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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buffa, Est. Mantovano; imp....

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sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buffa, Est. Mantovano; imp. Panigoni ed altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp. 315/316-321/322 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188476 . Accessed: 28/06/2014 07:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.109.6.2 on Sat, 28 Jun 2014 07:45:31 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buffa, Est. Mantovano; imp. Panigoni ed altri

sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buffa, Est. Mantovano; imp. Panigoni ed altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp.315/316-321/322Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188476 .

Accessed: 28/06/2014 07:45

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PARTE SECONDA

vidua quali sono i redditi di capitale, e l'art. 26 d.p.r. 600/73, che dispone quali sono le modalità di tassazione di quei redditi

di capitale previsti alla lett. b) della norma in questione, vale

a dire gli interessi e altri redditi derivanti da depositi e conti correnti.

È pacifico che lo scopo di queste due norme è quello di as

soggettare a ritenuta alla fonte gli interessi e gli altri frutti deri

vanti dall'investimento di capitale nelle varie forme di rispar mio bancario e postale.

Il problema si incentra allora nella riconducibilità o meno

degli interessi prodottisi sulle somme corrisposte dalle banche

agenti alla Banca del Monte nella categoria dei redditi menzio

nati alla lett. b) dell'art. 41 d.p.r. citato.

Sotto questo profilo, non si può non considerare che trattasi

di interessi riferiti a somme percepite dalla Banca del Monte

di Rovigo per l'esplicazione dell'esercizio dell'attività di impre sa, in quanto somme destinate a consentire all'istituto di effet

tuare operazioni con l'estero, e non certamente di «incrementi

patrimoniali, che il titolare riceve per il godimento del capitale da parte di un terzo», secondo la generale definizione di reddito

di capitale offerta da autorevole dottrina.

Sembra dunque di poter affermare che gli interessi in que stione rientrano nella categoria dei componenti del reddito d'im

presa, in quanto conseguiti nell'esercizio di imprese commercia

li, ai sensi e per gli effetti dell'art. 44 d.p.r. 597/73 (ora art.

45 t.u.i.r.), norma che il legislatore tributario ha previsto pro

prio al fine di evitare la difficoltà di scorporare dal reddito d'im

presa alcune componenti, quale quella di cui si discute, per im

putarle al reddito complessivo del soggetto d'imposta. Va a tal proposito richiamata la decisione della Commissione

tributaria di II grado di Milano 4 aprile 1986 (Foro it., Rep. 1987, voce Reddito delle persone giuridiche (imposta sul), n.

24), nella quale si è esattamente affermato che se il credito degli interessi — nel senso dell'art. 44 d.p.r. 597/73 — è sorto a

causa di una situazione che si è verificata nell'esercizio dell'im

presa, non vi è dubbio che gli interessi stessi costituiscono un

elemento positivo nella determinazione del reddito finale; se in

vece non hanno avuto alcuna relazione con l'esercizio dell'im

presa, costituiscono reddito di capitale autonomamente imponi bile. Alla luce del criterio causale, consegue che — se gli inte

ressi, siano essi compensativi, o di altra specie, attengono ad

un rapporto che fa capo all'attività imprenditoriale e non si staccano da essa in maniera determinante, si che la sua causa

si rinviene in fatti e circostanze cui è estranea l'attività impren ditoriale — devono necessariamente essere ritenuti componenti del reddito d'impresa.

Ritiene il collegio che l'esclusione degli interessi maturati sul

le somme messe a disposizione dalle banche agenti in favore

della Banca del Monte di Rovigo mediante versamento su conto

corrente, dall'ambito applicativo dell'art. 26 d.p.r. 600/73 —

che è norma strumentale rispetto all'art. 41, lett. b), d.p.r. 597/73 — debba essere affermata per le ragioni appena esposte, vale a dire per la riconducibilità dell'operazione di finanziamento

all'esercizio di impresa commerciale.

Tale reddito è stato correttamente esposto nel bilancio della

Banca del Monte, anziché considerato reddito di capitale, rien

trando nell'ambito applicativo dell'art. 44 d.p.r. 597/73. In considerazione dunque della situazione causale (finanzia

mento finalizzato all'esercizio di un'attività d'impresa) che ha

prodotto gli interessi di cui si discute, questo collegio ritiene di poter affermare che nella sfera di operatività dell'art. 26 d.p.r. 600/73 non possano rientrare gli interessi prodottisi sui finan

ziamenti bancari effettuati in favore della Banca del Monte di

Rovigo. Ne deriva che, non sussistendo nella Banca del Monte di Ro

vigo, di cui l'imputato è legale rappresentante, la qualifica di sostituto d'imposta, va pronunciata l'assoluzione di Ugo Ro

manato, perché il fatto non sussiste.

Il Foro Italiano — 1994.

TRIBUNALE DI LECCE; sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buf

fa, Est. Mantovano; imp. Panigoni ed altri.

TRIBUNALE DI LECCE; :

Agricoltura — Ottenimento di indebite sovvenzioni comunitarie — Truffa —

Configurabilità — Fattispecie (Cod. pen., art.

15, 61, 640, 640 bis; 1. 23 dicembre 1986 n. 898, conversione

in legge, con modificazioni, del d.l. 27 ottobre 1986 n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti co

munitari alla produzione dell'olio d'oliva. Sanzioni ammini strative e penali in materia di aiuti comunitari al settore agri

colo, art. 2; 1. 19 febbraio 1992 n. 142, disposizioni per l'a

dempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia

alle Comunità europee, art. 73).

L'ottenimento di indebite sovvenzioni comunitarie dal Fondo

europeo agricolo di orientamento e garanzie (Feaog), median

te artifici e raggiri consistenti nella predisposizione di falsa documentazione attestante una quantità di tabacco maggiore di quella realmente esportata, integra il reato di truffa aggra vata (art. 640, cpv., n. 1, e 61, n. 7, c.p.), in quanto non

esiste un rapporto di specialità, ex art. 15 c.p., tra l'art. 640

c.p. che sanziona la truffa, vero nomine, realizzata con l'in

duzione in errore mediante artifici e raggiri, e la fattispecie di cui all'art. 2 l. 898/86 che punisce la condotta di chi, pur non inducendo in errore mediante artifici e raggiri, consegua indebitamente sovvenzioni comunitarie mediante esposizione di dati e notizie falsi. (1)

(1) Il sistema sanzionatone) relativo alla repressione delle c.d. frodi comunitarie è stato oggetto di interventi normativi non sempre coordinati.

Nel momento della realizzazione dei fatti di cui al presente giudizio, si prospettava in giurisprudenza l'alternativa di ricondurre le condotte fraudolente dirette all'indebito conseguimento di sovvenzioni comunita rie alle attività agricole alla fattispecie criminosa della truffa, ex art.

640, cpv., n. 1, c.p., ovvero all'ipotesi delittuosa, caratterizzata da un trattamento penale meno severo, introdotta dall'art. 2 1. 898/86.

La soluzione accolta nella sentenza in epigrafe si colloca in un orien tamento giurisprudenziale secondo il quale l'art. 2, cit., avrebbe natura

residuale, cioè costituirebbe una sorta di norma di chiusura del sistema sanzionatorio in tema di frodi comunitarie diretta a sanzionare quelle condotte che, seppur caratterizzate da un'attività fraudolenta ed inci denti sulla corretta gestione degli aiuti comunitari, non presentino, tut

tavia, le connotazioni criminose tipiche della truffa (cfr. Cass. 13 giu gno 1988, Fani, Foro it., Rep. 1989, voce Agricoltura, n. 69).

Secondo un altro indirizzo applicativo, invece, si è ritenuto che la

fattispecie di cui all'art. 2 sarebbe, ai sensi dell'art. 15 c.p., una figura speciale rispetto al delitto di truffa, del quale riproduce tutte le modali tà esecutive della condotta e gli eventi naturalistici, specificando, da un lato, gli artifici e i raggiri e, dall'altro, la qualifica comunitaria del l'ente destinatario (cfr. Cass. 9 agosto 1987, Coluccio, id., Rep. 1988, voce cit., n. 98; Cass. 16 dicembre 1988, n. 5431, inedita, citata da

Giglio, Il controllo sanzionatorio delle indebite fruizioni di sovvenzioni comunitarie, in Cass. pen., 1991, 1133, nota 33; Cass. 7 gennaio 1993, inedita, citata in motivazione; App. Napoli 6 giugno 1989, Foro it., 1990, II, 30, con nota di Fiandaca; Trib. Taranto 28 maggio 1990, inedita, citata in motivazione; Cass. 23 ottobre 1990, Girardi, id., Rep. 1991, voce cit., n. 69 e, per esteso, Giur. imp., 1990, 1087; Trib. Lecce 24 novembre 1992, Foro it., 1993, II, 395, con nota di Visconti, citata in motivazione).

I giudici del Tribunale di Lecce, contrariamente a quanto sostenuto in una recente pronuncia dello stesso organo giudicante (cfr. Trib. Lec ce 24 novembre 1992, cit.), escludono nella sentenza su riportata che la fattispecie di cui all'art. 2 possa ritenersi una figura speciale rispetto alla truffa, contestando, in particolare, che l'espressione «esposizione di dati e notizie falsi» possa considerarsi una specificazione tipologica degli «artifici e raggiri» e rilevando, altresì, come il nucleo essenziale dell'art. 640 c.p., rappresentato dall'induzione in errore, non sia conte nuto nella formulazione dell'art. 2.

Secondo i giudici di Lecce l'intervento sanzionatorio in materia se

guirebbe una sorta di doppio binario diretto, da un lato, a reprimere con l'art. 640 c.p. le truffe, vero nomine, e, dall'altro, con l'art. 2 le condotte illecite, non caratterizzate da artifici e raggiri e dall'induzio ne all'inganno, dirette all'indebito ottenimento di contribuzioni comu nitarie mediante la mera esposizione di dati e notizie falsi. Tale soluzio

ne, peraltro, ritengono gli stessi giudici, sulla base di un'interpretazione sistematica a posteriori delle disposizioni normative successivamente in tervenute in materia, troverebbe conferma nell'introduzione della «nuo va» fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, ex art. 640 bis c.p. e nella nuova formulazione dell'art. 2, cui è stato aggiunto dall'art. 73 1. 142/92 l'inciso iniziale «ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall'art. 640 bis (nello stesso senso, v., da ultimo, Corte cost. 25/94, in questo fascicolo, parte pri

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GIURISPRUDENZA PENALE

(Omissis). 14. - La questione della norma applicabile alle con

testazioni di truffa aggravata. È necessario a questo punto indi

viduare la norma applicabile alle condotte descritte nei capi di

imputazione b), m), o), b\), dì) e gl): infatti, mentre il p.m. e il difensore delle parti civili hanno sostenuto la correttezza

delle contestazioni formulate, i difensori degli imputati hanno

affermato l'operatività nella specie del disposto di cui all'art.

2 1. 898/86, in base al quale — nel testo anteriore all'entrata

in vigore della 1. 142/92 — viene punito con la reclusione da

sei mesi a tre anni chi «mediante l'esposizione di dati o di noti zie falsi, consegue indebitamente, per sè o per altri, aiuti, pre

mi, indennità, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico

totale o parziale del fondo europeo agricolo di orientamento

e garanzia», mentre si irroga la sola sanzione amministrativa

se l'importo indebitamente percepito è inferiore a certi parametri. Il dibattito sul punto impegna da tempo e da fronti interpre

tativi contrapposti la giurisprudenza di legittimità e di merito;

prima dell'entrata in vigore di quella legge nessuno dubitava

della sussistenza della truffa aggravata in casi come quelli in

esame: norme repressive particolari riguardavano soltanto alcu

ni settori produttivi, quali l'olio d'oliva o il grano duro. Benché

la truffa aggravata per il conseguimento di contributi Cee sia

oggi sanzionata ai sensi dell'art. 640 bis c.p., è tuttavia ancora

alla norma di cui all'art. 2 1. 898/86 che nel presente giudizio

ma, con nota di richiami (contra, nel senso che tale soluzione non sa

rebbe valida per il passato a causa della mancanza nella versione origi naria dell'art. 2 della clausola di riserva inserita successivamente, Trib.

Lecce 24 novembre 1992, cit.). Circa la ulteriore questione relativa alla configurabilità dell'aggra

vante del danno economico di rilevante gravità (art. 61, n. 7, c.p.), la giurisprudenza si è orientata prevalentemente nel senso di escludere,

seppure in base a diverse argomentazioni, la compatibilità di tale circo

stanza con il reato previsto dall'art. 2, cit., ora facendo leva sulla non

inquadrabilità del reato in questione tra quelli contro il patrimonio (cfr. Cass. 23 ottobre 1990, Girardi, cit.), ora sul rilievo che si violerebbe

il principio del ne bis in idem sostanziale, considerato che la misura

del danno economico costituirebbe già elemento necessario per integra re gli estremi della fattispecie di cui all'art. 2 (cfr. App. Napoli 6 giu

gno 1989, cit. e Trib. Lecce 24 novembre 1992, cit.); nel senso, invece,

dell'applicabilità dell'aggravante in questione, cfr. Cass. 3 ottobre 1989,

Pintacuda, id., Rep. 1991, voce Circostanze di reato, n. 13.

Sul versante dottrinale, con riferimento al problema generale della

repressione delle frodi nelle sovvenzioni, si è spesso ribadita l'esigenza di predisporre un controllo penale più incisivo ed efficace (cfr., nella

dottrina più recente, tra gli altri, Grasso, L'armonizzazione ed il coor

dinamento delle disposizioni sanzionatone nazionali per la tutela degli interessi finanziari della Comunità europea, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, 836 ss.; Fiandaca-Musco, Manuale di diritto penale, parte spe

ciale, I, appendice, Bologna, 1991, 17 e letteratura ivi citata). Successivamente all'introduzione della fattispecie di cui all'art. 640

bis c.p., la dottrina prevalente ha sostenuto la necessità di abrogare

espressamente l'art. 2, cit., onde evitare che nel nostro ordinamento

permanesse una disciplina di favore per le frodi nelle sovvenzioni agri cole comunitarie (cfr. Grasso, L'armonizzazione ed il coordinamento,

cit., 847, nota 32; Giordano, Frodi comunitarie e problemi di accerta

mento istruttorio, in Indice pen., 1990, 804; Giglio, Il controllo sanzio

natorio, cit., 1128; Pelissero, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1991, 959; Fiandaca

Musco, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 1992, 154; in argomen

to, cfr. anche Spagnolo, Breve commento alle «nuove» disposizioni

per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi

forme di pericolosità sociale: l. 55/90, in Riv. trim. dir. pen. economia,

1990, 703, il quale, interpretando in termini di specialità il rapporto tra truffa e fattispecie ex art. 2, aveva prospettato l'avvenuta abroga zione tacita della norma speciale da parte dell'art. 640 bis; in giurispru

denza, nel senso dell'abrogazione implicita dell'art. 2, si era anche pro nunciato Trib. Taranto 28 maggio 1990, cit.).

Con l'introduzione, invece, all'art. 2 dell'inatteso inciso iniziale «ove

il fatto non configuri il reato più grave previsto dall'art. 640 bis», risul

terebbe evidente che il legislatore abbia inteso non solo eliminare ogni motivo di incertezza applicativa circa i rapporti di specialità e prevalen za tra la fattispecie generale di truffa e la norma speciale, ma anche

escludere l'avvenuta o auspicata abrogazione tacita dell'art. 2, come

precedentemente prospettato in dottrina, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 640 bis (cfr. Visconti, nota a Trib. Lecce 24 novembre 1992,

cit., 396, secondo il quale, tuttavia, rimarrebbe irrisolta, considerato

che l'art. 640 bis richiama «il fatto di cui all'art. 640», la questione relativa alla distinzione delle ipotesi che in concreto integrano gli estre

mi degli artifici e raggiri richiesti per la truffa e quelle suscettibili di

rientrare nella mera esposizione di dati e notizie falsi).

Il Foro Italiano — 1994.

va fatto riferimento per verificare se abbia carattere di speciali tà rispetto alla contestazione di truffa, poiché l'art. 640 bis c.p. è stato introdotto nel 1990, quindi successivamente alla realiz

zazione delle condotte dei prevenuti. La tesi della specialità del disposto di cui all'art. 2 1. 898/86

rispetto a quello di cui all'art. 640, cpv., c.p., ritenuto norma

generale, tesi non univoca ma ribadita, pur senza essere accom

pagnata da alcuna motivazione, da una recente pronuncia della

Corte di cassazione — 2a sez. pen., n. 2 del 7 gennaio 1993 — si fonda, nella giurisprudenza che ha approfondito il tema,

sulle considerazioni che seguono: a. Argomento letterale. Il confronto fra le due norme fareb

be emergere due profili di specialità: la peculiarità degli artifici e dei raggiri, costituiti in base all'art. 2 dalla produzione di

documentazione ideologicamente e anche materialmente falsa,

e l'individuazione nel Feaog del soggetto passivo del reato (cfr.

App. Napoli 6 giugno 1989, Foro it., 1990, II, 30); non sussi sterebbe dissonanza fra l'ampiezza dell'endiade «artifizi e rag

giri» di cui all'art. 640 c.p. e l'ambito apparentemente più ri

stretto costituito della «esposizione di dati e notizie falsi» di

cui all'art. 21. cit., poiché i presupposti per la richiesta e l'ero

gazione dei contributi Cee sono di natura esclusivamente docu

mentale (cfr. Trib. Taranto 28 maggio 1990, imp. Semeraro e

altri). D'altra parte, la dizione «esposizione di dati e notizie

falsi» sarebbe comunque sufficientemente ampia, tale da ricom

prendere implicitamente l'ipotesi di esposizione di dati falsi in atti diversi dalle denunce o domande per aiuti comunitari: ciò

rappresenterebbe una significativa differenza rispetto alla legis lazione speciale previgente alla 1. 898/86 nei settori dell'olio o

del grano duro, che invece limitava gli artifizi e i raggiri alle

denunce o domande per aiuti comunitari, e che pure dalla giuris

prudenza era ritenuta speciale rispetto alla truffa (cfr. Trib. Lecce

24 novembre 1992, id., 1993, II, 395). A maggior ragione, per

ciò, dovrebbe avere carattere di specialità la norma di cui al

l'art. 2 1. 898/86.

b. Argomento cronologico. L'art. 2 1. 898/86 sarebbe specia le anche perché è intervenuto a sanzionare la materia delle frodi

comunitarie in un momento successivo rispetto alla disposizione

generale relativa a tutte le altre frodi punite ai sensi dell'art.

640 c.p. (cfr. Trib. Taranto, cit.). c. Argomento sistematico. L'introduzione nel codice penale

della norma di cui all'art. 640 bis, avvenuta nel 1990, avrebbe

confermato quella esigenza di specializzazione cui già aveva da

to risposta l'art. 2 1. 898/86; se cosi non fosse stato, quest'ulti

ma sarebbe stata una disposizione del tutto inutile: per questo

essa, a seguito dell'introduzione dell'art. 640 bis, deve ritenersi

implicitamente abrogata (cfr. Trib. Taranto, cit.). L'art. 73 1.

142/92, che ha sostituito la parte iniziale dell'art. 2 1. 898/86

nel seguente modo «Ove il fatto non configuri il più grave reato

previsto dall'art. 640 bis c.p., chiunque, mediante l'esposizio

ne...», non dovrebbe indurre a conclusioni contrarie, poiché que

sta norma testimonierebbe soltanto l'incoerenza e la scarsa chia

rezza del legislatore (cfr. Trib. Lecce, cit.). Tali passaggi logici, sinteticamente riassunti e ben più ampia

mente articolati nelle decisioni citate, non sono condivisi da que sto tribunale; va premesso invero, con riferimento al principio

di specialità, che, per costante insegnamento dottrinale ed er

menuetico, il rapporto descritto dall'art. 15 c.p. esprime da un

lato la subordinazione della legge speciale a quella generale —

la prima ha infatti una estensione inferiore rispetto alla secon

da, poiché comprende soltanto alcuni dei casi che rientrano nel

la legge generale — e dall'altro la presenza nella legge speciale

di almeno un elemento ulteriore, in termini di analiticità ovvero

di aggiunta, rispetto alla legge generale. Come si è ricordato, secondo la tesi della specialità, il raf

fronto fra la lettera dell'art. 2 1. 898/86, nella sua versione ori

ginale, e quella di cui all'art. 640 c.p. individua nella «esposi zione di dati o di notizie falsi» una tipologia, e quindi una spe cificazione, di artifizi e raggiri che sarebbe onnicomprensiva, per lo meno quanto alle frodi comunitarie, e talmente ampia

da includere (cfr. Trib. Taranto, cit.) fatture, bolle di accompa

gnamento e registri dei corrispettivi, partendo comunque dal

presupposto che l'erogazione dei contributi Cee si basa soltanto

su dati documentali.

Ad avviso di questo collegio, la lettera della disposizione non

autorizza una interpretazione cosi ampia; «esporre» significa pro

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PARTE SECONDA

priamente «riferire», «fare una relazione», «comunicare», nella

specie con riguardo a dati o a notizie che fanno sorgere il dirit

to alla sovvenzione Cee. Non significa anche formare documen

tazione fiscale falsa, e ancor meno colludere con i pubblici uffi

ciali incaricati del controllo per far si che costoro redigano atti

ideologicamente falsi; contro l'obiezione che, interpretata in que sto modo, quella di cui all'art. 2 1. 898/86 sarebbe una disposi zione inutile, è agevole replicare che le fonti normative del set

tore, e in particolare i regolamenti Cee, talora subordinano la

corresponsione della sovvenzione alla mera richiesta della parte, non accompagnata dalla verifica da parte degli organi compe tenti al controllo: si pensi, ad esempio, all'anticipo sugli aiuti

accordato agli olivicultori con produzione media superiore a 500

kg., per ottenere il quale non è necessario documentare la ven

dita con fatture o bolle di accompagnamento; questi documenti

serviranno in seguito, unitamente a quelli attestanti l'avvenuta

molitura, per la liquidazione dell'aiuto sull'intero, che tuttavia

rappresenta erogazione di denaro a titolo differente e ulteriore.

L'ambito degli artifizi e dei raggiri è in realtà molto più am pio; artifizi e raggiri sono, com'è noto, termini concettualmente

diversi, pur se la giurisprudenza li ha spesso adoperati senza

particolari distinzioni: l'artifizio è una trasformazione della realtà, diretta a far ritenere la sussistenza di ciò che in effetti non esi

ste, ovvero a nascondere l'esistente, mentre il raggiro consiste

nell'attività ingegnosa, menzognera, convincente. Ci si deve al

lora chiedere se la mera «esposizione di dati o di notizie falsi»

comprenda tali nozioni, aggiungendo in più l'elemento specifi cante costituito dall'attinenza di quelle notizie o di quei dati

alle sovvenzioni Cee; e in particolare, per calare i concetti nella

realtà del presente giudizio, se nella espressione «esposizione di dati o di notizie falsi» possa ricomprendersi un'attività con

sistita: — nella predisposizione di bollette di conferimento già sotto

scritte, — nella falsificazione di una parte delle stesse sottoscrizioni, — nella redazione di pagine e pagine di registri relativi al

tabacco entrato nel magazzino di trasformazione, — nella parallela tenuta di una contabilità ufficiale non ri

spondente alla realtà, e di una contabilità nascosta ed effettiva, annotata con precisione e completezza,

— nelle operazioni bancarie di riscossione e di occultamento

in proprio favore dei corrispettivi del conferimento del tabacco

apparentemente liquidati ai produttori, — nell'acquisto da altra ditta di trasformazione (la Socota)

di quantitativi di tabacco in ordine ai quali sono stati chiesti

i premi per due volte, — soprattutto, nella costante complicità con il direttore pro

vinciale dell'Aima, per quanto si dirà fra breve, e con il capo centro addetto ai magazzini, per quanto si è già detto, cioè con

gli organi istituzionalmente deputati ai controlli analitici nor

mativamente previsti, complicità tradottasi nella compilazione di decine di atti pubblici ideologicamente falsi e avente come

contropartita la corresponsione di notevoli benefici economici.

È evidente che, se le parole hanno un senso, il termine «espo sizione» non può essere dilatato a tal punto da riassumere in

sé quanto fin qui riassunto.

Vi è però un altro elemento da tenere in considerazione, pe culiare alla nozione di truffa, e invece assente dalla formulazio

ne dell'art. 2 1. 898/86: l'induzione in errore; la disposizione da ultimo menzionata non esige che dalla «esposizione di dati

o di notizie falsi» derivi l'inganno della parte lesa, ma soltanto

che, attraverso quell'attività documentale, siano indebitamente

conseguiti i contributi a carico del Feaog: non si tratta di ipote si inimmaginabili nella realtà, se è vero quanto in precedenza

ricordato, con riferimento alla corresponsione da parte del fon

do di sovvenzioni a titolo di anticipazioni sulla base della mera richiesta dell'interessato.

Nella truffa invece, com'è noto, il momento centrale è rap

presentato proprio dalla induzione in errore: gli artifizi e i rag

giri non rilevano in se e per se, nella loro astratta idoneità a

ingannare, ma in quanto concretamente determinano l'errore

del soggetto passivo; non esiste artifizio e raggiro rilevante sul

piano penale se in concreto non provochi l'errore e se questo non consegua agli artifizi e ai raggiri. Dunque, la condotta di

truffa non può identificarsi con esclusivo riferimento a questi ultimi, poiché l'induzione in errore non è espressione che de

li Foro Italiano — 1994.

scrive in modo tipico il nesso eziologico fra condotta e evento,

ma rappresenta la reale ed effettiva finalità della condotta, l'e

lemento essenziale per la realizzazione dell'evento.

Partendo da queste premesse, la norma di cui all'art. 2 1.

898/86 non può ritenersi «speciale» rispetto a quella di cui al

l'art. 640 c.p., perché, se da un lato contiene i dati ulteriori

e specifici prima menzionati, non contiene però il nucleo essen

ziale della norma generale, quella induzione in errore avulsa

dalla quale l'azione degli artifizi e dei raggiri appare un seg mento generico e indeterminato del tipo di fatto incriminato.

Tornando a calare la riflessione concettuale nella realtà pro

cessuale, non vi è dubbio nella specie in ordine alla induzione

in errore degli organi preposti alla erogazione delle sovvenzioni

Cee da parte del Panigoni e dei suoi complici: un errore deter

minato non già dalla mera «esposizione di dati o di notizie fal

si» da parte del titolare delle ditte di trasformazione, bensì dal

la mole dei documenti redatti dal capo centro calabrese, e sot

toscritti dal Bartolucci, che garantivano l'autenticità delle

dichiarazioni e delle richieste del Panigoni, nonché dalla già il lustrata documentazione bancaria.

Alla soluzione della questione in esame giova anche il con

fronto con ipotesi analoghe che, facendo riferimento alla truffa

quale norma generale, hanno richiamato l'applicazione del prin

cipio di specialità; di recente la Corte di cassazione ha giudicato il caso di un assicurato contro danni derivanti da incendio a

una cosa della quale non era proprietario, che aveva dato fuoco

alla cosa stessa al fine di percepire l'indennizzo dalla società

assicuratrice, prima che la stessa liquidasse il danno (Cass., sez.

I, 2 aprile 1990, imp. Sforza e altri, id., Rep. 1991, voce Truf

fa, n. 31). Ora, pur se l'art. 642 c.p., che punisce la condotta

di chi «al fine di conseguire per sé o per altri il prezzo di un'as

sicurazione contro gli infortuni, distrugge, disperde, deteriora

od occulta cose di sua proprietà», viene ritenuto ordinariamen

te fattispecie speciale rispetto all'art. 640 c.p., nella circostanza

la Suprema corte ha ravvisato la sussistenza del delitto di tenta

tivo di truffa; ciò perché la «specialità» di cui all'art. 642 c.p. è in qualche modo circoscritta: il danneggiamento deve infatti

interessare la cosa propria e l'assicurazione deve riguardare gli infortuni. Però, poiché questi dati «specializzanti» non esauri

scono la gamma delle possibili truffe ai danni delle assicurazio

ni, ove essi — come era nel caso preso in esame — non sussista

no, viene fatta rivivere la norma generale. Un discorso simile può farsi relativamente all'art. 2 1. 898/86:

si prescinda per un momento dall'induzione in inganno, che

pure nel presente giudizio vi è stata, che è indispensabile per la sussistenza della truffa, e che invece non è necessaria per

configurare la norma del 1986, e si ammetta che la «esposizione di dati e di notizie falsi» rappresenti una specificazione degli artifizi e raggiri; ove questi oltrepassino notevolmente, per le

ragioni prima indicate, l'ambito della mera «esposizione» e sia

no anzi del tutto differenti rispetto alla stessa, non possono essere valutati tamquam non essent, o al più (come sostiene

Trib. Lecce, cit.), ex art. 133 c.p., per il semplice motivo, già

esposto, che consentono di percepire premi che mai sarebbero stati erogati sulla scorta della mera «esposizione».

L'argomento sistematico, che in qualche misura assorbe quel lo temporale, apporta ulteriori contributi alla tesi sostenuta da

questo collegio; invero, come è già stato ricordato, la successio

ne delle leggi intervenute in materia si e cosi articolata: — nel 1986 è stato introdotto l'art. 2 1. 898/86, del quale

si è detto, — nel 1990 la 1. 55/90 ha inserito nel codice penale l'art.

640 bis, che eleva fino a sei anni la reclusione «se il fatto di

cui all'art. 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevo lati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo (...) concessi o ero

gati da parte (...) delle Comunità europee», — nel 1992 la 1. n. 142 ha modificato l'art. 2 1. 898/86, che

ora inizia con la formula «ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall'art. 640 bis c.p.».

Chi ha teorizzato la specialità, fino alla introduzione dell'art.

640 bis c.p., dell'art. 2 1. 898/86 rispetto all'art. 640 c.p. ha — in coerenza con tale impostazione e ovviamente prima della 1. 142/92 — sostenuto che il legislatore avesse in un primo mo

mento ritenuto esaustiva sul piano sanzionatorio la stessa 1.

898/86, e avesse in un momento successivo, «sotto l'impulso di altre circostanze o esigenze, (...) ripensato la soluzione ritor

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Page 5: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 29 giugno 1993; Pres. Buffa, Est. Mantovano; imp. Panigoni ed altri

GIURISPRUDENZA PENALE

nando alla originaria disciplina dell'art. 640 specificata in alcu

ni elementi della fattispecie e soprattutto aggravata quanto alle

pene» (cosi Trib. Taranto, cit.). Ma il discorso, criticabile quanto

agli altri argomenti per quello che si è prima esposto, non è

accettabile nemmeno sul piano sistematico dopo l'entrata in vi

gore della 1. 142/92: non si trascuri infatti che, come si è ricor

dato, Trib. Taranto riteneva l'art. 2 1. 898/86 implicitamente

abrogato a seguito dell'introduzione dell'art. 640 bis c.p.

Dal testo dell'art. 73 1. 142/92 si ricava invece che l'art. 2

1. 898/86 è vivo e vitale, e che si applica «ove il fatto non confi

guri il più grave reato previsto dall'art. 640 bis c.p.»; le due

norme — l'art. 640 bis c.p. e la nuova formulazione dell'art.

2 1. 898/86 — apportano allora un contributo interpretativo

autentico alla tesi giurisprudenziale secondo la quale lo stesso

art. 2 1. 898/86, nella sua formulazione originaria, costituiva

una sorta di norma di chiusura del sistema sanzionatorio in ma

teria di frodi comunitarie, ed è stato «introdotto dal legislatore

nella legge di conversione al fine di non lasciare impunite con

dotte che, seppure fraudolentemente predisposte per il conse

guimento di illeciti risultati, potessero sfuggire, non presentan

do le connotazioni dell'ipotesi criminosa prevista dall'art. 640

c.p., alla repressione penale e lasciare, quindi, impunite attività

comunque incidenti sulla corretta ed ordinata gestione degli aiuti

comunitari» (Cass., sez. II, 13 giugno 1988, imp. Fani, id., Rep.

1989, voce Agricoltura, n. 69). E se nella giurisprudenza di merito vi è stato chi ha parlato

in proposito di «incontrollabile frenesia del legislatore», dopo

aver auspicato un accertamento da parte della commissione an

timafia delle ragioni dell'approvazione dell'art. 2 1. 898/86 (cfr.

Trib. Lecce, cit.), questo tribunale ritiene che il giudice non debba preoccuparsi delle condizioni soggettive del legislatore al

l'atto del varo delle leggi, e neanche delle sue intenzioni riposte

ed eventualmente mafiose, pur se si ravvisano sorprendenti coin

cidenze tra l'approvazione di certe norme e la pubblicazione

dell'amnistia; ritiene piuttosto che le leggi vadano interpretate

e applicate nella loro oggettività, per il significato che hanno

sulla base dei criteri ermeneutici codificati, e secondo la gerar

chia di questi ultimi. In realtà, con l'art. 73 1. 142/92 il legislatore ha inteso elimi

nare ogni ragione di incertezza sulla presunta tacita abrogazio

ne dell'art. 2 1. 898/86 a seguito dell'introduzione dell'art. 640

bis c.p.; il sistema, lungi dall'apparire schizofrenico, è invece

del tutto coerente, pur se non altrettanto chiaro, come dimo

strano le contrastanti interpretazioni cui ha dato adito. L'inter

vento sanzionatorio dello Stato segue una sorte di doppio bina

rio, oggi come in passato: oggi punendo, con l'art. 640 bis c.p.,

le truffe vero nomine, e con l'art. 2 1. 898/86, come modificato

dall'art. 73 1. 142/92, la condotta di chi, pur non realizzando

artifizi e raggiri e non inducendo all'inganno, consegue le inde

bite sovvenzioni attraverso la mera esposizione di dati o notizie

falsi; in passato, prima della 1. 55/90, conseguendo i medesimi

intenti sanzionatori tramite l'art. 640, cpv., c.p. e l'art. 2 1.

898/86 nella versione originaria.

Allora come ora, lo scopo dell'art. 2 1. 898/86 è quello di

reprimere le condotte illecite che si esauriscono nel semplice men dacio consistente nella «esposizione» di dati e di notizie falsi,

senza alcun tentativo di far apparire la coltivazione e la trasfor

mazione dei prodotti della terra differenti da quelle reali; e per

tanto si applica ai casi in cui non emerge alcuna forma di artifi

ciosa immutazione della realtà, di fraudolenza, di messa in sce

na, di ingannevole organizzazione di mezzi e di strutture

produttive che invece connotano le condotte finalizzate all'ille

cito conseguimento dei contributi Cee, tese a manipolare i con

trolli documentali e i riscontri fisici integrali. Fa quindi riferi

mento ai comportamenti dei piccoli coltivatori, che si limitano

a formulare richieste di indebite sovvenzioni, e a conseguirle

attraverso la semplice compilazione in modo non veritiero di

stampati e di moduli. Né può sostenersi (come fa Trib. Lecce, cit.), che tale doppio

binario vale per il presente, ma non già per il passato, per l'as

senza, nella versione originaria dell'art. 2 1. 898/86, della clau

sola di riserva inserita successivamente; quella clausola in realtà

sarebbe stata superflua, sulla scorta del riferimento al principio

di specialità se l'esegesi della norma non avesse condotto ai con

trasti fin qui descritti: l'averla inserita appare un intervento che

di fatto si muove più sul piano dell'interpretazione autentica

piuttosto che su quello della integrazione.

Il Foro Italiano — 1994.

Va aggiunto che, se valesse la tesi della assoluta specialità

dell'art. 2 1. 898/86 rispetto all'art. 640 c.p. per i fatti oggetto

di questo giudizio, identico discorso dovrebbe porsi, pur in pre

senza della clausola introdotta dall'art. 73 1. 142/92, con riferi

mento ai rapporti fra l'art. 640 bis e il nuovo art. 2 1. 898/86:

invero, posto che la prima norma richiama, quanto alla condot

ta, «il fatto di cui all'art. 640 c.p.», apparirebbe tutt'altro che

risolto il problema della distinzione fra le condotte che integra

no gli artifizi e raggiri richiesti per la truffa e quelle che invece

rientrano nell'ambito della «esposizione di dati o notizie falsi»;

una dilatazione sul terreno interpretativo di tale «esposizione»,

come era sostenuta da Trib. Taranto, cit., restringerebbe note

volmente l'applicazione dell'art. 640 bis, in questo caso con

travvenendo a una esplicita — in quanto ricavabile dai lavori

preparatori della 1. 55/90 — intenzione del legislatore.

Quanto fin qui esposto fonda la ritenuta sussistenza nel caso

di specie delle contestate ipotesi di truffa, nonché delle aggra

vanti di cui all'art. 640, cpv., n. 1, e 61, n. 7, c.p.: quanto

alla prima, valgono le ragioni riassunte in precedenza; quanto

alla seconda, l'entità degli importi indebitamente percepiti, pari

a svariate centinaia di milioni di lire annue. L'aggravante di

cui all'art. 61, n. 7, c.p. va ritenuta anche per l'imputazione

di cui al capo dì), in ordine al quale è stata contestata in dibat

timento, dovendo sicuramente qualificarsi in se e per se di rile

vante gravità un danno patrimoniale, corrispondente al profitto

indebitamente conseguito, pari a quasi 200 milioni di lire, indi

pendentemente — sulla scorta della consolidata giurisprudenza

del giudice di legittimità — dalle capacità economiche della par

te offesa; identico discorso va fatto quanto al capo gl), in rela

zione alla consapevolezza della Spedicato dell'entità degli im

porti che il contributo da lei apportato alla realizzazione della

truffa permetteva di raggiungere: infatti, le somme delle sov

venzioni sono state corrisposte sulla scorta di quella contabilità

redatta dalla stessa Spedicato, e comunque riassunta nei pro

spetti che aprono la DS, e che illustrano le entrate e le uscite.

Sussiste inoltre, per i capi ti), m), o), b\), e gl), l'aggravante

di cui all'art. 61, n. 9, c.p., essendo stati i fatti commessi abu

sando delle funzioni di pubblico ufficiale del Bartolucci e del

Calabrese. (Omissis)

TRIBUNALE PER I MINORENNI DE L'AQUILA; sentenza 21 aprile 1993; Pres. Di Stefano, Est. Eramo; imp. Di Cola.

TRIBUNALE PER I MINORENNI DE L'AQUILA;

Competenza e giurisdizione penale — Competenza per i proce

dimenti riguardanti i magistrati — Magistrati onorari — Ap

plicabilità (Cod. proc. pen., art. 11; r.d. 30 gennaio 1941 n.

12, ordinamento giudiziario, art. 4).

La norma di cui all'art. 11 c.p.p., che disciplina la competenza

per i procedimenti riguardanti magistrati, è applicabile anche

ai magistrati onorari, tra i quali sono inclusi i vice procu

ratori. (1)

(1) Analogamente, v., in dottrina, Macchia, in Commentario del nuovo

codice di procedura penale diretto da Amodio e Dominioni, Milano,

1989, I, 66, sub art. 11. Nello stesso senso, per l'operatività dell'abro

gata normativa riguardante la competenza nei procedimenti relativi ai

magistrati nei confronti dei vice pretori onorari, cfr. Cass. 19 gennaio

1973, Orlandi, Foro it., Rep., 1973, voce Rimessione di procedimenti,

n. 4; e, in dottrina, Conso-Grevi, Commentario breve al codice di pro

cedura penate [del 1930], Padova, 1987, 200, sub art. 41 bis, II; Rubio

la, La nuova disciplina della competenza nei procedimenti relativi a

magistrati, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 653.

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