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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 4 dicembre 1991; Giud. Genna; imp. Mortillaro e...

Date post: 30-Jan-2017
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sentenza 4 dicembre 1991; Giud. Genna; imp. Mortillaro e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp. 251/252-257/258 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185942 . Accessed: 24/06/2014 23:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.163 on Tue, 24 Jun 2014 23:41:16 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 4 dicembre 1991; Giud. Genna; imp. Mortillaro e altri

sentenza 4 dicembre 1991; Giud. Genna; imp. Mortillaro e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp.251/252-257/258Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185942 .

Accessed: 24/06/2014 23:41

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PARTE SECONDA

6. - Da più parti è stata sottolineata l'«anomalia» della libe

razione condizionale rispetto alle altre misure alternative alla

detenzione trattandosi di beneficio sganciato da ogni tipo di

trattamento il che è, peraltro, connaturale all'epoca in cui l'isti

tuto vide la luce. E tuttavia, nonostante la scarsa utilità di una

misura quale la libertà vigilata, non è precluso al magistrato di sorveglianza, in forza dell'art. 23 della legge minorile, predi

sporre prescrizioni tali da realizzare almeno in parte adeguate forme di controllo sociale e di stimolo rieducativo nell'ambito

di un istituto che non le prevederebbe. (Omissis) Nel caso il presente provvedimento dovesse trovare conferma

potrebbe esser applicato ad Al Ashker l'ultimo comma dell'art.

200 c.p. in base al quale «l'applicazione di misure di sicurezza

allo straniero non impedisce l'espulsione di lui dal territorio dello

Stato, a norma delle leggi di pubblica sivurezza». In altre paro le la misura dell'espulsione (prevista obbligatoriamente dall'art.

235 c.p. e disposta in sentenza nei confronti di Al Ashker) po trebbe essere applicata anche prima dell'esecuzione della misura

di sicurezza della libertà vigilata. Spetta, peraltro, al ministro

dell'interno, ex art. 150, 2° comma, t.u.l.p.s., risolvere in con

creto l'alternativa tra attuazione della misura di sicurezza ed

espulsione.

I

PRETURA DI MARSALA; PRETURA DI MARSALA; sentenza 4 dicembre 1991; Giud.

Genna; imp. Mortillaro e altri.

Edilizia e urbanistica — Costruzioni abusive — Concessione in

sanatoria — Illegittimità — Disapplicazione — Esclusione (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrati

vo, art. 5; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di

controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive, art. 13, 22).

Edilizia e urbanistica — Costruzioni abusive — Concessione edi

lizia — Illegittimità — Disapplicazione — Esclusione — Rea

to — Insussistenza (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, art.

5; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 20).

Non è consentito al giudice penale disapplicare una concessione

in sanatoria ritenuta illegittima, essendo riservato all'ammini

strazione in via esclusiva l'accertamento di conformità delle

opere alla disciplina urbanistica. (1) Non è consentito al giudice penale disapplicare una concessione

edilizia ritenuta illegittima, essendo prevista dalla legge come

reato la fattispecie di lavori in assenza di concessione, e non

anche di lavori in base a concessione illegittima. (2)

II

PRETURA DI FIRENZE; sentenza 7 maggio 1991; Giud. Cri

velli; imp. Viviani Della Robbia.

Edilizia e urbanistica — Concessione edilizia — Necessità —

Costruzione abusiva — Autorizzazione in sanatoria — Effi

cacia estintiva — Reato — Insussistenza (L. 20 marzo 1865

n. 2248, ali. E, art. 5; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 13, 22). ' Il rilascio di autorizzazione in sanatoria relativamente a lavori

per i quali è configurabile l'obbligo di concessione, ha effica cia estintiva del reato, essendosi comunque positivamente at

tivato il potere di controllo di conformità dell'intervento alla

disciplina urbanistica. (3)

(1-3) I. - La posizione delle sezioni unite sulla non disapplicabilità del la concessione illegittima da parte del giudice penale (Cass. 31 gennaio 1987, Giordano, Foro it., 1989, II, 297, con nota di C. M. Barone), è

da ultimo ribadita da Cass. 23 settembre 1989, Pezzangora, id., Rep.

Il Foro Italiano — 1992.

I

(Omissis). Resta, pertanto, fermo il fatto che per le opere abusive indicate in epigrafe (prima parte dell'imputazione) la

concessione in sanatoria venne rilasciata. Il p.m. ha sostenuto

che il compito del giudice non si esaurirebbe nel rilevare l'esi

stenza di tale provvedimento per pervenire alla declaratoria di

cui all'art. 531 c.p.p., ma consisterebbe anche nel verificare se

la concessione sia illegittima, poiché, in tale ipotesi, sarebbe

preclusa l'operatività dell'effetto previsto dalla norma suindica

ta (vedasi Cass., sez. Ili, 27 marzo 1990 n. 810, in base alla

quale il sindacato del giudice dovrebbe estendersi ai soli casi

di macroscopica illegittimità del provvedimento). Nel caso in

esame, l'espletamento di tale indagine, in base all'assunto della

pubblica accusa, consentirebbe di escludere l'effetto estintivo

del reato a causa della illegittimità della concessione in sanato

ria conseguente al mancato integrale pagamento dell'intero im

porto dovuto a titolo di oblazione e all'errato computo di esso,

determinato senza effettuare il calcolo del doppio del contribu

to dovuto in violazione della disciplina di cui al 3° comma del

l'art. 3 1. 47/85.

A rigore, questa tesi introduce nell'accusa un fatto nuovo

rilevante che non dovrebbe trovare ingresso nel presente proce dimento perché non espresso nell'imputazione originariamente contestata (assenza di concessione) con lesione dei diritti di di

fesa, comunque, nel merito, tale contestazione è infondata. In

vero, l'orientamento cui si ispira la pubblica accusa muove dal

la considerazione che una diversa interpretazione dell'art. 22

1. n. 47 finirebbe col subordinare il giudice all'operato della

pubblica amministrazione e richiama a sostegno le argomenta zioni contenute nella decisione n. 370 del 1988 della Corte costi

1990, voce Edilizia e urbanistica, n. 489 e 7 gennaio 1991, Sertorelli, Riv. pen., 1992, 77.

Gli elementi di novità emergenti dalla 1. 28 febbraio 1985 n. 47, per cui sarebbe il comportamento in contrasto con la disciplina urbanistica

(a prescindere dall'andamento formale del rilascio della concessione) ad assumere la centralità nel giudizio penale, sono superati da una scru

polosa applicazione del principio di stretta legalità, che non consente — a parere del Pretore di Marsala — «un'inversione del procedimento logico di interpretazione giuridica» ed impone di muovere dal testo del

la norma incriminatrice, in cui «assenza di concessione» non può essere

equiparata a presenza di concessione (pur illegittima). Non sono, peraltro, scomparse opinioni in contrario: Cass. 9 gennaio

1989, Bisceglia, Foro it., 1989, II, 297, con nota critica di C. M. Baro

ne; Pret. Agropoli 16 gennaio 1988, id., Rep. 1989, voce cit., n. 667 e Giur. merito, 1989, 440, con nota di Benini; Pret. Gragnano 10 mar zo 1988, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 660.

II. - Se l'ostacolo alla disapplicazione deriva dalla formulazione della norma incriminatrice, dovrebbe conseguenzialmente negarsi efficacia estin tiva alla concessione in sanatoria illegittima, posto che il reato è com

pleto nei suoi elementi costitutivi, e la causa di estinzione proviene ab externo. Ma Corte cost. 31 marzo 1988, n. 370, id., 1989, I, 2424, con nota di Giorgio, invocata da molti a sostegno del potere di disap plicazione di una concessione in sanatoria illegittima (in tal senso, Pret. Ivrea 15 giugno 1989, id., 1990, II, 149, con nota di Giorgio; Pret. Lucca 3 maggio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 800; Pret. Castellam mare del Golfo 19 ottobre 1988, ibid., n. 774) da parte del giudice penale (che «conserva tutti i poteri che l'ordinamento normalmente gli conferisce in ordine alla valutazione della legittimità dell'atto ammini strativo. E non si può dubitare che la sanatoria ex art. 13 sia un atto

amministrativo»), è diversamente «interpretata» nella prima sentenza in epigrafe, ponendosi l'accento su quella parte della motivazione della Consulta sull'incompetenza istituzionale del giudice penale a compiere l'accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici (ar gomentazione, per la verità, svolta dalla corte per giustificare l'oppor tunità di una sospensione del processo penale durante il procedimento per il rilascio della concessione in sanatoria).

Anche la Suprema corte esclude un accertamento del giudice sulla «sostanzialità» della violazione, a dispetto dell'accertamento di confor mità compiuto dall'amministrazione (vedi richiami nella nota di Gior gio a Pret. Ivrea 15 giugno 1989, cit., cui adde, Cass. 30 settembre

1987, Demuro, id., Rep. 1990, voce cit., n. 680). In dottrina, da ulti

mo, v. Esposito, Illegittimità della concessione edilizia in sanatoria ed estinzione del reato di costruzione abusiva, in Riv. pen. economia, 1989, 117.

III. - La fattispecie di cui alla seconda sentenza in epigrafe appare analoga a Cass. 20 maggio 1988, Ronza, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 790, che sembra ritenere irrilevante il nomen iuris o il contenuto del

provvedimento in sanatoria, derivando l'estinzione del reato edilizio non dalla legittimità o congruità della concessione, ma dal rilascio della stessa.

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GIURISPRUDENZA PENALE

tuzionale (Foro it., 1989, I, 2424), nella parte in cui assume:

«il giudice penale conserva tutti i poteri che, normalmente, l'or

dinamento gli conferisce in ordine alla valutazione dell'atto am

ministrativo anche per quanto attiene alla concessione ex art.

13 1. n. 47». Tale periodo, estrapolato dal contesto nel quale si trova, assume un significato esattamente opposto ai principi affermati sul punto dalla corte: infatti, con la decisione n. 370

si è inteso ribadire che l'individuazione della concessione in sa

natoria quale causa di estinzione dei reati edilizi non comporta alcuna soggezione del giudice alla pubblica amministrazione, poi ché tale effetto promana direttamente dalla legge e il giudice è tenuto ad osservarla (nello stesso senso si veda Cass., sez.

Ili, 4 novembre 1987, n. 11349; 23 giugno 1988, n. 2227). Diversamente sostenendo — rileva la corte — bisognerebbe

ritenere la subordinazione del giudice penale alla pubblica am

ministrazione ogni qual volta la legge gli imponga di attenersi

ad accertamenti extra-giudiziari. A titolo di esempio, situazioni analoghe a quelle descritte dal

l'art. 22 1. n. 47, che ricollegano l'estinzione del reato ad un

provvedimento della pubblica amministrazione, sono previste da

gli art. 10 e 11 1. 27/51 e dall'art. 24 d.m. 8 luglio 1924 per

quanto concerne la definizione in via amministrativa dei reati

di contrabbando di tabacco e di evasione d'imposta sull'energia elettrica. Nella stessa sentenza la corte ha testualmente precisa to: «chi, peraltro, sostenesse che l'accertamento della conformi

tà delle opere agli strumenti urbanistici vada devoluto al giudice

penale spoglierebbe l'autorità amministrativa delle proprie isti

tuzionali competenze»; in tal modo ha sottolineato che, ferma

restando l'autonomia del giudice dalla pubblica amministrazio

ne, questi non può invadere la sfera di competenza dell'ammi

nistrazione fissata dalla legge (testualmente: «il giudice penale non ha competenza istituzionale per compiere l'accertamento

di conformità delle opere agli strumenti urbanistici»); pertanto, con l'inciso sopra riportato, si è inteso affermare il principio, cui si aderisce integralmente, secondo il quale l'esame dell'atto

amministrativo da parte del giudice è consentito nel rispetto de

gli ambiti individuati dalla stessa norma penale; proprio in base

a tali considerazioni è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 1. n. 47.

D'altra parte, l'opinione qui disattesa non tiene conto della

precisa diversificazione che la 1. n. 47 compie tra i distinti ambi

ti di tutela amministrativa (art. 13) e del processo penale (art.

20) e delle convergenti interrelazioni, conformi a schemi istitu

zionali del vigente ordinamento in materia di separazione dei

poteri (si veda Corte cost. 31 marzo 1988, n. 369, id., 1989,

I, 3383). Basti considerare che, pendente il procedimento di ac

certamento in conformità (ex art. 13), il processo penale deve

essere sospeso (art. 22 p.p.), e come, di seguito, compiuto ad

opera della pubblica amministrazione l'apprezzamento discre

zionale (di sua esclusiva competenza), di conformità sostanziale

alle prescrizioni urbanistiche, con il conseguente provvedimento di concessione in sanatoria, il reato ope legis si estingue e il

processo diviene improcedibile a causa di ciò. Consapevole del

le rigorose esattezze di tale interpretazione, la giurisprudenza di opposta tendenza ha sollevato l'incidente di legittimità costi

tuzionale dell'art. 22 1. n. 47 esaminato dalla Corte costituzio

nale nella citata decisione 370/88. In particolare, la Corte costi

tuzionale ha ritenuto rientrare nella competenza istituzionale della

pubblica amministrazione l'apprezzamento, nella situazione con

creta, dell'assenza di danno urbanistico (laddove ipotizza «l'ac

quisizione in sede panale di un atto amministrativo che, per sua natura e per essere destinato dalla legge a completare la

fattispecie estintiva dei reati contravvenzionali, consente la ra

pida conclusione del giudizio); ha considerato che «l'estinzione

del reato è dovuta alla constatazione» (da parte del giudice) «dell'inesistenza dell'antigiuridicità sostanziale del fatto». Per

tanto, non rientra nei compiti del giudice quello di verificare

la conformità dell'opera agli strumenti urbanistici, né di valuta

re se l'oblazione è stata correttamente calcolata o interamente

corrisposta come, invece, ha sostenuto il p.m., dato che tali

incombenze sono riservate all'autorità amministrativa e le even

tuali irregolarità non condizionano l'esistenza della concessione

il cui solo rilascio è determinante secondo la legge, cui il giudice è soggetto, al fine della produzione dell'effetto estintivo (in tal

senso Cass., sez. III, 23 aprile 1990, n. 5888; 4 novembre 1987,

Il Foro Italiano — 1992.

n. 11349; 23 giugno 1988, n. 2227). In ogni caso, in punto di

fatto, è risultato che l'amministrazione ha effettuato il calcolo

del doppio del contributo di concessione in sanatoria valutando il costo degli scavi abusivi (in relazione ai quali non si configu rano oneri di urbanizzazione) come opera a sé stante (lire

2.542.100); ha rinnovato, poi, agli effetti del raddoppio, la va

lutazione del costo degli stessi scavi inglobata nel costo di co struzione dei fabbricati (si veda la sentenza del 23 aprile 1990, n. 5888 in base alla quale è legittima la concessione in sanatoria in cui manchi del tutto la precisazione dei contributi dovuti); il pagamento, poi, della somma di lire 45.002.155 (1/5 del costo di costruzione dell'intero complesso edilizio — lire 225.010.770

vedasi F.30 —) effettuato prima del rilascio della concessione

(vedasi F.5) copre l'intero importo dell'oblazione effettuata dal

concessionario senza che possano operare a suo danno le impu tazioni dei calcoli eseguiti dall'ufficio.

A chiusura dell'argomento si osserva che il subordinare l'o

peratività dell'effetto estintivo del reato edilizio all'esattezza dei

conteggi effettuati dalla pubblica amministrazione condurrebbe al paradosso di escludere il proscioglimento ex art. 531 c.p.p. nei casi in cui tali irregolarità sono attribuibili non al comporta mento del concessionario, ma ad un errore della pubblica am

ministrazione.

Alla stregua di tali argomentazioni, in relazione alla prima

imputazione di escavazione abusiva, va dichiarato non doversi

procedere perché il reato edilizio è estinto per intervenuto rila

scio della concessione in sanatoria di cui all'art. 13 1. n. 47.

Passando all'esame della seconda imputazione descritta in ru

brica concernente la prosecuzione delle opere edilizie in confor

mità a concessione illegittima, il p.m. pone a sostegno dell'ac

cusa la giurisprudenza, recentemente assunta dalla Corte di cas

sazione (sez. Ili 9 gennaio 1989, Bisceglia, id., 1989, II, 297) in base alla quale la fattispecie dell'esecuzione dei lavori in as

senza di concessione edilizia «coincide» con l'altra dell'edifica

zione conseguente a concessione illegittima; pertanto, il giudice

penale deve disapplicare quest'ultima, ex art. 5 1. 20 marzo 1865

n. 2248, ali. E, ai fini della configurazione del reato edilizio.

Tale orientamento, per la verità non nuovo (vedasi in tal senso, Cass, pen., sez. V, 11 febbraio 1981; 18 novembre 1981; 22

gennaio 1982; 31 gennaio 1983) si discosta, per la prima volta, dalla posizione assunta dalle sezioni unite con sentenza del 31

gennaio 1987, Giordano (ibid.) e dalla consolidata giurispru denza susseguente (Cass, pen., sez. Ili, 17 settembre 1987, n.

9956; 11 luglio 1989, n. 10141; 6 febbraio 1988, n. 1587; sez.

VI 2 marzo 1989, n. 3392) che, invece, ha affermato il principio dell'insussistenza della citata contravvenzione edilizia in presen za di una formale concessione, salvo il caso in cui il provvedi mento in questione «costituisca il frutto di attività criminose

del soggetto pubblico che lo rilascia o del soggetto privato che

lo consegna». L'esame critico dei due citati orientamenti va effettuato con

siderando il ruolo del giudice penale e i limiti dei suoi poteri

posti dalla Carta costituzionale quando dispone la soggezione del giudice alla legge (art. 101) e la tipicità dei fatti di reato (art. 25). Nel rispetto di tali principi i limiti del sindacato del

giudice penale vanno individuati sempre nella norma incrimina

trice, ossia nella descrizione obiettiva che della fattispecie forni

sce la legge. Compito del giudice penale è quello di verificare

se sussistono, nel caso concreto, gli elementi obiettivi e subietti

vi richiesti dalla norma per l'esistenza del reato. A ben vedere,

quindi, è fuori di luogo il riferimento nella materia penale al

«potere di disapplicazione» dell'atto amministrativo da parte del giudice ex art. 4 e 5 legge abolitiva del contenzioso ammini

strativo, poiché esso opera su un piano del tutto diverso, consi

stendo nel meccanismo tecnico giuridico in base al quale il giu dice ordinario ritiene — incidenter tantum — inoperante un at

to amministrativo illegittimo perché lesivo di diritti soggettivi, nel rispetto delle distinte sfere di competenza che la legge attri

buisce al giudice da un lato ed alla pubblica amministrazione

dall'altro (in tal senso Cass., sez. Ili, 30 marzo 1985; sez. I

civ., 9 novembre 1983 n. 6622, id., 1984, I, 1340; sez. un. 12

giugno 1984, n. 3477, ibid., 1480). Invece, nell'interpretazione della norma incriminatrice il giu

dice penale esamina l'atto amministrativo quando esso costitui

sce presupposto o elemento normativo del reato, accertandone

l'illegittimità solo ove da questa richiesto per la rilevanza pena

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PARTE SECONDA

le della condotta; cosi' tale indagine è doverosa nel vautare la

sussistenza dell'abuso del p.u. tipizzato dall'art. 323 c.p. o del

reato di cui all'art. 324 c.p. nel testo ora abrogato. In tali casi, il sindacato del giudice penale è diretto a confrontare, anche

mediante esame dell'atto amministrativo, la conformità del fat

to concreto alla fattispecie legale. Orbene, la condotta antigiuri

dica della contravvenzione di cui all'art. 20 1. 47/85 consiste

nell'esecuzione dei lavori edilizi «in assenza di concessione»; il

giudice penale, nell'analizzare le risultanze processuali, dovrà

verificare se vi sia stata un'attività edilizia di modifica del terri

torio comunale, e, in caso affermativo, se essa sia stata eseguita in assenza di concessione del sindaco. L'atto amministrativo,

dunque, è elemento positivo e contenuto negativo del reato, nel

senso che la mancanza di esso è costitutiva del fatto penalmente rilevante. Conformemente all'orientamento delle sezioni unite

equivale alla mancanza dell'atto concessorio la sua giuridica ine

sistenza, che è configurabile quando, in presenza di un abuso

edilizio, vi sia un atto non riferibile alla pubblica amministra

zione a causa della collusione tra pubblici amministratori e

privati. A diversa conclusione si perviene, invece, nel rispetto del prin

cipio di tipicità, ove la concessione sia illegittima e non inesi

stente; nella dottrina dell'atto giuridico in generale e del prov vedimento amministrativo e nella giurisprudenza si distinguono

nettamente, sia sul piano concettuale, sia su quello effettuale,

le diverse nozioni dell'atto inesistente, che non è imputabile alla

pubblica amministrazione ed è improduttivo di effetti, e del prov vedimento illegittimo che non solo è referibile all'amministra

zione, ma, pur in presenza di cause d'invalidità, è esistente, efficace ed esecutorio, definitivamente inoppugnabile anche nei

confronti della pubblica amministrazione salvo annullamento di

autotutela (argomento ex art. 11 1. n. 47). Ciò posto, ribadito che la fattispecie normativa postula l'«as

senza della concessione» quale elemento essenziale per l'esisten

za del reato, è agevole concludere che il testo della norma non

consente l'equiparazione dell'inesistenza dell'atto alla sua ille

gittimità e ciò che dispone la legge il giudice è tenuto ad applicare. Ciò nonostante, argomentando dal fatto che l'intera discipli

na dell'attività edilizia dettata dalla 1. n. 47 impone al privato l'onere di verificare, in presenza della concessione, la conformi

tà dell'opera agli strumenti urbanistici, il p.m. assume l'esisten

za del reato edilizio in presenza di concessione illegittima, dato

che sarebbe violato l'interesse protetto dalla norma incrimina

trice consistente nell'esigenza di evitare quei danni dell'assetto

urbanistico che possono conseguire a atti permissivi invalidi:

in tal senso si è richiamato il disposto dell'art. 6 1. n. 47, che

definisce il titolare della concessione responsabile della confor

mità delle opere alla normativa urbanistica oltre che alle dispo sizioni previste nella concessione.

L'argomento che, dalla tutela non penale dell'interesse pro

tetto, perviene all'identificazione della condotta tipica con im

plicazioni integrative del significato espresso dalla norma incri

minatrice, attua un'inversione del procedimento logico dell'in

terpretazione giuridica che non può essere condiviso perché, al

contrario, l'indagine ermeneutica deve muovere dal testo della

norma incriminatrice. Invero, il criterio prioritario dell'inter

pretazione giuridica (art. 12 preleggi), che indugia sul significa to «proprio» delle parole secondo la connessione di esse, deve

essere compiutamente e doverosamente osservato soprattutto nella

materia penale per il rigore dei valori protetti dall'art. 25 Cost,

e 1 c.p. (nullum crimen sine lege); sicché la locuzione «in assen

za di concessione» deve essere letta per quello che, in lingua

italiana, sintatticamente e logicamente dice: cioè nella mancan

za fisica o giuridica del provvedimento concessorio, e non per

quello che non dice, ossia mediante concessione illegittima. Né può essere taciuto, a questo punto, che considerare penal

mente rilevante l'esecuzione di opere conformi a concessione

illegittima significa ritenere il concessionario, estraneo sul piano obiettivo al rilascio del provvedimento, responsabile di una con

dotta non sua, in violazione del principio della personalità della

responsabilità penale (art. 27 Cost.).

Conclusivamente, il fatto non è preveduto dalla legge come

reato perché l'esecuzione delle opere è sorretta dalla concessio

ne n. 2271 rilasciata dall'organo abilitato dalla legge e, pertan

to, giuridicamente esistente ed efficace (mai nel corso del pro

li. Foro Italiano — 1992.

cesso il p.m. ha sostenuto l'esistenza anche di meri sospetti di

collusione tra il sindaco Sciacca e gli altri imputati, eventual

mente idonei ad escludere la riferibilità dell'atto alla pubblica

amministrazione). Per completezza di indagini è appena il caso di aggiungere

che, contrariamente a quanto ritenuto dalla pubblica accusa,

esistevano nella zona in cui sono sorti i fabbricati le opere di

urbanizzazione primaria e secondaria (ritenute dal p.m. requisi ti di legittimità dell'atto amministrativo).

La presenza delle opere di urbanizzazione secondarie in tutto

il territorio comunale, nel rispetto degli standards minimi previ sti dal d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, è attestata dalla delibera

n. 191 del 21 luglio 1989 del consiglio comunale di Marsala

che ha recepito integralmente i risultati di un'indagine esperita dall'ufficio urbanistica per conto del sindaco; per quanto ri

guarda, poi, l'urbanizzazione primaria (rete viaria, idrica e fo

gnaria) la sussistenza di tale opere è confermata dalla deposi zione testimoniale di Patti Francesco (udienza del 25 novembre

1991) e dalle planimetrie e fotografie acquisite al dibattimento:

in particolare, l'esistenza di una strada che, costeggiando il mat

tatoio comunale arriva al complesso edilizio in questione, e pro cede oltre, risulta perfino dall'estratto di mappa n. 6832 rila

sciato dall'Ute di Trapani, e del tutto ininfluente è la circostan

za che tale via di accesso non è asfaltata. Peraltro, dall'esame

della planimetria prodotta dalla difesa al dibattimento corrispon dente allo stato dei luoghi (vedasi deposizione del Patti), risulta

che il lotto in esame si affaccia anche sulla via delle saline che

è fornita di rete idrica e su due altre vie adiacenti al macello

comunale; inoltre, la rete fognante, concernente lo scolo delle

acque bianche, nelle quali previa depurazione dovevano con

fluire gli scarichi degli insediamenti civili in questione si trova

a una distanza di circa 150 metri.

La presenza nella zona in cui sono sorti gli edifici delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, la cui carenza avrebbe

determinato l'unico vizio di legittimità della concessione descritto

in rubrica, induce a ritenere che essa è stata rilasciata nel rispet to di tutti i presupposti di legge. D'altro canto, ciò appare ictu

oculi evidente ove si tenga presente che, al confine con l'area

in cui è stata edificato il complesso edilizio per cui il processo, sono stati costruiti altri tre palazzi (vedasi fotografie esibite al

dibattimento) in relazione ai quali non risulta essere stata mai

iniziata azione penale per reati edilizi.

L'assoluzione degli imputati impone la restituzione agli aven

ti diritto dei fabbricati in sequestro.

II

Denunciata con comunicazione dei vigili urbani di Greve in

Chianti in data 25 febbraio 1989 per sbancamento di terreno

e relativa spianatura con ricavo di un piazzale di mq 800 senza

concessione edilizia, l'imputata produceva al dibattimento au

torizzazione edilizia n. 61 rilasciata in data 10 aprile 1991 in

sanatoria dell'abuso commesso.

Dalla lettura dell'atto sanante appare potersi evincere che il

sindaco ha ritenuto potersi ricondurre i lavori abusivi nel con

cetto di pertinenza ad edificio preesistente (v. il riferimento alla

1. 94/82 e la motivazione della richiesta di abilitazione come

intervento volto alla creazione di campo da tennis). Tale qualificazione giuridica dell'intervento non è condivisi

bile, emergendo dalle fotografie in atti e dalla relazione tecnica

che trattasi di uno sbancamento di rilevanti dimensioni, esegui to in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, dal quale è deri

vato un considerevole mutamento morfologico del suolo, in con

trasto con vincolo posto a tutela di beni ambientali, ai sensi

dell'art. 8, 6° comma, 1. 94/82.

Per tali lavori si rendeva, pertanto, necessario il rilascio di

sanatoria sotto la forma di concessione e non già di autoriz

zazione.

Si pone, pertanto, il problema del riconoscimento dell'idonei

tà estintiva del reato al rilascio di autorizzazione in sanatoria

tutte le volte che il pretore, in sede di giudizio per reato edili

zio, non condivida la qualificazione giuridica dell'intervento abu

sivo svolta dal comune, ritenendo doversi applicare il regime della concessione.

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Page 5: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 4 dicembre 1991; Giud. Genna; imp. Mortillaro e altri

GIURISPRUDENZA PENALE

Non si condivide l'assioma secondo cui «l'art. 22, ultimo com

ma, 1. 28 febbraio 1985 n. 47 non richiede alcun controllo di

legalità della concessione in sanatoria in conformità al principio

per cui in materia urbanistica ed edilizia il giudice penale cono

sce dell'invalidità dell'atto concessorio e autorizzativo solo se

l'illegittimità degli stessi sia elemento presente nella norma . . .»

(Cass., sez. Ili, 22 giugno 1987, Spagnoletti, Foro it., Rep. 1988, voce Edilizia e urbanistica, n. 640), ritenendosi invece che il

sindacato del giudice penale sull'idoneità della forma abilitante

scelta dal comune per sanare in concreto un determinato abuso

costituisce un necessario vaglio di legalità di un atto dalla cui

applicazione discendono diretti effetti sulla procedibilità dell'a

zione penale. In altre parole, senza ricorrersi al potere di disap

plicazione dell'atto amministrativo illegittimo ai sensi dell'art.

5 ali. E 1. 2248/1865, il giudice penale ben può conoscere l'in

validità del provvedimento amministrativo, autorizzatorio e con

cessorio, di sanatoria perché da tale operazione non consegue un'estensione della norma incriminatrice a casi non espressa mente contemplati dalla legge ma l'omessa maturazione di una

causa estintiva del reato.

Operazione di controllo che attiene all'esatta verifica della

sostanziale (e quindi illegittima) insorgenza di una nuova situa

zione giuridica idonea a trasferire l'abuso dall'ambito dell'ille

cito a quello del lecito anche a fini penali. Pur senza doversi procedere a vera e propria disapplicazione

dell'atto illegittimo, deve quindi ammettersi la censurabilità del

l'autorizzazione in sanatoria da parte del giudice penale in sede

di giudizio per reato edilizio tutte le volte che appare palese l'erronea riconduzione amministrativa dei lavori sotto un regi me astrattamente inidoneo alla loro abitazione, per doversi ap

plicare il regime concessorio.

Per quanto sopra già apprezzato in fatto, ritiene questo pre tore che il provvedimento abilitante in sanatoria in concreto

rilasciato dal comune di Firenze doveva rivestire la forma della

concessione e non già quella dell'autorizzazione. Non può, quin

di, attestarsi nel merito che il fatto non è previsto dalla legge come reato, da una parte, né ritenersi formalmente maturata

la causa estintiva del rilascio di concessione in sanatoria ai sensi

dell'art. 22 1. 47/85, per essere stata rilasciata solo autorizzazio

ne in sanatoria, dall'altro.

Rilevato che la fattispecie in esame non è disciplinata dal

l'art. 22 1. 47/85, che ha attribuito efficacia estintiva del reato

alla sola concessione in sanatoria nell'ovvio presupposto che per le opere soggette a sola autorizzazione non si applicano le nor

me incriminatrici edilizie (cfr. art. 10 1. 47/85), si pone a questo

proposito il problema se la diversa qualificazione giuridica del

l'intervento abusivo operata dal giudice rispetto all'amministra

zione comunale implichi, pur di fronte all'attestazione di con

formità sostanziale dei lavori alle previsioni di piano, la perse

guibilità degli autori. Ritiene il giudicante che l'autorizzazione in sanatoria testé men

zionata sia idonea a produrre l'estinzione del reato prevista dal

l'art. 22, ultimo comma, 1. 47/85, ancorché tale norma ricon

netta l'effetto estintivo al rilascio di concessione in sanatoria — e non anche all'autorizzazione — e l'intervento eseguito deb

ba ritenersi soggetto a concessione anziché ad autorizzazione.

Scopo della nuova disciplina della sanatoria è quello di far

si che, previo accertamento di conformità delle opere eseguite abusivamente con le prescrizioni urbanistiche, l'autorità comu

nale eserciti la propria funzione di controllo, anche se successi

vo, mediante il rilascio dei necessari provvedimenti abilitativi

alla costruzione.

Tale apprezzamento di conformità dell'opera alle previsioni di piano (art. 13 1. 47/85) produce l'effetto amministrativo di

ricondurre formalmente nell'assetto urbanistico territoriale, pro

grammato dal comune, l'opera non difforme sostanzialmente

dalla stessa pianificazione. Se tale è il principio sancito dall'art. 13 1. cit., è fuor di dub

bio che non rileva la veste assunta formalmente dal provvedi mento sanante adottato dalla pubblica amministrazione, atteso

che quest'ultima, esercitando i propri poteri di controllo di con

formità ed avuti i positivi pareri degli ogani preposti alla tutela

storico-artistica, ha ritenuto l'opera idonea sostanzialmente ad

essere ricompresa nel tessuto territoriale.

In base al principio dell'ammissibilità dell'analogia in bonam

partem, applicabile anche a questa particolare causa estintiva

del reato nell'ambito di una direttiva generale dell'ordinamento

Il Foro Italiano — 1992.

volta a reintegrare nel tessuto territoriale gli abusi meramente

formali, può attribuirsi efficacia estintiva del reato, tutte le vol

te che il procedimento di rilascio sia preceduto dai necessari

previ nulla osta degli enti preposti alla tutela dei vincoli esisten

ti, anche alla semplice autorizzazione in sanatoria, ove l'autori

tà comunale abbia ritenuto sufficiente tale strumento per atte

stare la conformità alla disciplina urbanistica dell'opera formal

mente abusiva.

Conseguentemente, qualora il pretore ritenga soggetti a con

cessione edilizia i lavori abusivamente eseguiti per i quali è stata

rilasciata autorizzazione in sanatoria, qualificandoli diversamente

dall'autorità comunale, cioè come ristrutturazione edilizia anzi

ché come restauro, ben può attribuire effetto estintivo del reato

anche alla semplice autorizzazione attribuendo all'abilitazione

postuma comunale le qualità sostanziali della concessione, ove

ne ricorrano gli indefettibili presupposti. Con ciò non si perpe tra un'ammissibile censura di merito dell'atto amministrativo

da parte dell'a.g.o., perché i provvedimenti abilitanti all'attività

edilizia, siano essi preventivi o successivi, hanno natura vincola

ta e non discrezionale. Né, d'altro canto, il mancato pagamento del contributo di concessione in misura doppia, previsto dal

l'art. 13, 3° comma, 1. 47/85 quale condizione per il rilascio

a titolo di oblazione, preclude formalmente o sostanzialmente

l'effetto estintivo del reato allorché sia stata pagata la somma

determinata dal sindaco ai sensi del'ultimo comma dello stesso

articolo, cui è subordinata l'autorizzazione in sanatoria. Inve

ro, non potendosi imputare al cittadino l'erronea valutazione

fatta dalla pubblica amministrazione, non può certo pretendersi da parte del primo l'ottemperamento a condizioni diverse da

quelle sufficienti per l'istituto in concreto dalla seconda appli cata. Poiché il pagamento di quanto dovuto per l'autorizzazio

ne in sanatoria, soddisfacendo al maturamento delle condizioni

per detta forma di abilitazione, è sufficiente a produrre sostan

ziale effetto sanante nell'ambito di tale istituto, l'attribuzione

di effetti scriminanti a detta forma di abilitazione in via analo

gica non postula le condizioni contributive di applicabilità tipi che della concessione.

Il giudice penale, in altre parole, ove in sede di applicazione

analogica ritenga di attribuire ad un istituto gli effetti estintivi

del reato tipici di uno consimile, non può pretendere il soddi

sfacimento di condizioni contributive esclusive dall'altro, ma deve

verificare l'ottemperamento alle condizioni tipiche dell'istituto

in concreto applicato. Diversamente, imporrebbe una disciplina amministrativa diversa da quella prevista dalla legge, operando uno straripamento di potere.

La causa estintiva del rilascio della concessione in sanatoria

può, quindi, ben applicarsi analogicamente nel caso concreto

a favore dell'imputata ancorché il comune abbia rilasciato sem

plice autorizzazione in sanatoria, di per sé non considerata qua le specifica causa estintiva dei reati edilizi dall'art. 22 1. 47/85.

PRETURA DI MATERA; PRETURA DI MATERA; sentenza 24 settembre 1991; Giud.

ind. prel. Vetrone.

Competenza e giurisdizione penale — Incompetenza — G.i.p. — Forma (Cod. proc. pen., art. 22).

Il provvedimento con il quale il giudice per le indagini prelimi

nari, a seguito di richiesta di archiviazione, pronuncia la pro

pria incompetenza assume la forma della sentenza. (1)

Fatto e diritto. — Con atto depositato il 7 settembre 1991

il p.m. presso questo ufficio ha formulato richiesta di archivia

ci) Non risultano precedenti editi in termini. La dottrina ritiene, con

trariamente alla pronuncia in rassegna, che il giudice per le indagini

preliminari debba adottare la forma dell'ordinanza ai fini della declara

toria di incompetenza a seguito di richiesta di archiviazione formulata

dal pubblico ministero: cfr. Cordero, Codice di procedura penale com

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