sentenza 28 febbraio 1992; Giud. Cardile; imp. MagliaSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp.661/662-663/664Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186022 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
riciclo). Non rapporto di concorrenza di norme, nel senso di
loro contemporanea applicazione all'identico fenomeno, ma, piut
tosto, rapporto d'integrazione intesa a non lasciare spazi vuoti
nella problematica della gestione dei rifiuti. Ciò è chiaramente
espresso dall'art. 2, ultimo comma, lett. d, d.p.r. 915/82 a te
nore del quale: «le disposizioni del presente decreto non si ap plicano agli scarichi disciplinati dalla 1. 10 maggio 1976 n. 319 e successive modificazioni». La normativa dei rifiuti si pone
quindi come disciplina residuale e di completamento della 1.
319/76. Un terzo fondamentale punto da sottolineare è che la legge
Merli non disciplina solo lo scarico o gli scarichi ma anche alcu ni fenomeni di smaltimento (come prima rilevato per i fanghi); sicché è semplicistica la soluzione per la quale i presupposti di
applicabilità della normativa sono «gli scarichi» ed il fenomeno
dello «smaltimento». È necessario, al fine di determinare l'am
bito di applicabilita del d.p.r. 915/82, stabilire l'esatto ambito di applicazione della 1. 319/76 più volte fatto salvo dal decreto
del 1982. Ove la legge Merli disciplini attività di smaltimento dei rifiuti liquidi, in tal caso ed entro tali limiti, vi sarà un limite od una deroga al principio generale secondo il quale il
d.p.r. 915/82 si applica in via generale allo smaltimento dei
rifiuti liquidi (e quindi, per avvicinarci alla fattispecie, allo smal timento delle acque di vegetazione dei frantoi oleari).
Ritiene il pretore che, pur essendo le acque di vegetazione rifiuti speciali (residui provenienti da insediamenti produttivi non
assimilabili agli urbani: cfr. Cass., sez. Ili, n. 8770 del 6 set
tembre 1976 nonché sez. Ili n. 11862 del 28 ottobre 1986, Foro
it., Rep. 1987, voce Acque pubbliche, n. 164, secondo cui il
frantoio oleario è insediamento industriale) gli impianti di de purazione non siano impianti di innocuizzazione di rifiuti spe ciali ex lege 915/82. Infatti, la determinazione delle norme tec
niche generali per l'installazione e l'esercizio degli impianti di
depurazione è stata operata, ai sensi dell'art. 2, lett. e), n. 1, 1. 319/76 già con la delibera interministeriale del 4 febbraio 1977.
Va ricordato altresì l'art. 20, 2° comma, lett. e), 1. reg. 19
dicembre 1983 n. 24 (1. reg. Puglia) ed il relativo regolamento attuativo 3 novembre 1989 n. 3.
L'atto del consiglio regionale 29 luglio 1987, n. 583 di «disci
plina degli scarichi idrici provenienti dalle attività di lavorazio
ne e trasformazione delle olive» prevede il conferimento delle
acque reflue ai presidi depurativi indicati dal piano regionale di risanamento delle acque.
Lo stesso atto del 1987 prevede che il trasporto dei reflui
dei frantoi debba essere autorizzato secondo quanto disposto dal d.p.r. 915/82. L'attività di depurazione quindi è stata disci
plinata dalla 1. 319/76 e dalla normativa di attuazione della me
desima: ne deriva che detta attività, pur astrattamente qualifi cabile come attività di smaltimento di rifiuti liquidi attraverso un impianto d'innocuizzazione, non è riconducibile alla disci
plina di cui al d.p.r. 915/82 per essere stata già considerata
dal legislatore della «Merli». Nella normativa citata non v'è al
cun rinvio alla legge che disciplina i rifiuti per quanto attiene
all'autorizzazione di cui all'art. 6, lett. d). Né si dica che la legge «Merli» ha disciplinato solo gli im
pianti di depurazione pubblici nulla prevedendo per quelli gesti ti dai privati.
Sul piano normativo infatti una smentita di quest'ultimo as
sunto è rintracciabile nell'art. 2 1. 24 dicembre 1979 n. 650 che
imponeva determinati tempi di attuazione per i programmi di
depurazione e quindi la realizzazione degli impianti relativi po sti a servizio di insediamenti produttivi.
Si deve ritenere che i controlli previsti siano esclusivamente
quelli della normativa urbanistico-edilizia e quelli, di rilievo pu ramente amministrativo, programmati dalla normativa regiona le prima citata. Sul piano della razionalità della disciplina e del l'uguaglianza di trattamento rispetto a diversi impianti d'inno
cuizzazione di rifiuti speciali va rilevato che la depurazione è
un'attività intimamente connessa e direttamente strumentale al
la realizzazione di uno scarico contenuto nei limiti di accettabi
lità legislativamente previsti, sicché non è senza motivo la mani
festazione di un favor verso la costituzione degli impianti sud
detti e la gestione dei medesimi da parte dei privati, tenuto anche
conto del minor pericolo di negativo impatto ambientale deri
vante da dette strutture rispetto a quelle che innocuizzano rifiu
ti solidi, secondo Vid quod plerumque accidit.
Da quanto detto deriva altresì che detti impianti non devono
rispettare gli obblighi di cui al d.l. 397/88 convertito in 1. 475/88. L'impianto non deve tenere il registro di carico e scarico dei
Il Foro Italiano — 1992.
rifiuti speciali, ma il «quaderno di registrazione dei dati» di cui all'art. 19 reg. regione Puglia 3 novembre 1989 n. 3.
Non può inoltre sostenersi che l'impianto di depurazione debba
effettuare alcuna denuncia alla provincia, anno per anno, di
quantità e qualità dei rifiuti smaltiti. Infatti può agevolmente ritenersi che per l'atto della depura
zione i reflui dei frantoi cessino di essere considerati rifiuti spe ciali (analogamente a quanto accade ai rifiuti ospedalieri all'at
to dell'incenerimento e cfr. art. 9 decies 1. 475/88). È vero che non esiste, per i rifiuti in discussione, una norma
puntuale quale l'art. 9 decies citato, ma la conclusione deve
essere tratta dal sistema che, come notato, è ispirato al favor per gli impianti di depurazione (cfr. art. 2 1. 650/79) e individua nella legge Merli la sedes materiae.
Ne consegue l'assoluzione degli imputati per i reati contestati
ai capi b) e c) della rubrica perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato, assorbita ogni altra considerazione rela
tiva all'elemento soggettivo del reato.
Quanto al reato di cui al capo a) deve pervenirsi a diversa
conclusione: le deposizioni dei testi Iodice, De Filippis, Piciac cia confermano, in punto di fatto, l'esecuzione del trasporto, a cura della Solvic, delle acque di vegetazione di frantoi senza
autorizzazione provinciale. Sussiste la violazione dell'art. 25, 1° comma, d.p.r. 915/82
in quanto la qualità professionale degli imputati, la circostanza
dell'aver ottenuto l'autorizzazione solo dopo l'intervento del se
questro della autocisterna, la mancanza di qualsiasi elemento
dal quale risulti la buona fede degli imputati giustifica l'ascri
zione del reato a titolo di colpa. (Omissis)
PRETURA DI PATERNO; PRETURA DI PATERNO; sentenza 28 febbraio 1992; Giud.
Cardile; imp. Maglia.
Parte civile — Fatto diverso risultante dal dibattimento — Co
stituzione tardiva — Ammissibilità (Cod. proc. pen., art. 79,
516, 519).
È ammissibile la costituzione di parte civile oltre il termine sta
bilito dall'art. 79 c.p.p. ove risulti e venga contestato, nel
corso del dibattimento, un fatto diverso da quello originaria mente oggetto di contestazione; a seguito dell'immutazione
del fatto-reato, al soggetto danneggiato deve, pertanto, con
sentirsi di modificare la causa petendi e il petitum dell'azione civile già eventualmente esercitata e permettersi, comunque, di operare una nuova valutazione circa l'opportunità di costi
tuirsi con riguardo al fatto diversamente delineatosi. (1)
(Omissis). L'affermazione di responsabilità penale di Placido
Maglia fonda anche la condanna dell'odierno imputato al risar cimento del danno in favore della Società italiana degli autori
e degli editori, costituitasi parte civile all'odierno dibattimento
in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore. Per vero, siffatta costituzione è avvenuta successivamente al
compimento degli adempimenti relativi al controllo in ordine
alla regolare costituzione delle parti (cfr. il combinato disposto
degli art. 79 e 484 c.p.p., a norma del quale il termine dianzi
indicato è prescritto a pena di decadenza). E pur tuttavia ha ritenuto il decidente egualmente ammissibi
le l'esercizio dell'azione civile da parte della Siae in qualità di soggetto passivo-offeso dal reato per cui oggi è processo.
Devesi infatti rilevare che, in sede di istruttoria dibattimenta
le espletata all'udienza del 6 dicembre 1991, si è venuto deli
neando un fatto-reato diverso da quello oggetto dell'imputazio
(1) Non constano precedenti editi in termini. Nello stesso senso della
pronuncia in rassegna, cfr., in dottrina, Ghiara, in Commento al nuo vo codice di procedura penale coordinato da Chiavario, Milano, 1989,
I, sub art. 79, 380, nonché i rilievi problematici di Marini, ibid., 1991,
V, sub art. 519, 472 s. In materia di modificazione dell'imputazione nel corso del dibattimento, cfr. altresì, recentemente, Pret. Prato 8 feb
braio 1991, Foro it., 1991, II, 729, con nota di Di Chiara.
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PARTE SECONDA
ne originaria contestata a Placido Maglia: a fronte del decreto
di citazione a giudizio, in seno al quale la condotta illecita del
l'imputato veniva qualificata esclusivamente dall'avere «detenu
to e posto in vendita» duecento videocassette abusive, attraver
so l'assunzione della prova testimoniale dedotta dalla pubblica
accusa, l'azione dell'agente si è delineata per avere «proiettato in pubblico e trasmesso con il mezzo della televisione» le video
cassette ora in sequestro. Il fatto-reato pertanto è risultato intrinsecamente diverso e
difforme da quello oggetto dell'imputazione, e ciò sia per gli elementi materiali della condotta sia per l'evento dannoso inte
grante la fattispecie criminosa. Il p.m. di udienza ha cosi modificato il capo di imputazione
e provveduto alla relativa contestazione, a norma dell'art. 516
c.p.p.: conseguentemente, questo pretore, dopo avere inserito
la relativa contestazione nel verbale, ha sospeso il dibattimento
disponendo la notificazione per estratto dello stesso all'imputa to, a quel momento contumace (art. 520 c.p.p.).
Ora, appare di tutta evidenza come ogniqualvolta viene ad
essere mutato, durante lo svolgimento della istruttoria dibatti
mentale, il fatto-reato contestato all'imputato (fatto-reato inte
so come realtà storica, frutto del comportamento umano collo
cato in un determinato contesto di tempo e di luogo), si modifi
ca di per se stessa la posizione sostanziale del soggetto offeso
giacché viene a configurarsi diversamente la situazione giuridica che si assume come pregiudicante dell'interesse vantato.
Ciò è avvenuto nella fattispecie in esame: non occorrono cer
to molte parole per sostenere come il detenere per la vendita
costituisce condotta ben diversa dal proiettare e trasmettere con
il mezzo della televisione: si tratta di due illeciti diversi che si caratterizzano nella realtà come entità di fatti storici e naturali
stici produttivi di diverso per qualità (e, verosimilmente, per
consistenza) danno ingiusto. Vero è che il legislatore ha predisposto per la costituzione
di parte civile un rigoroso regime formale, qualificato, per un
verso, dal termine di decadenza di cui all'art. 79 c.p.p., e, per altro verso, dai requisiti prescritti per la relativa dichiarazione
di costituzione: si è voluto, in particolare, imporre a colui il
quale intende costituirsi parte civile — e ne abbia i requisiti — di specificare, esattamente e preventivamente, la propria pre tesa allo scopo di operare una precisa determinazione della cau
sa petendi sin dal momento di proposizione della domanda in troduttiva (si è cosi gravata la parte civile dell'onere di indicare,
sempre a pena di inammissibilità, le ragioni che giustificano la domanda).
Tutto ciò, peraltro, non può che essere giuridicamente rile
vante se non in funzione del fatto illecito per il quale si sta
procedendo nel momento in cui il soggetto offeso dal reato eser cita l'azione civile per il risarcimento o le restituzioni. Qualora
invece, in sede di istruttoria dibattimentale, viene ad immutarsi il reato nella sua entità di fatto storico e naturalistico è proces sualmente indispensabile «rimettere in termini» il soggetto offe so e ciò sia per consentirgli, a sua volta, di modificare la causa
petendi ed il petitum dell'azione civile eventualmente già eserci tata (vale a dire, tempestivamente esercitata con riferimento al
fatto reato contestato all'imputato nel decreto di citazione), sia
per permettergli, in caso contrario, una nuova valutazione del
l'opportunità di costituirsi parte civile nel procedimento penale già incardinato con riguardo, questa volta, al fatto diversamen
te delineatosi.
Consideri, d'altra parte, l'interprete che, rispetto alla nuova
contestazione, l'art. 519 c.p.p. riconosce all'imputato presente in udienza il diritto di chiedere termine a difesa «non inferiore al termine per comparire» ed all'imputato assente ovvero con
tumace il diritto alla formale contestazione sempre nel rispetto dei termini dianzi indicati. Insomma, l'udienza dibattimentale, pur non regredendo formalmente, quanto meno «si ferma» giac ché rispetto al fatto diverso viene ad essere prescritta una nuova
contestazione riguardo alla quale si impone al magistrato proce dente un rinnovato controllo della regolare costituzione delle
parti: tecnicamente parlando, dunque, può senz'altro affermar si che, con riferimento al fatto-reato diverso emerso in sede di istruttoria dibattimentale il soggetto offeso, il quale si costi
tuisce parte civile preliminarmente all'udienza dibattimentale di rinvio, viene ad esercitare la relativa azione civile nel rispetto dei termini di cui al combinato disposto degli art. 79 e 484 c.p.p.
A conferma delle argomentazioni sin qui svolte giova richia
mare anche la norma di cui all'art. 519, 3° comma, c.p.p. la
quale statuisce testualmente che, nel caso di «nuove contesta
li Foro Italiano — 1992.
zioni», il giudice del dibattimento «dispone la citazione della
persona offesa».
Ora, è di tutta evidenza come siffatta norma appresta una
tutela indiretta all'eventuale persona offesa dal reato la cui sus
sistenza emerga in via successiva al dibattimento: di essa, infat
ti, è prevista la citazione, quale adempimento necessario che, indipendentemente dalla richiesta che l'imputato faccia di un
termine a difesa, comporta la sospensione del dibattimento per un tempo sufficiente ad assicurarne la comparizione.
È verosimile ritenere che la norma è stata emanata per l'ipo tesi in cui la persona offesa, in relazione al fatto nuovo o modi
ficato, non abbia già avuto conoscenza del processo, onde l'ob
bligo della sua citazione assolve altresì' al precetto generale se
condo il quale la persona offesa dal reato è sempre citata in
giudizio (art. 178 c.p.p.). Tuttavia, si può senz'altro affermare che la stessa citazione
è ugualmente necessaria, in relazione a reati concorrenti e nuo
vi, pure nel caso in cui la persona offesa, già citata al dibatti mento con riferimento all'imputazione originaria, sia assente alla
udienza di contestazione ed abbia, pertanto, verosimile interes
se alla conoscenza delle nuove vicende processuali.
Ebbene, se tutto ciò corrisponde a verità non può revocarsi
in dubbio alcuno che la persona offesa dal reato, in tal modo
citata, abbia il diritto di costituirsi parte civile al fine di eserci tare l'azione di risarcimento o di restituzione con riferimento
alla diversa fattispecie delittuosa contestata; ed invero, a cosa
servirebbe la citazione se non a consentire all'avente diritto l'e
sercizio di tale facoltà processuale? Per tutte le ragioni che precedono, deve ritenersi ammissìbile
la costituzione di parte civile si come effettuata dalla Società italiana degli autori e degli editori, in persona del suo presiden te e legale rappresentante pro tempore con dichiarazione resa
in sede preliminare all'odierna udienza dibattimentale. (Omissis)
PRETURA DI FIRENZE; PRETURA DI FIRENZE; sentenza 21 febbraio 1992; Giud. Aloisio; imp. Cappelletti ed altri.
Antichità e belle arti — Danneggiamento del patrimonio artisti
co nazionale — Soggetto attivo — Fattispecie (Cod. pen.,
art. 110, 733). Antichità e belle arti — Danneggiamento del patrimonio artisti
co nazionale — Oggetto (Cod. pen., art. 733; 1. 1° giugno
1939 n. 1089, tutela delle cose di interesse artistico o storico, art. 1, 4).
Antichità e belle arti — Danneggiamento del patrimonio artisti
co nazionale — Condotta — Fattispecie (Cod. pen., art. 733). Antichità e belle arti — Danneggiamento del patrimonio artisti
co nazionale — Opere di restauro — Discrezionalità della pub blica amministrazione — Irrilevanza — Amministrazione dei
beni culturali — Approvazione — Irrilevanza (Cod. pen., art.
733; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso ammi
nistrativo, art. 5).
Poiché soggetto attivo della contravvenzione di danneggiamen to del patrimonio artistico nazionale non è solo il proprieta rio del monumento o della cosa distrutta, deteriorata, o dan
neggiata, ma chiunque abbia la concreta disponibilità della
cosa, risponde del reato di cui all'art. 733 c.p. il legale rap
presentante di persona giuridica, nonché, in concorso con es
so, chiunque abbia dato un contributo causale al verificarsi del danno (fattispecie relativa a danneggiamento di bene di
proprietà comunale da parte di assessore delegato, in concor
so con l'organo tecnico comunale e con gli organi centrali
e locali dell'amministrazione dei beni culturali). (1)
(1) Reato di difficile configurazione quello previsto dall'art. 733 c.p., che Mantovani, Lineamenti della tutela penale del patrimonio artisti co, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1976, 77, definisce contravvenzione
«gigante», che richiede la rigorosa presenza di tre requisiti (rilevante pregio artistico, conoscenza di esso da parte dell'agente proprietario, nocumento al patrimonio artistico nazionale). A proposito del soggetto
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