sentenza 27 giugno 1986; Giud. Librino; imp. CrivelloSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.335/336-337/338Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179677 .
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PARTE SECONDA
Quanto al trattamento sanzionatone, tenuto conto dei criteri
di cui all'art. 132 c.p. e concesse le attenuanti generiche, giacché
l'imputato non ha subito altre condanne, è equo infliggere la pe na di mesi otto di reclusione (pena base anni uno), oltre al paga mento delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ricorrono le condizioni poiché la pena inflitta resti sospesa, nella sua esecuzione, per il termine e alle condizioni di legge.
PRETURA DI CARINI; sentenza 27 giugno 1986; Giud. Libri
no; imp. Crivello.
PRETURA DI CARINI; !
Edilizia e urbanistica — Sanatoria — Ultimazione dei lavori —
Nozione — Estensione ad opera di legge regionale — Inammis
sibilità — Fattispecie (Cost., art. 25; 1. 28 febbraio 1985 n.
47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 31, 44;
1. reg. sic. 15 maggio 1986 n. 26, norme integrative della 1.
reg. 10 agosto 1985 n. 37, relativa a «nuove norme in materia
di controllo della attività urbanistico-edilizia, riordino urbani
stico e sanatoria delle opere abusive», art. 3).
Ai fini della sospensione del procedimento penale, non si può tenere conto della estensione della nozione di 'ultimazione dei
lavori'per la sanatoria delle opere abusive, operata da una leg
ge della regione Sicilia. (1)
(1) I. - Non constano precedenti in termini.
Nel caso di specie, è stata effettuata una particolare applicazione del
(consolidato) criterio ermeneutico, secondo cui tra le possibili interpreta zioni di una norma dev'essere preferita quella più aderente ai principi costituzionali (in proposito, tra le altre: Cass. 22 giugno 1983, n. 4272, Foro it., Rep. 1983, voce Corte costituzionale, n. 35; e, in motivazione, Cass. 16 novembre 1987, Ciardi, Corriere giur., 1988, 33). Tale scelta
interpretativa ha portato il giudicante a reputare tamquam non esset sul
piano penale (sostanziale e processuale) una norma regionale, ritenuta
costituzionalmente illegittima, per aver invaso un campo (quello della nor
mativa penale) riservato al monopolio della legislazione statale. E, inve
ro, come viene evidenziato in motivazione, l'art. 3 1. reg. sic. 15 maggio 1986 n. 26 poneva una regolamentazione giuridica difforme da quella fissata da una norma statale (art. 31 1. 28 febbraio 1985 n. 47), riguar dante il procedimento di sanatoria delle opere edilizie abusive e — come
tale — incidente in campo penale (sostanziale e processuale), alla luce
di quanto disposto dagli art. 38, 39 e 44 della stessa legge nazionale.
Quindi — alla luce di una interpretatio abrogans — la sentenza in epigra fe ha ritenuto di poter prescindere radicalmente dalla suddetta norma
regionale; in passato, invece, di fronte a norme regionali (ancora emana
te dalla regione Sicilia: 1. reg. 15 novembre 1982 n. 135), ritenute invasive
della potestà legislativa statale esclusiva in materia penale, un altro giudi ce di merito scelse la (diversa) strada dell'eccezione di illegittimità costitu
zionale (Pret. Messina, ord. 3 gennaio 1983, Foro it., 1984, II, 107).
Orbene, in una recente pronuncia, la Corte di cassazione ha sostanzial
mente condiviso la scelta ermeneutica effettuata nella sentenza che si ri
porta (Cass. 10 dicembre 1985, Ganassi, Giur. it., 1987, II, 66 e Cass.
pen., 1987, 1003): è stato sostenuto che il giudice penale deve (diretta
mente) escludere la giuridica rilevanza di una normativa regionale — nel
caso di specie, 1. reg. Emilia-Romagna 29 gennaio 1983 n. 7 — incompa tibile con quella nazionale di settore, nell'ipotesi concreta: 1. 10 maggio 1976 n. 319 in materia di inquinamento idrico.
II. - Sul tema della potestà normativa delle regioni in materia penale,
per ampi riferimenti agli orientamenti della dottrina ed alla giurispruden za della Corte costituzionale, cfr. S.D. Messina, Legge regionale e abro
gazione di legge penale? (nota a Pret. Messina, ord. 3 gennaio 1983,
cit.), in Foro it., 1984, II, 107; E. Gizzi, Regione, voce del Novissimo
digesto, appendice, Torino, 1986, VI, 519; G. Fiandaca, in nota a Corte
cost. 7 luglio 1986, n. 179, Foro it., 1987, I, 20.
III. - Va ricordato che dopo la emanazione della (discussa) legge statale
28 febbraio 1985 n. 47, la regione Sicilia predispose un complesso di
norme — tra cui quella «disapplicata» nella sentenza in epigrafe — poi
impugnate dal commissario di governo innanzi alla Corte costituzionale,
perché reputate «interferenti» nella materia penale riservata alla legisla zione statale. Con sentenza n. 179 del 7 luglio 1986, cit., la Corte
Il Foro Italiano — 1988.
(Omissis). La difesa dell'imputato ha chiesto la sospensione del
procedimento ex art. 44 1. 47/85 giacché le opere, alla data del
1° ottobre 1983, erano da ritenersi ultimate secondo la nuova
definizione che di tale termine fornisce l'art. 3 1. reg. sic. 15 mag
gio 1986 n. 26, emessa con l'intento di agevolare la sanatoria
delle opere abusive, ampliandone la casistica, semplificando la
documentazione richiesta e limitando gli accertamenti.
Ma tale assunto non pare condivisibile.
Non può negarsi che il citato art. 3 ha profondamente modifi
cato, per la regione sicialiana, il 2° comma dell'art. 31 1. 47/85
che afferma, come è noto, che «si intendono ultimati gli edifici
nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura», stabilendo invece, riprendendo la nozione della prima legge re
gionale di sanatoria (art. 8 1. 29 febbraio 1980 n. 7) che ai fini
del limite temporale delle opere sanabili (che resta quello del 1°
ottobre 1983) «si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stata
eseguita la struttura portante sia essa del tipo intelaiato in cemen
to armato o in acciaio, o con pannelli portanti o in muratura
e sia completata la copertura».
La nozione di «rustico» è infatti diversa e più ampia di quella di «struttura», intendendosi, anche nel linguaggio comune, «al
rustico» un fabbricato privo delle opere di rifinitura e dunque
nel quale non sarebbe stato realizzato altro oltre la mera struttu
ra. In pratica, tenendo conto delle tecniche edilizie consuete, che
vedono il dominante impiego di strutture edilizie intelaiate in ce
mento armato, perché l'immobile possa ritenersi con il rustico
eseguito alla data del 1° ottobre 1983 (e perciò suscettibile di
sanatoria) si richiede, da parte della 1. 47/85, l'avvenuta realizza
zione, appunto entro tale data, anche della c.d. muratura di tam
ponamento, costituita da materiale di possibile varia natura (se
condo i luoghi e le abitudini costruttive: tufi segati, laterizi fora
ti, mattoni pieni cotti o di pomice-cemento, ecc.) non portante
ed avente la funzione di riempire gli spazi esterni verticali tra
le strutture dell'immobile.
Tale interpretazione è stata pure esattamente recepita dalla cir
colare n. 3356/85 del 30 luglio 1985 del ministero dei lavori pub
blici che ha avuto cura di precisare che «quanto all'espressione
costituzionale ha ritenuto illegittima la legge dell'assemblea regionale 2
aprile 1986, intitolata «modifiche ed integrazioni alla 1. reg. 10 agosto 1985 n. 37», perché lesiva delle attribuzioni statali in materia penale, in quanto disciplinante la sanatoria degli abusi edilizi in maniera contra
stante con la legge nazionale. Per un primo commento delle norme fissate
dalla menzionata 1. reg. 2 aprile 1986, cfr. M. Cicala, Il condono sicilia
no, in Corriere giur. 1986, 694. Peraltro, la citata pronuncia della Corte
costituzionale ha suscitato unanimi commenti favorevoli in dottrina: cfr. — oltre a Fiandaca, cit. — anche G. Tosi, L'illegittimità del condono
edilìzio siciliano: un'applicazione del limite penale, in Riv. giur. urbani
stica, 1987, 44 ss.; Travi, Il condono edilizio in Sicilia e il limite della
materia penale, in Regioni, 1987, 143 ss.
IV. - Infine, sui rapporti tra la competenza legislativa delle regioni
[a statuto ordinario] e quella dello Stato nelle materie di cui all'art. 117
Cost, (tra cui rientra anche l'urbanistica) ed a seguito della entrata in
vigore del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, v. Cass. 24 novembre 1981, Pon
tiggia, Foro it., Rep. 1983, voce Regione, n. 165, e in Cass, pen, 1983, 1661 con nota di F. Giampietro, che tra l'altro, ha sostenuto: 1) che
«le materie indicate di competenza legislativa regionale dall'art. 117 Cost., sono soggette ai mutamenti dei contenuti definitori delle materie stesse, a seconda del modificarsi dell'ordinamento statale positivo; pertanto, il
legislatore ordinario può ridefinire — quando modifica la disciplina nor
mativa del settore — le materie regionali e collegarle tra loro, con l'unico
limite che non deve pervenire a risultati che contraddicano il senso comu
ne delle espressioni usate dall'art. 117 Cost.»; 2) che «la competenza legis lativa delle regioni a statuto ordinario è ripartita (o concorrente), nel
senso che spetta allo Stato porre i principi fondamentali, che si possono anche desumere dalle leggi vigenti e alla regione porre norme di contenu
to, nei limiti di tali principi. Pertanto, nelle materie regionali, la fattispe cie normativa è complessa, perché viene determinata dal concorso della
norma statale e di quella regionale»; 3) che «inoltre, dal fatto che la
legislazione è ripartita, consegue un problema di limiti, perché la norma
zione sia dello Stato che delle regioni non può essere invasiva delle sfere
di competenza legislativa dell'altro soggetto: lo Stato non può porre nor
me di dettaglio (o di specie) e la regione non può porre norme di principio».
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GIURISPRUDENZA PENALE
"rustico" essa comprende, oltre alla muratura portante — negli edifici realizzati con sistemi tradizionali — e l'intelaiatura in ce
mento armato o in travi in acciaio, anche le tamponature perime trali».
Ora, la 1. reg. 15 maggio 1986 n. 26, dando diversa e più am
pia interpretazione della nozione di ultimazione dei lavori, ha,
in pratica, per la Sicilia, determinato uno slittamento del termi
ne, posto dalla legge statale, per l'ammissibilità della sanatoria,
non già operando direttamente sulla data del 1° ottobre 1983,
ma consentendo la sanatoria anche ad opere che alla data suddet
ta non potrebbero rientrarvi per la 1. 47/85 appunto per la man
cata esecuzione del rustico.
Ma tale modifica non sembra possa avere refluenze sul piano
penale. Se ciò si ammettesse, come affermato dalla difesa del
l'imputato, vi sarebbe, in primo luogo, palese violazione del prin
cipio di uguaglianza dei cittadini, giacché questi subirebbero o
meno un procedimento penale (per il collegamento di questo alla
sanatoria) in relazione allo stato della esecuzione delle opere abu
sive, alla data del 1° ottobre 1983 a seconda che queste siano
state realizzate nella regione siciliana o nel restante territorio na
zionale; e ciò — si badi — per tale mero criterio territoriale e
senza che si ravvisi alcuna valida ragione che giustifichi tale di
scriminazione e motivi tale differenziazione (tra l'altro, se vuole
riprendersi il ricorrente e per larga parte pretestuoso argomento
degli «abusi per necessità», si osserva che l'ampliamento della
nozione di cui all'art. 3 1. 26/86 riguarda in Sicilia tutte le opere,
senza alcuna considerazione per le condizioni soggettive del ri
chiedente la sanatoria che dunque può anche non essere «abusivo
per necessità»). In secondo luogo, se si ammettesse l'incidenza della norma esa
minata anche sul piano penale, si affermerebbe sostanzialmente
che la regione ha violato la riserva di legge statale (art. 25 Cost.), che si estende, come è noto, non solo alle norme incriminatrici
ma anche a quelle che sono a favore del reo. Si richiama in pro
posito l'insegnamento della Suprema corte (Cass. 24 ottobre 1975,
Maltagliati, Foro it., Rep. 1977, voce Legge penale, n. 2) secon
do cui «l'art. 25, 2° comma, Cost, va interpretato nel senso che
il legislatore costituzionale ha inteso riservare esclusivamente allo
Stato la potestà normativa penale oltre che con riguardo alla pos sibilità di configurare nuove ipotesi di reato, anche relativamente
all'eventualità di depenalizzazioni assolute o limitate, tali da ren
dere lecite azioni od omissioni già penalmente rilevanti secondo
l'ordinamento giuridico nazionale ovvero di trasformare fatti reato,
già come tali previsti e sanzionati da leggi statali, in illeciti ammi
nistrativi punibili con sanzioni ugualmente amministrative». Ha
ribadito altresì' Cass. 2 dicembre 1983, Spinozzi (id., Rep. 1984,
voce cit., n. 9) che «le leggi regionali non possono configurare
nuove ipotesi di reato né rendere non punibili azioni od omissioni
penalmente rilevanti neppure nelle materie in cui le regioni hanno
autonoma potestà normativa, poiché è riservata esclusivamente
allo Stato la potestà normativa penale». Ciò che preme rilevare è che, nella specie, non vi è stata da
parte della legge regionale la mera individuazione del contenuto
di disposizioni o di procedure particolari determinate da situazio
ni locali che rendano attuabile e concretamente operante nella
regione la sanatoria, o che disciplinino l'attività degli organi pre
posti all'esame delle pratiche, cosi come avviene, ad esempio, quan do il contenuto di una norma penale, avente dei caratteri di inde
terminatezza, venga integrato da altre disposizioni normative (an
che di rango inferiore); ma vi è stata una vera e propria sostitu
zione del criterio fondamentale, astratto e generalizzato, per la
stessa determinazione della summa divisio tra opere sanabili e non.
Se tale mutamento è accoglibile sul piano amministrativo per
la competenza della regione in materia, non può esserlo sul piano
penale, per le considerazioni di cui sopra che inducono a formu
lare riserve sulla costituzionalità della norma intesa come caldeg
giato dalla difesa dell'imputato. E poiché per il principio genera
le di conservazione la legge va interpretata (se ciò è possibile,
come lo è nella specie) nel senso in cui non urti con principi
costituzionali, deve necessariamente concludersi che la mutata no
zione di «ultimazione dei lavori» introdotta dalla 1. reg. 15 mag
gio 1986 n. 26 non sia utilizzabile sul piano penale per il quale l'unica nozione accoglibile è quella data dall'art. 31 1. 47/85; e
che, conseguentemente, ove le opere risultino, come nella specie,
Il Foro Italiano — 1988.
temporalmente escluse dalla sanatoria ai sensi del richiamato art.
31, non operi altresì' la sospensione del procedimento ex art. 44
stessa legge (giacché tale sospensione deve riferirsi solo alle opere
temporalmente ammesse alla sanatoria); cosi come debba esclu
dersi l'estinzione dei reati anche in caso di intera corresponsione dell'oblazione.
Si impone insomma, a seguito dell'intervento del legislatore re
gionale, la ripropozione della distinzione, come avveniva nel pas
sato, tra le due diverse repressioni, amministrativa e penale, del
l'unico fatto di abusivismo; e lo scioglimento dell'intreccio deter
minato (probabilmente inopportunamente) tra i due settori dalla
1. 47/85 che avrebbe voluto coordinarli, ma che non ha tenuto
conto delle possibili autonome e differenti determinazioni del le
gislatore regionale. (Omissis)
PRETURA DI BRESCIA; ordinanza 19 marzo 1986; Giud. Cot
tinelli; imp. Busseni e altri.
PRETURA DI BRESCIA;
Competenza e giurisdizione penale — Reati divenuti di compe tenza del pretore — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 31; 1.
31 luglio 1984 n. 400, nuove norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del pretore, art. 12).
In seguito all'introduzione del 2° comma dell'art. 31 c.p.p. ad
opera dell'art. 1 l. 400/84, competente a giudicare del reato
di furto aggravato è divenuto il pretore anche qualora si tratti
di furto di energia elettrica la cui esecuzione è iniziata prima dell'entrata in vigore della citata I. 400/84. (1)
(1) Considerazioni sul furto aggravato di energia elettrica e sul suo
momento di commissione in caso di successione di leggi processuali.
1. - L'ordinanza in epigrafe, pur risolvendo una questione di diritto
transitorio, si segnala sotto un profilo più ampio, ponendo in discussione
problemi di particolare interesse non solo sul piano del diritto penale
processuale, ma anche (e soprattutto) sul versante sostanziale.
In generale, si può osservare come la naturale fluidità dell'energia elet
trica fa si che quest'ultima sembri sfuggire a una precisa qualificazione
giuridica, dando luogo, anche nel diritto penale, a particolari difficoltà
definitorie e a contrastanti posizioni dottrinarie e giurisprudenziali.
2. - La complessa questione relativa al caso di specie verte intorno
all'individuazione del giudice competente a conoscere del reato (furto ag
gravato) che, al momento dell'inizio della sua esecuzione, era devoluto
a un giudice (il tribunale) diverso da quello (il pretore) competente in
base alla legge (frattanto sopravvenuta) del momento della cessazione della
condotta criminosa. Al riguardo, occorre rilevare che si tratta di un problema che di regola
non si pone, in quanto, com'è noto, secondo l'opinione dominante per le norme processuali penali opera il generale principio di attualità (art. 10 e 11 disp. prel. c.c.) per cui, pur mantenendo il loro vigore gli atti
del processo già compiuti, la successiva attività processuale è regolata esclusivamente dalle nuove norme (1). Ciò, ad avviso della Corte costitu
zionale, si verifica anche qualora si tratti di nuove norme sulla competen
za, non venendo lesa la garanzia del giudice naturale (2).
(1) Cfr., tra gli altri, Bellavista e Tranchina, Lezioni di diritto pro cessuale penale, 10a ed., Milano, 1987, 35 s.; Leone, Manuale di diritto
processuale penale, 12a ed., Napoli, 1985, 23; Pagliaro, Principi di di ritto penale, parte generale, 2a ed., Milano, 1980, 121. In senso critico, Bricola, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, Bologna Roma, 1981, 290, sub. art. 24-26; Chlavario, Norma giuridica (dir. proc. pen.), voce dell Enciclopedìa del diritto, Milano, 1978, XXVIII, 468 s. In giurisprudenza, v. Corte cost. 1° febbraio 1982, n. 15, Foro it., 1982, I, 2132; Cass. 30 marzo 1978, Maimone, id., Rep. 1979, voce Competen za e giurisdizione penale, n. 53; 28 gennaio 1976, Leone, id., Rep. 1977, voce Libertà personale dell'imputato, n. 82.
(2) Corte cost. 8 aprile 1976, n. 72, Foro it., 1976, I, 1161; 5 maggio 1967, n. 56, id., 1967, I, 1115. Sul punto v. infra, § 7.
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