sentenza 26 settembre 1988; Giud. Citterio; imp. Perusi e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.281/282-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182728 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
I
PRETURA DI VERONA; sentenza 26 settembre 1988; Giud. Cit
terio; imp. Perusi e altri.
PRETURA DI VERONA; s tcd tr\ • imn donici o alt
Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio — Omissione di atti di ufficio — Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza
negli ambienti di lavoro — Omessa istituzione — Reato — Sus
sistenza — Fattispecie (Cod. pen., art. 328). Parte civile — Tutela della salute — Costituzione di sindacati
— Ammissibilità (Cost., art. 32; cod. pen., art. 185; cod. proc.
pen., art. 22).
Rispondono del reato di omissione di atti d'ufficio ex art. 328
c.p. gli amministratori di una unità sanitaria locale i quali non
provvedano alla istituzione del servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, previsto, sia pure senza
alcun termine perentorio, dalla l. 833/78, tralasciando altresì
di avviare, nelle more, una qualsiasi attività in qualche modo
idonea alla verifica dell'osservanza nel territorio delle norme
antinfortunistiche. (1) È ammissibile la costituzione di parte civile dei sindacati nel pro
cedimento penale contro gli amministratori di una unità sanita
ria locale che abbiano omesso di istituire il servizio di
prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, previ sto dalla I. 833/78, in quanto le associazioni sindacali sono
soggetti portatori di un proprio specifico interesse all'azione
della pubblica amministrazione a tutela dei lavoratori, ed in
particolare della loro salute, garantita dall'art. 32 Cost. (2)
II
PRETURA DI MONOPOLI; sentenza 8 aprile 1988; Giud. Gior
gio; imp. Donzelli.
Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio — Omissione
di atti di ufficio — Reato — Sussistenza — Fattispecie di uffi
ciale giudiziario (Cod. pen., art. 328).
Risponde del reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 c.p.
l'ufficiale giudiziario che non provveda ad effettuare il pigno ramento mobiliare legittimamente richiestogli, accogliendo le
doglianze del debitore e valutando, in modo del tutto arbitra
rio, che non sussiste pericolo nel ritardo dell'esecuzione. (3)
(1, 3) Benché non caratterizzate da principi di diritto originali, limitan
dosi alla conferma dei predominanti orientamenti giurisprudenziali in te
ma di omissione di atti di ufficio, le due sentenze si segnalano, tuttavia,
per l'interesse delle fattispecie concrete che ne sono oggetto: il disservizio
di una unità sanitaria locale in un settore carico di implicazioni sociali
come la prevenzione degli infortuni sul lavoro; e l'inefficienza di un uffi
ciale giudiziario tale da vanificare un provvedimento esecutivo della ma
gistratura. In particolare, Pret. Verona si inscrive nell'ambito delle sempre più
frequenti decisioni inerenti la tutela della salute, a testimonianza dell'ac
cresciuta sensibilità (giurisprudenziale, ma non solo) verso i problemi del la qualità della vita in senso lato: sotto questo profilo, l'art. 328 c.p. si è rivelato un utile presidio penalistico, ad es., della salvaguardia am
bientale (cfr. Pret. Roma 2 marzo 1987, Foro it., 1987, II, 619, con nota
di Giorgio, riguardante un caso di inquinamento acustico ed atmosferico
conseguente all'incontrollato sviluppo del traffico automobilistico nel centro
della capitale; Pret. Genova 26 marzo 1986, ibid., 737, circa lo scarico
dei rifiuti urbani; Pret. San Miniato 22 luglio 1985, id., Rep. 1987, voce
Abuso di poteri e violazione dei doveri di ufficio, n. 44, sul mancato
controllo del funzionamento di un impianto di depurazione, cui adde, con fattispecie concreta analoga, Cass. 2 ottobre 1985, Puccini, ibid., n. 45; Pret. Pistoia 17 dicembre 1984, id., 1985, II, 467, relativa all'o
messa istituzione di controlli sugli scarichi industriali). Per un precedente per molti versi simile a Pret. Monopoli, cfr. Cass.
5 dicembre 1985, Licata, id., Rep. 1987, voce cit., n. 47, fattispecie di
custode giudiziario di cose pignorate. In generale, circa gli estremi del reato di omissione di atti di ufficio,
cfr., nello stesso senso delle decisioni su riprodotte, fra le altre, Cass.
12 marzo 1985, Monti, id., Rep. 1986, voce cit., n. 38; 12 febbraio 1985,
Bracci, ibid., n. 37; 5 febbraio 1985, Mortara, ibid., n. 36, tutte con
fattispecie di rifiuto della prestazione da parte di un medico, cui adde, Cass. 18 marzo 1986, Badessa, id., Rep. 1987, voce cit., n. 37; 6 luglio
1984, Esposito, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; 12 marzo 1974, Angelini,
id., Rep. 1975, voce cit., n. 35, tutte in motivazione sub II, e 20 novem
bre 1985, Rizza, id., Rep. 1987, voce cit., n. 31, in motivazione sub I.
Il Foro Italiano — 1989.
I
Motivi della decisione. — Pare opportuno prendere le mosse
da un dato indiscusso in esito alle istruttorie espletate: presso l'Usi 26 con sede in Bussolengo alla data del 1° giugno 1987
non è stato istituito il servizio di prevenzione, igiene e sicurezza
negli ambienti di lavoro, né risulta essere mai stata espletata alcu
na attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di verifica
dell'osservanza nel territorio delle norme antinfortunistiche. Ciò
risulta dal contenuto della relazione a firma del responsabile del
Sip in data 31 agosto 1987, è confermato dalle deposizioni istrut
torie e dibattimentali del dott. Campedelli e del dott. Sandri, non
è contraddetto da alcuno degli imputati. Il problema che si pone al giudicante è quindi quello di verifi
care le ragioni di tale oggettiva mancanza, per accertare se sia
o meno configurabile nella condotta degli amministratori della
Usi 26 una qualche responsabilità di rilevanza penale (ché quelle di tipo politico-amministrativo eventualmente riscontrabili non in
teressano questo giudizio e, pur a fronte di diverse affermazioni
fatte in sede di discussione dai difensori delle parti civili e degli
imputati, sono del tutto irrilevanti e inidonee a influire sulla va
lutazione dei fatti innanzitutto e del loro valore probatorio poi).
L'operare nel succedersi del tempo dell'unità sanitaria e il mu
tamento di taluno degli amministratori avranno ovvia incidenza
nella decisione conclusiva; peraltro per ragioni di comodità espo sitiva la ricostruzione dei fatti avverrà con esclusivo riferimento
agli organi ed alle date, lasciando alla parte terminale — della
valutazione delle posizioni individuali — il richiamo della parte
cipazione dei singoli agli atti ed ai fatti prima ricostruiti, sin d'o ra ricordando peraltro che, dei sette imputati giunti al dibattimento, il Perusi e il Vesentini sono nel comitato di gestione della Usi
26 dalla sua costituzione, il Militello dal 17 novembre 1980, il
Marchiori, il Pennacchioni, il Rossi e lo Zanetti dal 24 maggio
1986, e che il Perusi è stato anche presidente dal 24 gennaio 1984
al maggio 1987.
Vanno infine premessi alla valutazione del materiale probato rio i dati normativi rilevanti. Non può non cominciarsi, pur con
quello che con felice espressione è stato definito «l'imbarazzo
dell'ovvietà», con la nostra Costituzione la quale, nel combinato
disposto degli art. 35, 32 e 41 pone il principio che «la repubblica è fondata sul lavoro e il lavoro è tutelato in tutte le sue forme
ed esplicazioni, che la salute è un diritto fondamentale dell'indi
viduo ed un interesse della collettività, che l'attività economica
non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo
da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità uma
na», sicché bene è stato affermato che «salute e sicurezza costi
tuiscono dei beni cardine di rango costituzionale rispetto ai quali deve cedere il passo qualunque altro valore ed interesse in contra
sto». Orbene la legge nazionale n. 833 del 23 dicembre 1978, isti
tuendo il servizio sanitario nazionale con una riforma ancorata
alla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo
e interesse della collettività (art. 32 Cost., 1 1. n. 833), indicava
tra gli obiettivi la prevenzione delle malattie e degli infortuni in
ogni ambito di vita e di lavoro, nonché la prevenzione e la salva
guardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita
e di lavoro (art. 2, n. 2, e 5), per perseguire la sicurezza del
lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organiz
zazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla
salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro
gli strumenti ed i servizi necessari (art. 2, n. 8, lett. b). Prevedeva
poi, all'art. 14, che l'unità sanitaria locale provvedesse in parti
In dottrina, per tutti, Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale,
Bologna, 1988, I, 193 ss., cui si rinvia per ulteriori riferimenti di dottrina
sull'argomento.
(2) In senso favorevole alla costituzione di parte civile del sindacato,
cfr., di recente, Cass. 13 marzo 1986, Battaglini, Foro it., Rep. 1987,
voce Parte civile, n. 10.
Il problema dell'ammissibilità della costituzione di parte civile di asso
ciazioni, riconosciute o meno, aventi come fine la tutela dei c.d. interessi
diffusi, si è, da ultimo, posto specie con riguardo ad organizzazioni
ecologico-ambientaliste. L'orientamento della più recente giurisprudenza di merito è nel senso dell'ammissibilità: Pret. Sestri Ponente 22 febbraio
1986, id., 1987, II, 742; Pret. Vibo Valentia 24 novembre 1986, id., 1988,
II, 48, con nota di Giorgio.
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PARTE SECONDA
colare all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (lett. f). Nelle attività di prevenzione venivano comprese: l'individuazio
ne, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, pericolo sità e deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro, in
applicazione delle norme di legge vigenti in materia; l'indicazione
delle misure idonee alla eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle
norme di legge vigenti in materia; la formulazione di mappe di
rischio con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze pre senti nel loro ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologi che ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente (art. 20, lett.
a, c e d). Erano quindi previsti interventi di prevenzione all'inter
no degli ambienti di lavoro (art. 20, ultimo comma), con l'attri
buzione alla Usi dei compiti già svolti dall'ispettorato del lavoro
in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di
salute dei lavoratori e, a parte del personale, della qualifica di
ufficiale di polizia giudiziaria, per le funzioni ispettive e di con trollo esercitate relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro, con il potere di accesso e la facoltà
di diffida previsti dal d.p.r. 520/55, strumenti tipici per l'accerta mento dell'osservanza delle norme antinfortunistiche.
Dopo questa normativa nazionale, la materia venne espressa mente disciplinata dalla 1. reg. 30 novembre 1982 n. 54. Questa attribuiva alle unità sanitarie locali le funzioni di prevenzione, di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro, prevedendo l'auto
nomo esercizio delle funzioni di igiene pubblica da quelle ora
richiamate, con l'istituzione di due autonomi servizi, salva la pos sibilità di far espletare le diverse funzioni da un unico servizio
ove le circostanze lo rendessero opportuno in relazione ai criteri
espressamente indicati dal 4° comma dell'art. 1 1. reg. (modesta consistenza numerica della popolazione, particolari condizioni
socio-economiche e geomorfologiche del territorio, scarso svilup
po delle attività lavorative produttive). Tale decisione avrebbe co
munque dovuto essere adottata in esito ali 'iter specificamente
previsto dalla medesima norma. In ogni caso, parrebbe ovvio, ma a fronte di talune affermazioni degli imputati sembra oppor tuno ricordarlo, l'eventuale non istituzione di un autonomo ser
vizio di prevenzione (determinata, come detto, non in esito ad
una decisione «criptica») obbligava comunque l'unità sanitaria
ad espletare ed adempiere tutte le attività di prevenzione indicate
dall'art. 1, ultimo comma, e dall'art. 3 1. 54/82. Tra le attività
di prevenzione la legge regionale prevede espressamente quelle di
individuazione, accertamento e controllo dei fattori di nocività,
pericolosità e di deterioramento negli ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia (art. 3, lett. a), di indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei
fattori di rischio e al risarcimento di ambienti di vita e di lavoro, in applicazione delle norme vigenti in materia (art. 3, lett. c), con espresso riferimento agli interventi di prevenzione agli interni
degli ambienti di lavoro (art. 3, ultimo comma). Ancora l'art. 5 1. 54/82 dispone che lo Spisal (o il Sip se non separato) accerti
l'applicazione della normativa vigente in materia di sicurezza an
che per quanto concerne le norme relative alla igiene del lavoro
ed alla prevenzione degli infortuni, utilizzando eventualmente la facoltà di ricorrere alla diffida di cui all'art. 9 d.p.r. 13 marzo 1955 n. 520. Il personale tecnico previsto nella pianta organica deve essere esperto nelle varie materie (tra cui l'edilizia e il ciclo di produzione antinfortunistica) in rapporto al servizio cui è adi
bito (art. 14); giova fin d'ora in proposito richiamare le piante organiche relative a tale servizio — che ricevettero il positivo pa rere vincolante della regione il 2 aprile 1985 — espressamente descritte nella loro composizione specifica nei piani sanitari re
gionali 1982-1984 e 1984-1986. Per l'esercizio di funzioni stru mentali richiedenti l'uso di particolari tecnologie o il possesso di specifici livelli di specializzazione sono previsti i presidi multi zonali di prevenzione, ciascuno al servizio di più unità sanitarie
locali, il cui intervento avviene su richiesta dei servizi del settore che ne coordina le modalità di esecuzione (art. 16 e 19 1. reg.).
A questo punto l'indagine deve accertare quali fossero gli stru menti e i mezzi disponibili in relazione agli obblighi posti dalla normativa nazionale e regionale a carico degli amministratori e
se, nella consapevolezza dell'esistenza dei problemi e della dove rosità della loro soluzione si sia fatto tutto o almeno parte di ciò che oggettivamente poteva essere fatto o tentato, utilizzando
Il Foro Italiano — 1989.
strumenti, mezzi e occasioni la cui esistenza fosse nota. (Omissis) A giudizio di questo pretore, attese le risultanze probatorie fi
nora esposte, la mancata istituzione dello Spisal e l'assenza di
una qualsiasi attività in qualche modo idonea a condurre alla
verifica dell'osservanza nel territorio delle norme antinfortunisti
che e per la prevenzione degli infortuni sul lavoro da parte dei
responsabili amministrativi dell'Usi 26 configura l'elemento og
gettivo del contestato reato. È concorde invero la dottrina nel
ritenere oggetto della tutela penale l'interesse concernente il nor
male funzionamento della pubblica amministrazione in quanto attiene alla effettività, tempestività ed efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni e della prestazione dei pubblici servizi. Non rilevano in proposito singole inadempienze ai doveri funzio
nali, ma quelle che pregiudichino lo svolgersi complessivo della
pubblica funzione e del pubblico servizio, mentre la condotta omis
siva può sussistere anche quando non vi sia una fissazione esplici ta del termine e l'atto (inteso qui come modo di atteggiarsi della
pubblica amministrazione) possa quindi poi ancora utilmente pro durre i propri effetti, ma tuttavia essendo dalla non tempestività del compimento già derivato un danno alla pubblica amministra
zione, inteso quale offesa a un suo interesse socialmente rilevan
te. Nella fattispecie, può tranquillamente affermarsi che a partire dal trasferimento delle competenze ispettive dagli enti ed organi
primi preposti (ad iniziare dall'ispettorato del lavoro) alle Usi, il 1° gennaio 1980, al 1° luglio 1987, nessuna attività ispettiva e di controllo nelle aziende è stata svolta nel territorio di compe tenza dell'Usi 26, né sono state neppure in minima parte poste le basi per il suo utile esperimento. Non vi è personale (che pote va esserci, anche con qualifica specificamente finalizzata a tali
controlli, come previsto dalle piante approvate dalla regione), non
vi è stata attività neppure di studio e di preparazione per un suc
cessivo intervento, non è stata ricercata alcun'altra alternativa pur
possibile in via provvisoria; in sostanza appare non essere stato
fatto nulla di ciò che pur era possibile fare o tentare di fare.
La carenza è grave, avuto riguardo alla presenza in tale territorio
di settori produttivi (lavorazioni relative ai marmi, al settore cal
zaturiero e agricole) di significativa rilevanza e complessità, e co
stituisce espressa violazione di legge, essendo le leggi nazionali
e regionali in materia immediatamente precettive e tali da far sor
gere per gli amministratori competenti l'obbligo di immediata at
tivazione compatibilmente con i mezzi, le risorse e le occasioni
disponibili ed ottenibili. Sicché appare doveroso affermare che
l'attuazione dei servizi e delle attività previsti dalla 1. reg. 54/82
(e già prima dalla 1. 833/78) non è suscettibile di ritardi che siano il frutto di scelte discrezionali dei pubblici amministratori interes
sati, le «scelte» essendo già state fatte dal legislatore e spettando agli amministratori esclusivamente la loro tempestiva «attuazio
ne», tenuto conto soprattutto della grande rilevanza anche costi
tuzionale (come si è visto nelle premesse) degli interessi disciplinati dalla normativa richiamata e dalla assenza dell'intervento sostitu tivo nel settore di altri organi: tutto ciò che la Usi non fa nessun altro può fare, da qui l'obbligo di una pronta attuazione. Non
contestata è infine la riferibilità al comitato di gestione della com
petenza a promuovere tutte le iniziative attuative di cui si è fino ra discusso. La richiamata assenza di iniziative dell'Usi 26
costituisce, come detto, oggettivi ritardo e omissione: occorre ve rificare se sussisteva una consapevolezza negli amministratori og gi tratti a giudizio tale da costituire in loro quel dolo generico richiesto dalla norma per la sussistenza del reato contestato.
(Omissis) È noto, come con giurisprudenza costante si afferma, che per
la configurabilità del reato di cui all'art. 328 c.p. si richiede, sot to il profilo psicologico, il dolo generico, vale a dire la volontà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare, ritardare od omettere l'atto da lui dovuto: l'avverbio «indebitamente» inserito nel dettato legislativo non comporta infatti l'esistenza di un dolo
specifico ma sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione dei doveri imposti (per tutte, Cass., sez. VI, 20 no vembre 1985, Rizza, Foro it., Rep. 1987, voce Abuso di poteri, n. 31). Nella fattispecie l'esistenza dei doveri imposti da norme nazionali e regionali e la consapevolezza degli imputati circa la loro esistenza (e quindi della loro violazione non dandovi in al cun modo adeguata attuazione) risulta, per quanto finora argo mentato, provata. L'esistenza del recente provvedimento applicativo dell'amnistia impone di dichiarare l'estinzione del reato fino a tutto l'8 giugno 1986. Agli imputati è però contestato un
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GIURISPRUDENZA PENALE
periodo temporale di consumazione fino al 1° giugno 1987; non essendo intervenute situazioni rilevanti nel modificare le carenze
descritte, deve affermarsi la loro colpevolezza per il periodo indi
cato (che per il Perusi è limitato a quello di cessazione dalla cari
ca di presidente); invero pare corretto ritenere che gli episodi verificatisi prima dell'8 giugno 1986 (vedi vicenda Finesso) rilevi
no nel comparare la natura dell'elemento psicologico caratteriz
zante la condotta omissiva anche successiva. Valutati i criteri ex
art. 133 c.p., in particolare la gravità della omissione, da un lato, il «clima culturale di insensibilità» (per utilizzare un concetto
espresso dall'assessore Bogoni), dall'altro, concesse le attenuanti
generiche al Vesentini, che è incensurato, esclusa l'aggravante ex
art. 112, n. 1, c.p. contestata (giacché essendo la condotta omis
siva ascritta propria dei membri di un organo amministrativo col
legiale la pluralità dei soggetti è elemento necessario e non eventuale
della condotta), appare equo irrogare la pena pecuniaria della
multa per lire due milioni al Perusi e per lire un milione al Vesen
tini (p.b. 1.300.000 — art. 62 bis c.p.). A quest'ultimo può essere
concessa la sospensione condizionale della pena, alla quale osta
no invece i precedenti del Perusi. Entrambi vanno condannati
al pagamento in solido delle spese processuali e dichiarati inter
detti dai pubblici uffici, ciascuno per la durata di un anno secon
do il combinato disposto degli art. 28 e 31 c.p. Venendo agli altri imputati, si deve osservare che anche a loro
è attribuibile la condotta omissiva nella sua materialità (perché,
per quanto prima detto trattando l'argomento, la delibera del
29 ottobre 1986 relativa alla proposta di nomina degli u.p.g. era
non idonea a costituire una sia pur minimale risposta alle carenze
per l'ennesima volta lamentate dal responsabile Sip), tuttavia di
versa appare la situazione sotto il profilo della sussistenza dell'e
lemento psicologico. Invero i quattro che assunsero l'incarico nel
maggio 1986 hanno concordemente affermato di non essere stati
a conoscenza specifica delle diverse competenze della Usi al mo
mento dell'inizio della loro attività quali componenti del comita
to di gestione e di avere appreso qualcosa della problematica dell'antinfortunistica in occasione dell'arrivo della relazione del
responsabile del Sip. Tali affermazioni paiono sufficientemente
credibili, avuto anche riguardo al fatto che non vi era una pro fessionalità specifica dei quattro in ordine ai settori di intervento
dell'Usi ed è un fatto che le competenze di questa siano varie
e talune di singolare complessità. Tuttavia, se non pare corretto
o pertinente il rilevare che l'accedere ad un incarico pubblico che
si caratterizza per essere il momento gestionale e propulsivo di
un ente cosi delicato e di determinante importanza sociale avreb
be comportato il dovere di accertarsi prima delle proprie incom
benze (giacché qui il discorso esula dall'aspetto penale e
condurrebbe a non rilevanti considerazioni politico-amministrative), deve peraltro rilevarsi che non possono convincere le affermazio
ni degli imputati di avere ritenuto di adempiere ai loro obblighi istituzionali con il provvedimento indicato, sia per le ragioni già ormai più volte richiamate, sia perché nessuno risulta avere af
frontato o chiesto che si affrontasse, come era pure doveroso, il problema se non altro della copertura della pianta organica. Se da un lato potrebbe cosi ritenersi (a fronte della condotta ma
teriale omissiva descritta) che quattro si «accodarono» al clima
omissivo (il che fonderebbe anche l'elemento psicologico della lo
ro responsabilità), tuttavia non può affatto escludersi che la loro
inesperienza e la non conoscenza del problema abbia potuto fon
dare il loro erroneo convincimneto di averlo adeguatamente af
frontato: se erroneo convincimento ci fu, certo esso sarebbe stato
dovuto a «colpa», intesa nella sua nozione penalistica, ma risul
terebbe escluso il dolo. Appare perciò rispondente alle risultanze
processuali mandarli assolti con la formula del dubbio sulla sus
sistenza dell'elemento psicologico.
Analoga decisione pare doversi adottare per definire la posizio ne del Militello, certamente più delicata perché questi è nel comi
tato di gestione dal 1980. Tale protrarsi nel tempo della sua
presenza potrebbe fondare la sua responsabilità anche sotto il
profilo della consapevolezza, avendo egli fatto parte del comitato
cui giunsero le relazioni dei responsabili Sip e che svolse le attivi
tà preliminari e successive il parere vincolante della regione sulla
pianta organica. Tuttavia la comprovata esistenza di una infor
male ripartizione di competenze (le «deleghe» rilasciate dal presi
dente) e la determinante presenza della figura del presidente (anche
quanto ai tempi di trattazione dei diversi problemi), possono giu
stificare il dubbio che il Militello, assegnatario di una «delega» in materia di «età adulta, materna e infantile» comprendente an
li Foro Italiano — 1989 — Parte IMO.
che la casa di cura di Peschiera, fosse ad adeguata conoscenza
delle esigenze della prevenzione antinfortunistica e dei possibili rimedi per ovviare, senza nulla avere consapevolmente fatto o
proposto in proposito (lo stesso non risulta, ad esempio, aver
mai partecipato agli incontri con il sindacato). Residuano due provvedimenti. Il primo riguarda la necessità
di svolgere indagini ed accertamenti in ordine all'adempimento delle funzioni in materia di prevenzione, sicurezza e igiene negli ambienti di lavoro nell'intero territorio del mandamento da parte delle diverse Usi. Dalle deposizioni raccolte e dalla documenta
zione acquisita si rende opportuno verificare lo stato di attuazio
ne dell'applicazione della 1. 54/82, soprattutto in relazione alla
copertura dei posti previsti dalle piante organiche approvate dalla
regione con le specialità pure espressamente descritte negli allega ti ai piani regionali sanitari.
L'ultima decisione riguarda la condanna del Vesentini e del
Perusi al risarcimento dei danni sofferti dalle parti civili costitui
te. Sulla ammissibilità della costituzione di parte civile delle orga nizzazioni sindacali Cisl, Cgil, Filea-Cgil, va richiamato integralmente il contenuto dell'ordinanza dibattimentale del 13
giugno 1988. Qui giova solo richiamare brevemente talune delle
considerazioni li svolte, per ribadire che sussiste un interesse spe cifico dei lavoratori dipendenti all'attivazione degli organi pub blici istituzionalmente deputati, ed in via esclusiva, ai necessari
controlli dell'applicazione della normativa antinfortunistica (con trolli i quali per se stessi, e quindi anche prescindendo dall'esito
dei singoli accertamenti, svolgono funzione di prevenzione spe ciale e generale). È altresì pacifico in dottrina che la condotta
omissiva contestata possa in determinati casi, oltre che ledere l'in
teresse concernente il normale funzionamento della pubblica am
ministrazione (per quanto attiene alla effettività, tempestività ed
efficacia dell'adempimento delle pubbliche funzioni e delle pre stazioni dei pubblici servizi), offendere anche interessi specifici della stessa pubblica amministrazione e dei privati, assumenti questi la qualifica e la natura di soggetti «danneggiati» o «passivi se
condari», quale che sia la definizione preferita. Nella specie ap
pare esistente un immediato e diretto collegamento tra l'omissione
(della quale i due imputati sono stati riconosciuti responsabili) e il pregiudizio dei privati (donde la legittimazione di costoro a proporre l'azione civile nel relativo processo penale). In partico lare deve ritenersi che le organizzazioni sindacali de quibus siano
da considerarsi tra i soggetti danneggiati dalla condotta omissiva
concretamente contestata agli imputati, sotto un duplice concor
rente aspetto: innanzitutto quali associazioni di tutela di quei la
voratori che sono i soli destinatari della normativa antinfortunistica
(tutela che istituzionalmente e per la delega ricevuta mediante l'a
desione debbono svolgere), in secondo luogo quali soggetti collet
tivi portatori di un proprio specifico interesse all'azione della
pubblica amministrazione nei settori di sua competenza relativi
alla tutela dei lavoratori, manifestato questo non solo dalla par
tecipazione alla contrattazione collettiva e ad accordi particolari nella materia de qua, dalle espresse previsioni normative — es.
art. 1, 4° comma, 3, lett. b), e ultimo comma, 1. reg. 54/82), interesse che ai sensi degli art. 32, 35 e 41 Cost, deve qualificarsi come diritto soggettivo. (Omissis)
II
Fatto e diritto. — (Omissis). Preliminarmente va evidenziato
che la materialità del fatto addebitato risulta incontestabile, alla
luce della documentazione in atti e delle dichiarazioni rese dal
prevenuto in istruttoria ed in udienza. In sostanza, il Donzelli,
recatosi il 14 maggio 1987 presso la sede dell'esercizio commer
ciale denominato «Lui e Lei», munito di titolo esecutivo inviato
gli dall'avv. E. Borghi di Milano, nell'interesse della soc.Tema
srl omise — quale ufficiale giudiziario di Monopoli — di effet tuare il chiesto pignoramento, redigendo un processo verbale di
«pegno sospeso»; ivi, vennero raccolte le doglianze del debitore
sopra specificato e sul presupposto che le stesse fossero «docu
mentate» e che non sussistesse «pericolo nel ritardo», fu omessa
l'esecuzione del pignoramento mobiliare, al fine di consentire al
procuratore della ditta creditrice istante l'esame della documenta
zione esibitagli dal sig. Guarnieri. In effetti in data 26 giugno
1987 (ossia oltre un mese dopo l'accesso presso la sede del
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PARTE SECONDA
l'esercizio commerciale in questione), il Donzelli inviò tutta la
documentazione sopra specificata all'avv. Borghi, che poi inoltrò
un esposto (in atti) alla Pretura di Monopoli. Indi, in data 31
agosto 1987, il Donzelli provvide all'esecuzione del pignoramento
mobiliare, nuovamente sollecitato, con altro titolo esecutivo, dal
l' avv. Borghi. Tanto premesso, occorre ora valutare se la condotta del preve
nuto sia o meno censurabile ai sensi dell'art. 328 c.p. Com'è sta
to evidenziato dalla più accorta giurisprudenza e dottrina, la ratio
giustificativa della norma penale in questione è quella di tutelare
il risultato tipico ed istituzionale della funzione pubblica e non
già (soltanto) il dovere di fedeltà ed obbedienza del funzionario.
Sicché, sussiste il delitto de quo solo quando — mediante l'omis
sione (il rifiuto o il ritardo) — sia stato compromesso il raggiun
gimento dello scopo assegnato all'ufficio o al servizio e non già in presenza di ogni trasgressione di leggi, regolamenti o disposi zioni interne, già costituente illecito per il diritto amministrativo.
Cosi è stato puntualizzato che per l'integrazione del reato de quo, necessita l'effettiva mancanza dell'atto di ufficio, che la pubblica amministrazione aveva il dovere di compiere o di emanare» (Cass. 22 ottobre 1985, Roberti, Foro it., Rep. 1986, voce Abuso di
poteri, n. 29). Cosi è stato anche evidenziato che «l'omissione
di atti d'ufficio presuppone un giudizio di relazione tra il com
portamento tenuto e quello che il pubblico ufficiale avrebbe do
vuto tenere in base ad una norma, non essendo giuridicamente
apprezzabile e scriminante una condotta, attiva o inerziale, diver
sa per l'assenza di conformità al modello comportamentale ri
chiesto» (Cass. 6 luglio 1984, Esposito, id., Rep. 1985, voce cit., n. 53; in motivazione Cass. 18 marzo 1986, Badessa, id., Rep.
1987, voce cit., n. 37).
Orbene, nella fattispecie concreta, il Donzelli non ha compiuto l'unico atto dovuto (l'esecuzione del richiesto pignoramento), ch'e
gli avrebbe dovuto eseguire in base a quanto disposto dall'art.
108 d.p.r. 15 dicembre 1959 n. 1229 (disciplinante l'ordinamento
degli ufficiali giudiziari) ed essendogli stata la richiesta ritualmente
formulatagli per posta dall'avv. Borghi di Milano ex art. 104, 2° e 3° comma, del citato d.p.r. Va evidenziato che il vigente ordinamento giuridico processualcivilistico non contempla il «ver
bale di pegno sospeso» redatto, nel caso di specie, dal prevenuto.
Né, d'altronde, si può pensare che un ufficiale giudiziario (al pari di qualunque altro pubblico funzionario) possa adottare provve dimenti «atipici», suggeritigli dalla propria fantasia o da proprie
personali congetture. È pur vero che l'ufficiale giudiziario può
sospendere d'ufficio la procedura relativa all'esecuzione degli ob
blighi di fare, quando — a mente dell'art. 613 c.p.c. — insorga no difficoltà in executivis. Ma tale ipotesi, evidentemente, non
ricorre nella fattispecie concreta. È pur vero, peraltro, come opi nato in dottrina (Ufficiale giudiziario, voce del Novissimo dige sto, XIX, 1022), che «(. . .) l'ufficiale giudiziario può legittimamente rifiutarsi di soddisfare la richiesta in tutti i casi in cui essa lo esporrebbe a compiere un atto non conforme alle
prescrizioni di legge, come quando, ad es., la parte chieda l'ese cuzione di un pignoramento senza essere munito di titolo esecuti
vo o senza aver prima intimato il precetto». Ma non è certo questa la situazione verificatasi nel caso di specie. Ad onor del vero, uno dei difensori del prevenuto, in apposita memoria scritta ver sata in giudizio (riprendendo quanto già affermato dal Donzelli nel suo scritto in atti, depositato il 15 ottobre 1987), ha afferma to che legittimamente sarebbe stato omesso il pignoramento, po tendo la pretesa creditoria fatta valere dalla società Tema rilevare
penalemente ai sensi degli art. 629 e/o 640 c.p. Senonché, detta tesi è priva di fondamento; invero, dall'esame degli atti, risulta che la società Tema, ottenuto un titolo esecutivo dal conciliatore di Milano (decreto ingiuntivo di lire 660.000, non opposto dal debitore Nazareno) ha dapprima inviato — tramite l'avv. Borghi — precetto di pagamento al debitore (non opposto dal debitore) e, quindi, ha chiesto l'esecuzione del pignoramento. Non emerge, quindi, dagli atti alcun fumus di reato e, meno che mai, dei gravi delitti ipotizzati dal menzionato difensore.
Orbene, è evidente che la condotta omissiva del prevenuto è
priva di qualche giustificazione ed ha rilievo penale ex art. 328
c.p., in quanto — per effetto di essa — «la pubblica amministra zione non ha assicurato il rispetto di un dovere (concretizzantesi all'esterno, in un atto di un dipendente pubblico: nel caso di spe cie, costituito dal verbale di pignoramento) a lui imposto dall'or dinamento giuridico» (Cass. 22 ottobre 1985, Roberti, cit.). D'altronde, la ratio giustificativa dell'art. 382 c.p. si collega al
Il Foro Italiano — 1989.
principio fondamentale fissato dall'art. 97 Cost., laddove è sta
tuito che «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge», in modo che siano assicurati il buon andamento e l'im
parzialità dell'amministrazione». E non può certo ritenersi rispon dente al principio del «buon andamento» il comportamento di
un ufficiale giudiziario, il quale ometta un atto doveroso del suo
ufficio, ritenendo — sulla base di personali congetture — non
conforme a giustizia (sostanziale) la pretesa creditoria posta a
base di una richiesta di esecuzione di pignoramento, riveniente,
peraltro, da titolo esecutivo fondato su un provvedimento giuri sdizionale passato in giudicato. Se una regola del genere dovesse
essere accettata nella prassi quotidiana dagli uffici giudiziari, i
cittadini in possesso di un titolo esecutivo non avrebbero più la
certezza di vedere soddisfatti i propri diritti, che potrebbero esse
re negati da ufficiali giudiziari, convinti di poter valutare — nel
l'ambito delle proprie funzioni — la conformità a giustizia
(sostanziale) delle richieste di pignoramento (o di altri atti esecu
tivi), loro avanzate.
E non è certo un caso che la Suprema corte ha ritenuto censu
rabile ex art. 328 c.p. la condotta dell'ufficiale giudiziario il qua le — nell'ambito della sua competenza funzionale — ai sensi
dell'art. 68 r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, non esegua il protesto cambiario nella forma e nei modi prescritti (. . .)» (Cass. 12 mar
zo 1974, Angelini, id., Rep. 1975, voce cit., n. 35). Quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico del delitto contestato va ri
cordato che esso è costituito dal dolo generico, cioè «dalla volon
tà cosciente da parte del pubblico ufficiale di rifiutare, omettere
l'atto da lui dovuto: l'avverbio «indebitamente» inserito nel det
tato legislativo non comporta l'esigenza di un dolo specifico, ma
sottolinea la necessità della consapevolezza di agire in violazione
dei doveri imposti «(giurisprudenza costante; tra le altre, Cass.
20 novembre 1985, Rizza, id., Rep. 1987, voce cit., n. 31). Orbe
ne, l'omissione nel caso di specie è stata posta in atto volontaria
mente, per ammissione dello stesso imputato. Questi, invero, ha
detto di aver seguito la sua consolidata prassi d'ufficio di «so
spendere la procedura esecutiva», ogni qualvolta — dalla docu
mentazione esibitagli dal debitore — gli risulti un'apparente fondatezza delle doglianze dello stesso, ossia che sia già interve
nuto il pagamento del credito, documentalmente provato. Il Don
zelli ha puntualizzato che tale sua condotta s'inquadrerebbe «nell'ambito di uno spirito di collaborazione con la classe foren
se», secondo una prassi seguita in Puglia da tutti i suoi colleghi. In tal modo, il prevenuto ha dimostrato di essere edotto del fatto
che la sua condotta si colloca al di fuori dei suoi doveri legali
(fissati dal d.p.r. n. 1229/59 ed integrativi del precetto penale Cass. 19 aprile 1983, Milardi, id., Rep. 1984, voce cit., n. 72).
E certamente, un pubblico ufficiale è tenuto ad osservare i do
veri specifici che gli incombono e non «prassi» ed abitudini, per di più (arbitrariamente) instaurate da lui stesso. Quanto al fatto
che in Puglia tutti gli ufficiali giudiziari seguono gli stessi «usi» del Donzelli, detta circostanza è rimasta comunque sfornita di
qualunque prova (al di là della sua apparente non credibilità); senza contare che il prevenuto, se fosse stato effettivamente ani
mato dall'addotto «spirito di collaborazione» con la classe foren
se, si sarebbe preoccupato di prendere immediatamente contatto con l'avv. Borghi. In realtà, come risulta dall'esposto-denuncia in atti di detto legale (non contestato dall'imputato) una copia del verbale «di pegno sospeso» fu spedita allo stesso (come detto) circa un mese e mezzo dopo (26 giugno 1987) l'esecuzione di det
to atto (avvenuta il 14 maggio 1987). In ultima analisi, il Donzelli ha omesso un atto doveroso del
suo ufficio (essendo penalmente irrilevante — come già detto —
il diverso — ed anomalo — atto adottato concretamente: ossia
il processo verbale di pegno sospeso) dolosamente e senza alcuna
legittima giustificazione. Il prevenuto ha reputato di poter atte
nersi a sue personali congetture, non fondate su alcuna norma
dell'ordinamento giuridico (Cass. 20 aprile 1983, Bruno, ibid., n. 71) ed attribuendosi la facoltà di sindacare (in modo penetran
te) nel merito una richiesta formulatagli per ragioni di ufficio e la cui esecuzione costitutiva per lui un atto dovuto. Non vi
è dubbio che l'imputato abbia agito nel caso di specie disinteres
satamente (perché — in caso contrario — sarebbe stato contesta
to, quanto meno, il delitto di cui all'art. 323 c.p.). Tuttavia, tale circostanza non può certo scusarlo, avendo lo stesso agito nella
consapevolezza di eccedere i suoi doveri d'ufficio, in ossequio ad una «prassi» personale, certamente extra legem. (Omissis)
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