sentenza 6 novembre 1979; Giud. Culotta; imp. Di Franco e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.195/196-199/200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171560 .
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PARTE SECONDA
Il Tribunale, ecc. — Fatto e diritto. — Con sentenza del 15
dicembre 1978 il Pretore di Marsala dichiarava Fiorino Vito
colpevole della contravvenzione di cui all'art. 4, 2° comma, leg
ge 110/1975 e lo condannava alla pena di mesi 3 d'arresto e
lire 100.000 d'ammenda, condonata in ragione di metà.
Avverso tale sentenza proponeva tempestivamente appello lo
imputato e ne chiedeva la riforma assumendo nei motivi es
sere penalmente irrilevante il fatto contestato e deducendo che
in ogni caso la pena inflittagli avrebbe dovuto essere condonata
nell'intero.
Il Fiorino era in conseguenza tratto a giudizio innanzi a que
sto tribunale, quale giudice di secondo grado.
All'odierno dibattimento, dopo la relazione della causa e l'in
terrogatorio dell'imputato, datasi lettura degli atti consentiti, ha
avuto luogo la discussione, al termine della quale p. m. e difen
sore hanno concluso come in verbale.
Quanto al merito, osserva il tribunale che la imputazione a
carico del Fiorino trae origine dal fatto che il medesimo, men
tre si trovava detenuto presso la casa circondariale di Marsala,
ebbe ad impossessarsi senza legittima ragione di un coltello da
cucina.
È noto che l'elemento materiale della fattispecie contravven
zionale descritta nel 2° comma dell'art. 4 legge 110/1975 è
costituito dal porto ingiustificato di strumenti atti ad offendere
fuori della propria abitazione o della appartenenza di essa.
Ai fini della configurabilità del reato, il concetto di abitazione
va determinato con riferimento al luogo ove il soggetto normal
mente svolge la propria vita privata.
Orbene, non pare dubbio che per chi si trovi in stato di de
tenzione un tale luogo sia da identificare con lo stabilimento
carcerario, che è appunto l'ambiente in cui il detenuto espli ca e compie tutti gli atti della sua vita privata che gli siano
consentiti.
Si deve allora convenire che nel caso concreto fa difetto un
elemento della materialità giuridica del reato contestato.
L'impugnata sentenza va in conseguenza riformata, dovendo
il prevenuto essere assolto dall'imputazione ascrittagli poiché il
fatto non sussiste.
Per questi motivi, ecc.
id., Rep. 1977, voce cit., n. 33; 18 marzo 1975, Brigadini, id., Rep. 1976, voce cit., n. 37); mentre si è escluso che possa conside rarsi tale l'officina utilizzata solo per ragioni di lavoro (Cass. 18 marzo 1975, cit.) o l'automobile (Cass. 5 ottobre 1977, Perucchini, id., Rep. 1978, voce cit., n. 56; 17 gennaio 1977, Benedetti, id., Rep. 1977, voce cit., n. 69; 12 gennaio 1977, Scali, ibid., n. 70; 10 dicembre
1976, cit.). Sulla nozione di « appartenenza » dell'abitazione cfr. Cass. 25 giu
gno 1975, Piccoli, id., 1976, II, 170, con nota di richiami, la quale ha escluso che possa considerarsi appartenenza uno spiazzo adiacente
all'abitazione, ma comune a più edifici. In dottrina, sui concetti di abitazione e appartenenza, in relazione
alla materia delle armi, v. Vigna-Bellagamba, Armi, munizioni, esplo sivi, Milano, 1978, 135 s.; Mazza, Considerazioni sul concetto legisla tivo di « appartenenza » dell'abitazione nella fattispecie criminosa del
porto abusivo di armi, in Giur. agr. it., 1976, 107; Ramaioli, Il con cetto di « appartenenza » e la legge penale, in Arch, pen., 1975, II, 147.
PRETURA DI MILANO; sentenza 6 novembre 1979; Giud. Cu
lotta; imp. Di Franco e altro.
PRETURA DI MILANO;
Lavoro (rapporto) — Uuardie giurate — Presenza ingiustificata nei luoghi di lavoro — Responsabilità penale del datore di la
voro — Fattispecie (Legge 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla
tutela della dignità e della libertà dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento, art. 2, 38).
Integra la fattispecie di cui all'art. 2 legge 300J1970 il fatto del
datore di lavoro che tollera il comportamento illegittimo di due
guardie giurate che, non sussistendo alcun problema di tutela
del patrimonio aziendale, si aggirano ripetutamente nei locali
dove viene svolta l'attività lavorativa, contestando, poi, ai di
pendenti azioni e fatti diversi da quelli che attengono a detto
patrimonio. (1)
Il Pretore, ecc. — Fatto e diritto. — Con una denuncia presen
tata il 18 aprile 1978 nella cancelleria di questa pretura, Nigro
Carmela e Barbierato Maria Grazia esponevano che nella s.p.a.
Soilax, di cui entrambe erano dipendenti, a partire dal 14
marzo 1978 avevano fatto la loro comparsa due individui visi
bilmente armati che tutti i giorni, oltre a controllare la porti
neria della sede centrale dell'azienda in via Sigieri n. 14 e della
sede distaccata di via Friuli n. 23, in Milano, giravano in mezzo
agli uffici durante lo svolgimento dell'attività lavorativa e spes
so sostavano nella sala mensa. Poiché i due non avevano voluto
chiarire, ad alcuni lavoratori che glielo avevano richiesto, le
ragioni della loro presenza in ditta, era stato interpellato il ca
po del personale, Koliqi Marco, il quale si era limitato ad
affermare che si trattava di guardie assunte per garantire la
sicurezza dei dipendenti.
Aggiungevano le denuncianti che una di tali guardie il 15
marzo 1978 aveva ordinato, con modi offensivi e minacciosi,
ad una lavoratrice « in malattia », che si era recata all'interno
dell'azienda per motivi di carattere sindacale, di uscire imme
diatamente se non voleva essere sbattuta fuori; aveva inoltre ri
preso, il 4 aprile 1978, un lavoratore che era sceso nell'atrio an
tistante la sede di via Sigieri, chiedendogli « se avesse il per
messo di uscire dall'azienda ». Infine, entrambe le guardie ave
vano presenziato, armate, ad assemblee sindacali indette nei
locali della Soilax.
Poiché nei fatti esposti erano ravvisabili delle violazioni del
lo statuto dei lavoratori, previe le rituali comunicazioni giudi
ziarie al predetto Koliqi Marco e al legale rappresentante della
Soilax Di Franco Roberto, si procedeva ad istruzione somma
ria, nel corso della quale venivano agli stessi contestati con
mandato di comparizione i reati .indicati in rubrica.
Gli imputati respingevano gli addebiti, sostenendo che, a se
guito di una manifestazione di protesta che si era verificata il
10 marzo 1978 e che era degenerata in alcuni episodi di vio
lenza, giacché degli estranei avevano invaso gli uffici di via
(1) Il precedente che maggiormente si accosta alla sentenza che si
riporta è 'Pret. Torino 10 luglio 1972, Foro it., Rep. 1973, voce La voro (rapporto), n. 169.
Nel senso che la reazione verbale del lavoratore nei confronti di una guardia giurata addetta illegittimamente alla sorveglianza del l'attività lavorativa non configuri, anche prima dell'emanazione dello statuto dei lavoratori, una giusta causa di licenziamento, cfr. Cass. 26 novembre 1973, n. 3190, id., 1974, I, 351, con nota di richiami di
giurisprudenza (cui adde Pret. Milano 18 ottobre 1971, id., Rep. 1972, voce Sindacati, n. 471, secondo cui viola la normativa sull'impiego delle guardie giurate il datore di lavoro che faccia rimuovere da una
guardia giurata la pagina di un quotidiano affissa da un sindacato al
l'albo aziendale) e di dottrina.
Per riferimenti più recenti v. Cons. Stato, Sez. I, 21 novem bre 1975, n. 2489/73, id., Rep. 1978, voce Guardia privata, n. 8 (nella specie, viene ribadito il principio che la mancanza del l'intervento dell'ispettorato del lavoro rende illegittimo, per viola zione dell'ultimo comma dell'art. 2, il provvedimento di sospensione dal servizio della guardia giurata che ha trasgredito le disposizioni dei comma precedenti); Pret. Mantova 26 aprile 1977, ibid., vo ce Lavoro (rapporto), n. 1239 (fattispecie di irrilevanza, ai fini della sussistenza della giusta causa di licenziamento, della circostanza che il fatto addebitato al dipendente sia stato accertato da una guardia giurata in contrasto con il divieto di cui all'art. 2 legge 300/1970).
In dottrina, sull'art. 2, cfr. Bortone, in Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto da Giugni, Bari, 1979, 10 seg., che con clude rilevando, tra l'altro, come, sulla base degli scarsi casi giu risprudenziali verificatisi di violazione dell'art. 2, possa dirsi riuscita finora l'azione di prevenzione di comportamenti illegittimi del datore di lavoro attuata dalla normativa stessa; U. Romagnoli (Ghezzi, Mon
tuschi, G. F. Mancini), Statuto dei diritti dei lavoratori, in Com
mentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, 10 seg.; Mattarella, in Commentario dello statuto dei lavoratori, diretto da U. .Prosperetti, Milano, 1975, 61 seg.; Pera (e Assanti), Commento allo statuto dei diritti dei lavoratori, Padova, 1972, 14 seg.
Nel senso che per « locali » ove si svolge l'attività lavorativa non si deve intendere necessariamente il reparto chiuso, ma anche il luo
go di lavoro all'esterno, cfr., da ultimo, Freni-Giugni, in Lo statuto dei lavoratori, Milano, 1971, 7; e Pera (e Assanti), op. cit., 18.
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GIURISPRUDENZA PENALE
Friuli, rubato le chiavi dell'ufficio del personale ed imbrattato
i muri con scritte in vernice spray, per evitare il possibile ripe tersi di episodi del genere, erano state assunte due guardie giu rate della « Mondialpol » con il compito di svolgere un servizio
di vigilanza agli ingressi dell'azienda.
Entrambi i prevenuti negavano recisamente di aver dato di
sposizioni alle predette guardie perché controllassero gli impie
gati e gli operai durante lo svolgimento dell'attività lavorativa
e precisavano che esse, in genere, sostavano nella portineria o,
comunque, davanti al portone d'ingresso e solo qualche volta
erano salite al piano superiore dove vi erano gli uffici, per te
lefonare o per bere il caffè. Escludevano del pari d'avere auto
rizzato le guardie a presenziare ad assemblee sindacali del per sonale.
A termine dell'espletata istruttoria sommaria, durante la qua le venivano raccolte le dichiarazioni, oltre che delle denuncian
ti, anche di vari testi, comprese le due guardie giurate identi
ficate per Costalunga Igino e Porta Bruno, il Koliqi e il Di
Franco venivano tratti a giudizio per rispondere delle contrav
venzioni rubricate in epigrafe.
All'apertura del dibattimento, articolatosi in tre udienze, Ni
gro Carmela e Barbierato Maria Grazia si costituivano parte ci
vile. La difesa dei prevenuti si opponeva, sostenendo il difetto
di legittimazione attiva delle predette per mancanza di un dan
no personale e diretto conseguente ai reati oggetto del pro cesso.
Tale eccezione veniva respinta in limine con un'ordinanza
che qui deve aversi per integralmente confermata e trascritta.
Quindi, dichiarata la contumacia del Di Franco, regolarmen te citato e non comparso, e dopo l'interrogatorio dell'altro im
putato che sostanzialmente confermava quanto affermato in
istruttoria, si procedeva all'escussione delle denuncianti, delle
guardie giurate e di vari altri testi, alcuni dei quali ammessi
su richiesta delle parti, le quali, a termine, insieme al p. m.,
adottavano le conclusioni riportate in verbale.
Ritiene il giudicante pienamente provata la penale responsa bilità di entrambi gli imputati in ordine al primo degli adde
biti loro in rubrica ascritto.
Le testimonianze raccolte, infatti, pur presentando diversi pun ti di divergenza, appaiono tuttavia abbastanza concordi nel ri
ferire che le guardie giurate della Mondialpol, Costalunga e
Porta, ingaggiate dalla Soilax a partire dal 14 marzo 1978, non
si limitarono ad alternarsi alla custodia degli ingressi della se
de principale e della sede distaccata dell'azienda, ma spesso, con i pretesti più vari o di bere il caffè, o di telefonare, o di
fotocopiare dei documenti o di scambiare quattro chiacchiere
con qualche impiegato, furono viste aggirarsi nei corridoi degli uffici e talvolta entrare dentro le stanze durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.
In tal senso hanno deposto non solo Nigro e Barbierato, ma
anche Sulas Giovanna, Castellino Antonella e il teste indicato
dalla difesa, Bianchi Marco, il quale, dopo avere inizialmente
escluso che le guardie fossero mai entrate nel suo ufficio, po sto a confronto con la collega di lavoro Sulas, ha riconosciuto
di essersi sbagliato ed ha asserito di ricordare che effettivamen
te le predette guardie erano solite entrare per acquistare i get toni della macchina distributrice del caffè venduti proprio dalla
Sulas.
Queste circostanze, che non hanno ricevuto alcuna convin
cente smentita né da parte degli imputati, né da parte delle
guardie Costalunga e Porta, si rivelano determinanti ai fini del
la sussistenza della contravvenzione di cui al capo A) della
rubrica.
Il 3° comma dell'art. 2 dello statuto dei lavoratori contiene,
infatti, due distinti divieti che sono tuttavia strettamente con
nessi fra loro, concorrendo il secondo ad integrare e rafforzare
il primo, attraverso la proibizione delle modalità operative con
cui solitamente viene svolta l'attività di vigilanza incriminata.
Si desume chiaramente dal contesto letterale della norma
che il legislatore, ben consapevole di offrire, con una formula
zione molto ampia e generale di essa, facili scappatoie a chi
intendesse sostanzialmente eluderla, non soltanto si è preoc
cupato di porre il divieto per il datore di lavoro di adibire
alla vigilanza sull'attività lavorativa dei propri dipendenti le
guardie giurate assunte per la tutela del patrimonio aziendale,
ma ha voluto rendere effettivo tale divieto, creando una sorta
di praesumptio iuris secondo cui anche la semplice, ingiusti ficata presenza di una di dette guardie nei locali dove viene
svolta l'attività lavorativa, mentre la stessa è in corso, è suf
ficiente ad integrare gli estremi di quella condotta antigiuridica di potenziale pericolo che la disposizione in esame ha inteso
penalmente perseguire e reprimere.
Ne discende che, sotto il profilo contravvenzionale, la posi
zione del datore di lavoro il quale « tolleri o non impedisca »
che le guardie giurate al suo servizio accedano, in difetto di
specifiche e motivate esigenze di tutela del patrimonio azien
dale, nei locali dove viene prestata l'attività lavorativa, durante
10 svolgimento della stessa, è praticamente equiparata a quella del datore di lavoro che « adibisce » le predette guardie alla
vigilanza sull'attività lavorativa dei propri dipendenti, essendo
11 primo comportamento considerato dalla legge una forma di
attuazione del secondo, il quale, peraltro, non potrebbe concre
tamente estrinsecarsi se non con quelle modalità.
Ora, esaminando il caso di specie alla luce dei suesposti prin
cipi, della cui correttezza non sembra possa seriamente dubi
tarsi, è agevole rilevare che l'accertata frequente presenza, sen
za che ricorresse alcuna delle condizioni di legittimità dell'art.
2, 3° comma, legge 1970 n. 300, delle guardie Costalunga e
Porta nei corridoi e dentro gli uffici della Soilax durante il la
voro degli impiegati, se non proprio voluta, è stata certamente
tollerata o, quanto meno, non impedita sia dal Koliqi che dal
Di Franco.
Non vi è prova, infatti, che costoro, pur essendo pacifica mente a conoscenza delle proteste elevate, a seguito dell'assun
zione delle due guardie, da alcuni dipendenti giunti al punto di fare intervenire una « volante » della polizia per un controllo
della legittimità di tale assunzione, si siano preoccupati, come
era loro preciso dovere, di impartire tassative disposizioni affin
ché le guardie stesse si limitassero soltanto a sorvegliare gli
ingressi delle due sedi dell'azienda, astenendosi dal salire ai
piani superiori dove erano situati gli uffici, di entrarvi con i
pretesti più vari e di aggirarsi frequentemente per i corridoi,
senza che vi fosse alcun valido motivo connesso alle esigenze di salvaguardia del patrimonio aziendale.
Se fin dall'inizio o, quanto meno, dopo le prime polemiche avute con il gruppetto di lavoratori capeggiato, a quanto pare, dal Baldassironi, gli imputati, oltre a presentare a tutto il per sonale dell'azienda le due guardie giurate, avessero chiaramen
te definito i compiti per cui erano state assunte e avessero
fissato i limiti della loro attività di vigilanza, il Costalunga e
il Porta difficilmente si sarebbero permessi, di propria inizia
tiva, di accedere nei locali di lavoro, sia pure per prendere il
caffè o per telefonare o per chiacchierare con qualche impie
gato, stabilendo addirittura rapporti di amicizia con taluna del
le dipendenti, come ha asserito d'aver fatto, dopo gli iniziali
screzi, il Porta con la Barbierato, sebbene quest'ultima abbia
recisamente smentito la circostanza.
Il comportamento dei due agenti della « Mondialpol », su
scettibile, per le modalità in cui si è attuato, di essere perce
pito dai dipendenti della Soilax come una forma di larvato
avvertimento a rigar diritto e di sostanziale controllo sul loro
operato (si vedano in tal senso le sintomatiche dichiarazioni di
Sulas Giovanna e, soprattutto, di Castellitto Antonella, la quale
ha descritto l'imbarazzo e il disagio provati nel sentirsi sorve
gliata da estranei durante lo svolgimento del proprio lavoro),
appare già di per sé lesivo del bene giuridico protetto dal ci
tato art. 2, 3° comma, dello statuto dei lavoratori ed è certa
mente da imputare, sul piano penale, ai prevenuti che, pur
avendone l'obbligo, nulla hanno fatto per impedirlo o contra
starlo e farlo cessare.
Di esso, dunque, giustamente sono stati chiamati a risponde re il Di Franco e il Koliqi, se non altro a titolo di colpa, per
avere omesso di impartire le disposizioni necessarie ad evitare
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PARTE SECONDA
i lamentati inconvenienti. Quali che siano state, pertanto, le
loro intenzioni quando ingaggiarono le due guardie giurate, il
fatto di non aver proibito alle stesse di accedere, senza giusti ficato motivo, negli uffici, durante l'orario di lavoro degli im
piegati, e di avere, quindi, sostanzialmente accettato che ciò
potesse avvenire in contrasto con quanto stabilito dall'art. 2,
3° comma, legge 1970 n. 300, basta ad integrare gli estremi sog
gettivi ed oggettivi della contravvenzione di cui al capo A) della
rubrica.
Nessuna valida prova è invece emersa a carico degli impu
tati per quanto riguarda il reato loro ascritto al capo B).
È fuor di dubbio e lo hanno clamorosamente confermato tut
ti i testi escussi sul punto, smentendo le contrarie dichiarazioni
delle guardie Costalunga e Porta, che quest'ultimo, visibilmente
armato, assistette all'assemblea sindacale tenuta dai lavoratori
della Soilax il 16 marzo 1978 nei locali della mensa di via
Friuli in Milano, tanto è vero che la sua presenza all'interno
dell'aula fu denunciata nel corso di uno dei primi interventi
effettuato da Baldassironi.
Ma da chi e per qual motivo venne mandata la suddetta
guardia a presenziare all'assemblea in parola?
La domanda è rimasta senza risposta. Anzi si può anche
supporre che il Porta sia entrato nella sala dove si teneva la
riunione sindacale e vi abbia assistito, di propria iniziativa, per
curiosità, per una malintesa o errata valutazione dei propri
compiti di vigilanza o per essere pronto ad intervenire in caso
di eventuali disordini.
La mancanza di precisi elementi probatori al riguardo esclu
de la configurabilità, nella specie, dell'addebito contestato ai
prevenuti di aver violato l'art. 8 dello statuto dei lavoratori.
Tale contravvenzione, infatti, richiede per la sua sussistenza
la dimostrazione che il datore di lavoro ha disposto l'effettua
zione di indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni poli
tiche, sindacali o religiose dei lavoratori da assumere o assunti
alle sue dipendenze, essendo penalmente irrilevante, attesa la
tassatività della norma, l'eventuale utilizzabilità di tali notizie
autonomamente raccolte ad opera di terzi.
Nel caso in esame, quindi, mancando del tutto la prova che
il Di Franco o il Koliqi si siano serviti delle guardie giurate
per avere informazioni dirette sulle varie opinioni espresse dai
lavoratori, loro dipendenti, nel corso dell'assemblea indetta il
16 marzo 1978, si impone l'assoluzione degli imputati in ordine
a tale reato con formula ampiamente liberatoria perché il fatto
non sussiste.
Passando, ora, alla determinazione della pena da infliggere
agli stessi per la contravvenzione di cui sono stati riconosciuti
colpevoli, va osservato che, pur apparendo l'episodio in sé di
una certa gravità, soprattutto per il carattere vagamente intimi
datorio che la presenza delle guardie nel luogo di lavoro poteva assumere e di fatto ha assunto nei confronti di alcuni dipen denti della Soilax, non si può tuttavia non tener conto, sotto
il profilo soggettivo, del grado di colpa degli imputati, del loro
stato di incensuratezza, del loro comportamento processuale ab
bastanza corretto, circostanze tutte che inducono non soltanto
a mantenere entro i minimi edittali la pena base dell'arresto, ma anche a concedere agli imputati le attenuanti generiche, in
concorso delle quali la sanzione va concretamente irrogata nella
misura di giorni dieci di arresto ciascuno, oltre al pagamento in solido delle spese processuali (p. b. gg. 15 ridotta di un terzo
ex art. 62 bis cod. penale).
I prevenuti vanno altresì condannati, sempre in via solidale, al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili Barbierato e
Nigro.
Non v'è dubbio, infatti, che la violazione dell'art. 2, 3° com
ma, legge 1970 n. 300, se da un canto lede il diritto di tutti i
lavoratori a non subire umilianti controlli da parte di guardie
giurate durante lo svolgimento della loro attività lavorativa,
colpisce per altro verso i singoli diritti individuali dei vari di
pendenti che compongono la comunità dei lavoratori e che ap
paiono pertanto pienamente legittimati a chiedere il risarcimen
to dei danni morali personalmente sofferti.
Nella specie, tali danni, tenuto conto del disagio complessivo subito dalle denuncianti, si possono quantificare, in via equi
tativa, nella misura di lire 300.000 per ciascuna delle parti ci
vili, somme che vanno poste a carico solidale di entrambi gli
imputati.
Costoro, infine, vanno condannati sempre in solido alla rifu
sione delle spese sostenute dalle predette parti civili per la loro
costituzione, spese che si liquidano nella misura complessiva di
lire 300.000, ivi comprese lire 30.000 per esborsi e il resto per onorario di avvocato, tenuto conto del fatto che unico è stato
il difensore di entrambe le parti.
Sussistono, infine, le ragioni e i presupposti per concedere
ad ambedue gli imputati, ai sensi e per gli effetti di cui agli art. 163 e 175 cod. pen., i benefici della sospensione condizio
nale della pena loro inflitta e della non menzione della condan
na sul certificato del casellario giudiziale.
Prima di concludere, appare doveroso ancora aggiungere che
dalle risultanze processuali è emerso che la guardia giurata Por
ta Bruno, uno o due giorni dopo la sua assunzione alla Soilax, fermò nel corridoio degli uffici di via Friuli, Nigro Carmela che,
trovandosi in malattia a causa della rottura di un braccio, era
andata a trovare la Barbierato. Fra i tre vi fu un vivace alterco, nel corso del quale la guardia ripetutamente invitò la Nigro ad
andar via, altrimenti avrebbe fatto intervenire la polizia. Tale
comportamento del Porta, sicuramente non determinato dalla ne
cessità di tutelare il patrimonio aziendale, potrebbe configurare
gli estremi dell'ipotesi contravvenzionale prevista dal T com
ma del citato art. 2 legge 1970 n. 300, onde si impone la tra
smissione degli atti a questo ufficio per il promuovimento del
l'azione penale in ordine alla violazione sopra detta.
Per questi motivi, ecc.
PRETURA DI PIETRASANTA; sentenza 18 ottobre 1979; Giud.
Carletti; imp. Biagi e altri.
PRETURA DI PIETRASANTA;
Edilizia e urbanistica — Costruzione abusiva — Concessione in
sanatoria — Reato — Insussistenza (Legge 28 gennaio 1977
n. 10, norme per la edificabilità dei suoli, art. 15, 17).
Poiché i reati previsti all'art. 117 legge 28 gennaio 1977 n. 10 non
possono ritenersi consumati se non quando l'edificazione sia
compiuta e l'edificato pronto per l'uso o definitivamente ab
bandonato, non costituisce reato il fatto di chi abbia iniziato
l'esecuzione di un'opera in difformità dalla concessione, qua lora dopo l'inizio dei lavori, ma prima della loro ultimazione, sia stata rilasciata una successiva concessione in sanatoria. (1)
Il Pretore, ecc. — Fatto e diritto. — Mediante concessione del
27 agosto 1977, il sindaco di Forte dei Marmi autorizzava la « tra
sformazione e l'ampliamento di un fabbricato ad uso albergo »
(1) In termini, con identica motivazione, iPret. Treviglio 2 marzo
1977, Foro it., Rep. 1977, voce Edilizia e urbanistica, n. 798, che ha escluso la responsabilità penale qualora, benché l'opera sia stata iniziata in difformità dalla concessione, intervenga una successiva concessione in sanatoria, argomentando dalla nuova dizione dell'art. 17
legge 28 gennaio 1977 n. 10 che sanziona l'esecuzione dei lavori in mancanza o difformità dalla concessione e non più l'inizio dei lavori.
Contra, Cass. 24 maggio 1978, Pelagatti, id., 1979, II, 41, con ampia nota di richiami nella quale sono riportati gli opposti indirizzi giu risprudenziali, cui adde, nel senso della irrilevanza della concessione in sanatoria ai fini della responsabilità penale, Pret. Eboli 29 no vembre 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 554.
Sulla ammissibilità, infine, della concessione in sanatoria per opere iniziate in difetto di concessione ma conformi a norme e strumenti
urbanistici, cfr. T.A.R. Toscana 7 giugno 1978, n. 285, id., 1979, III, 475, con nota di richiami.
In dottrina cfr. A. Predieri, La legge 28 gennaio 1977 n. 10 sulla
edificabilità dei suoli, Milano, 1977, 289 s.; I. Di Lorenzo, Diritto
urbanistico, Rassegna dei lavori pubblici, Roma, 1978, 700; G. Pif
feri, Sanatoria delle opere edilizie nel nuovo regime d'uso dei suoli, in Ammin. it., 1978, 1133.
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