sentenza 8 febbraio 1991; Giud. Carofiglio; imp. FiorelliSource: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp.729/730-731/732Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186439 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
so formaggio parmigiano-reggiano. Tale essendo l'attività azien
dale non può il caseificio predetto, peraltro di apprezzabili pro
porzioni, considerarsi insediamento civile. L'art. 1 qua ter 1. n.
690 del 1976, che fornisce la nozione di insediamento o com
plesso produttivo e di insediamento civile, all'ultimo comma pre vede che «le imprese agricole di cui all'art. 2135 c.c. sono con
siderate insediamenti civili»; la nuova 1. n. 650 del 1979 all'ulti
mo comma dell'art. 17 dispone che il comitato interministeriale
definisce le imprese agricole che sono considerate insediamenti
civili e la delibera del comitato stabilisce che sono tali le impre se agricole che diano luogo a scarico terminale e quelle dedite
ad allevamenti di bovini, equini, ovini e suini che esercitano
anche attività di trasformazione e di valorizzazione della produ zione che siano inserite con carattere di normalità e di comple mentarità funzionale nel ciclo produttivo aziendale. Nella fatti
specie, a prescindere dai dubbi sul carattere esaustivo delle pre scrizioni di tale delibera (in senso negativo questa sezione con
sentenza del 10 dicembre 1985, Ganassi, Foro it., Rep. 1987, voce Acque pubbliche, n. 190), non si versa nell'ipotesi di una
impresa dedita ad allevamenti zootecnici con attività comple mentare di trasformazione e di valorizzazione della produzione
agricola; quest'ultima attività ha carattere preminente e gli alle
vamenti dei soci hanno carattere strumentale in quanto sono
in funzione della realizzazione dello scopo principale della so
cietà; il processo produttivo del latte e dei suoi derivati esclude
che gli scarichi terminali siano assimilabili a quelli di un inse
diamento civile per la natura dei residui della lavorazione e del
loro valore altamente inquinante. Perde quindi consistenza l'ar
gomento che la 1. reg. Emilia-Romagna n. 7 del 1983 richiama
ta dalla sentenza impugnata, ha fatto propria la definizione di
imprese agricole come «imprese civili» adottata dal comitato
predetto e ha modificato i limiti di accettabilità della legge Mer
li con lo spostamento del loro limite temporale (al 1° marzo
1986); d'altra parte tali provvedimenti finiscono per incidere su
gli aspetti sanzionatori penali e sui loro presupposti precettivi e interferiscono nel settore penale di esclusiva competenza dello
Stato.
L'annullamento della sentenza comporta un nuovo giudizio; il giudice di rinvio si conformerà ai principi dianzi esposti e in particolare dovrà tenere conto che la latteria «Il Milanello»
è un insediamento produttivo.
PRETURA DI PRATO; sentenza 8 febbraio 1991; Giud. Ca rofiglio; imp. Fiorelli.
PRETURA DI PRATO;
Dibattimento penale — Fatto diverso risultante dal dibattimen
to — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 516).
Nell'ipotesi di scarico con violazione dei limiti tabellari, la di
versa provenienza dei reflui, risultante dall'istruzione dibatti
mentale, rispetto a quanto asserito nel decreto che dispone il giudizio non configura un 'fatto nuovo' ma più esattamen
te un 'fatto diverso' che importa modifica dell'imputazione a norma dell'art. 516 c.p.p. (1)
(1) La sentenza — riguardo alla quale non risultano precedenti editi — costituisce applicazione della normativa posta dagli art. 516 ss. c.p.p., concernente il regime delle «nuove contestazioni» in sede dibattimenta
le. La disciplina in oggetto si presenta assai più composita rispetto a
quanto previsto dagli art. 444 e 445 c.p.p. del 1930, e, del resto, di
prevedibile maggiore incidenza statistica rispetto al passato: poiché, in
fatti, l'indagine dibattimentale non segue più ad una fase istruttoria tendenzialmente esaustiva degli accertamenti probatori, è prevedibile che
più frequenti saranno i problemi di 'aggiustamento' della contestazione
a seguito delle emergenze in corso di dibattimento (in questi termini,
Marini, in Commento al nuovo codice di procedura penale coordinato da Chjavario, Torino, 1991, V, sub art. 516, 451; sull'argomento
Il Foro Italiano — 1991.
In data 25 maggio 1989 operatori di vigilanza della Usi 10/g di Sesto Fiorentino effettuavano un controllo presso la ditta
Italcalco di Calenzano. Nel corso di tale controllo venivano pre levati campioni di acqua di scarico dal pozzetto di ispezione
dell'impianto di depurazione. Le analisi effettuate dal servizio
multizonale di prevenzione di Firenze evidenziavano nei cam
pioni suddetti concentrazioni di solventi aromatici superiori ai
limiti di accettabilità di cui alla tabella C allegata alla 1. 319/76
(in particolare mg/1 3,77 contro un limite di mg/1 0,4). Tali elementi risultavano pacificamente in punto di fatto dal
le dichiarazioni delle testi Botticelli (operatrice Usi 10/g) e Pez
zatini (analista presso il servizio multizonale di prevenzione), nonché dai verbali di prelievo e di analisi dei campioni, inseriti
nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell'art. 223 disp. att.
L'originaria imputazione indicava l'impianto di umidificazio
cfr. anche Cristiani, Manuale del processo penale, Torino, 1989, 373). La divaricazione fondamentale in tema di 'nuove contestazioni' inve
ste i concetti di 'fatto nuovo' e di 'fatto diverso', che la pronuncia in epigrafe differenzia con apprezzabile oculatezza.
Il tema della 'modificazione' concerne, in verità, non solo il fatto ma altresì' il nomen iuris ad esso attribuito, sicché, come è stato precisa to, tre sono le situazioni registrabili nella dinamica del dibattimento, oltre che — mutatis mutandis — nel corso dell'udienza preliminare (cfr. art. 423 c.p.p.): modificazione del fatto senza modificazione del nomen
iuris; modificazione del fatto che importa mutamento del nomen iuris; mera modifica del nomen iuris, infine, senza alcuna modifica del fatto
(cfr. Nobili, La nuova procedura penale, Bologna, 1989, 334). Il vecchio istituto della 'contestazione suppletiva' rivive, nella sua lo
gica di fondo — ma non nell'iter procedimentale in cui il meccanismo si articola — nella disciplina del reato connesso a norma dell'art. 12, 1° comma, lett. b, e delle circostanze aggravanti che risultino nel corso dell'istruzione dibattimentale e non siano menzionate nel decreto che
dispone il giudizio: oggetto della contestazione — che costituisce un
'supplemento' del nucleo fattuale enunciato nel provvedimento di tran sizione al giudizio e che, è dunque, in tal senso 'suppletiva' — è, qui, un quid pluris rispetto all'imputazione, e non già una diversa descrizio ne del medesimo fatto imputato (cfr. Vismara, in Codice di procedura
penale. Commentario coordinato da Giarda, III, Milano, 1990, sub
art. 517, 1120). È un novum, dunque, ciò che emerge per la prima volta in sede dibattimentale: la profonda diversità di disciplina rispetto a quanto è previsto per la 'contestazione di fatto nuovo' (art. 518 c.p.p.) si giustifica, tuttavia, in considerazione della circostanza che mentre
il reato connesso a norma dell'art. 12, 1° comma, lett. b, e — più ancora — le circostanze aggravanti afferiscono intimamente al nucleo
fattuale già contestato mediante il decreto che dispone il giudizio, il
'fatto nuovo' segna, al contrario, l'emergere di una regiudicanda ulte
riore ed autonoma rispetto all'ipotesi storica per la quale è processo; si impone, pertanto, una trattazione di essa analogamente autonoma, salvo che i meccanismi del consenso — indice inequivoco dell'orizzonte del 'processo di parti', nucleo ispiratore del nuovo sistema — non inter
vengano, nelle forme dell'art. 518, 2° comma, c.p.p. operando, sotto
il controllo del giudice, l'innesto della nuova regiudicanda nel dibatti
mento in corso. Altra è la configurazione del 'fatto diverso' disciplinato dall'art. 516:
l'ipotesi è che, «invariato il nucleo — il 'clou' della condotta — muti
qualcosa nel contesto» (cosi Cordero, Codice di procedura penale com
mentato, Torino, 1989, sub art. 516, 583). A differenza, dunque, della
contestazione di fatto nuovo, che implica una modificazione dell'impu tazione per estensione (posto che l'imputato è stato rinviato a giudizio
per il fatto x, e che a dibattimento è emerso l'ulteriore fatto y, dopo la contestazione il tema storico del processo si estende ad entrambi gli
oggetti), la contestazione di fatto diverso dà luogo ad una modificazio
ne dell'imputazione per sostituzione (l'ipotesi storica supposta dal de
creto che dispone il giudizio era x, ma l'istruzione dibattimentale ha
evidenziato che si tratta, piuttosto, di y: dopo la contestazione, dun
que, il thema decidendum in punto di fatto non è più x ma y): in
questo senso, dunque, può parlarsi di 'contestazione sostitutiva' (Nobi
li, op. cit., 342). Il caso di specie costituisce indubbiamente una tipica ipotesi di modi
ficazione per sostituzione: posto che il 'fatto' contestato si sostanzia
nella realizzazione di uno scarico con violazione dei limiti tabellari, la
provenienza dei reflui — impianto di depurazione e non, come si era
erroneamente indicato nella contestazione originaria, di umidificazione — costituisce elemento essenziale ai fini della corretta individuazione
dell'oggetto del processo, pur non incidendo sul suo nucleo fattuale;
accertato, dunque, che gli elementi reflui provengono non dall'uno e
dall'altro impianto industriale, ma da uno solo di essi in luogo dell'al
tro erroneamente indicato, appare esclusa la riconducibilità della fatti
specie alla disciplina del 'fatto nuovo', con la conseguente applicazione dell'art. 516 c.p.p. [G. Di Chiara]
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PARTE SECONDA
ne come sede di provenienza dello scarico; anche dall'impianto di umidificazione era stato infatti effettuato, il 25 maggio 1989, un prelievo.
Le suddette risultanze dibattimentali determinavano il p.m. a modificare l'originaria contestazione ai sensi dell'art. 516 c.p.p., sostituendo alla parola «umidificazione» la parola «depurazione».
In sede di conclusioni la difesa dell'imputato sosteneva la nul
lità della detta contestazione ritenendo trattarsi nel caso di spe cie di fatto nuovo (assoggettabile eventualmente alla disciplina di cui all'art. 518 c.p.p.) e non di fatto diverso.
In via subordinata la difesa del Fiorelli ipotizzava l'illegitti mità costituzionale degli art. 516 ss. c.p.p. per quella parte in
cui non consentirebbero, all'esito di una diversa contestazione, la rimessione in termini per l'eventale richiesta di patteggiamen to o di giudizio abbreviato.
Conclusivamente e nel merito la difesa sosteneva l'insussistenza
del fatto contestato per difetto di materiale probatorio. Soste
neva al proposito l'inutilizzabilità delle risultanze analitiche di
cui in atti, per essere stato effettuato un solo prelievo di cam
pioni di acque reflue.
I tre punti individuati dalla difesa dell'imputato vanno sepa ratamente esaminati.
1) Sull'asserita novità del fatto.
Occorre in primo luogo evidenziare come il «fatto» in que stione sia, nella sua essenza strutturale, uno scarico con viola
zione di limiti tabellari, effettuato in Calenzano fino al 25 mag
gio 1989, data dell'accertamento.
Su tale base la provenienza dei reflui costituisce elemento fon
damentale nella descrizione del fatto e tale quindi da imporre la modifica dell'imputazione: non configura però certamente un
«fatto nuovo».
Per fatto nuovo deve intendersi — a pena, in caso di diffe
rente interpretazione, di svuotare di ogni significato la norma
dell'art. 516 c.p.p. relativa al fatto diverso — un nuovo episo
dio, del tutto autonomo naturalisticamente e giuridicamente, ri
spetto a quello di cui all'originaria contestazione. Significato
pregnante assume in tal senso l'uso dell'articolo determinativo
nella norma dell'art. 516 ed indeterminativo (riferendosi cioè
ad entità priva di ogni determinazione prima dell'emergenza di
battimentale) nella norma dell'art. 518.
In altri termini, la previsione dell'art. 518 (come del resto, con modalità diverse, quella dell'art. 517) si riferisce all'even
tuale emergenza di un nuovo episodio penalmente rilevante che, in ipotesi, si affianchi ma non certo si sovrapponga a quello indicato nel decreto di citazione.
Ed è in effetti al concetto di sovrapponibilità strutturale che
occorre far riferimento per distinguere le ipotesi di cui rispetti vamente agli art. 516 e 518 c.p.p.
L'art. 516 si riferisce infatti all'eventuale emergenza di una
sovrapponibilità solo parziale fra fatto contestato e fatto mani
festatosi nell'acquisizione probatoria. Tale sovrapponibilità solo parziale va sanata con il meccani
smo di cui all'art. 516 per garantire la necessaria correlazione
fra imputazione contestata e la sentenza.
L'art. 518 si riferisce invece all'emergenza dibattimentale di
un episodio del tutto distinto ed «altro», quanto a tempo, luo
go (opererebbe altrimenti l'art. 517 c.p.p.) ed eventuale struttu
ra rispetto a quello di cui all'originaria imputazione.
Appare evidente come nel caso di specie non si verta nella
seconda ipotesi. II fatto contestato originariamente al Fiorelli consiste, nella
sua struttura essenziale, in uno scarico eccedente i limiti di ta
bella C di cui alla 1. 319/76, effettuato (o comunque non impe
dito) da Fiorelli nella qualità di cui in epigrafe. Le emergenze dibattimentali hanno evidenziato una parziale
sovrapponibilità del fatto contestato rispetto a quello in corso
di accertamento, e ciò solo con riferimento alla provenienza dello scarico e nell'identità, peraltro, delle altre condizioni spa zio temporali.
Nesun fatto nuovo è quindi risultato dal dibattimento, inten
dendosi per fatto nuovo quello che, in termini di imputazione,
possa affiancarsi e non sovrapporsi a quello originariamente con
testato.
Corretta appare quindi la modifica dell'imputazione effettua
ta del p.m. nelle forme di cui all'art. 516 c.p.p. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1991.
PRETURA DI GENOVA; sentenza 11 gennaio 1991; Giud. Pe
truzziello; imp. Cantale ed altri.
PRETURA DI GENOVA;
Armi e materie esplodenti — Penne e portachiavi con lame in
corporate — Introduzione nello Stato, raccolta a fini di com
mercio e messa'in vendita senza licenza dell'autorità di pub blica sicurezza — Reato — Configurabilità — Fattispecie (Cod.
pen., art. 5, 585, 695, 704; r.d. 18 giugno 1931 n. 773, t.u.
delle leggi di pubblica sicurezza, art. 30, 31; r.d. 6 maggio 1940 n. 635, regolamento per l'esecuzione del t.u. delle leggi di p.s. art. 45).
Integrano materialmente la contravvenzione di cui all'art. 695
c.p. (ancorché il fatto non costituisca reato per l'inevitabilità
dell'ignoranza della legge penale in cui sono incorsi i suoi
autori a causa della difficoltà di classificazione degli oggetti in esame, aventi caratteri di assoluta novità, e dell'esistenza
di pronunzie giurisprudenziali di segno contrario) l'introdu
zione nello Stato, la raccolta a fini di commercio e la messa
in vendita senza licenza dell'autorità di p.s. di penne e porta chiavi con lame incorporate, dovendosi gli stessi qualificare come armi ai sensi dell'art. 585, 2° comma, n. 1, c.p. in quanto naturalmente destinati, per la loro insidiosità e l'irriconosci
bilità esteriore della loro funzione, all'offesa della persona. (1)
(Omissis). 2. - Descrizione degli oggetti di cui alle imputazio ni. Gli oggetti che hanno dato origine alle odierne contestazioni
sono davvero molto particolari e presentano delle caratteristi
che di netta originalità anche rispetto alla vasta casistica indivi
duata dalla giurisprudenza in materia di armi. Si tratta in parti colare di alcuni tipi di penne e due tipi di portachiave, presen tanti la caratteristica di avere al proprio interno una lama di
dimensioni variabili.
(1) Non si rinvengono precedenti in termini.
Pressoché pacifica è, in giurisprudenza, la classificazione come armi
proprie dei coltelli con apertura a scatto o mollette per la loro assimila
bilità ai pugnali o stiletti: v. Cass. 28 settembre 1988, Collina, 9 feb
braio 1989, Pianalto e 16 gennaio 1990, Capodieci, Foro it., Rep. 1990, voce Armi, nn. 41, 42, 44; 24 settembre 1986, Bartoli, id., Rep. 1988, voce cit., n. 91; 11 ottobre 1985, Ernovi, 5 novembre 1985, Cherin, 14 marzo 1986, Vaporieri, 17 aprile 1986, Poppa e 26 ottobre 1986, Gambacorta, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 146, 147, 149, 150, 152; 4 marzo 1985, Premate, 12 febbraio 1985, Bruni e 1° aprile 1985, Audi
sio, id., Rep. 1986, voce cit., nn. 11, 127, 129; 26 aprile 1984, Meneghi no, 14 febbraio 1984, Cirocco e 17 aprile 1984, Notari, id., Rep. 1985, voce cit., nn. 10, 161, 195; 27 settembre 1982, Frenquellucci, 17 novem bre 1982, Russo e 26 gennaio 1983, Palumbo, id., Rep. 1984, voce
cit., nn. 14, 16, 17; 6 aprile 1982, Corvasce, id., Rep. 1983, voce cit., n. 133; 10 aprile 1981, Corso e 13 maggio 1981, Di Gaetano, id., Rep. 1982, voce cit., nn. 31-33; 14 maggio 1980, Salerno, id., Rep. 1981, voce cit., n. 51. In senso contrario, relativamente alla c.d. «molletta», v. Trib. Ferrara 23 dicembre 1980, id., Rep. 1982, voce cit., n. 37.
Secondo Pret. Chieti 23 aprile 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n.
18, ai fini della distinzione tra armi bianche proprie ed improprie, im
postata sul criterio della destinazione all'offesa della persona, rilevereb bero anche le circostanze del fatto concreto e la personalità del reo
(nel caso di specie il porto di un coltello a scatto lungo cm. 33, di cui cm. 15 di lama, fu sanzionato ex art. 4, 1° e 3° comma, 1. 110/75 anziché ex art. 699 c.p.).
Per l'abrogazione degli art. 42 t.u. leggi di p.s. ed 80 del relativo
regolamento di esecuzione ad opera dell'art. 4 1. 110/75, con la conse
guenza che ai fini della classificazione degli strumenti da punta e da
taglio atti ad offendere di cui è vietato il porto senza giustificato moti vo (armi improprie) non rileverebbe più la misura, v. Cass. 8 giugno 1984, Cenzon, 6 novembre 1985, Pianese e 18 marzo 1986, Rapisarda, id., Rep. 1987, voce cit., nn. 156-158; 5 dicembre 1984, Piscitelli, id.,
Rep. 1986, voce cit., n. 68; 10 aprile 1984, Rusconi, id., Rep. 1985, voce cit., n. 48; 7 aprile 1982, Santagata, id., Rep. 1983, voce cit., n. 134; 13 gennaio 1981, Cangelosi, id., Rep. 1982, voce cit., n. 29. Per la sopravvivenza delle norme summenzionate, v., peraltro, l'isolata Cass. 24 novembre 1982, Longo, id., Rep. 1984, voce cit., n. 12. In
dottrina, v. Catamo, Armi ed oggetti atti a offendere, in Giur. merito, 1983, 835 e Giust. pen., 1982, II, 595.
Per una panoramica delle prime applicazioni in punto di efficacia scusante dell'ignoranza inevitabile della legge penale a seguito di Corte cost. 24 marzo 1988, n. 364, v. Cadoppi, Orientamenti giurisprudenzia li in tema di «ignorantia legis» (nota a Pret. Reggio Emilia 26 ottobre
1989), in Foro it., 1991, II, 415.
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