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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 3 maggio 1988; Pres. Colarieti, Est. Sansone; imp....

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sentenza 3 maggio 1988; Pres. Colarieti, Est. Sansone; imp. Avraham Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 141/142-143/144 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182707 . Accessed: 25/06/2014 03:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 03:34:05 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 3 maggio 1988; Pres. Colarieti, Est. Sansone; imp. AvrahamSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.141/142-143/144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182707 .

Accessed: 25/06/2014 03:34

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

Fatto e diritto. — Con decreto del Pretore di Novara in data

16 novembre 1987 disponevasi l'archiviazione degli atti relativi

a Verzaroli Carlo, rinvenuto, il 15 novembre 1987, a caccia in

agro del comune di Cerano ed in possesso di arma ritenuta non

conforme alle norme perché avente capacità di quattro colpi che

veniva sequestrata. Gli atti suddetti venivano, però, il 20 novembre 1987, richiesti

dal procuratore della repubblica di Novara e, con successivo or

dine di comparizione del 25 febbraio 1988, contestavasi a Verza

roli Carlo l'illecito penale in epigrafe. Perizia balistica subito disposta accertava che la capacità di

quattro colpi dell'arma summenzionata era stata ridotta a quella consentita dalla licenza di caccia rilasciata all'imputato mediante

applicazione di asticolo filettato sul tappo anteriore del serbatoip del caricatore, asticolo rimuovibile facendo uso di pinze o di chiave

inglese da sei millimetri.

Verzaroli Carlo, interrogato dal p.m. in data 21 maggio 1988, dichiarava di aver provveduto personalmente alla riduzione della

capacità di carico del serbatoio dell'arma, acquistando un astico

lo in armeria e, pur riconoscendo le possibilità di ripristinare le

originarie capacità dell'arma stessa mediante la rimozione di una

molla, negava sia di averlo fatto sia che, il 15 novembre 1987, il fucile da lui portato disponesse di più di due colpi. Disponeva

si, quindi, la citazione con il rito direttissimo di Verzaroli Carlo

per l'udienza del 17 giugno 1988 affinché costui rispondesse del

reato ascrittogli in epigrafe. Alla data da ultimo indicata, l'imputato, interrogato all'esor

dio dell'istruttoria dibattimentale, confermava ogni sua precedente dichiarazione e, esibita dalla difesa dell'imputato stesso asticciuo

la metallica montata su tappo filettato, riconosceva nella stessa

pezzo in tutto simile a quello da lui applicato sul proprio fucile,

asserendo che l'asticciuola oggetto di esibizione veniva apposita

mente costruita allo scopo di ridurre nei limiti della norma le

maggiori capacità di carico delle armi in produzione.

L'agente De Pauli Gianfranco, escusso come teste, dichiarava

che, il 15 novembre 1987, all'atto del controllo dell'imputato, l'arma in possesso di costui era stata, in realtà, trovata con al

l'interno un solo colpo. Chiusa l'istruttoria dibattimentale, il p.m. e la difesa dell'im

putato concludevano come in atti.

Le emergenze istruttorie del dibattimento hanno evidenziato come

struttrici e dalle medesime impiegato per ridurre la capacità di munizio

namento, strutturalmente maggiore, delle armi di propria produzione. Al di là della soluzione del caso di specie, è di tutta evidenza come

la decisione sia destinata a sortire effetti di assai più larga portata deri

vando da essa il surrettizio avallo dell'asserita prassi delle case produttrici di ridurre nei limiti consentiti dalla normativa sulla caccia (v. art. 9 1.

27 dicembre 1977 n. 968) le caratteristiche balistiche di armi originaria mente concepite con potenzialità maggiore, e ciò mediante l'impiego di

dispositivi di costo presumibilmente modesto e di facile applicabilità ma

di altrettanto facile eliminabilità, con conseguente ripristino delle caratte

ristiche balistiche originarie, interdette per l'uso venatorio.

Un tale atteggiamento valutativo, che il Tribunale di Novara ha dissi

mulato dietro lo schermo di una conclusione dissonante rispetto alle pre messe, urta, peraltro, contro il tradizionale ed assolutamente costante

indirizzo giurisprudenziale secondo cui la facile ripristinabilità della nor

male efficienza di un'arma e, dunque, anche di una certa caratteristica

balistica, che ne potenzi la concreta efficienza, equivale, sul piano del

l'antigiuridicità penale, alla sua efficienza (o maggiore efficienza) attuale, essendo la qualità di arma od una data caratteristica della stessa escluse

soltanto dalla loro assoluta e permanente rimozione, imputabile a cause

non agevolmente eliminabili, a guasti non riparabili e, in generale, a si

tuazioni non facilmente ovviabili: vedi, per tutte, ultime di un'innumere

vole serie, Cass. 21 giugno 1985, Para, Foro it., Rep. 1987, voce Armi,

n. 97; 10 gennaio 1986, Papaccio, ibid., n. 98; 24 febbraio 1986, Velata,

ibid., n. 99; 9 giugno 1986, Vasile, ibid., n. 100; 25 giugno 1986, Salleci

ti, ibid., n. 101; 7 luglio 1986, Moduli, ibid., n. 102; 30 settembre 1986,

Gallarate, ibid., n. 103; 30 aprile 1985, Giacomelli, id., Rep. 1986, voce

cit., n. 12; 12 gennaio 1985, Nunerotto, ibid., n. 32; 6 aprile 1984, Ali

gante, ibid., n. 100.

Alla luce del richiamato orientamento non sembra confutabile che l'ar

ma di cui sia ripristinabile la capacità di munizionamento originaria at

traverso il banale svitamento, mediante pinze o chiave inglese, del congegno riduttore debba, ai fini che qui rilevano, essere considerata con riguardo alle sue caratteristiche balistiche strutturali e potenziali, che possono in

ogni momento essere rese facilmente attuali, anziché a quelle del tutto

accidentali e contingenti derivanti dall'inserimento di un congegno age volmente rimuovibile ad libitum dell'interessato. [E. Gironi]

Il Foro Italiano — 1989 — Parte II-5.

le armi di attuale produzione utilizzino soluzioni di riduzione del

le strutturali capacità di carico di munizioni aventi carattere tec

nicamente accessoriale, attivabili mediante una semplice operazione di svitamento del tappo di originale dotazione al serbatoio del

l'arma ed avvitamento, nella sede di detto tappo, dell'accessorio

appositamente prodotto. Non può sottacersi, a questo punto, come l'intervento dell'im

putato eseguito sull'arma rinvenuta in suo possesso, cosi come de

scritto nella perizia balistica degli atti, appaia di analoga consistenza

rispetto a quello attenibile facendo uso delle surriferite soluzioni ac

cessoriali, soluzioni delle quali quanto esibito dalla difesa dell'im

putato in dibattimento evidenzia il diffuso carattere commerciale.

Ciò in quanto il meccanismo di riduzione, artigianalmente rea

lizzato dall'imputato, può essere rimosso mediante la stessa ope razione di svitamento utile a rimuovere il tappo e l'asticolo di

assemblaggio commerciale.

In tali condizioni la facilità di asporto del suddetto meccani

smo, affermata nella perizia agli atti, va negata e con essa la

stessa sussistenza del fatto all'imputato addebitato. Quanto pre cede comporta, poi, che dell'arma sequestrata vada ordinata la

restituzione all'imputato stesso.

TRIBUNALE DI TRIESTE; sentenza 3 maggio 1988; Pres. Co

larieti, Est. Sansone; imp. Avraham.

TRIBUNALE DI TRIESTE;

Competenza e giurisdizione penale — Nave straniera in acque territoriali italiane — Armi in dotazione a bordo — Introdu

zione in Italia di armi in mancanza di autorizzazione ministe

riale — Giurisdizione italiana — Esclusione (Cod. nav., art.

2; cod. pen., art. 3, 4; 1. 8 dicembre 1961 n. 1658, adesione

alla convenzione sul mare territoriale e la zona contigua e la

convenzione sull'alto mare, adottata a Ginevra il 29 aprile 1958

e loro esecuzione: convenzione sul mare territoriale e la zona

contigua, art. 19; 1. 2 ottobre 1967 n. 895, disposizioni per il controllo delle armi, art. 1).

In base al combinato disposto delle norme in materia di giurisdi

zione penale e di quelle di diritto internazionale, agli Stati co

stieri va riconosciuta, ai fini dell'esercizio della giurisdizione

per l'accertamento di eventuali reati commessi a bordo di navi

straniere che si trovino nelle acque territoriali, una tutela sem

plicemente «funzionale», nel senso che la giurisdizione può es

sere esercitata soltanto quando si tratti di assicurare lo

svolgimento indisturbato della vita della comunità territoriale

dello Stato costiero; conseguentemente, va esclusa la giurisdi

zione quando fra la nave straniera e la comunità costiera non

vi sia alcun contatto o interferenza in grado di arrecare un

disturbo effettivo o potenziale all'ordine pubblico o alla sicu

rezza (nella specie, è stato escluso che un tale pregiudizio possa ravvisarsi nella introduzione nelle acque territoriali italiane di

armi facenti parte, in base ad evidente documentazione, della

dotazione di bordo della nave). (1)

(1) La decisione in epigrafe rappresenta un'interessante applicazione di un principio generale più volte affermato in materia di esercizio della

giurisdizione penale relativamente a fatti commessi a bordo di navi mer

cantili: il principio, cioè, per il quale il potere di conoscere e reprimere i fatti delittuosi di cui sopra dipende, più che dal luogo in cui la nave

si trova, dal collegamento intercorrente tra le due comunità (quella terri

toriale dello Stato costiero e quella navale dello Stato di bandiera). Lo

Stato costiero, di conseguenza, non sarebbe tenuto ad interessarsi di tutti

i fatti delittuosi commessi a bordo delle navi che si trovano nei propri

porti o nelle proprie acque territoriali, ma soltanto di quegli episodi che

turbino la comunità locale, potendo e dovendo gli altri fatti essere puniti

dagli organi giudiziari dello Stato di bandiera ed in base alle sue leggi

(in questo senso, cfr., di recente, Cass. 30 ottobre 1985, Abdejatif, citata

in sentenza, Foro it., 1986, li, 1, con nota di Scaglione, alla quale si rinvia

per gli ulteriori richiami bibliografici e giurisprudenziali). Nella specie, va,

peraltro, sottolineato che il difetto di giurisdizione dello Stato italiano non

comporta nemmeno la possibilità di applicazione di disposizioni penali da

parte degli organi giudiziari dello Stato di bandiera della nave: il possesso di armi facenti parte della dotazione di bordo non configura, infatti, alcun

illecito ai sensi della legislazione dello Stato di appartenenza della nave.

Circa il reato di introduzione nello Stato senza licenza di armi da guer ra rinvenute a bordo di una nave mercantile di nazionalità straniera or

meggiata in un porto italiano, cfr. Trib. Savona 28 ottobre 1987, id.,

1988, II, 255, con nota di richiami.

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PARTE SECONDA

Fatto e diritto. — Tratto a giudizio direttissimo per rispondere del delitto ascritto in rubrica, l'imputato non è comparso all'o

dierno dibattimento onde si è proceduto nei suoi confronti in

contumacia. In via preliminare la difesa dell'imputato ha eccepi to il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana sul rilievo che l'attività delittuosa addebitata allo Zaid sarebbe avve

nuta in luogo non soggetto alla sovranità dello Stato italiano per eccezione di diritto internazionale; e cioè in una nave straniera

nella acque territoriali italiane.

L'eccezione è fondata. Dal combinato disposto degli art. 3, 1° comma, e 4, 2° comma, c.p. e dell'art. 2 c. nav. si potrebbe dedurre che chiunque, (cittadino o straniero) si trovi nel mare

territoriale, che è un luogo soggetto alla sovranità dello Stato

italiano (art. 2 c. nav. e art. 4, 2° comma, c.p.) è soggetto alla

osservanza della legge penale italiana (art. 3, 1° comma, c.p.). È da tener presente, però, che l'art. 3 c.p., allorquando stabili

sce l'obbligatorietà della legge italiana per tutti coloro che si tro

vano nel territorio dello Stato, fa salve l'eccezioni previste «dal

diritto internazionale».

Occorre esaminare, quindi, se nel caso di specie non ricorre

una tale eccezione all'obbligatorietà della legge penale. In defini

tiva si tratta di esaminare l'ambito della giurisdizione penale da

parte dello Stato costiero su navi straniere nelle acque territoriali.

Secondo una tesi che ormai può dirsi consolidata nella giuris

prudenza italiana e che trova sostenitori anche nella prevalente dottrina internazionalistica l'esercizio della giurisdizione dello Stato

costiero può aversi solo riguardo a fatti commessi a.bordo della

nave che per i loro effetti interferiscono nella vita della comunità

territoriale turbandone il buon ordine e la sicurezza (e di fatti

esterni), mentre sono riservati alla giurisdizione esclusiva dello

Stato della bandiera quei fatti che esauriscono i loro effetti all'in

terno della comunità viaggiante (e di fatti interni) (v. Cass. 20

settembre 1968, Skoufalos, Foro it., 1969, II, 193; 30 ottobre

1969, Matrino, id., Rep. 1971, voce Legge penale, n. 2; 30 otto

bre 1985, Abdejatif, id., 1986, II, 1; Trib. Napoli 7 febbraio 1974, id., Rep. 1974, voce Competenza penale, n. 83).

Tale tesi, della quale questo collegio ritiene di non doversi di

scostare, è aderente al principio di diritto internazionale fissato

dall'art. 19 della convenzione di Ginevra del 25 aprile 1958, resa

esecutiva con 1. 8 dicembre 1961 n. 1658, in base al quale la

giurisdizione penale dello Stato costiero non dovrebbe essere eser

citata a bordo di una nave straniera, in passaggio nel mare terri

toriale, per l'arresto di persone o l'esercizio di atti di ispezione, in dipendenza di un'infrazione penale commessa a bordo della

nave stessa durante il suo passaggio nel mare territoriale, salvo

che le conseguenze dell'infrazione si estendano allo Stato riviera

sco, o l'infrazione sia di tale natura da turbare la pace pubblica del paese o il buon ordine nel mare territoriale, o l'assistenza

dell'autorità locali sia stata richiesta dal capitano della nave o

dal console dello Stato della bandiera, o le dette misure siano necessarie per la repressione del traffico illecito degli stupefacenti.

Il diritto internazionale, in sostanza, riconosce allo Stato co

stiero una tutela semplicemente funzionale, consentendogli di eser

citare la propria giurisdizione ogni qualvolta si tratti di assicurare

10 svolgimento indisturbato della vita alla comunità territoriale.

Ciò significa, come è stato notato dalla dottrina, che lo Stato

costiero può esercitare la propria giurisdizione sulle navi altrui non perché queste si trovino nel suo territorio o comunque in

un certo spazio sottoposto al suo controllo, ma perché e finché

esse turbino in qualche modo il normale svolgimento della vita

della comunità costiera. Conseguentemente si ritiene che in difet

to di un «concetto» di un'interferenza fra la nave straniera e la

comunità costiera, l'esercizo della giurisdizione da parte dello Stato

costiero costituisce un'ingerenza internazionalmente illecita in quan to si traduce in un intralcio ingiustificato alla libertà di naviga zione al cui mantenimento gli Stati hanno invece interesse per

ragioni di carattere commerciale.

Individuato il criterio di delimitazione fra le contrapjposte sfere di giurisdizione dello Stato della bandiera e dello Stato costiero nella distinzione fra «fatti interni» e «fatti esterni» alla nave, le difficoltà sorgono indubbiamente allorché si passa all'applica zione pratica di tale distinzione. Anche perché nelle prassi inter

nazionali per affermare la giurisdizione dello Stato costiero si

adotta non solo il requisito del disturbo «effettivo» ma anche

quello del disturbo «morale»; ovverossia si afferma la giurisdi zione dello Stato costiero anche riguardo a fatti, la cui natura

11 Foro Italiano — 1989.

si rivela soltanto potenzialmente idonea a turbare l'ordine pub

blico e la sicurezza della comunità territoriale.

Orbene, ritiene il tribunale di poter affermare che nel caso in

esame nessuno dei due tipi di disturbo appena descritti s'è verifi

cato nei confronti della comunità territoriale per la presenza delle

armi trovate a bordo della nave israeliana «Tilia».

Ed invero è pacificamente provato che tali armi costituivano

«dotazione di bordo» della nave debitamente autorizzata dalle

«autorità di sicurezza israeliane» e cosi descritto dalla relativa

documentazione.

Del resto, anche il nostro codice della navigazione prevede che

le navi commerciali siano dotate di armi e munizioni la cui de

scrizione deve essere contenuta nel ruolo di equipaggio (art. 176,

n. 6, c. nav.) ed il cui imbarco deve essere autorizzato dal co

mandante del porto o dell'autorità consolare (art. 193, 2° com

ma, c. nav.), escludendosi, quindi, la necessità di qualsiasi autorizzazione del ministero per l'interno.

In presenza di tali documenti risulta evidente che la destinazio

ne di tali armi non era quella di «introdotte» nel territorio dello

Stato italiano, sibbene di costituire, come è sicuramente nella ra

tio delle norme che prevedono che la nave possa essere dotata

di armi (art. 176, n. 6, art. 193, 2° comma, c. nav.), mezzo di

difesa da eventuali attacchi anche interni alla nave, come del re

sto hanno evidenziato i militi della guardia di finanza nel loro rapporto.

Si osserva poi che in forza della regola di cui ai n. 1 e 4 del

l'art. 14 della convenzione di Ginevra, le navi di tutti gli Stati

godono del diritto di passaggio inoffensivo sul mare territoriale.

E il carattere inoffensivo del passaggio ricorre ogniqualvolta la

nave in transito non utilizzi il mare territoriale di uno Stato co

stiero al fine di compiere un atto che attenti alla sicurezza, all'or

dine pubblico o agli interessi fiscali di tale Stato. Ora, è pacifico che a determinare il carattere offensivo del passaggio non è tanto

la natura intrinseca della nave, quanto piuttosto il comportamen to tenuto dalla comunità navale nel corso del passaggio. Ne con

segue che la minaccia alla sicurezza dello Stato costiero deve

desumersi dall'effettivo comportamento dei membri della comu

nità navale. Nel caso in questione manca la prova di un compor tamento dello Zaid che abbia potuto costituire un attentato alla

sicurezza, all'ordine pubblico, agli interessi fiscali dello Stato co

stiero.

Conseguentemente deve escludersi che l'esistenza di armi «in

dotazione», a bordo della nave, in presenza della idonea docu

mentazione, si rivelasse anche solo potenzialmente, idonea a tur

bare l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato nonostante la

vicinanza della nave israeliana alla comunità costiera (la nave,

infatti, è entrata nel porto di Trieste). Per quanto già detto invero (tutela funzionale della giurisdizio

ne dello Stato costiero), la distanza tra la nave e la costa rileva

non tanto per legittimare o escludere aprioristicamente la giuris dizione dello Stato costiero, sulle nave altrui, ma come uno degli elementi che occorre prendere in considerazione per stabilire se, in un caso concreto, ci sia stata o possa esserci interferenza fra

fatti commessi a bordo della nave e comunità costiera.

A diversa conclusione deve pervenirsi in presenza, a bordo del

le navi, di armi sprovviste di documentazione idonea ad accertare

che le stesse costituiscono «dotazione» di bordo, oppure la loro

origine e destinazione.

A sostegno di tale giudizio (di non turbamento della comunità costiera per la presenza a bordo della nave di armi in dotazione

della stessa perché opportunamente documentate) va rilevato che, come è stato sottolineato in una non remota decisione del Tribu

nale di Napoli, «nessuno Stato, tantomeno quello italiano, ha

mai ritenuto di esercitare la giurisdizione penale nei confronti delle

navi straniere, nelle acque territoriali, in riferimento a quei com portamenti di bordo collegati alla mancanza di autorizzazione di

pubblica sicurezza (ad esempio per l'esercizio di vendita al pub blico di oggetti sulla nave, per la detenzione di armi in dotazione

dei membri dell'equipaggio) (Trib. Napoli 7 febbraio 1974 cit.). Pertanto deve dichiararsi non doversi procedere nei confronti

di Zaia Avraham in ordine al reato ascrittogli per difetto di giuris dizione dell'autorità giudiziaria italiana e conseguentemente, di

sporsi il dissequestro delle armi e munizioni in sequestro e la

restituzione delle stesse all'avente diritto.

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