermato dal Donzelli nel suo scritto in atti, depositato il 15 ottobre 1987), ha afferma to che legittimamente sarebbe stato omesso il pignoramento, po tendo la pretesa creditoria fatta valere dalla società Tema rilevare

penalemente ai sensi degli art. 629 e/o 640 c.p. Senonché, detta tesi è priva di fondamento; invero, dall'esame degli atti, risulta che la società Tema, ottenuto un titolo esecutivo dal conciliatore di Milano (decreto ingiuntivo di lire 660.000, non opposto dal debitore Nazareno) ha dapprima inviato — tramite l'avv. Borghi — precetto di pagamento al debitore (non opposto dal debitore) e, quindi, ha chiesto l'esecuzione del pignoramento. Non emerge, quindi, dagli atti alcun fumus di reato e, meno che mai, dei gravi delitti ipotizzati dal menzionato difensore.

Orbene, è evidente che la condotta omissiva del prevenuto è

priva di qualche giustificazione ed ha rilievo penale ex art. 328

c.p., in quanto — per effetto di essa — «la pubblica amministra zione non ha assicurato il rispetto di un dovere (concretizzantesi all'esterno, in un atto di un dipendente pubblico: nel caso di spe cie, costituito dal verbale di pignoramento) a lui imposto dall'or dinamento giuridico» (Cass. 22 ottobre 1985, Roberti, cit.). D'altronde, la ratio giustificativa dell'art. 382 c.p. si collega al

Il Foro Italiano — 1989.

principio fondamentale fissato dall'art. 97 Cost., laddove è sta

tuito che «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge», in modo che siano assicurati il buon andamento e l'im

parzialità dell'amministrazione». E non può certo ritenersi rispon dente al principio del «buon andamento» il comportamento di

un ufficiale giudiziario, il quale ometta un atto doveroso del suo

ufficio, ritenendo — sulla base di personali congetture — non

conforme a giustizia (sostanziale) la pretesa creditoria posta a

base di una richiesta di esecuzione di pignoramento, riveniente,

peraltro, da titolo esecutivo fondato su un provvedimento giuri sdizionale passato in giudicato. Se una regola del genere dovesse

essere accettata nella prassi quotidiana dagli uffici giudiziari, i

cittadini in possesso di un titolo esecutivo non avrebbero più la

certezza di vedere soddisfatti i propri diritti, che potrebbero esse

re negati da ufficiali giudiziari, convinti di poter valutare — nel

l'ambito delle proprie funzioni — la conformità a giustizia

(sostanziale) delle richieste di pignoramento (o di altri atti esecu

tivi), loro avanzate.

E non è certo un caso che la Suprema corte ha ritenuto censu

rabile ex art. 328 c.p. la condotta dell'ufficiale giudiziario il qua le — nell'ambito della sua competenza funzionale — ai sensi

dell'art. 68 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, non esegua il protesto cambiario nella forma e nei modi prescritti (. . .)» (Cass. 12 mar

zo 1974, Angelini, id., Rep. 1975, voce cit., n. 35). Quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto contestato va ri

cordato che esso è costituito dal dolo generico, cioè «dalla volon

tà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare, omettere

l'atto da lui dovuto: l'avverbio «indebitamente» inserito nel det

tato legislativo non comporta l'esigenza di un dolo specifico, ma

sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione

dei doveri imposti «(giurisprudenza costante; tra le altre, Cass.

20 novembre 1985, Rizza, id., Rep. 1987, voce cit., n. 31). Orbe

ne, l'omissione nel caso di specie è stata posta in atto volontaria

mente, per ammissione dello stesso imputato. Questi, invero, ha

detto di aver seguito la sua consolidata prassi d'ufficio di «so

spendere la procedura esecutiva», ogni qualvolta — dalla docu

mentazione esibitagli dal debitore — gli risulti un'apparente fondatezza delle doglianze dello stesso, ossia che sia già interve

nuto il pagamento del credito, documentalmente provato. Il Don

zelli ha puntualizzato che tale sua condotta s'inquadrerebbe «nell'ambito di uno spirito di collaborazione con la classe foren

se», secondo una prassi seguita in Puglia da tutti i suoi colleghi. In tal modo, il prevenuto ha dimostrato di essere edotto del fatto

che la sua condotta si colloca al di fuori dei suoi doveri legali

(fissati dal d.p.r. n. 1229/59 ed integrativi del precetto penale Cass. 19 aprile 1983, Milardi, id., Rep. 1984, voce cit., n. 72).

E certamente, un pubblico ufficiale è tenuto ad osservare i do

veri specifici che gli incombono e non «prassi» ed abitudini, per di più (arbitrariamente) instaurate da lui stesso. Quanto al fatto

che in Puglia tutti gli ufficiali giudiziari seguono gli stessi «usi» del Donzelli, detta circostanza è rimasta comunque sfornita di

qualunque prova (al di là della sua apparente non credibilità); senza contare che il prevenuto, se fosse stato effettivamente ani

mato dall'addotto «spirito di collaborazione» con la classe foren

se, si sarebbe preoccupato di prendere immediatamente contatto con l'avv. Borghi. In realtà, come risulta dall'esposto-denuncia in atti di detto legale (non contestato dall'imputato) una copia del verbale «di pegno sospeso» fu spedita allo stesso (come detto) circa un mese e mezzo dopo (26 giugno 1987) l'esecuzione di det

to atto (avvenuta il 14 maggio 1987). In ultima analisi, il Donzelli ha omesso un atto doveroso del

suo ufficio (essendo penalmente irrilevante — come già detto —

il diverso — ed anomalo — atto adottato concretamente: ossia

il processo verbale di pegno sospeso) dolosamente e senza alcuna

legittima giustificazione. Il prevenuto ha reputato di poter atte

nersi a sue personali congetture, non fondate su alcuna norma

dell'ordinamento giuridico (Cass. 20 aprile 1983, Bruno, ibid., n. 71) ed attribuendosi la facoltà di sindacare (in modo penetran

te) nel merito una richiesta formulatagli per ragioni di ufficio e la cui esecuzione costitutiva per lui un atto dovuto. Non vi

è dubbio che l'imputato abbia agito nel caso di specie disinteres

satamente (perché — in caso contrario — sarebbe stato contesta

to, quanto meno, il delitto di cui all'art. 323 c.p.). Tuttavia, tale circostanza non può certo scusarlo, avendo lo stesso agito nella

consapevolezza di eccedere i suoi doveri d'ufficio, in ossequio ad una «prassi» personale, certamente extra legem. (Omissis)

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