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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 6 novembre 1979; Giud. Culotta; imp. Di Franco e...

Date post: 27-Jan-2017
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sentenza 6 novembre 1979; Giud. Culotta; imp. Di Franco e altro Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 195/196-199/200 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171560 . Accessed: 28/06/2014 10:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.102.36 on Sat, 28 Jun 2014 10:41:29 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 6 novembre 1979; Giud. Culotta; imp. Di Franco e altro

sentenza 6 novembre 1979; Giud. Culotta; imp. Di Franco e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.195/196-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171560 .

Accessed: 28/06/2014 10:41

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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PARTE SECONDA

Il Tribunale, ecc. — Fatto e diritto. — Con sentenza del 15

dicembre 1978 il Pretore di Marsala dichiarava Fiorino Vito

colpevole della contravvenzione di cui all'art. 4, 2° comma, leg

ge 110/1975 e lo condannava alla pena di mesi 3 d'arresto e

lire 100.000 d'ammenda, condonata in ragione di metà.

Avverso tale sentenza proponeva tempestivamente appello lo

imputato e ne chiedeva la riforma assumendo nei motivi es

sere penalmente irrilevante il fatto contestato e deducendo che

in ogni caso la pena inflittagli avrebbe dovuto essere condonata

nell'intero.

Il Fiorino era in conseguenza tratto a giudizio innanzi a que

sto tribunale, quale giudice di secondo grado.

All'odierno dibattimento, dopo la relazione della causa e l'in

terrogatorio dell'imputato, datasi lettura degli atti consentiti, ha

avuto luogo la discussione, al termine della quale p. m. e difen

sore hanno concluso come in verbale.

Quanto al merito, osserva il tribunale che la imputazione a

carico del Fiorino trae origine dal fatto che il medesimo, men

tre si trovava detenuto presso la casa circondariale di Marsala,

ebbe ad impossessarsi senza legittima ragione di un coltello da

cucina.

È noto che l'elemento materiale della fattispecie contravven

zionale descritta nel 2° comma dell'art. 4 legge 110/1975 è

costituito dal porto ingiustificato di strumenti atti ad offendere

fuori della propria abitazione o della appartenenza di essa.

Ai fini della configurabilità del reato, il concetto di abitazione

va determinato con riferimento al luogo ove il soggetto normal

mente svolge la propria vita privata.

Orbene, non pare dubbio che per chi si trovi in stato di de

tenzione un tale luogo sia da identificare con lo stabilimento

carcerario, che è appunto l'ambiente in cui il detenuto espli ca e compie tutti gli atti della sua vita privata che gli siano

consentiti.

Si deve allora convenire che nel caso concreto fa difetto un

elemento della materialità giuridica del reato contestato.

L'impugnata sentenza va in conseguenza riformata, dovendo

il prevenuto essere assolto dall'imputazione ascrittagli poiché il

fatto non sussiste.

Per questi motivi, ecc.

id., Rep. 1977, voce cit., n. 33; 18 marzo 1975, Brigadini, id., Rep. 1976, voce cit., n. 37); mentre si è escluso che possa conside rarsi tale l'officina utilizzata solo per ragioni di lavoro (Cass. 18 marzo 1975, cit.) o l'automobile (Cass. 5 ottobre 1977, Perucchini, id., Rep. 1978, voce cit., n. 56; 17 gennaio 1977, Benedetti, id., Rep. 1977, voce cit., n. 69; 12 gennaio 1977, Scali, ibid., n. 70; 10 dicembre

1976, cit.). Sulla nozione di « appartenenza » dell'abitazione cfr. Cass. 25 giu

gno 1975, Piccoli, id., 1976, II, 170, con nota di richiami, la quale ha escluso che possa considerarsi appartenenza uno spiazzo adiacente

all'abitazione, ma comune a più edifici. In dottrina, sui concetti di abitazione e appartenenza, in relazione

alla materia delle armi, v. Vigna-Bellagamba, Armi, munizioni, esplo sivi, Milano, 1978, 135 s.; Mazza, Considerazioni sul concetto legisla tivo di « appartenenza » dell'abitazione nella fattispecie criminosa del

porto abusivo di armi, in Giur. agr. it., 1976, 107; Ramaioli, Il con cetto di « appartenenza » e la legge penale, in Arch, pen., 1975, II, 147.

PRETURA DI MILANO; sentenza 6 novembre 1979; Giud. Cu

lotta; imp. Di Franco e altro.

PRETURA DI MILANO;

Lavoro (rapporto) — Uuardie giurate — Presenza ingiustificata nei luoghi di lavoro — Responsabilità penale del datore di la

voro — Fattispecie (Legge 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla

tutela della dignità e della libertà dei lavoratori, della libertà

sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme

sul collocamento, art. 2, 38).

Integra la fattispecie di cui all'art. 2 legge 300J1970 il fatto del

datore di lavoro che tollera il comportamento illegittimo di due

guardie giurate che, non sussistendo alcun problema di tutela

del patrimonio aziendale, si aggirano ripetutamente nei locali

dove viene svolta l'attività lavorativa, contestando, poi, ai di

pendenti azioni e fatti diversi da quelli che attengono a detto

patrimonio. (1)

Il Pretore, ecc. — Fatto e diritto. — Con una denuncia presen

tata il 18 aprile 1978 nella cancelleria di questa pretura, Nigro

Carmela e Barbierato Maria Grazia esponevano che nella s.p.a.

Soilax, di cui entrambe erano dipendenti, a partire dal 14

marzo 1978 avevano fatto la loro comparsa due individui visi

bilmente armati che tutti i giorni, oltre a controllare la porti

neria della sede centrale dell'azienda in via Sigieri n. 14 e della

sede distaccata di via Friuli n. 23, in Milano, giravano in mezzo

agli uffici durante lo svolgimento dell'attività lavorativa e spes

so sostavano nella sala mensa. Poiché i due non avevano voluto

chiarire, ad alcuni lavoratori che glielo avevano richiesto, le

ragioni della loro presenza in ditta, era stato interpellato il ca

po del personale, Koliqi Marco, il quale si era limitato ad

affermare che si trattava di guardie assunte per garantire la

sicurezza dei dipendenti.

Aggiungevano le denuncianti che una di tali guardie il 15

marzo 1978 aveva ordinato, con modi offensivi e minacciosi,

ad una lavoratrice « in malattia », che si era recata all'interno

dell'azienda per motivi di carattere sindacale, di uscire imme

diatamente se non voleva essere sbattuta fuori; aveva inoltre ri

preso, il 4 aprile 1978, un lavoratore che era sceso nell'atrio an

tistante la sede di via Sigieri, chiedendogli « se avesse il per

messo di uscire dall'azienda ». Infine, entrambe le guardie ave

vano presenziato, armate, ad assemblee sindacali indette nei

locali della Soilax.

Poiché nei fatti esposti erano ravvisabili delle violazioni del

lo statuto dei lavoratori, previe le rituali comunicazioni giudi

ziarie al predetto Koliqi Marco e al legale rappresentante della

Soilax Di Franco Roberto, si procedeva ad istruzione somma

ria, nel corso della quale venivano agli stessi contestati con

mandato di comparizione i reati .indicati in rubrica.

Gli imputati respingevano gli addebiti, sostenendo che, a se

guito di una manifestazione di protesta che si era verificata il

10 marzo 1978 e che era degenerata in alcuni episodi di vio

lenza, giacché degli estranei avevano invaso gli uffici di via

(1) Il precedente che maggiormente si accosta alla sentenza che si

riporta è 'Pret. Torino 10 luglio 1972, Foro it., Rep. 1973, voce La voro (rapporto), n. 169.

Nel senso che la reazione verbale del lavoratore nei confronti di una guardia giurata addetta illegittimamente alla sorveglianza del l'attività lavorativa non configuri, anche prima dell'emanazione dello statuto dei lavoratori, una giusta causa di licenziamento, cfr. Cass. 26 novembre 1973, n. 3190, id., 1974, I, 351, con nota di richiami di

giurisprudenza (cui adde Pret. Milano 18 ottobre 1971, id., Rep. 1972, voce Sindacati, n. 471, secondo cui viola la normativa sull'impiego delle guardie giurate il datore di lavoro che faccia rimuovere da una

guardia giurata la pagina di un quotidiano affissa da un sindacato al

l'albo aziendale) e di dottrina.

Per riferimenti più recenti v. Cons. Stato, Sez. I, 21 novem bre 1975, n. 2489/73, id., Rep. 1978, voce Guardia privata, n. 8 (nella specie, viene ribadito il principio che la mancanza del l'intervento dell'ispettorato del lavoro rende illegittimo, per viola zione dell'ultimo comma dell'art. 2, il provvedimento di sospensione dal servizio della guardia giurata che ha trasgredito le disposizioni dei comma precedenti); Pret. Mantova 26 aprile 1977, ibid., vo ce Lavoro (rapporto), n. 1239 (fattispecie di irrilevanza, ai fini della sussistenza della giusta causa di licenziamento, della circostanza che il fatto addebitato al dipendente sia stato accertato da una guardia giurata in contrasto con il divieto di cui all'art. 2 legge 300/1970).

In dottrina, sull'art. 2, cfr. Bortone, in Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto da Giugni, Bari, 1979, 10 seg., che con clude rilevando, tra l'altro, come, sulla base degli scarsi casi giu risprudenziali verificatisi di violazione dell'art. 2, possa dirsi riuscita finora l'azione di prevenzione di comportamenti illegittimi del datore di lavoro attuata dalla normativa stessa; U. Romagnoli (Ghezzi, Mon

tuschi, G. F. Mancini), Statuto dei diritti dei lavoratori, in Com

mentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, 10 seg.; Mattarella, in Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto da U. .Prosperetti, Milano, 1975, 61 seg.; Pera (e Assanti), Commento allo statuto dei diritti dei lavoratori, Padova, 1972, 14 seg.

Nel senso che per « locali » ove si svolge l'attività lavorativa non si deve intendere necessariamente il reparto chiuso, ma anche il luo

go di lavoro all'esterno, cfr., da ultimo, Freni-Giugni, in Lo statuto dei lavoratori, Milano, 1971, 7; e Pera (e Assanti), op. cit., 18.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Friuli, rubato le chiavi dell'ufficio del personale ed imbrattato

i muri con scritte in vernice spray, per evitare il possibile ripe tersi di episodi del genere, erano state assunte due guardie giu rate della « Mondialpol » con il compito di svolgere un servizio

di vigilanza agli ingressi dell'azienda.

Entrambi i prevenuti negavano recisamente di aver dato di

sposizioni alle predette guardie perché controllassero gli impie

gati e gli operai durante lo svolgimento dell'attività lavorativa

e precisavano che esse, in genere, sostavano nella portineria o,

comunque, davanti al portone d'ingresso e solo qualche volta

erano salite al piano superiore dove vi erano gli uffici, per te

lefonare o per bere il caffè. Escludevano del pari d'avere auto

rizzato le guardie a presenziare ad assemblee sindacali del per sonale.

A termine dell'espletata istruttoria sommaria, durante la qua le venivano raccolte le dichiarazioni, oltre che delle denuncian

ti, anche di vari testi, comprese le due guardie giurate identi

ficate per Costalunga Igino e Porta Bruno, il Koliqi e il Di

Franco venivano tratti a giudizio per rispondere delle contrav

venzioni rubricate in epigrafe.

All'apertura del dibattimento, articolatosi in tre udienze, Ni

gro Carmela e Barbierato Maria Grazia si costituivano parte ci

vile. La difesa dei prevenuti si opponeva, sostenendo il difetto

di legittimazione attiva delle predette per mancanza di un dan

no personale e diretto conseguente ai reati oggetto del pro cesso.

Tale eccezione veniva respinta in limine con un'ordinanza

che qui deve aversi per integralmente confermata e trascritta.

Quindi, dichiarata la contumacia del Di Franco, regolarmen te citato e non comparso, e dopo l'interrogatorio dell'altro im

putato che sostanzialmente confermava quanto affermato in

istruttoria, si procedeva all'escussione delle denuncianti, delle

guardie giurate e di vari altri testi, alcuni dei quali ammessi

su richiesta delle parti, le quali, a termine, insieme al p. m.,

adottavano le conclusioni riportate in verbale.

Ritiene il giudicante pienamente provata la penale responsa bilità di entrambi gli imputati in ordine al primo degli adde

biti loro in rubrica ascritto.

Le testimonianze raccolte, infatti, pur presentando diversi pun ti di divergenza, appaiono tuttavia abbastanza concordi nel ri

ferire che le guardie giurate della Mondialpol, Costalunga e

Porta, ingaggiate dalla Soilax a partire dal 14 marzo 1978, non

si limitarono ad alternarsi alla custodia degli ingressi della se

de principale e della sede distaccata dell'azienda, ma spesso, con i pretesti più vari o di bere il caffè, o di telefonare, o di

fotocopiare dei documenti o di scambiare quattro chiacchiere

con qualche impiegato, furono viste aggirarsi nei corridoi degli uffici e talvolta entrare dentro le stanze durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.

In tal senso hanno deposto non solo Nigro e Barbierato, ma

anche Sulas Giovanna, Castellino Antonella e il teste indicato

dalla difesa, Bianchi Marco, il quale, dopo avere inizialmente

escluso che le guardie fossero mai entrate nel suo ufficio, po sto a confronto con la collega di lavoro Sulas, ha riconosciuto

di essersi sbagliato ed ha asserito di ricordare che effettivamen

te le predette guardie erano solite entrare per acquistare i get toni della macchina distributrice del caffè venduti proprio dalla

Sulas.

Queste circostanze, che non hanno ricevuto alcuna convin

cente smentita né da parte degli imputati, né da parte delle

guardie Costalunga e Porta, si rivelano determinanti ai fini del

la sussistenza della contravvenzione di cui al capo A) della

rubrica.

Il 3° comma dell'art. 2 dello statuto dei lavoratori contiene,

infatti, due distinti divieti che sono tuttavia strettamente con

nessi fra loro, concorrendo il secondo ad integrare e rafforzare

il primo, attraverso la proibizione delle modalità operative con

cui solitamente viene svolta l'attività di vigilanza incriminata.

Si desume chiaramente dal contesto letterale della norma

che il legislatore, ben consapevole di offrire, con una formula

zione molto ampia e generale di essa, facili scappatoie a chi

intendesse sostanzialmente eluderla, non soltanto si è preoc

cupato di porre il divieto per il datore di lavoro di adibire

alla vigilanza sull'attività lavorativa dei propri dipendenti le

guardie giurate assunte per la tutela del patrimonio aziendale,

ma ha voluto rendere effettivo tale divieto, creando una sorta

di praesumptio iuris secondo cui anche la semplice, ingiusti ficata presenza di una di dette guardie nei locali dove viene

svolta l'attività lavorativa, mentre la stessa è in corso, è suf

ficiente ad integrare gli estremi di quella condotta antigiuridica di potenziale pericolo che la disposizione in esame ha inteso

penalmente perseguire e reprimere.

Ne discende che, sotto il profilo contravvenzionale, la posi

zione del datore di lavoro il quale « tolleri o non impedisca »

che le guardie giurate al suo servizio accedano, in difetto di

specifiche e motivate esigenze di tutela del patrimonio azien

dale, nei locali dove viene prestata l'attività lavorativa, durante

10 svolgimento della stessa, è praticamente equiparata a quella del datore di lavoro che « adibisce » le predette guardie alla

vigilanza sull'attività lavorativa dei propri dipendenti, essendo

11 primo comportamento considerato dalla legge una forma di

attuazione del secondo, il quale, peraltro, non potrebbe concre

tamente estrinsecarsi se non con quelle modalità.

Ora, esaminando il caso di specie alla luce dei suesposti prin

cipi, della cui correttezza non sembra possa seriamente dubi

tarsi, è agevole rilevare che l'accertata frequente presenza, sen

za che ricorresse alcuna delle condizioni di legittimità dell'art.

2, 3° comma, legge 1970 n. 300, delle guardie Costalunga e

Porta nei corridoi e dentro gli uffici della Soilax durante il la

voro degli impiegati, se non proprio voluta, è stata certamente

tollerata o, quanto meno, non impedita sia dal Koliqi che dal

Di Franco.

Non vi è prova, infatti, che costoro, pur essendo pacifica mente a conoscenza delle proteste elevate, a seguito dell'assun

zione delle due guardie, da alcuni dipendenti giunti al punto di fare intervenire una « volante » della polizia per un controllo

della legittimità di tale assunzione, si siano preoccupati, come

era loro preciso dovere, di impartire tassative disposizioni affin

ché le guardie stesse si limitassero soltanto a sorvegliare gli

ingressi delle due sedi dell'azienda, astenendosi dal salire ai

piani superiori dove erano situati gli uffici, di entrarvi con i

pretesti più vari e di aggirarsi frequentemente per i corridoi,

senza che vi fosse alcun valido motivo connesso alle esigenze di salvaguardia del patrimonio aziendale.

Se fin dall'inizio o, quanto meno, dopo le prime polemiche avute con il gruppetto di lavoratori capeggiato, a quanto pare, dal Baldassironi, gli imputati, oltre a presentare a tutto il per sonale dell'azienda le due guardie giurate, avessero chiaramen

te definito i compiti per cui erano state assunte e avessero

fissato i limiti della loro attività di vigilanza, il Costalunga e

il Porta difficilmente si sarebbero permessi, di propria inizia

tiva, di accedere nei locali di lavoro, sia pure per prendere il

caffè o per telefonare o per chiacchierare con qualche impie

gato, stabilendo addirittura rapporti di amicizia con taluna del

le dipendenti, come ha asserito d'aver fatto, dopo gli iniziali

screzi, il Porta con la Barbierato, sebbene quest'ultima abbia

recisamente smentito la circostanza.

Il comportamento dei due agenti della « Mondialpol », su

scettibile, per le modalità in cui si è attuato, di essere perce

pito dai dipendenti della Soilax come una forma di larvato

avvertimento a rigar diritto e di sostanziale controllo sul loro

operato (si vedano in tal senso le sintomatiche dichiarazioni di

Sulas Giovanna e, soprattutto, di Castellitto Antonella, la quale

ha descritto l'imbarazzo e il disagio provati nel sentirsi sorve

gliata da estranei durante lo svolgimento del proprio lavoro),

appare già di per sé lesivo del bene giuridico protetto dal ci

tato art. 2, 3° comma, dello statuto dei lavoratori ed è certa

mente da imputare, sul piano penale, ai prevenuti che, pur

avendone l'obbligo, nulla hanno fatto per impedirlo o contra

starlo e farlo cessare.

Di esso, dunque, giustamente sono stati chiamati a risponde re il Di Franco e il Koliqi, se non altro a titolo di colpa, per

avere omesso di impartire le disposizioni necessarie ad evitare

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PARTE SECONDA

i lamentati inconvenienti. Quali che siano state, pertanto, le

loro intenzioni quando ingaggiarono le due guardie giurate, il

fatto di non aver proibito alle stesse di accedere, senza giusti ficato motivo, negli uffici, durante l'orario di lavoro degli im

piegati, e di avere, quindi, sostanzialmente accettato che ciò

potesse avvenire in contrasto con quanto stabilito dall'art. 2,

3° comma, legge 1970 n. 300, basta ad integrare gli estremi sog

gettivi ed oggettivi della contravvenzione di cui al capo A) della

rubrica.

Nessuna valida prova è invece emersa a carico degli impu

tati per quanto riguarda il reato loro ascritto al capo B).

È fuor di dubbio e lo hanno clamorosamente confermato tut

ti i testi escussi sul punto, smentendo le contrarie dichiarazioni

delle guardie Costalunga e Porta, che quest'ultimo, visibilmente

armato, assistette all'assemblea sindacale tenuta dai lavoratori

della Soilax il 16 marzo 1978 nei locali della mensa di via

Friuli in Milano, tanto è vero che la sua presenza all'interno

dell'aula fu denunciata nel corso di uno dei primi interventi

effettuato da Baldassironi.

Ma da chi e per qual motivo venne mandata la suddetta

guardia a presenziare all'assemblea in parola?

La domanda è rimasta senza risposta. Anzi si può anche

supporre che il Porta sia entrato nella sala dove si teneva la

riunione sindacale e vi abbia assistito, di propria iniziativa, per

curiosità, per una malintesa o errata valutazione dei propri

compiti di vigilanza o per essere pronto ad intervenire in caso

di eventuali disordini.

La mancanza di precisi elementi probatori al riguardo esclu

de la configurabilità, nella specie, dell'addebito contestato ai

prevenuti di aver violato l'art. 8 dello statuto dei lavoratori.

Tale contravvenzione, infatti, richiede per la sua sussistenza

la dimostrazione che il datore di lavoro ha disposto l'effettua

zione di indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni poli

tiche, sindacali o religiose dei lavoratori da assumere o assunti

alle sue dipendenze, essendo penalmente irrilevante, attesa la

tassatività della norma, l'eventuale utilizzabilità di tali notizie

autonomamente raccolte ad opera di terzi.

Nel caso in esame, quindi, mancando del tutto la prova che

il Di Franco o il Koliqi si siano serviti delle guardie giurate

per avere informazioni dirette sulle varie opinioni espresse dai

lavoratori, loro dipendenti, nel corso dell'assemblea indetta il

16 marzo 1978, si impone l'assoluzione degli imputati in ordine

a tale reato con formula ampiamente liberatoria perché il fatto

non sussiste.

Passando, ora, alla determinazione della pena da infliggere

agli stessi per la contravvenzione di cui sono stati riconosciuti

colpevoli, va osservato che, pur apparendo l'episodio in sé di

una certa gravità, soprattutto per il carattere vagamente intimi

datorio che la presenza delle guardie nel luogo di lavoro poteva assumere e di fatto ha assunto nei confronti di alcuni dipen denti della Soilax, non si può tuttavia non tener conto, sotto

il profilo soggettivo, del grado di colpa degli imputati, del loro

stato di incensuratezza, del loro comportamento processuale ab

bastanza corretto, circostanze tutte che inducono non soltanto

a mantenere entro i minimi edittali la pena base dell'arresto, ma anche a concedere agli imputati le attenuanti generiche, in

concorso delle quali la sanzione va concretamente irrogata nella

misura di giorni dieci di arresto ciascuno, oltre al pagamento in solido delle spese processuali (p. b. gg. 15 ridotta di un terzo

ex art. 62 bis cod. penale).

I prevenuti vanno altresì condannati, sempre in via solidale, al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili Barbierato e

Nigro.

Non v'è dubbio, infatti, che la violazione dell'art. 2, 3° com

ma, legge 1970 n. 300, se da un canto lede il diritto di tutti i

lavoratori a non subire umilianti controlli da parte di guardie

giurate durante lo svolgimento della loro attività lavorativa,

colpisce per altro verso i singoli diritti individuali dei vari di

pendenti che compongono la comunità dei lavoratori e che ap

paiono pertanto pienamente legittimati a chiedere il risarcimen

to dei danni morali personalmente sofferti.

Nella specie, tali danni, tenuto conto del disagio complessivo subito dalle denuncianti, si possono quantificare, in via equi

tativa, nella misura di lire 300.000 per ciascuna delle parti ci

vili, somme che vanno poste a carico solidale di entrambi gli

imputati.

Costoro, infine, vanno condannati sempre in solido alla rifu

sione delle spese sostenute dalle predette parti civili per la loro

costituzione, spese che si liquidano nella misura complessiva di

lire 300.000, ivi comprese lire 30.000 per esborsi e il resto per onorario di avvocato, tenuto conto del fatto che unico è stato

il difensore di entrambe le parti.

Sussistono, infine, le ragioni e i presupposti per concedere

ad ambedue gli imputati, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 163 e 175 cod. pen., i benefici della sospensione condizio

nale della pena loro inflitta e della non menzione della condan

na sul certificato del casellario giudiziale.

Prima di concludere, appare doveroso ancora aggiungere che

dalle risultanze processuali è emerso che la guardia giurata Por

ta Bruno, uno o due giorni dopo la sua assunzione alla Soilax, fermò nel corridoio degli uffici di via Friuli, Nigro Carmela che,

trovandosi in malattia a causa della rottura di un braccio, era

andata a trovare la Barbierato. Fra i tre vi fu un vivace alterco, nel corso del quale la guardia ripetutamente invitò la Nigro ad

andar via, altrimenti avrebbe fatto intervenire la polizia. Tale

comportamento del Porta, sicuramente non determinato dalla ne

cessità di tutelare il patrimonio aziendale, potrebbe configurare

gli estremi dell'ipotesi contravvenzionale prevista dal T com

ma del citato art. 2 legge 1970 n. 300, onde si impone la tra

smissione degli atti a questo ufficio per il promuovimento del

l'azione penale in ordine alla violazione sopra detta.

Per questi motivi, ecc.

PRETURA DI PIETRASANTA; sentenza 18 ottobre 1979; Giud.

Carletti; imp. Biagi e altri.

PRETURA DI PIETRASANTA;

Edilizia e urbanistica — Costruzione abusiva — Concessione in

sanatoria — Reato — Insussistenza (Legge 28 gennaio 1977

n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 15, 17).

Poiché i reati previsti all'art. 117 legge 28 gennaio 1977 n. 10 non

possono ritenersi consumati se non quando l'edificazione sia

compiuta e l'edificato pronto per l'uso o definitivamente ab

bandonato, non costituisce reato il fatto di chi abbia iniziato

l'esecuzione di un'opera in difformità dalla concessione, qua lora dopo l'inizio dei lavori, ma prima della loro ultimazione, sia stata rilasciata una successiva concessione in sanatoria. (1)

Il Pretore, ecc. — Fatto e diritto. — Mediante concessione del

27 agosto 1977, il sindaco di Forte dei Marmi autorizzava la « tra

sformazione e l'ampliamento di un fabbricato ad uso albergo »

(1) In termini, con identica motivazione, iPret. Treviglio 2 marzo

1977, Foro it., Rep. 1977, voce Edilizia e urbanistica, n. 798, che ha escluso la responsabilità penale qualora, benché l'opera sia stata iniziata in difformità dalla concessione, intervenga una successiva concessione in sanatoria, argomentando dalla nuova dizione dell'art. 17

legge 28 gennaio 1977 n. 10 che sanziona l'esecuzione dei lavori in mancanza o difformità dalla concessione e non più l'inizio dei lavori.

Contra, Cass. 24 maggio 1978, Pelagatti, id., 1979, II, 41, con ampia nota di richiami nella quale sono riportati gli opposti indirizzi giu risprudenziali, cui adde, nel senso della irrilevanza della concessione in sanatoria ai fini della responsabilità penale, Pret. Eboli 29 no vembre 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 554.

Sulla ammissibilità, infine, della concessione in sanatoria per opere iniziate in difetto di concessione ma conformi a norme e strumenti

urbanistici, cfr. T.A.R. Toscana 7 giugno 1978, n. 285, id., 1979, III, 475, con nota di richiami.

In dottrina cfr. A. Predieri, La legge 28 gennaio 1977 n. 10 sulla

edificabilità dei suoli, Milano, 1977, 289 s.; I. Di Lorenzo, Diritto

urbanistico, Rassegna dei lavori pubblici, Roma, 1978, 700; G. Pif

feri, Sanatoria delle opere edilizie nel nuovo regime d'uso dei suoli, in Ammin. it., 1978, 1133.

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