sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, LonganesiSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.241/242-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182724 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
mento alle azioni successive. Molto probabilmente, come è stato
ipotizzato, aveva il solo scopo di coinvolgere più intensamente
la minore nel delitto.
Poiché il succitato sentimento di «debito» è stato nella Beyer inculcato dal De Cristofaro negli istanti immediatamente prece denti al ferimento della Curina (vedere il preciso racconto della
minore al riguardo) mentre tutte le precedenti operazioni (prepa razione del caffè, prelievo del medicinale, suo travaso nella be
vanda) si sono verificate con iniziative perfettamente autonome
della Beyer senza che il Filippo nulla le ricordasse e le prospettas
se, non può che concludersi che per la sua irrilevanza.
Alla luce, pertanto, di tutte le osservazioni che in questo para
grafo si sono venute svolgendo, nonché alla stregua dei principi
giurisprudenziali che sommariamente sono stati illustrati e in cui
puntualmente sembra che possano essere calati i risultati delle
predette osservazioni, ritiene questo tribunale che, accanto alla
capacità di intendere il significato delle proprie azioni, debba alla
Beyer riconoscersi anche una capacità di volere sufficientemente
autonoma e strutturata sia con riferimento al suo sviluppo psico
fisico, sia in relazione ai fatti e alle circostanze in cui si è trovata
coinvolta, tali da consentirle di poter valutare le conseguenze e
le motivazioni delle proprie azioni e di effettuare delle scelte tra
i beni da sacrificare o da valorizzare: da un lato un sistema di
vita avventuroso e irregolare da cui si sentiva ormai calamitata,
dall'altro una esistenza, quale quella della Curina, da rispettare,
da un lato il proprio amore e una passionalità contorta da perpe
tuare e comunque e a ogni costo da preservare, dall'altro una
giovane vita da far scomparire per sempre, in un meriggio estivo
in una tomba di acqua, con il complice silenzio dell'Adriatico.
(Omissis)
TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Mar
torelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, Longanesi.
TRIBUNALE DI MILANO;
Favoreggiamento — Favoreggiamento personale — Reato — Fat
tispecie di commissione a mezzo stampa (Cod. pen., art. 378).
Integra il reato di favoreggiamento aggravato ex art. 378, 2° com
ma, c.p. la pubblicazione di un articolo contenente la notizia
che, a seguito delle rivelazioni di un boss, la magistratura sta
sviluppando un'inchiesta coinvolgente personaggi molto noti e
insospettabili, con imminente emissione di provvedimenti di cat
tura, se il giornalista si rappresenta anche il rischio che la di
vulgazione possa effettivamente aiutare qualcuno degli inquisiti,
accettandolo proprio per fornire quella notizia prima di altri
(fattispecie relativa alla pubblicazione dell'articolo dal titolo «Le
rivelazioni del boss Epaminonda sulla mafia. Inchiesta contro
giudici, poliziotti, imprenditori» su «Il Giornale» dell'II feb braio 1985). (1)
(1) Per un precedente edito in tema di favoreggiamento personale con
testato a un giornalista, v. Cass. 20 gennaio 1982, Maffei, Cass, pen.,
1984, 1944, con nota di Maooini e massimata in Foro it., Rep. 1983,
voce Favoreggiamento, n. 10: nell'annullare la sentenza di condanna emessa
dai giudici di secondo grado, per ritenuto difetto di motivazione in punto
di elemento soggettivo, la Cassazione in questa occasione affermava il
principio secondo cui il dolo del favoreggiamento ricomprende la precisa
volontà di fornire al ricercato quell'aiuto che l'attività posta in essere
è idonea a produrre, poiché tale aiuto è ciò che integra la lesione del
bene giuridico protetto, risolvendosi nell'evento (giuridico) del reato.
A ben vedere, la sentenza in epigrafe si discosta dalla predetta conce
zione del dolo di favoreggiamento più in apparenza che nella sostanza.
Anche a prescindere dalle differenze intercorrenti tra le rispettive fattispe
cie concrete delle due pronunce (differenze con ogni probabilità meno
decisive di quanto non ritenga Trib. Milano nella motivazione), una at
tenta lettura della pronuncia della Cassazione evidenzia che l'organo di
legittimità si è sostanzialmente limitato a ricostruire alla stregua dei prin
cipi generali, forse in materia un po' più pregnante di quanto risulti da
altre pronunce (cfr., tra le più recenti, Cass. 12 febbraio 1985, Zuppelli,
. Il Foro Italiano — 1989.
(Omissis). Il tribunale, al fine di procedere all'esame dell'im
putazione di favoreggiamento personale a carico di Longanesi, ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di diritto che,
per il loro carattere consolidato, possono costituire un sicuro qua dro di riferimento.
L'art. 378 c.p. punisce «chiunque, dopo che fu commesso un
delitto per il quale la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione,
e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere
le investigazioni dell'autorità, o a sottrarsi alle ricerche di que
sta». Si tratta, in ogni sua ipotesi, di reato di natura formale,
di pericolo e solo eventualmente di danno, e cioè per la sussisten
za del reato basta la semplice messa in pericolo o lesione poten
ziale del bene giuridico assunto a oggetto di tutela penale.
Si ritiene che «il delitto di favoreggiamento personale può ma
nifestarsi in qualsiasi modo, positivo o negativo, purché idoneo
a raggiungere lo scopo, e cioè abbia la potenzialità di deviare
in maniera apprezzabile le indagini, si da metterle su una falsa
direzione oppure da costringere ad impiegare un maggior impe
gno nel loro svolgimento; né si richiede, per la sua configurazio
ne, che la giustizia sia effettivamente fuorviata né che l'intento
di far eludere le indagini sia effettivamente realizzato» (Cass.,
sez. I, 28 novembre 1986). D'altra parte «il favoreggiamento ri
corre anche quando l'azione del colpevole sia indirizzata verso
persona sconosciuta; invero, dato che l'aiuto può essere prestato
anche all'insaputa del favoreggiato ed altresì' mediatamente, non
occorre che l'aiutato sia personalmente conosciuto dal favoreg
id., Rep. 1986, voce cit., n. 16; 7 maggio 1984, Sfelizia, id., Rep. 1985, voce cit., n. 5; 21 febbraio 1984, Raiola, ibid., n. 4), l'autentico contenu
to del dolo del delitto di cui all'art. 378 c.p.: sul punto, v. più diffusa
mente Maggini, cit., 1951.
Lungi dal contraddire il principio secondo cui il dolo abbraccia l'offesa
al bene protetto sotto forma di consapevolezza che l'aiuto può arrecare
nocumento alle indagini, Trib. Milano affronta l'ulteriore problema —
non affrontato dalla Cassazione nella pronuncia ricordata — della puni bilità del favoreggiamento a titolo di dolo eventuale: problema risolto
positivamente, in base a una diretta applicazione del criterio dell'accetta
zione del rischio (cfr. su tale criterio la giurisprudenza citata nella nota
di richiami a Trib. Firenze 6 novembre 1985, id., 1988, II, 400; in dottri
na, in tema di dolo eventuale, cfr., da ultimo, De Francesco, in Riv.
it. dir. e proc. pen., 1988, 113) elaborato in generale con riferimento
a qualsivoglia reato.
In senso critico circa la tendenza di una parte della dottrina (specie di lingua tedesca) ad arricchire il dolo di favoreggiamento circoscrivendo
lo al solo dolo «diretto», onde controbilanciare attraverso la ricerca di
rimedi in chiave soggettiva le incertezze che non di rado emergono in
sede di delimitazione della fattispecie oggettiva (emblematico il caso del
l'attività difensiva dell'avvocato), cfr. Pulitanò, Il favoreggiamento per sonale fra diritto e processo penale, Milano, 1984, 143 ss. Sull'oggetto del dolo in rapporto all'art. 378 c.p., v., altresì, Maggini, cit.
Quanto alle caratteristiche della condotta tipica, Trib. Milano si uni
forma agli orientamenti giurisprudenziali consolidati, a cominciare dalla
configurazione del favoreggiamento quale reato di pericolo: Cass. 16 aprile
1985, Costantini, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 7; 7 dicembre 1983,
Lo Cicero, id., Rep. 1985, voce cit., n. 14. In dottrina, v. Flandaca
Musco, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 1988, I, 298; Pulitanò,
cit., 92 ss., il quale peraltro tende a ricostruire l'art. 378 secondo il mo
dello del reato di pericolo «concreto».
Circa la struttura a «forma libera» del reato, nel senso che il favoreg
giamento è realizzabile in qualsiasi modo, purché idoneo a raggiungere lo scopo, v. Cass. 27 maggio 1986, Sartori, Foro it., Rep. 1986, voce
cit., n. 12; 21 gennaio 1986, Mercurio, id., Rep. 1987, voce cit., n. 4;
18 dicembre 1984, Troise, id., Rep. 1985, voce cit., n. 6. Nella prassi
applicativa è andato sempre più consolidandosi l'orientamento favorevole
alla configurabilità di un favoreggiamento anche in forma omissiva, con
cretantesi cioè nel silenzio o rifiuto di fornire notizie per la ricostruzione
del fatto o l'identificazione del colpevole: cfr., tra le tante, Cass. 29 set
tembre 1986, Tremamunno, id., Rep. 1987, voce cit., n. 9; 8 aprile 1986,
Amato, ibid., n. 8; 24 marzo 1986, Di Pierro, ibid., n. 7. In senso criti
co, cfr., tuttavia, nell'ambito della dottrina più recente, Pulitanò, cit.,
165: «il cittadino comune, come non è tenuto a impedire reati, a maggior
ragione non è tenuto a 'garantire' da possibili turbamenti il contesto delle
investigazioni e ricerche». Analogamente, cfr. Flandaca-Musco, cit., 297;
Calzolari, in Giur. it., 1983, II, 132.
Per l'ulteriore assunto secondo cui, ai fini della configurabilità del rea
to, l'aiuto può essere fornito anche verso persona sconosciuta e all'insa
puta di quest'ultima, cfr. Cass. 19 giugno 1982, Valpreda, Foro it., Rep.
1983, voce cit., n. 8.
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PARTE SECONDA
giatore, essendo sufficiente che questi agisca col dolo necessario
per l'integrazione del reato» (Cass., sez. Ili, 20 ottobre 1967,
Ferrante, Foro it., Rep. 1968, voce Favoreggiamento, n. 7). Va
aggiunto che non occorre che la commissione del fatto delittuoso
anteriore sia accertata giudizialmente, bastando la sua obiettiva
esistenza e la prestazione di aiuto a chi ne sia imputato oppure soltanto sospettato ed anche prima che l'autorità abbia fissato
i suoi sospetti sopra di lui.
Nella fattispecie è pacifico che vi erano indagini in corso a
seguito di gravissimi delitti, tra cui traffico di droga, omicidi e associazione di tipo mafioso (da qui la contestazione di favoreg
giamento aggravato ai sensi dell'art. 378, cpv., c.p.). Si tratta, pertanto, di verificare, sotto il profilo oggettivo, se
l'articolo in questione aveva potenzialità lesiva, ossia se era ido
neo a prestare l'aiuto richiesto dalla norma incriminatrice, non
ché, sotto il profilo soggettivo, se Longanesi ha agito con il dolo
necessario alla configurazione del reato.
La disamina dei fatti deve dunque muovere dal contenuto te
stuale dell'articolo a firma Longanesi comparso su II Giornale
di lunedi 11 febbraio 1985 a pag. 9 su sei colonne e corredato
di foto, sotto il titolo «Le rivelazioni del boss Epaminonda sulla
mafia. Inchiesta contro giudici, poliziotti, imprenditori». L'arti
colo si apre con la notizia che «Angelo Epaminonda, il boss arre
stato nell'ottobre scorso, . . . parla e molto», e prosegue sostenendo che «per il momento una cosa è certa: la magistratu ra .. . sta sviluppando un'inchiesta che ha preso corpo proprio dalle parole di Angelo Epaminonda». L'articolo continua preci sando che «Nell'inchiesta, secondo quanto si è potuto apprende re attraverso la cortina di riserbo che circonda l'indagine, sono
coinvolti personaggi insospettabili ... I nomi che si fanno e che
per ovvi motivi non possono essere riferiti essendo la conclusione
dell'inchiesta imminente ma non ancora compiuta, sono di perso
naggi molto noti». Dopo essersi soffermato sull'eventuale respon sabilità di funzionari di polizia ed avere espresso perplessità sulla
fondatezza delle accuse e sulla possibilità di accertare al di là
di ogni dubbio dette responsabilità, l'articolo torna ad occuparsi
degli aspetti generali dell'inchiesta nei seguenti termini: «Le re
sponsabilità di taluni personaggi pare siano state dimostrate in
modo tale da non lasciare adito a dubbi. Il solo motivo per cui
non sono stati ancora colpiti dipenderebbe solo da necessità ope rative. Il sostituto procuratore Di Maggio preferisce con ogni pro babilità terminare tutti gli accertamenti e poi spiccare gli eventuali
ordini di cattura. La scadenza dell'operazione è comunque immi
nente. Taluni arresti dovrebbero esere eseguiti oltre che a Milano
anche in altre città. Si profila insomma un altro scandalo dalle,
per ora, imprevedibili proporzioni». La lettura mostra chiaramente la consistenza della notizia: in
primo luogo la collaborazione di Epaminonda con l'autorità giu
diziaria, in secondo luogo la prossima conclusione dell'inchiesta
con la imminente emissione di provvedimenti di cattura.
Si osserva che la notizia corrispondeva a verità. Epaminonda era stato arrestato la notte tra il 29 e 30 settembre 1984 e dal
mese di novembre aveva cominciato a collaborare, fornendo im
portanti rivelazioni che avevano messo in moto una vasta e deli
cata indagine; l'ultimo interrogatorio di Epaminonda risale al 9
febbraio 1985. Il 20 febbraio 1985 scattava un'operazione di poli zia a seguito di provvedimenti di cattura datati 18-19 febbraio
1985 (e quindi in preparazione nei giorni precedenti) contro 144
imputati, di cui 66 già detenuti per altra causa.
L'articolo di Longanesi compare dunque in un contesto di tempo e di luogo assai significativi: con estrema tempestività, proprio mentre gli inquirenti stavano tirando le fila di una lunga e com
plessa indagine; con notevole risonanza, perché il centro dei fatti
era Milano, città in cui II Giornale è foglio diffuso ed autorevole.
E compare, si osserva, divulgando notizie coperte da segreto istrut
torio o comunque riguardanti atti o documenti di procedimento
penale di cui era vietata per legge la pubblicazione: rivelazioni
di Epaminonda, indagini di riscontro, emissione di provvedimen ti di cattura.
In ogni caso, la notizia ha connotati di specificità e immedia tezza che vanno evidenziati, sotto il profilo obiettivo, al fine di valutare la idoneità ad aiutare integrante gli estremi del favoreg
giamento. La collaborazione di Epaminonda è data come notizia
Il Foro Italiano — 1989.
certa; dubbi e perplessità sono avanzati dal redattore come opi
nione personale e con particolare riguardo al coinvolgimento di
funzionari di polizia; si riferisce che le rivelazioni di Epaminonda
hanno trovato pieno credito presso gli inquirenti. È quest'ultimo
l'aspetto che soprattutto conta e che l'articolo corrobora con ca
ratteri di specificità e precisione, laddove annuncia la prossima
conclusione dell'inchiesta (anzi, la sua sostanziale avvenuta con
clusione, salvo le ultime necessità operative) e la imminente emis
sione di provvedimenti di cattura, con un senso di estrema
prossimità temporale, da eseguirsi non solo a Milano ma anche
in altre città.
In ciò ritiene questo tribunale che si sostanzino gli estremi del
delitto di favoreggiamento.
Si può osservare che un provvedimento di cattura deve, per
sua stessa natura e per salvaguardarne l'effettiva esecuzione, ba
sarsi sulla segretezza; di modo che la pubblicazione della immi
nente emissione di tale provvedimento può in quanto tale dirsi
idonea a frustrare o intralciare le indagini, mettendo in guardia
il destinatario, inducendolo a sottrarsi alla cattura ovvero a mo
dificare i propri comportamenti, ad alterare cose o luoghi, cosi
da porsi in una situazione diversa rispetto a quella in cui si sareb
be altrimenti trovato. Ma tale affermazione non deve avere sol
tanto un rilievo astratto.
Infatti, l'idoneità ad aiutare andrebbe esclusa qualora la noti
zia pubblicata fosse già nota, non potendo perciò servire a mette
re in allarme gli interessati. Ed appunto quello della notorietà
della notizia è stato un argomento difensivo svolto da Longanesi
già nei primi interrogatori: «era diffusa voce che Epaminonda
Angelo stesse collaborando ... ho constatato che la notizia era
molto diffusa negli ambienti delle forze di polizia e del palazzo di giustizia ... il titolare di un bar sito nei pressi della questura, che non so meglio indicare, ebbe a chierdermi nella giornata di
ieri se fosse vero che vi erano indagini nel senso da me indicato
nell'articolo», e ripetuto fino al dibattimento: «per quanto ri
guarda la notizia relativa alle dichiarazioni di Epaminonda ricor
do che la stessa era di dominio pubblico negli ambienti giudiziari e della polizia e ad essi contigui». A conforto dell'asserita noto
rietà della notizia sono stati prodotti articoli de II Tempo del
13 dicembre 1984, Il Messaggero del 15 dicembre 1984, e il tele
scritto dell'agenzia Ital del 22 gennaio 1985. Peraltro, Il Tempo si limita a riferire di un conflitto di competenza fra Torino e
Milano e della sovrapposizione di un'operazione già compiuta dai
magistrati torinesi ad «una analoga indagine e conseguente retata
che stavano programmando i magistrati milanesi», senza alcun
richiamo a rivelazioni di Epaminonda, menzionato soltanto di
sfuggita. Il Messaggero, sotto il titolo «Baby killer per vendet
ta?» e dopo essersi soffermato su vari altri personaggi, scrive
di Epaminonda nei termini seguenti: «Epaminonda sa molte co
se ... Le sue rivelazioni, anche se nessuno è disposto a confer
marne il pentimento, potrebbero portare molto in alto». Come
si vede i due quotidiani danno notizie assai generiche, senza attri
buirvi speciale rilievo e per di più in un contesto locale — Roma — diverso. Quanto al foglio dell'agenzia Ital, esso non menziona
Epaminonda (e contiene evidenti imprecisioni, laddove si afferma
che la procura avrebbe chiesto all'ufficio istruzione di Milano
la cattura di magistrati operanti nella stessa città — il che palese mente urta con le norme circa la rimessione dei provvedimenti
riguardanti magistrati —, tali da renderlo inattendibile) e non
risulta essere stato ripreso o avere avuto sigificativa diffusione.
Inoltre il telescritto Ital è stato acquisito successivamente ai fatti
per cui è processo (dich. Molossi 13 febbraio 1985: «è pervenuto alla mia redazione soltanto ieri, inviato dalla redazione romana.
Di tale foglio non mi risulta che alcuno al giornale avesse avuto
mai in precedenza notizia»). Queste produzioni non servono per dimostrare che la notizia era già nota.
Non si nega comunque che la notizia della collaborazione di
Epaminonda fosse in qualche modo già diffusa nell'ambiente. Lo
si ricava dalle deposizioni dei giornalisti Orlandi («la notizia che l'imputato Epaminonda Angelo stesse collaborando con l'autori
tà giudiziaria era da tempo nota in ambiente giornalistico, cosi all'interno quanto all'esterno del palazzo di giustizia» dich. 11
febbraio 1985) e Cavalera (che si esprime nello stesso senso, dich.
11 febbraio 1985) del Corriere della Sera, nonché di Molossi («sono
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GIURISPRUDENZA PENALE
a conoscenza che l'imputato Epaminonda Angelo sta collaboran
do con l'autorità giudiziaria sin dal mese di dicembre 1984», dich.
13 febbraio 1985) de II Giornale. Orlandi e Cavalera tuttavia di
cono anche che la notizia non veniva pubblicata per non nuocere
alle indagini: «era altrettanto noto a tutti che nessuna notizia
avrebbe dovuto essere pubblicata sino a quando gli inquirenti non
avessero ritenuto opportuno divulgare gli esiti delle investigazio ni. Ciò al fine di evitare qualsiasi pregiudizio per le indagini in corso» (dich. Orlandi 11 febbraio 1985); «avevano tutti convenu
to circa l'opportunità di soprassedere alla pubblicazione di qual siasi notizia in ordine a tale vicenda, anche per evitare il rischio
di recare in qualsiasi modo pregiudizio alla ipotizzata operazione di polizia giudiziaria conseguente alle rivelazioni» (dich. Cavalera 11 febbraio 1985). Analoghe considerazioni sono svolte da Mo
lossi: «essendo pacifico che tutti eravamo a conoscenza della stessa
vicenda, avevo preso atto che neppure gli altri avevano pubblica to» (dich. 13 dicembre 1985), il quale esprime anche soggettive valutazioni di inopportunità della pubblicazione (dich. 13 e 14
febbraio 1985). Vi era dunque una limitata penetrazione del se
greto o, se si vuole, una notorietà ristretta, compresente peraltro con la consapevolezza che la divulgazione avrebbe nuociuto alle
indagini. Sostiene la difesa che stante la notorietà della notizia, chiun
que fosse collegato ad Epaminonda e implicato nei delitti poteva
già sentirsi in pericolo e prendere le proprie determinazioni di
fuga o altro, senza che l'articolo di Longanesi aggiungesse alcun
ché. Ma la nozione di segretezza/notorietà va apprezzata in senso
relativo, una cosa essendo la diffusione di una notizia tra gli ad
detti ai lavori o in ambienti contigui, bene altra cosa essendo
la sua divulgazione generalizzata e in ambienti malavitosi. Ciò
che conta è che la notizia non fosse nota ai destinatari dei prov vedimenti di cattura, ai soggetti implicati nei fatti per cui stavano
svolgendosi le indagini. Nei loro confronti si deve affermare che la notizia non era
nota, e certamente non lo era nei termini pubblicati da Longane si. Egli infatti, come già rilevato in precedenza, non si è limitato
a scrivere della collaborazione di Epaminonda, del resto già ini
ziatasi da alcuni mesi (e quindi in certo senso notizia vecchia), ma ha detto sostanzialmente che gli inquirenti davano credito alle
rivelazioni e ha preannunciato l'emissione di provvedimenti di
cattura.
È certo che i soggetti collegati ad Epaminonda dovevano in
qualche misura sentirsi in pericolo fino dall'arresto dello stesso.
Ma anche a voler ammettere che avessero saputo che egli collabo
rava (e, si ripete, vi è prova che tale notizia godeva soltanto di
una notorietà assai circoscritta), permanevano ancora ampi mar
gini di incertezza, potendo, come spesso accade, esservi dichiara
zioni ritrattate, di difficile riscontro, di dubbia attendibilità. In
più, non vi è necessaria correlazione, logica ed automatica, tra
la collaborazione di un imputato e l'emissione di provvedimenti di cattura.
È chiaro allora che l'articolo di Longanesi contiene elementi
ulteriori e specifici, concretamente idonei a sviare e intralciare
le indagini, a mettere in urgente allarme gli implicati nelle vicen
de delittuose; esse infatti non potevano in alcun modo sapere
prima e altrettanto tempestivamente quanto rivelato dall'articolo
di Longanesi. Né ha rilievo il fatto che l'articolo taceva i nomi
(Longanesi ha asserito di ignorarli, dich. 11 febbraio 1985) delle
persone coinvolte nell'inchiesta e destinatarie dei provvedimenti di cattura, in quanto i diretti interessati non avevano certo biso
gno di essere nominati per sentirsi chiamati in causa.
Vi è inoltre la prova che la notizia, a seguito della pubblicazio
ne, ha avuto effettiva diffusione in ambienti malavitosi o comun
que vicini a personaggi poi colpiti da ordine di cattura. Sono
stati sentiti come testi Stefanel Roberto, Patti Salvatore e Longi
notti Vittorio, i quali hanno confermato il contenuto delle inter
cettazioni telefoniche che, come parte integrante delle
testimonianze, hanno pertanto legittimo ingresso nel presente pro
cesso. Stefanel, Patti e Longinotti erano personaggi vicini a Li
guori Raffaelo, uno tra i principali imputati nel procedimento
Epaminonda, e nell'ambito delle indagini su Liguori era stata di
sposta l'intercettazione telefonica sulla utenza intestata al Green
Ristorante — loc. Campo Magno di Madonna di Campiglio (TN). In data 11 febbraio 1985 ore 14.04 c'è una conversazione tra Pu
po, ossia Molfino Gian Giacomo, ora defunto, e Roberto Stefa
II Foro Italiano — 1989.
nel del seguente tenore: (Pupo): Oggi ho letto un po' di giornale, cosi. . . (Roberto): di Milano? (P): . . . e sul gionale, si! (R): che giornale? (P): Il Giornale (R): Il Giornale? (P): Si (R): che cazzo di giornale è? (P): Il Giornale, aspetta un attimo eh . . . (R): Ma sei sicuro? (P): Si, ci sono le foto (R): Di oggi? (P): Di oggi. Alle ore 18.06 dello stesso 11 febbraio 1985 c'è una conversazio
ne tra Pupo e Vittorio Longinotti del seguente tenore: dopo avere
parlato della convivente di Liguori, (V): Vedrà che chiama. E
di lui non si sa niente? (P): . . . (coperto dalla voce di P) (P): Chissà che misura saremo noi (V): . . . non fa nominativi ... e
no, a parte il giornale che parla qualcosa . . . cominciano dai pe sci piccoli (V): Pesce spada (P): Pesce spada (risata). Alle ore
22.58 dello stesso giorno c'è una conversazione tra Tuccio, ossia
Patti Salvatore e una donna del seguente tenore: (T): Si sta annu
volando (D): Ahi! (T): E ... si ... si ... sul giornale di ie ri ... di oggi (D): Eh? (T): Sul Giornale di oggi, il giornale intitolato il Giornale, no? (D): Eh! (T): C'è un articolo ... di
un uomo che ... di un boss . . . e . . . Pupo l'aveva già letto
(D): Ma non ti capisco (T): Non si può dire per telefono (D): Ah, va be', va be', me lo dirai. C'è qualcuno sul giornale coin
volto li? (T): No! Non è ... c'è una cosa che poi magari (incom
prensibile) ne parla già alla televisione sul telegiornale . . . hanno
arrestato questo (incomprensibile) Longanesi (D): Longanesi? (T): Si! Giornalista, l'hanno arrestato . . . stamattina (D): Ah! (in
comprensibile) ne ho visto un pezzo, allora non l'ho sentito, allo
ra cosa c'entrano li (T): Non ti posso parlare per telefono. (D): Ah.! Va be'.
A chiarimento Patti ha dichiarato: «leggendo quell'articolo sul
Giornale ed apprendendo che Epaminonda Angelo aveva iniziato
a collaborare con l'autorità giudiziaria io pensai che presto avreb
bero cercato il Liguori . . . Prima di leggere l'articolo sul Gior
nale non avevo alcun elemento che mi facesse supporre che
Epaminonda stesse collaborando ovvero che l'autorità giudiziaria avrebbe potuto ricercare il Liguori» (dich. 20 febbraio 1986). So
stanzialmente di tenore analogo le dichiarazioni di Longinotti (dich. 30 ottobre 1985) e Stefanel (dich. 3 ottobre 1985). Costoro per
tanto, pur non direttamente implicati, non solo hanno ricevuto
notizia per la prima volta dal Giornale, ma sono stati in grado di risalire alla persona del Liguori. A maggior ragione il collega mento poteva esere fatto da chiunque fosse in prima persona coinvolto.
Si può ancora osservare che i provvedimenti di cattura emessi
riguardavano 144 imputati, di cui 66 già detenuti per altra causa, 12 già latitanti o irreperibili e 66 liberi e reperibili; i provvedi menti spiccati contro 22 di questi ultimi sono rimasti ineseguiti alla data del 20 febbraio 1985. Tali rilievi non vogliono dimostra
re che vi è stata la verificazione anche di un evento dannoso, trattandosi qui, come detto, di un reato di pericolo; introducono
semmai la constatazione di ulteriori elementi che confermano pie namente il giudizio di idoneità della condotta di Longanesi ad
aiutare talune.
Deve ora essere affrontato il problema sotto il profilo soggetti
vo, della sussistenza del dolo necessario per l'integrazione del fa
voreggiamento. È opinione largamente dominante e condivisibile che per la con
figurazione del delitto di favoreggiamento sia necessario e suffi
ciente il dolo generico (v. per tutte Cass., sez. I, 28 novembre
1986; 12 aprile 1985, Breletti, id., Rep. 1986, voce cit., n. 17), ossia la volontarietà del fatto in sé e la consapevolezza di portare
aiuto in relazione ad un reato anteriormente avvenuto.
Longanesi si è difeso sostenendo di non avere «assolutamente
l'intenzione di aiutare chicchessia» e di ritenere «che la pubblica
zione della notizia non potesse arrecare danni» (dich. 11 febbraio
1985). In sostanza sostiene l'assenza di dolo stante l'innocuità
della notizia conseguente alla sua notorietà.
Il tribunale richiama le motivazioni già svolte in punto di noto
rietà della notizia, dovendosi peraltro sottolineare come il silen
zio serbato dagli altri giornalisti sia un fatto sintomatico. Longanesi
ha detto che ignorava l'esistenza di accordi di non pubblicazione
o di divieti al riguardo («non ebbi contatto con i miei colleghi del Giornale né con altri giornalisti. Non ebbi contatti neanche
con colleghi che facevano la cronaca nera. Né alcun collega mi
disse che c'era un divieto di parlare di questo argomento. Nessuno
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PARTE SECONDA
mi ha mai detto Epaminonda sta parlando ma non scrivere nien
te»). Ma pur credendogli su questo, è lo stesso articolo incrimina
to a dimostrare che Longanesi sapeva di muoversi su un terreno
delicato e scottante, avendo con piena consapevolezza penetrato il segreto istruttorio o comunque la riservatezza delle investiga zioni in corso. Si legge infatti: «secondo quanto si è potuto ap
prendere attraverso la cortina di riserbo che circonda
l'indagine ... I nomi che si fanno e che per ovvi motivi non
possono essere riferiti». Non sono frasi di stile, ma espressioni
significative di un tono che permea tutto lo scritto e che gli in
fonde obiettivamente un carattere inquietante, quasi di avverti
mento, se non fosse che si tratta di un pezzo giornalistico e che
non vi è alcuna ragione per supporre che Longanesi abbia agito con dolo diretto.
E tuttavia ritiene il tribunale che Longanesi debba rispondere del delitto in questione, secondo i principi generali, a titolo di
dolo eventuale. Questa nozione può dirsi pacificamente acquisita nel senso che «se è esatto che la componente psicologica normale
della responsabilità per delitto doloso è il dolo diretto e di volon
tà, purtuttavia, se l'agente, non mirando ad un determinato evento
come proprio obiettivo intenzionale, ha previsto come probabile
(secondo un normale nesso di causalità) la verificazione di un
siffatto evento lesivo ed ha accettato il rischio della sua verifica
zione, agendo anche a costo di determinarlo, deve rispondere di
tale evento a titolo di dolo» (Cass., sez. Ili, 15 maggio 1963; sez. V 24 marzo 1970, Faraone, id., Rep. 1971, voce Reato in
genere, n. 11). Ed ancora: il dolo eventuale «si verifica quando
l'agente vuole un determinato evento, ma ne prevede possibile
pure un altro e tuttavia accetta il rischio del suo verificarsi, com
portandosi anche a costo di determinarlo» (Cass., sez. V, 6 mar
zo 1986). D'altra parte il dolo eventuale appare pienamente compatibile
col delitto di favoreggiamento, cosi come lo è con i reati di peri colo (v. ad es. Cass., sez. I, 23 ottobre 1986, con riferimento
al reato di cui all'art. 444 c.p.; v. anche sez. I 22 marzo 1985,
Calpuno, id., Rep. 1986, voce Tentantivo, n. 11, per tutte, sulla
configurabilità del dolo eventuale nel delitto tentato).
Questo tribunale non ignora la pronuncia della Cass., sez. VI, 20 gennaio 1982, Maffei (id., Rep. 1983, voce Favoreggiamento, n. 10), resa proprio in tema di favoreggiamento contestato a un
giornalista, secondo la quale «nella sfera dell'art. 378 c.p. il dolo
non può non ricomprendere anche la cognizione e volizione del
l'aiuto che l'attività posta in essere è confacente a produrre». Invero la Suprema corte non si diffonde a sviscerare l'argomento anche in relazione alle sue implicazioni sui principi generali. E
tuttavia pare che la detta sentenza censuri la corte di merito so
stanzialmente per il fatto di essersi incentrata sull'esame della og
gettiva idoneità dell'atto posto in essere dall'agente a produrre offesa al bene giuridico tutelato, difettando quella indagine ap
profondita e rigorosa che si rende necessaria nell'accertamento
dell'elemento soggettivo del reato, e tralasciando ogni riscontro
sulla coscienza dell'antidoverosità del fatto. In effetti, nella fatti
specie sottesa alla citata pronuncia della Suprema corte, la pub blicazione della notizia circa un emanando ordine di cattura nei
confronti di tale Grappone si inseriva in una campagna di stampa condotta proprio contro tale personaggio, il quale già era latitan
te e quindi verosimilmente insensibile, almeno nella prospettazio ne avuta dal giornalista imputato, alla emanazione di altro ordine
di cattura contro di lui. Ritiene dunque questo tribunale, prima ancora ed a prescindere da un dissenso teorico nei riguardi del
l'autorevole pronuncia, che vi sia una diversità di fattispecie con
creta che non va taciuta ai fini dell'apprezzamento di quella formulazione di principio.
Orbene, sostiene la difesa che Longanesi non ha avuto coscien
za di accettare il rischio che dalla pubblicazione nella notizia po tesse derivare nocumento alle indagini. Senonché proprio Longanesi fa affermazioni contraddittorie laddove, dopo aver detto di repu tare la notizia inoffensiva perché sostanzialmente già nota, di
chiara «ho temuto che altri giornalisti potessero prima di me
pubblicare le notizie da me pubblicate», ed aggiunge di avere ri
tenuto «di non compromettere l'indagine e nel contempo di dare
la notizia in esclusiva». Dunque è lo stesso Longanesi ad ammet
tere di essersi posto il problema, e in definitiva ha prevalso la
volontà di fare un colpo giornalistico. Si sono già illustrate le caratteristiche della notizia che la ren
II Foro Italiano — 1989.
devano effettivamente inportante. Longanesi, che si sentiva «tito
lare» della notizia, doveva ben saperlo, tanto da rappresentare al capo servizio Passanisi l'urgenza di pubblicazione e da sopras sedere a qualsiai riscontro, non attendendo neppure il rientro del
cronista giudiziario — Molossi, n.d.r. — assente per il fine setti
mana (v. dich. Passanisi 15 febbraio 1985: «è prassi anche del
mio giornale effettuare un riscontro delle notizie giudiziarie che
giungono in redazione da collaboratori non accreditati al palazzo di giustizia, interpellando i cronisti che appunto frequentano gli uffici giudiziari. Non mi fu possibile effettuare tale riscontro per ché la domenica il cronista giudiziario non è in servizio, anzi quel
giorno di domenica non era sicuramente in servizio. Non ho rite
nuto di dover attendere stante l'urgenza rappresentatami da Lon
ganesi e l'affidabilità che al collaboratore io riconosco»). In considerazione di quanto sopra è evidente che Longanesi,
giornalista di provata esperienza, non può avere valutato la noti
zia come innocua per lo svolgimento delle indagini e deve essersi
rappresentato anche il rischio che la sua divulgazione aiutasse
effettivamente qualcuno, accettandolo però proprio per dare quella notizia prima di altri. Né l'atteggiamento soggettivo di Longanesi è stato in qualche modo fuorviato da una rilevanza sociale della
notizia, tale da indurlo alla pubblicazione in nome di un interesse
pubblico alla conoscenza dei fatti o tale da far supporre la man
cata percezione che la pubblicazione implicasse qualche disvalore
sociale; si trattava di notizia che si presentava soltanto come me
ro fatto di informazione.
Longanesi deve dunque essere dichiarato colpevole del reato
ascrittogli al capo E), con l'aggravante contestata e sussistente
per l'obiettivo rilievo che si procedeva per delitti anteriori tra
cui quello previsto dall'art. 416 bis c.p. L'azione appare peraltro unica e realizzata in un medesimo con
testo, onde va esclusa la sussistenza di entrambe le ipotesi del
l'art. 81 c.p., contestate in imputazione. Possono concedersi le
attenuanti generiche, stante l'incensuratezza, da valutarsi preva lenti sull'aggravante. Considerati tutti gli elementi di cui all'art.
133 c.p. deve quindi condannarsi Longanesi alla congrua pena di mesi uno di reclusione (p.b. mesi uno e gg. 15, diminuita per att. gen.), oltre al pagamento delle spese processuali.
La valutazione della personalità dell'imputato, anche alla luce
della sua incensuratezza, fa fondatamente ritenere che lo stesso
in futuro si asterrà dal commettere reati, onde possono conceder
si i doppi benefici della pena sospesa e non menzione della con
danna alle condizioni di legge. Ai sensi degli art. 30 e 31 c.p. consegue la declaratoria di interdizione di Longanesi dalla pro fessione di giornalista per la durata di mesi uno. Ai sensi della
legge sulla stampa n. 47/48 si dispone la pubblicazione della pre sente sentenza per una volta e per estratto sul quotidiano II Gior
nale. Entrambe le suddette pene accessorie devono peraltro essere
dichiarate condonate interamente, ai sensi degli art. 1 ss. d.p.r. 865/86. (Omissis)
PRETURA DI PESCIA; sentenza 21 novembre 1988; Giud. Gal
lo; imp. Seek.
PRETURA DI PESCIA;
Falsità in sigilli e strumenti o segni di autenticazione, certificazio
ne o riconoscimento — Detenzione per la vendita di prodotti con marchi contraffatti — Reato — Esclusione — Fattispecie
(Cod. pen., art. 43, 474). Fiammiferi e accenditori automatici (imposta sui) — Detenzione
per la vendita di accendini privi di bollo — Ignoranza scusabile
della legge penale — Fattispecie (Cod. pen., art. 5; d.l. 20 apri le 1971 n. 163, regime fiscale degli apparecchi di accensione, art. 1, 8; 1. 18 giugno 1971 n. 376, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 20 aprile 1971 n. 163, art. 1).
Non integra il reato preveduto dall'art. 474 c.p., per assenza di
dolo, la detenzione per la vendita di alcuni articoli dì abbiglia mento e di pelletteria con marchio contraffatto, ove difetti nel
l'agente — nella specie, un immigrato senegalese da poco
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