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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp....

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sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, Longanesi Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 241/242-247/248 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182724 . Accessed: 28/06/2014 12:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.171 on Sat, 28 Jun 2014 12:08:10 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, Longanesi

sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, LonganesiSource: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.241/242-247/248Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182724 .

Accessed: 28/06/2014 12:08

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

mento alle azioni successive. Molto probabilmente, come è stato

ipotizzato, aveva il solo scopo di coinvolgere più intensamente

la minore nel delitto.

Poiché il succitato sentimento di «debito» è stato nella Beyer inculcato dal De Cristofaro negli istanti immediatamente prece denti al ferimento della Curina (vedere il preciso racconto della

minore al riguardo) mentre tutte le precedenti operazioni (prepa razione del caffè, prelievo del medicinale, suo travaso nella be

vanda) si sono verificate con iniziative perfettamente autonome

della Beyer senza che il Filippo nulla le ricordasse e le prospettas

se, non può che concludersi che per la sua irrilevanza.

Alla luce, pertanto, di tutte le osservazioni che in questo para

grafo si sono venute svolgendo, nonché alla stregua dei principi

giurisprudenziali che sommariamente sono stati illustrati e in cui

puntualmente sembra che possano essere calati i risultati delle

predette osservazioni, ritiene questo tribunale che, accanto alla

capacità di intendere il significato delle proprie azioni, debba alla

Beyer riconoscersi anche una capacità di volere sufficientemente

autonoma e strutturata sia con riferimento al suo sviluppo psico

fisico, sia in relazione ai fatti e alle circostanze in cui si è trovata

coinvolta, tali da consentirle di poter valutare le conseguenze e

le motivazioni delle proprie azioni e di effettuare delle scelte tra

i beni da sacrificare o da valorizzare: da un lato un sistema di

vita avventuroso e irregolare da cui si sentiva ormai calamitata,

dall'altro una esistenza, quale quella della Curina, da rispettare,

da un lato il proprio amore e una passionalità contorta da perpe

tuare e comunque e a ogni costo da preservare, dall'altro una

giovane vita da far scomparire per sempre, in un meriggio estivo

in una tomba di acqua, con il complice silenzio dell'Adriatico.

(Omissis)

TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Mar

torelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, Longanesi.

TRIBUNALE DI MILANO;

Favoreggiamento — Favoreggiamento personale — Reato — Fat

tispecie di commissione a mezzo stampa (Cod. pen., art. 378).

Integra il reato di favoreggiamento aggravato ex art. 378, 2° com

ma, c.p. la pubblicazione di un articolo contenente la notizia

che, a seguito delle rivelazioni di un boss, la magistratura sta

sviluppando un'inchiesta coinvolgente personaggi molto noti e

insospettabili, con imminente emissione di provvedimenti di cat

tura, se il giornalista si rappresenta anche il rischio che la di

vulgazione possa effettivamente aiutare qualcuno degli inquisiti,

accettandolo proprio per fornire quella notizia prima di altri

(fattispecie relativa alla pubblicazione dell'articolo dal titolo «Le

rivelazioni del boss Epaminonda sulla mafia. Inchiesta contro

giudici, poliziotti, imprenditori» su «Il Giornale» dell'II feb braio 1985). (1)

(1) Per un precedente edito in tema di favoreggiamento personale con

testato a un giornalista, v. Cass. 20 gennaio 1982, Maffei, Cass, pen.,

1984, 1944, con nota di Maooini e massimata in Foro it., Rep. 1983,

voce Favoreggiamento, n. 10: nell'annullare la sentenza di condanna emessa

dai giudici di secondo grado, per ritenuto difetto di motivazione in punto

di elemento soggettivo, la Cassazione in questa occasione affermava il

principio secondo cui il dolo del favoreggiamento ricomprende la precisa

volontà di fornire al ricercato quell'aiuto che l'attività posta in essere

è idonea a produrre, poiché tale aiuto è ciò che integra la lesione del

bene giuridico protetto, risolvendosi nell'evento (giuridico) del reato.

A ben vedere, la sentenza in epigrafe si discosta dalla predetta conce

zione del dolo di favoreggiamento più in apparenza che nella sostanza.

Anche a prescindere dalle differenze intercorrenti tra le rispettive fattispe

cie concrete delle due pronunce (differenze con ogni probabilità meno

decisive di quanto non ritenga Trib. Milano nella motivazione), una at

tenta lettura della pronuncia della Cassazione evidenzia che l'organo di

legittimità si è sostanzialmente limitato a ricostruire alla stregua dei prin

cipi generali, forse in materia un po' più pregnante di quanto risulti da

altre pronunce (cfr., tra le più recenti, Cass. 12 febbraio 1985, Zuppelli,

. Il Foro Italiano — 1989.

(Omissis). Il tribunale, al fine di procedere all'esame dell'im

putazione di favoreggiamento personale a carico di Longanesi, ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di diritto che,

per il loro carattere consolidato, possono costituire un sicuro qua dro di riferimento.

L'art. 378 c.p. punisce «chiunque, dopo che fu commesso un

delitto per il quale la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione,

e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere

le investigazioni dell'autorità, o a sottrarsi alle ricerche di que

sta». Si tratta, in ogni sua ipotesi, di reato di natura formale,

di pericolo e solo eventualmente di danno, e cioè per la sussisten

za del reato basta la semplice messa in pericolo o lesione poten

ziale del bene giuridico assunto a oggetto di tutela penale.

Si ritiene che «il delitto di favoreggiamento personale può ma

nifestarsi in qualsiasi modo, positivo o negativo, purché idoneo

a raggiungere lo scopo, e cioè abbia la potenzialità di deviare

in maniera apprezzabile le indagini, si da metterle su una falsa

direzione oppure da costringere ad impiegare un maggior impe

gno nel loro svolgimento; né si richiede, per la sua configurazio

ne, che la giustizia sia effettivamente fuorviata né che l'intento

di far eludere le indagini sia effettivamente realizzato» (Cass.,

sez. I, 28 novembre 1986). D'altra parte «il favoreggiamento ri

corre anche quando l'azione del colpevole sia indirizzata verso

persona sconosciuta; invero, dato che l'aiuto può essere prestato

anche all'insaputa del favoreggiato ed altresì' mediatamente, non

occorre che l'aiutato sia personalmente conosciuto dal favoreg

id., Rep. 1986, voce cit., n. 16; 7 maggio 1984, Sfelizia, id., Rep. 1985, voce cit., n. 5; 21 febbraio 1984, Raiola, ibid., n. 4), l'autentico contenu

to del dolo del delitto di cui all'art. 378 c.p.: sul punto, v. più diffusa

mente Maggini, cit., 1951.

Lungi dal contraddire il principio secondo cui il dolo abbraccia l'offesa

al bene protetto sotto forma di consapevolezza che l'aiuto può arrecare

nocumento alle indagini, Trib. Milano affronta l'ulteriore problema —

non affrontato dalla Cassazione nella pronuncia ricordata — della puni bilità del favoreggiamento a titolo di dolo eventuale: problema risolto

positivamente, in base a una diretta applicazione del criterio dell'accetta

zione del rischio (cfr. su tale criterio la giurisprudenza citata nella nota

di richiami a Trib. Firenze 6 novembre 1985, id., 1988, II, 400; in dottri

na, in tema di dolo eventuale, cfr., da ultimo, De Francesco, in Riv.

it. dir. e proc. pen., 1988, 113) elaborato in generale con riferimento

a qualsivoglia reato.

In senso critico circa la tendenza di una parte della dottrina (specie di lingua tedesca) ad arricchire il dolo di favoreggiamento circoscrivendo

lo al solo dolo «diretto», onde controbilanciare attraverso la ricerca di

rimedi in chiave soggettiva le incertezze che non di rado emergono in

sede di delimitazione della fattispecie oggettiva (emblematico il caso del

l'attività difensiva dell'avvocato), cfr. Pulitanò, Il favoreggiamento per sonale fra diritto e processo penale, Milano, 1984, 143 ss. Sull'oggetto del dolo in rapporto all'art. 378 c.p., v., altresì, Maggini, cit.

Quanto alle caratteristiche della condotta tipica, Trib. Milano si uni

forma agli orientamenti giurisprudenziali consolidati, a cominciare dalla

configurazione del favoreggiamento quale reato di pericolo: Cass. 16 aprile

1985, Costantini, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 7; 7 dicembre 1983,

Lo Cicero, id., Rep. 1985, voce cit., n. 14. In dottrina, v. Flandaca

Musco, Diritto penale, parte speciale, Bologna, 1988, I, 298; Pulitanò,

cit., 92 ss., il quale peraltro tende a ricostruire l'art. 378 secondo il mo

dello del reato di pericolo «concreto».

Circa la struttura a «forma libera» del reato, nel senso che il favoreg

giamento è realizzabile in qualsiasi modo, purché idoneo a raggiungere lo scopo, v. Cass. 27 maggio 1986, Sartori, Foro it., Rep. 1986, voce

cit., n. 12; 21 gennaio 1986, Mercurio, id., Rep. 1987, voce cit., n. 4;

18 dicembre 1984, Troise, id., Rep. 1985, voce cit., n. 6. Nella prassi

applicativa è andato sempre più consolidandosi l'orientamento favorevole

alla configurabilità di un favoreggiamento anche in forma omissiva, con

cretantesi cioè nel silenzio o rifiuto di fornire notizie per la ricostruzione

del fatto o l'identificazione del colpevole: cfr., tra le tante, Cass. 29 set

tembre 1986, Tremamunno, id., Rep. 1987, voce cit., n. 9; 8 aprile 1986,

Amato, ibid., n. 8; 24 marzo 1986, Di Pierro, ibid., n. 7. In senso criti

co, cfr., tuttavia, nell'ambito della dottrina più recente, Pulitanò, cit.,

165: «il cittadino comune, come non è tenuto a impedire reati, a maggior

ragione non è tenuto a 'garantire' da possibili turbamenti il contesto delle

investigazioni e ricerche». Analogamente, cfr. Flandaca-Musco, cit., 297;

Calzolari, in Giur. it., 1983, II, 132.

Per l'ulteriore assunto secondo cui, ai fini della configurabilità del rea

to, l'aiuto può essere fornito anche verso persona sconosciuta e all'insa

puta di quest'ultima, cfr. Cass. 19 giugno 1982, Valpreda, Foro it., Rep.

1983, voce cit., n. 8.

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PARTE SECONDA

giatore, essendo sufficiente che questi agisca col dolo necessario

per l'integrazione del reato» (Cass., sez. Ili, 20 ottobre 1967,

Ferrante, Foro it., Rep. 1968, voce Favoreggiamento, n. 7). Va

aggiunto che non occorre che la commissione del fatto delittuoso

anteriore sia accertata giudizialmente, bastando la sua obiettiva

esistenza e la prestazione di aiuto a chi ne sia imputato oppure soltanto sospettato ed anche prima che l'autorità abbia fissato

i suoi sospetti sopra di lui.

Nella fattispecie è pacifico che vi erano indagini in corso a

seguito di gravissimi delitti, tra cui traffico di droga, omicidi e associazione di tipo mafioso (da qui la contestazione di favoreg

giamento aggravato ai sensi dell'art. 378, cpv., c.p.). Si tratta, pertanto, di verificare, sotto il profilo oggettivo, se

l'articolo in questione aveva potenzialità lesiva, ossia se era ido

neo a prestare l'aiuto richiesto dalla norma incriminatrice, non

ché, sotto il profilo soggettivo, se Longanesi ha agito con il dolo

necessario alla configurazione del reato.

La disamina dei fatti deve dunque muovere dal contenuto te

stuale dell'articolo a firma Longanesi comparso su II Giornale

di lunedi 11 febbraio 1985 a pag. 9 su sei colonne e corredato

di foto, sotto il titolo «Le rivelazioni del boss Epaminonda sulla

mafia. Inchiesta contro giudici, poliziotti, imprenditori». L'arti

colo si apre con la notizia che «Angelo Epaminonda, il boss arre

stato nell'ottobre scorso, . . . parla e molto», e prosegue sostenendo che «per il momento una cosa è certa: la magistratu ra .. . sta sviluppando un'inchiesta che ha preso corpo proprio dalle parole di Angelo Epaminonda». L'articolo continua preci sando che «Nell'inchiesta, secondo quanto si è potuto apprende re attraverso la cortina di riserbo che circonda l'indagine, sono

coinvolti personaggi insospettabili ... I nomi che si fanno e che

per ovvi motivi non possono essere riferiti essendo la conclusione

dell'inchiesta imminente ma non ancora compiuta, sono di perso

naggi molto noti». Dopo essersi soffermato sull'eventuale respon sabilità di funzionari di polizia ed avere espresso perplessità sulla

fondatezza delle accuse e sulla possibilità di accertare al di là

di ogni dubbio dette responsabilità, l'articolo torna ad occuparsi

degli aspetti generali dell'inchiesta nei seguenti termini: «Le re

sponsabilità di taluni personaggi pare siano state dimostrate in

modo tale da non lasciare adito a dubbi. Il solo motivo per cui

non sono stati ancora colpiti dipenderebbe solo da necessità ope rative. Il sostituto procuratore Di Maggio preferisce con ogni pro babilità terminare tutti gli accertamenti e poi spiccare gli eventuali

ordini di cattura. La scadenza dell'operazione è comunque immi

nente. Taluni arresti dovrebbero esere eseguiti oltre che a Milano

anche in altre città. Si profila insomma un altro scandalo dalle,

per ora, imprevedibili proporzioni». La lettura mostra chiaramente la consistenza della notizia: in

primo luogo la collaborazione di Epaminonda con l'autorità giu

diziaria, in secondo luogo la prossima conclusione dell'inchiesta

con la imminente emissione di provvedimenti di cattura.

Si osserva che la notizia corrispondeva a verità. Epaminonda era stato arrestato la notte tra il 29 e 30 settembre 1984 e dal

mese di novembre aveva cominciato a collaborare, fornendo im

portanti rivelazioni che avevano messo in moto una vasta e deli

cata indagine; l'ultimo interrogatorio di Epaminonda risale al 9

febbraio 1985. Il 20 febbraio 1985 scattava un'operazione di poli zia a seguito di provvedimenti di cattura datati 18-19 febbraio

1985 (e quindi in preparazione nei giorni precedenti) contro 144

imputati, di cui 66 già detenuti per altra causa.

L'articolo di Longanesi compare dunque in un contesto di tempo e di luogo assai significativi: con estrema tempestività, proprio mentre gli inquirenti stavano tirando le fila di una lunga e com

plessa indagine; con notevole risonanza, perché il centro dei fatti

era Milano, città in cui II Giornale è foglio diffuso ed autorevole.

E compare, si osserva, divulgando notizie coperte da segreto istrut

torio o comunque riguardanti atti o documenti di procedimento

penale di cui era vietata per legge la pubblicazione: rivelazioni

di Epaminonda, indagini di riscontro, emissione di provvedimen ti di cattura.

In ogni caso, la notizia ha connotati di specificità e immedia tezza che vanno evidenziati, sotto il profilo obiettivo, al fine di valutare la idoneità ad aiutare integrante gli estremi del favoreg

giamento. La collaborazione di Epaminonda è data come notizia

Il Foro Italiano — 1989.

certa; dubbi e perplessità sono avanzati dal redattore come opi

nione personale e con particolare riguardo al coinvolgimento di

funzionari di polizia; si riferisce che le rivelazioni di Epaminonda

hanno trovato pieno credito presso gli inquirenti. È quest'ultimo

l'aspetto che soprattutto conta e che l'articolo corrobora con ca

ratteri di specificità e precisione, laddove annuncia la prossima

conclusione dell'inchiesta (anzi, la sua sostanziale avvenuta con

clusione, salvo le ultime necessità operative) e la imminente emis

sione di provvedimenti di cattura, con un senso di estrema

prossimità temporale, da eseguirsi non solo a Milano ma anche

in altre città.

In ciò ritiene questo tribunale che si sostanzino gli estremi del

delitto di favoreggiamento.

Si può osservare che un provvedimento di cattura deve, per

sua stessa natura e per salvaguardarne l'effettiva esecuzione, ba

sarsi sulla segretezza; di modo che la pubblicazione della immi

nente emissione di tale provvedimento può in quanto tale dirsi

idonea a frustrare o intralciare le indagini, mettendo in guardia

il destinatario, inducendolo a sottrarsi alla cattura ovvero a mo

dificare i propri comportamenti, ad alterare cose o luoghi, cosi

da porsi in una situazione diversa rispetto a quella in cui si sareb

be altrimenti trovato. Ma tale affermazione non deve avere sol

tanto un rilievo astratto.

Infatti, l'idoneità ad aiutare andrebbe esclusa qualora la noti

zia pubblicata fosse già nota, non potendo perciò servire a mette

re in allarme gli interessati. Ed appunto quello della notorietà

della notizia è stato un argomento difensivo svolto da Longanesi

già nei primi interrogatori: «era diffusa voce che Epaminonda

Angelo stesse collaborando ... ho constatato che la notizia era

molto diffusa negli ambienti delle forze di polizia e del palazzo di giustizia ... il titolare di un bar sito nei pressi della questura, che non so meglio indicare, ebbe a chierdermi nella giornata di

ieri se fosse vero che vi erano indagini nel senso da me indicato

nell'articolo», e ripetuto fino al dibattimento: «per quanto ri

guarda la notizia relativa alle dichiarazioni di Epaminonda ricor

do che la stessa era di dominio pubblico negli ambienti giudiziari e della polizia e ad essi contigui». A conforto dell'asserita noto

rietà della notizia sono stati prodotti articoli de II Tempo del

13 dicembre 1984, Il Messaggero del 15 dicembre 1984, e il tele

scritto dell'agenzia Ital del 22 gennaio 1985. Peraltro, Il Tempo si limita a riferire di un conflitto di competenza fra Torino e

Milano e della sovrapposizione di un'operazione già compiuta dai

magistrati torinesi ad «una analoga indagine e conseguente retata

che stavano programmando i magistrati milanesi», senza alcun

richiamo a rivelazioni di Epaminonda, menzionato soltanto di

sfuggita. Il Messaggero, sotto il titolo «Baby killer per vendet

ta?» e dopo essersi soffermato su vari altri personaggi, scrive

di Epaminonda nei termini seguenti: «Epaminonda sa molte co

se ... Le sue rivelazioni, anche se nessuno è disposto a confer

marne il pentimento, potrebbero portare molto in alto». Come

si vede i due quotidiani danno notizie assai generiche, senza attri

buirvi speciale rilievo e per di più in un contesto locale — Roma — diverso. Quanto al foglio dell'agenzia Ital, esso non menziona

Epaminonda (e contiene evidenti imprecisioni, laddove si afferma

che la procura avrebbe chiesto all'ufficio istruzione di Milano

la cattura di magistrati operanti nella stessa città — il che palese mente urta con le norme circa la rimessione dei provvedimenti

riguardanti magistrati —, tali da renderlo inattendibile) e non

risulta essere stato ripreso o avere avuto sigificativa diffusione.

Inoltre il telescritto Ital è stato acquisito successivamente ai fatti

per cui è processo (dich. Molossi 13 febbraio 1985: «è pervenuto alla mia redazione soltanto ieri, inviato dalla redazione romana.

Di tale foglio non mi risulta che alcuno al giornale avesse avuto

mai in precedenza notizia»). Queste produzioni non servono per dimostrare che la notizia era già nota.

Non si nega comunque che la notizia della collaborazione di

Epaminonda fosse in qualche modo già diffusa nell'ambiente. Lo

si ricava dalle deposizioni dei giornalisti Orlandi («la notizia che l'imputato Epaminonda Angelo stesse collaborando con l'autori

tà giudiziaria era da tempo nota in ambiente giornalistico, cosi all'interno quanto all'esterno del palazzo di giustizia» dich. 11

febbraio 1985) e Cavalera (che si esprime nello stesso senso, dich.

11 febbraio 1985) del Corriere della Sera, nonché di Molossi («sono

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GIURISPRUDENZA PENALE

a conoscenza che l'imputato Epaminonda Angelo sta collaboran

do con l'autorità giudiziaria sin dal mese di dicembre 1984», dich.

13 febbraio 1985) de II Giornale. Orlandi e Cavalera tuttavia di

cono anche che la notizia non veniva pubblicata per non nuocere

alle indagini: «era altrettanto noto a tutti che nessuna notizia

avrebbe dovuto essere pubblicata sino a quando gli inquirenti non

avessero ritenuto opportuno divulgare gli esiti delle investigazio ni. Ciò al fine di evitare qualsiasi pregiudizio per le indagini in corso» (dich. Orlandi 11 febbraio 1985); «avevano tutti convenu

to circa l'opportunità di soprassedere alla pubblicazione di qual siasi notizia in ordine a tale vicenda, anche per evitare il rischio

di recare in qualsiasi modo pregiudizio alla ipotizzata operazione di polizia giudiziaria conseguente alle rivelazioni» (dich. Cavalera 11 febbraio 1985). Analoghe considerazioni sono svolte da Mo

lossi: «essendo pacifico che tutti eravamo a conoscenza della stessa

vicenda, avevo preso atto che neppure gli altri avevano pubblica to» (dich. 13 dicembre 1985), il quale esprime anche soggettive valutazioni di inopportunità della pubblicazione (dich. 13 e 14

febbraio 1985). Vi era dunque una limitata penetrazione del se

greto o, se si vuole, una notorietà ristretta, compresente peraltro con la consapevolezza che la divulgazione avrebbe nuociuto alle

indagini. Sostiene la difesa che stante la notorietà della notizia, chiun

que fosse collegato ad Epaminonda e implicato nei delitti poteva

già sentirsi in pericolo e prendere le proprie determinazioni di

fuga o altro, senza che l'articolo di Longanesi aggiungesse alcun

ché. Ma la nozione di segretezza/notorietà va apprezzata in senso

relativo, una cosa essendo la diffusione di una notizia tra gli ad

detti ai lavori o in ambienti contigui, bene altra cosa essendo

la sua divulgazione generalizzata e in ambienti malavitosi. Ciò

che conta è che la notizia non fosse nota ai destinatari dei prov vedimenti di cattura, ai soggetti implicati nei fatti per cui stavano

svolgendosi le indagini. Nei loro confronti si deve affermare che la notizia non era

nota, e certamente non lo era nei termini pubblicati da Longane si. Egli infatti, come già rilevato in precedenza, non si è limitato

a scrivere della collaborazione di Epaminonda, del resto già ini

ziatasi da alcuni mesi (e quindi in certo senso notizia vecchia), ma ha detto sostanzialmente che gli inquirenti davano credito alle

rivelazioni e ha preannunciato l'emissione di provvedimenti di

cattura.

È certo che i soggetti collegati ad Epaminonda dovevano in

qualche misura sentirsi in pericolo fino dall'arresto dello stesso.

Ma anche a voler ammettere che avessero saputo che egli collabo

rava (e, si ripete, vi è prova che tale notizia godeva soltanto di

una notorietà assai circoscritta), permanevano ancora ampi mar

gini di incertezza, potendo, come spesso accade, esservi dichiara

zioni ritrattate, di difficile riscontro, di dubbia attendibilità. In

più, non vi è necessaria correlazione, logica ed automatica, tra

la collaborazione di un imputato e l'emissione di provvedimenti di cattura.

È chiaro allora che l'articolo di Longanesi contiene elementi

ulteriori e specifici, concretamente idonei a sviare e intralciare

le indagini, a mettere in urgente allarme gli implicati nelle vicen

de delittuose; esse infatti non potevano in alcun modo sapere

prima e altrettanto tempestivamente quanto rivelato dall'articolo

di Longanesi. Né ha rilievo il fatto che l'articolo taceva i nomi

(Longanesi ha asserito di ignorarli, dich. 11 febbraio 1985) delle

persone coinvolte nell'inchiesta e destinatarie dei provvedimenti di cattura, in quanto i diretti interessati non avevano certo biso

gno di essere nominati per sentirsi chiamati in causa.

Vi è inoltre la prova che la notizia, a seguito della pubblicazio

ne, ha avuto effettiva diffusione in ambienti malavitosi o comun

que vicini a personaggi poi colpiti da ordine di cattura. Sono

stati sentiti come testi Stefanel Roberto, Patti Salvatore e Longi

notti Vittorio, i quali hanno confermato il contenuto delle inter

cettazioni telefoniche che, come parte integrante delle

testimonianze, hanno pertanto legittimo ingresso nel presente pro

cesso. Stefanel, Patti e Longinotti erano personaggi vicini a Li

guori Raffaelo, uno tra i principali imputati nel procedimento

Epaminonda, e nell'ambito delle indagini su Liguori era stata di

sposta l'intercettazione telefonica sulla utenza intestata al Green

Ristorante — loc. Campo Magno di Madonna di Campiglio (TN). In data 11 febbraio 1985 ore 14.04 c'è una conversazione tra Pu

po, ossia Molfino Gian Giacomo, ora defunto, e Roberto Stefa

II Foro Italiano — 1989.

nel del seguente tenore: (Pupo): Oggi ho letto un po' di giornale, cosi. . . (Roberto): di Milano? (P): . . . e sul gionale, si! (R): che giornale? (P): Il Giornale (R): Il Giornale? (P): Si (R): che cazzo di giornale è? (P): Il Giornale, aspetta un attimo eh . . . (R): Ma sei sicuro? (P): Si, ci sono le foto (R): Di oggi? (P): Di oggi. Alle ore 18.06 dello stesso 11 febbraio 1985 c'è una conversazio

ne tra Pupo e Vittorio Longinotti del seguente tenore: dopo avere

parlato della convivente di Liguori, (V): Vedrà che chiama. E

di lui non si sa niente? (P): . . . (coperto dalla voce di P) (P): Chissà che misura saremo noi (V): . . . non fa nominativi ... e

no, a parte il giornale che parla qualcosa . . . cominciano dai pe sci piccoli (V): Pesce spada (P): Pesce spada (risata). Alle ore

22.58 dello stesso giorno c'è una conversazione tra Tuccio, ossia

Patti Salvatore e una donna del seguente tenore: (T): Si sta annu

volando (D): Ahi! (T): E ... si ... si ... sul giornale di ie ri ... di oggi (D): Eh? (T): Sul Giornale di oggi, il giornale intitolato il Giornale, no? (D): Eh! (T): C'è un articolo ... di

un uomo che ... di un boss . . . e . . . Pupo l'aveva già letto

(D): Ma non ti capisco (T): Non si può dire per telefono (D): Ah, va be', va be', me lo dirai. C'è qualcuno sul giornale coin

volto li? (T): No! Non è ... c'è una cosa che poi magari (incom

prensibile) ne parla già alla televisione sul telegiornale . . . hanno

arrestato questo (incomprensibile) Longanesi (D): Longanesi? (T): Si! Giornalista, l'hanno arrestato . . . stamattina (D): Ah! (in

comprensibile) ne ho visto un pezzo, allora non l'ho sentito, allo

ra cosa c'entrano li (T): Non ti posso parlare per telefono. (D): Ah.! Va be'.

A chiarimento Patti ha dichiarato: «leggendo quell'articolo sul

Giornale ed apprendendo che Epaminonda Angelo aveva iniziato

a collaborare con l'autorità giudiziaria io pensai che presto avreb

bero cercato il Liguori . . . Prima di leggere l'articolo sul Gior

nale non avevo alcun elemento che mi facesse supporre che

Epaminonda stesse collaborando ovvero che l'autorità giudiziaria avrebbe potuto ricercare il Liguori» (dich. 20 febbraio 1986). So

stanzialmente di tenore analogo le dichiarazioni di Longinotti (dich. 30 ottobre 1985) e Stefanel (dich. 3 ottobre 1985). Costoro per

tanto, pur non direttamente implicati, non solo hanno ricevuto

notizia per la prima volta dal Giornale, ma sono stati in grado di risalire alla persona del Liguori. A maggior ragione il collega mento poteva esere fatto da chiunque fosse in prima persona coinvolto.

Si può ancora osservare che i provvedimenti di cattura emessi

riguardavano 144 imputati, di cui 66 già detenuti per altra causa, 12 già latitanti o irreperibili e 66 liberi e reperibili; i provvedi menti spiccati contro 22 di questi ultimi sono rimasti ineseguiti alla data del 20 febbraio 1985. Tali rilievi non vogliono dimostra

re che vi è stata la verificazione anche di un evento dannoso, trattandosi qui, come detto, di un reato di pericolo; introducono

semmai la constatazione di ulteriori elementi che confermano pie namente il giudizio di idoneità della condotta di Longanesi ad

aiutare talune.

Deve ora essere affrontato il problema sotto il profilo soggetti

vo, della sussistenza del dolo necessario per l'integrazione del fa

voreggiamento. È opinione largamente dominante e condivisibile che per la con

figurazione del delitto di favoreggiamento sia necessario e suffi

ciente il dolo generico (v. per tutte Cass., sez. I, 28 novembre

1986; 12 aprile 1985, Breletti, id., Rep. 1986, voce cit., n. 17), ossia la volontarietà del fatto in sé e la consapevolezza di portare

aiuto in relazione ad un reato anteriormente avvenuto.

Longanesi si è difeso sostenendo di non avere «assolutamente

l'intenzione di aiutare chicchessia» e di ritenere «che la pubblica

zione della notizia non potesse arrecare danni» (dich. 11 febbraio

1985). In sostanza sostiene l'assenza di dolo stante l'innocuità

della notizia conseguente alla sua notorietà.

Il tribunale richiama le motivazioni già svolte in punto di noto

rietà della notizia, dovendosi peraltro sottolineare come il silen

zio serbato dagli altri giornalisti sia un fatto sintomatico. Longanesi

ha detto che ignorava l'esistenza di accordi di non pubblicazione

o di divieti al riguardo («non ebbi contatto con i miei colleghi del Giornale né con altri giornalisti. Non ebbi contatti neanche

con colleghi che facevano la cronaca nera. Né alcun collega mi

disse che c'era un divieto di parlare di questo argomento. Nessuno

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Page 5: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sentenza 6 ottobre 1988; Pres. Martorelli, Est. D'Isa; imp. Bolzoni, Longanesi

PARTE SECONDA

mi ha mai detto Epaminonda sta parlando ma non scrivere nien

te»). Ma pur credendogli su questo, è lo stesso articolo incrimina

to a dimostrare che Longanesi sapeva di muoversi su un terreno

delicato e scottante, avendo con piena consapevolezza penetrato il segreto istruttorio o comunque la riservatezza delle investiga zioni in corso. Si legge infatti: «secondo quanto si è potuto ap

prendere attraverso la cortina di riserbo che circonda

l'indagine ... I nomi che si fanno e che per ovvi motivi non

possono essere riferiti». Non sono frasi di stile, ma espressioni

significative di un tono che permea tutto lo scritto e che gli in

fonde obiettivamente un carattere inquietante, quasi di avverti

mento, se non fosse che si tratta di un pezzo giornalistico e che

non vi è alcuna ragione per supporre che Longanesi abbia agito con dolo diretto.

E tuttavia ritiene il tribunale che Longanesi debba rispondere del delitto in questione, secondo i principi generali, a titolo di

dolo eventuale. Questa nozione può dirsi pacificamente acquisita nel senso che «se è esatto che la componente psicologica normale

della responsabilità per delitto doloso è il dolo diretto e di volon

tà, purtuttavia, se l'agente, non mirando ad un determinato evento

come proprio obiettivo intenzionale, ha previsto come probabile

(secondo un normale nesso di causalità) la verificazione di un

siffatto evento lesivo ed ha accettato il rischio della sua verifica

zione, agendo anche a costo di determinarlo, deve rispondere di

tale evento a titolo di dolo» (Cass., sez. Ili, 15 maggio 1963; sez. V 24 marzo 1970, Faraone, id., Rep. 1971, voce Reato in

genere, n. 11). Ed ancora: il dolo eventuale «si verifica quando

l'agente vuole un determinato evento, ma ne prevede possibile

pure un altro e tuttavia accetta il rischio del suo verificarsi, com

portandosi anche a costo di determinarlo» (Cass., sez. V, 6 mar

zo 1986). D'altra parte il dolo eventuale appare pienamente compatibile

col delitto di favoreggiamento, cosi come lo è con i reati di peri colo (v. ad es. Cass., sez. I, 23 ottobre 1986, con riferimento

al reato di cui all'art. 444 c.p.; v. anche sez. I 22 marzo 1985,

Calpuno, id., Rep. 1986, voce Tentantivo, n. 11, per tutte, sulla

configurabilità del dolo eventuale nel delitto tentato).

Questo tribunale non ignora la pronuncia della Cass., sez. VI, 20 gennaio 1982, Maffei (id., Rep. 1983, voce Favoreggiamento, n. 10), resa proprio in tema di favoreggiamento contestato a un

giornalista, secondo la quale «nella sfera dell'art. 378 c.p. il dolo

non può non ricomprendere anche la cognizione e volizione del

l'aiuto che l'attività posta in essere è confacente a produrre». Invero la Suprema corte non si diffonde a sviscerare l'argomento anche in relazione alle sue implicazioni sui principi generali. E

tuttavia pare che la detta sentenza censuri la corte di merito so

stanzialmente per il fatto di essersi incentrata sull'esame della og

gettiva idoneità dell'atto posto in essere dall'agente a produrre offesa al bene giuridico tutelato, difettando quella indagine ap

profondita e rigorosa che si rende necessaria nell'accertamento

dell'elemento soggettivo del reato, e tralasciando ogni riscontro

sulla coscienza dell'antidoverosità del fatto. In effetti, nella fatti

specie sottesa alla citata pronuncia della Suprema corte, la pub blicazione della notizia circa un emanando ordine di cattura nei

confronti di tale Grappone si inseriva in una campagna di stampa condotta proprio contro tale personaggio, il quale già era latitan

te e quindi verosimilmente insensibile, almeno nella prospettazio ne avuta dal giornalista imputato, alla emanazione di altro ordine

di cattura contro di lui. Ritiene dunque questo tribunale, prima ancora ed a prescindere da un dissenso teorico nei riguardi del

l'autorevole pronuncia, che vi sia una diversità di fattispecie con

creta che non va taciuta ai fini dell'apprezzamento di quella formulazione di principio.

Orbene, sostiene la difesa che Longanesi non ha avuto coscien

za di accettare il rischio che dalla pubblicazione nella notizia po tesse derivare nocumento alle indagini. Senonché proprio Longanesi fa affermazioni contraddittorie laddove, dopo aver detto di repu tare la notizia inoffensiva perché sostanzialmente già nota, di

chiara «ho temuto che altri giornalisti potessero prima di me

pubblicare le notizie da me pubblicate», ed aggiunge di avere ri

tenuto «di non compromettere l'indagine e nel contempo di dare

la notizia in esclusiva». Dunque è lo stesso Longanesi ad ammet

tere di essersi posto il problema, e in definitiva ha prevalso la

volontà di fare un colpo giornalistico. Si sono già illustrate le caratteristiche della notizia che la ren

II Foro Italiano — 1989.

devano effettivamente inportante. Longanesi, che si sentiva «tito

lare» della notizia, doveva ben saperlo, tanto da rappresentare al capo servizio Passanisi l'urgenza di pubblicazione e da sopras sedere a qualsiai riscontro, non attendendo neppure il rientro del

cronista giudiziario — Molossi, n.d.r. — assente per il fine setti

mana (v. dich. Passanisi 15 febbraio 1985: «è prassi anche del

mio giornale effettuare un riscontro delle notizie giudiziarie che

giungono in redazione da collaboratori non accreditati al palazzo di giustizia, interpellando i cronisti che appunto frequentano gli uffici giudiziari. Non mi fu possibile effettuare tale riscontro per ché la domenica il cronista giudiziario non è in servizio, anzi quel

giorno di domenica non era sicuramente in servizio. Non ho rite

nuto di dover attendere stante l'urgenza rappresentatami da Lon

ganesi e l'affidabilità che al collaboratore io riconosco»). In considerazione di quanto sopra è evidente che Longanesi,

giornalista di provata esperienza, non può avere valutato la noti

zia come innocua per lo svolgimento delle indagini e deve essersi

rappresentato anche il rischio che la sua divulgazione aiutasse

effettivamente qualcuno, accettandolo però proprio per dare quella notizia prima di altri. Né l'atteggiamento soggettivo di Longanesi è stato in qualche modo fuorviato da una rilevanza sociale della

notizia, tale da indurlo alla pubblicazione in nome di un interesse

pubblico alla conoscenza dei fatti o tale da far supporre la man

cata percezione che la pubblicazione implicasse qualche disvalore

sociale; si trattava di notizia che si presentava soltanto come me

ro fatto di informazione.

Longanesi deve dunque essere dichiarato colpevole del reato

ascrittogli al capo E), con l'aggravante contestata e sussistente

per l'obiettivo rilievo che si procedeva per delitti anteriori tra

cui quello previsto dall'art. 416 bis c.p. L'azione appare peraltro unica e realizzata in un medesimo con

testo, onde va esclusa la sussistenza di entrambe le ipotesi del

l'art. 81 c.p., contestate in imputazione. Possono concedersi le

attenuanti generiche, stante l'incensuratezza, da valutarsi preva lenti sull'aggravante. Considerati tutti gli elementi di cui all'art.

133 c.p. deve quindi condannarsi Longanesi alla congrua pena di mesi uno di reclusione (p.b. mesi uno e gg. 15, diminuita per att. gen.), oltre al pagamento delle spese processuali.

La valutazione della personalità dell'imputato, anche alla luce

della sua incensuratezza, fa fondatamente ritenere che lo stesso

in futuro si asterrà dal commettere reati, onde possono conceder

si i doppi benefici della pena sospesa e non menzione della con

danna alle condizioni di legge. Ai sensi degli art. 30 e 31 c.p. consegue la declaratoria di interdizione di Longanesi dalla pro fessione di giornalista per la durata di mesi uno. Ai sensi della

legge sulla stampa n. 47/48 si dispone la pubblicazione della pre sente sentenza per una volta e per estratto sul quotidiano II Gior

nale. Entrambe le suddette pene accessorie devono peraltro essere

dichiarate condonate interamente, ai sensi degli art. 1 ss. d.p.r. 865/86. (Omissis)

PRETURA DI PESCIA; sentenza 21 novembre 1988; Giud. Gal

lo; imp. Seek.

PRETURA DI PESCIA;

Falsità in sigilli e strumenti o segni di autenticazione, certificazio

ne o riconoscimento — Detenzione per la vendita di prodotti con marchi contraffatti — Reato — Esclusione — Fattispecie

(Cod. pen., art. 43, 474). Fiammiferi e accenditori automatici (imposta sui) — Detenzione

per la vendita di accendini privi di bollo — Ignoranza scusabile

della legge penale — Fattispecie (Cod. pen., art. 5; d.l. 20 apri le 1971 n. 163, regime fiscale degli apparecchi di accensione, art. 1, 8; 1. 18 giugno 1971 n. 376, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 20 aprile 1971 n. 163, art. 1).

Non integra il reato preveduto dall'art. 474 c.p., per assenza di

dolo, la detenzione per la vendita di alcuni articoli dì abbiglia mento e di pelletteria con marchio contraffatto, ove difetti nel

l'agente — nella specie, un immigrato senegalese da poco

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