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sezione I penale; sentenza 10 aprile 1989; Pres. Carnevale, Est. Toscani, P.M. (concl. conf.); ric.Cucuzza. Conferma Assise app. Palermo, ord. 22 dicembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.607/608-613/614Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182787 .
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PARTE SECONDA
probabilmente circa uno o due anni prima» ed infine, nelle con
clusioni, «la scarsa diligenza dimostrata risulta tanto più censura
bile in quanto la Siccardi doveva essere considerata — per i pre cedenti anamnestici e per la patologia mammaria rilevata sia pure solo clinicamente dall'Alongi stesso (fibroadenosi) — un soggetto 'ad alto rischio' e perciò doveva essere sottoposta a meticolosi
controlli».
Del resto, lo stesso perito di parte prof. Sismondi, come già
ricordato, ha riconosciuto che «l'esame mammografico si impo neva dopo il reperimento di un addensamento nella mammella».
Pertanto, la mancata prescrizione della mammografia con spe cifico riferimento ai sintomi che la sig. Siccardi presentava, e la
precisa indicazione, a richiesta della paziente, della non urgenza dell'esame non possono non ritenersi tali da integrare un com
portamento negligente da parte di un medico specialista in gine
cologia. Con ciò non si vuole entrare nel campo, probabilmente più
etico che giuridico, dei rapporti tra malato e medico, ma si vuole
semplicemente affermare che, ove determinati accertamenti clini
ci si rendano necessari ed urgenti per verificare la (anche solo
sospetta), gravità delle condizioni del paziente, il medico è tenuto
a far presente al malato quanto meno la necessità e l'urgenza di detti accertamenti; per contro, il prospettare un esame urgen
te, quale indubbiamente era quello cui doveva sottoporsi la sig.
Siccardi, come «non urgente», cosi non solo non sollecitando il
paziente, ma addirittura inducendolo a ritardare l'esecuzione del
l'esame, non può non costituire una grave negligenza del medico.
Del resto lo stesso imputato nella sua tesi difensiva non ha
mai sostenuto che il tumore della sig. Siccardi non fosse diagno sticabile già da tempo, o che le condizioni della paziente non
fossero tali da destare una certa preoccupazione o quanto meno
da richiedere accertamenti più approfonditi, ma ha sempre e solo
affermato di aver prescritto la mammografia, e di averne rilevato
l'urgenza nella visita del marzo 1987, cosi implicitamente ricono
scendo che, almeno a quella data, usando la dovuta (e normale)
diligenza l'esame in questione doveva ritenersi necessario ed
urgente. Ciò naturalmente non significa che tutte le volte che una dia
gnosi si riveli errata o che una terapia o un intervento-chirurgico abbiano esito negativo si debba o si possa, per ciò solo, ravvisare
un comportamento colposo del medico, ma la colpa è sicuramen
te sussistente ove, in base ovviamente ad un giudizio ex ante, sia ravvisabile una negligenza del sanitario.
Venendo all'esame della sussistenza o meno di un nesso di ca
sualità tra l'intempestività della diagnosi e l'aggrawarsi delle con
dizioni della sig. Siccardi, intendendosi nuovamente richiamate
e condivise le ampie e specifiche motivazioni della perizia, è bene
sottolineare quanto di più specifico sul punto è ivi riportato. In particolare, si rileva che «è fuori dubbio che una valutazio
ne del caso più accurata, più precoce e più diligente sarebbe stata
di capitale importanza sul piano clinico. È noto che la sopravvi venza si riduce man mano che aumenta il diametro del tumore
e man mano che procedono gli stadi», e «esiste un evidente nesso
di causalità tra la mancata diagnosi precoce e l'evoluzione del
tumore», ed infine, nelle conclusioni, «l'omissione del dr. Alongi ha un evidente rapporto temporale con l'insorgenza e l'aggravar si della neoplasia, perché una corretta e diligente valutazione dia
gnostica più precoce avrebbe potuto rilevare un cancro agli stadi
iniziali o ancor meglio una lesione precancerosa displasica. Di
conseguenza, la prognosi dopo l'intervento sarebbe stata più fa
vorevole se non ottimale».
Da tutto ciò risulta evidente la sussistenza di un nesso di causa
lità tra il ritardo nella diagnosi e la «prognosi infausta» per la
querelante. (Omissis)
Il Foro Italiano — 1989.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 10 aprile
1989; Pres. Carnevale, Est. Toscani, P.M. (conci, conf.); ric.
Cucuzza. Conferma Assise app. Palermo, ord. 22 dicembre 1988.
Libertà personale dell'imputato — Custodia cautelare — Termini — Proroga — Disciplina (Cod. proc. pen. del 1930, art. 272;
1. 28 luglio 1984 n. 398, nuove norme relative alla diminuzione
dei termini di carcerazione cautelare e alla concessione della
libertà provvisoria, art. 7).
È legittima l'ordinanza di proroga dei termini di durata massima
della custodia cautelare che, adottata prima della scadenza del
termine ordinario, sia notificata dopo quella data; il provvedi
mento, infatti, non ha natura recettizia e la sua notificazione è preordinata solo a consentirne l'impugnazione. (1)
(1) Non constano precedenti specifici editi. La decisione appare, in ogni
caso, di non dubbia esattezza attesa la chiara formulazione dell'art. 7
1. 28 luglio 1984 n. 398, come modificato dall'art. 5 1. 17 febbraio 1987
n. 29, che non conferisce carattere recettizio al provvedimento di proroga dei termini massimi di custodia cautelare (cfr., in generale, sul concetto di atto recettizio, Carraro, Dichiarazione recettizia, voce del Novissimo
digesto, Torino, 1964, V, 597 s.; Giampiccolo, Dichiarazione recettizia, voce dell' Enciclopedia del diritto, Milano, 1964, XII, 384 s.).
Relativamente alla legalità del procedimento incidentale di proroga, la corte ha, comunque, ancora una volta ribadito non solo che l'omis sione o il ritardo della comunicazione dell'istanza di proroga all'imputa to, prevista dal 2° comma del citato art. 7, essendo diretta a garantire l'instaurazione del contraddittorio, si risolve nella nullità «assoluta» del
provvedimento adottato (v., in senso conforme, Cass. 4 marzo 1988,
Corsaro, Giust. pen., 1989, III, 398; 11 gennaio 1988, Imerti, Foro
it., Rep. 1988, voce Libertà personale dell'imputato, n. 57; 18 maggio 1987, Mifasani, ibid., n. 59; 20 febbraio 1987, Vitale, ibid., n. 60; e, in dottrina, Frigo, Commento all'art. 7 l. 28 luglio 1984 n. 398, in
Legislazione pen., 1985, 123 s.; Chiavario, Commento alla l. 17 feb braio 1987 n. 29, id., 1987, 462; Nappi, in Commentario breve al codice di procedura penale a cura di Conso-Grevi, Padova, 1987, sub art.
272, II, 4; nonché, sulla necessità che la comunicazione sia data anche al difensore dell'imputato, sebbene quest'ultimo non sia espressamente
compreso nel novero dei destinatari, Cass. 19 agosto 1988, Grandinetti, Riv. pen., 1989, 628; 20 febbraio 1988, Monaco, Cass. pen., 1989, 422; 21 dicembre 1987, Pesce, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 58; 4 feb braio 1987, Giambrone, id., Rep. 1987, voce cit., n. 76), ma anche che la proroga può essere disposta solo prima della scadenza del termine
ordinario, che comporterebbe di per sé la scarcerazione automatica del
l'imputato (v., nello stesso senso, Cass. 1° febbraio 1988, Priolo, Cass.
pen., 1989, 423; 12 ottobre 1987, Bonavita, Foro it., Rep. 1988, voce
cit., n. 61 e, per esteso, in Giust. pen., 1988, III, 198; nonché, in dottri
na, Chiavario, op. loc. cit. ; Di Nanni-Fusco-Vacca, Custodia cautela re e modifiche della competenza penale, Napoli, 1985, 125; Ferrua, / termini massimi di custodia al centro della riforma, in La nuova disci
plina della libertà personale a cura di Grevi, Padova, 1985, 332; Frigo, op. loc. cit.; Nappi, op. loc. cit.).
In generale, sul concetto di «oggettive necessità processuali», posto dal 4° comma del citato art. 7, quale esclusivo parametro della proroga sia in fase istruttoria che in quella intercorrente tra la pronuncia della sen tenza di primo grado e la decisione di appello, cfr. Cass. 16 novembre
1987, Rotolo, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 52 e, per esteso, in Giust.
pen., 1988, III, 577; 8 giugno 1988, Furlan, inedita; 24 novembre 1986, Liguori, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 53 e, per esteso, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 1039; nonché, in dottrina, Chiavario, op. cit., 462 s.; F.R. Dinacci, Note in tema di proroga dei termini massimi di custodia cautelare per oggettive necessità cautelari, in Giust. pen., 1988, III, 577; Frigo, op. cit., 120; Nappi, op. loc. cit.; Peroni, Pericolosità
dell'imputato e proroga della custodia cautelare, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 1039 s.
Per la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzio nale dell'istituto, per contrasto con gli art. 13, ultimo comma, e 24, 2°
comma, Cost., v. Cass. 15 aprile 1986, Ferri, Foro it., Rep. 1988, voce
cit., nn. 54-56 e, per esteso, in Cass. pen., 1987, 960.
Giova, inoltre, ricordare che il legislatore proprio di recente ha ancora una volta «ritoccato» l'istituto. Più precisamente, con l'art. 2 d.l. 12 settembre 1989 n. 317 (Le leggi, 1989, I, 2131), si è aggiunto, nell'ultimo comma del citato art. 7, che delle proroghe «non si tiene conto ai fini del computo della durata complessiva della custodia cautelare ai sensi del 6° comma dell'art. 272 c.p.p.». La modifica è tutt'altro che priva di rilievo: infatti (sia pure relativamente ai procedimenti instaurati succes sivamente all'entrata in vigore del decreto legge: v. art. 3) è ora possi
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GIURISPRUDENZA PENALE
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 10 aprile 1989; Pres. Carnevale, Est. Toscani, P.M. (conci, conf.); ric.
Calabrò ed altri. Conferma Assise Caltanissetta, ord. 7 dicem bre 1988.
Libertà personale dell'imputato — Custodia cautelare — Termini — Sospensione — Computo (Cod. proc. pen. del 1930, art.
272, 431; 1. 7 ottobre 1969 n. 742 sospensione dei termini pro cessuali nel periodo feriale, art. 1).
La sospensione del decorso dei termini di custodia cautelare, di
sposta ai sensi dell'art. 272, 7° comma, c.p.p. del 1930, è com
prensiva anche delle festività e dell'eventuale periodo feriale inclusi tra il giorno iniziale e quello finale del periodo di so spensione. (2)
bile anche attraverso le proroghe lo «sfondamento» del «tetto» di custo dia cautelare (cfr., sulle diverse soluzioni cui davano luogo i due istituti della «sospensione» e delle «proroghe» nella pregressa disciplina, Chia
vario, op. cit., 464; Dinacci, op. cit., 583; Ferrua, op. cit., 351). In
ogni caso, essa si pone in palese contrasto con il nuovo codice di proce dura penale, che, appunto, all'art. 303 , 4° comma, prevede espressamen te che nel computo della durata complessiva della custodia cautelare van no «considerate anche le proroghe previste dall'art. 305».
Quanto, poi, alla disciplina dell'istituto contenuta nel nuovo codice, vanno distinte due ipotesi di proroga: la prima, disposta, su richiesta del pubblico ministero e sentito il difensore (con ordinanza ricorribile
per cassazione), dal giudice di merito che ha ordinato una perizia sullo stato di mente dell'imputato e per il tempo necessario per il suo espleta mento (305, 1° comma); la seconda, concessa, sempre su richiesta del
pubblico ministero e sentito il difensore, dal giudice per le indagini preli minari, con ordinanza appellabile, ove i termini di custodia cautelare per tale fase «siano prossimi a scadere» e si sia in presenza di «gravi esigenze cautelari» che, rapportate ad «accertamenti particolarmente complessi», rendano «indispensabile il protrarsi della custodia» anche se entro limiti
prestabiliti (305, 2° comma) (cfr., in generale, sulla nuova disciplina, Chia
vawo, Misure cautelari e libertà personale alla luce della seconda legge delega e del nuovo progetto preliminare di un codice di procedura penale, in Verso una nuova giustizia penale, Atti del XVI Convegno di studio
«Enrico De Nicola», Milano, 1989, 128 s.; Conti-Macchia, Il nuovo
processo penale, Roma, 1989, 51; Cristiani, Manuale del nuovo proces so penale, Torino, 1989, 250 s.; Grevi, Le garanzie della libertà persona le dell'imputato nel progetto preliminare: il sistema delle misure cautela
ri, in Giust. pen., 1988, I, 497 s.; Pisapia, Lineamenti del nuovo processo
penale, Padova, 1989, 40, 77 s.; nonché, sulla «genesi» della norma, Di
nacci, op. cit., 577 s.). Nel confronto fra la seconda ipotesi di proroga e quella prevista nella
citata 1. 398/84 si constata come l'istituto sia circoscritto alla fase delle
indagini preliminari; i suoi presupposti siano individuati con maggiore
specificazione e soprattutto con carattere di eccezionalità; infine, il relati
vo provvedimento sia impugnabile anche nel merito.
Qualche perplessità permane, però, in ordine agli aspetti procedimenta li (v. Ferrua, op. cit., 333). L'art. 305, 2° comma, infatti, nonostante
sembri profilare un vero e proprio contraddittorio «fra presenti» davanti
al giudice delle indagini preliminari («sentiti il pubblico ministero e il
difensore»), non ne precisa assolutamente le modalità. Tuttavia, salvo ad ipotizzare un procedimento che affidi al giudice la specificazione della
facoltà concessa alle parti di interloquire e soprattutto i termini per eser
citarla — difficilmente conciliabile con l'art. 24, 2° comma, Cost. —
potrebbe farsi ricorso al procedimento in camera di consiglio di cui al
l'art. 127, anche se la relazione al progetto preliminare (Le leggi, 1988,
2440) ed i primi commentatori (cfr. Dubouno-Baolione-Bartolini, Il
nuovo codice di procedura penale illustrato per articolo, Piacenza, 1989, sub art. 127, 259) sembrano riservare tale rito unicamente a quegli istituti
del codice che ne fanno esplicito richiamo. Il problema non sorge, natu
ralmente, per la proroga di cui al 1° comma dell'art. 305 atteso che la
perizia psichiatrica sarà disposta o nelle forme dell'incidente probatorio
(art. 70, 3° comma) o nel corso del dibattimento (art. 508).
(2) Anche su tale questione non constano precedenti specifici. Più vol
te, tuttavia, la Cassazione ha affermato che la sospensione dei termini
di custodia cautelare di cui all'art. 272, 7° comma, c.p.p. del 1930 ha
durata pari al «periodo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato», o,
meglio, «al periodo intercorrente tra l'udienza non tenuta e quella in
cui il giudizio è proseguito o iniziato ex novo» (cfr. Cass. 31 maggio
1988, Marchese, Giust. pen., 1989, III, 278; 13 agosto 1986, Astolfi, Fo
ro it., Rep. 1987, voce Libertà personale dell'imputato, n. 81; 14 feb
braio 1986, Bottini, ibid., n. 82; 12 agosto 1983, Messina, id., Rep. 1984, voce cit., n. 340).
Qualora, poi, la sospensione dei termini sia connessa alla sottoposizio
II Foro Italiano — 1989.
I
Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte di assise d'appel lo di Palermo ha rigettato l'istanza di scarcerazione per decorren
za dei termini di custodia cautelare proposta da Cucuzza Salvato
re, imputato del reato di cui agli art. 416 bis e 112, n. 1, c.p. e per esso condannato in prime cure con sentenza del 16 dicem
bre 1987, nel rilievo che in termine intermedio di un anno, previ sto dal 4° comma n. 2, dell'art. 272 c.p.p. per il reato predetto, era stato prorogato di sei mesi, per la fase intercorrente tra la
pronuncia della decisione di primo grado e quella di appello, con
ordinanza 13 dicembre 1988 della sezione istruttoria della corte
medesima.
ne dell'imputato a perizia psichiatrica, nonostante sia discusso l'effettivo ambito di operatività (cfr. Nappi, op. cit., V, 2 e la giurisprudenza ivi richiamata), mai si è posto in dubbio che essa sia comprensiva tanto dei giorni festivi quanto di quelli relativi al periodo feriale. Anzi, in
un'occasione, la Cassazione, nell'interpretare la norma nel senso che la sospensione si estenda fino al deposito della relazione peritale, ha affermato che «al predetto termine per il deposito della perizia... è ap plicabile la 1. 7 ottobre 1969 n. 742, che, disponendo la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, fa un generico riferimento a tutti i termini processuali senza alcuna particolare esclusione» (Cass. 14 maggio 1987, Insama, Foro it., Rep. 1988, voce Termini processuali penali, n. 5).
Del resto, a parte quanto esattamente rilevato dalla corte circa l'auto nomia delle cause di sospensione del dibattimento contemplate dall'art.
272, 7° comma, c.p.p. del 1930 rispetto a quelle previste dall'art. 431
c.p.p. del 1930 (giorni festivi) e dall'art. 1 1. 7 ottobre 1969 n. 742 (perio do feriale), appare decisivo il rilievo che, tranne esplicita eccezione (v. art. 272, 9° comma, c.p.p. del 1930), nel computo dei termini di custodia cautelare si tiene conto ex art. 271 c.p.p. del 1930 di tutti i giorni inter correnti tra quello in cui ha avuto inizio la decorrenza e quello finale;
conseguentemente, ove gli stessi termini siano sospesi, non è possibile operare nell'ambito dei giorni distinzione alcuna. Naturalmente, qualora il rinvio del dibattimento non sia riconducibile a una richiesta in questo senso dell'imputato o del suo difensore, ma unicamente al periodo feria
le, esso non è idoneo a sospendere il decorso dei termini di custodia cau telare (cfr. Cass. 14 maggio 1980, Miccoli, id., Rep. 1981, voce Libertà
personale dell'imputato, n. 90). In generale, sulle varie cause di sospensione, quali risultano a seguito
delle numerose riforme, cfr., in dottrina, Ceresa Castaldo, Sciopero
degli avvocati e sospensione dei termini ex art. 272 c.p.p., in Cass. pen., 1987, 607 (il quale, tra l'altro, compie un dettagliato riepilogo delle serie di «novelle» intervenute); Chiavario, Commento, cit., 435 s.; Giarda, Commento all'art. 3 l. 28 luglio 1984 n. 398, in Legislazione pen., 1985, 95 s.; Grilli, Il prolungamento del termine massimo di custodia cautela
re, in Giusi, pen., 1986, III, 662 s.; Lorusso, Una sentenza esemplare in tema di sospensione dei termini di custodia cautelare, in Giur. it.,
1988, II, 397; Nappi, op. cit., VI, e la giurisprudenza ivi richiamata). In particolare, per l'interpretazione ormai consolidata secondo la quale
tra le cause di sospensione per legittimo impedimento dell'imputato rien
tra anche la sua partecipazione ad altro dibattimento che si svolge con
temporaneamente davanti ad un giudice diverso, v. Cass. 2 maggio 1988,
Mazzei, Giust. pen., 1989, III, 279; 21 marzo 1988, Facella, Cass. pen., 1989, 854; 16 novembre 1987, Nieddu, Foro it., Rep. 1988, voce cit., n. 64. Per la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24, 2° comma, Cost., v., però, Cass.
27 giugno 1988, Bronzini, Giust. pen., 1989, I, 186. In ordine, poi, all'idoneità del rinvio del dibattimento, per astensione
dalle udienze di tutti i difensori di un determinato foro, a sospendere la durata della custodia cautelare — questione non esaminata dalla corte,
seppure oggetto di specifica doglianza —, non sembra possa sussistere
dubbio alcuno a seguito della riforma dell'art. 272, 7° comma, c.p.p. del 1930 operata dall'art. 1 1. 17 febbraio 1987 n. 29, in forza del quale, affinché la sospensione dei termini abbia ad operare sono sufficienti i
dati oggettivi della «mancata presentazione», dell'«allontanamento» e della
«mancata partecipazione al dibattimento» da parte di uno o più difenso
ri, ed il loro rapporto di causalità con un provvedimento di sospensione o di rinvio del dibattimento (cosi, Chiavario, Commento, cit., 438; con
tra, ma anteriormente alla citata riforma, Cass. 30 giugno 1986, Zinna, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 86; 5 giugno 1986, Matrone, ibid., nn.
87, 88; 16 maggio 1986, Autiero, ibid., n. 89; 28 aprile 1986, Schiavo,
ibid., n. 90 e, per esteso, in Cass. pen., 1987, 605, con nota di Ceresa
Gastaldo, cit.). Nel nuovo codice di procedura penale, l'istituto della sospensione trova
la sua disciplina nell'art. 304, che individua una variegata serie di situazioni
(cfr., sul punto, gli autori supra citati in ordine alla nuova disciplina della
proroga). È da segnalare, tra le novità di particolare rilievo, la scom
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PARTE SECONDA
Ricorre per cassazione il Cucuzza che, tramite il difensore, de
nuncia la violazione dell'art. 524 in relazione agli art. 148 e 272
c.p.p. nonché dell'art. 7 1. 28 luglio 1984 n. 398 modificato dal
l'art. 5 1. 17 febbraio 1987 n. 29.
Data per certa la legittimità dell'ordinanza 13 dicembre 1988
con cui la sezione istruttoria, su richiesta del pubblico ministero,
aveva prorogato il termine di custodia cautelare, deduce, tutta
via, che l'ordinanza medesima, essendo stata notificata a lui in
data successiva alla scadenza del termine di un anno previsto dal
l'art. 272, 4° comma, n. 2, non aveva impedito il maturarsi del
diritto alla scarcerazione, giacché, a suo avviso, gli effetti del
provvedimento che fissa il nuovo dies ad quem si verificano sol
tanto al momento della notificazione.
Il ricorso non merita accoglimento. La tesi prospettata per cui il provvedimento di proroga dei ter
mini di custodia cautelare avrebbe natura recettizia, dedotta nel
l'assunto che la norma dell'art. 7 1. 28 luglio 1984 n. 398, come
modificata dall'art. 5 1. 17 febbraio 1987 n. 29, avrebbe configu
rato l'istituto della proroga come fattispecie complessa, costituita
da due distinti atti giuridici e, cioè, dall'ordinanza come presup
posto e dalla sua notificazione come condizione di efficacia del
provvedimento giurisdizionale, si vanifica al rilievo che l'esame
della disciplina normativa che lo concerne non ne consente la
prospettabilità. Se per determinare quando, per certi effetti, l'atto processuale
abbia carattere recettizio (tale, cioè, che gli effetti vengano a ri
portarsi ad un nucleo che può dirsi operativo solo nel momento
in cui si siano realizzati due elementi, l'atto da partecipare e la
sua partecipazione) occorre far capo alle disposizioni dell'ordina
mento che riguardano la fattispecie, è sufficiente, per escludere
fondamento alla tesi propugnata dal ricorrente, l'osservazione che
le norme di cui si assume la violazione non conferiscono conno
tazioni di ricettizietà al provvedimento di proroga in argomento.
E, invero, se per la legalità del procedimento incidentale relati
vo le norme suindicate richiedono l'osservanza del principio del
contraddittorio che si realizza mediante la comunicazione dell'i
stanza del pubblico ministero, oltre che al giudice del procedi mento principale, all'imputato (con la conseguenza che nel caso
di omessa o ritardata comunicazione l'eventuale provvedimento adottato è afflitto da nullità assoluta. V. Cass., sez. I, 4 febbraio
1987, Giambrone, Foro it., Rep. 1987, voce Libertà personale
dell'imputato, n. 76; 18 maggio 1987, Mifasani, id., Rep. 1988, voce cit., n. 59; 20 febbraio 1987, Vitale, ibid., n. 60), per con
tro, non esigono la notificazione dell'ordinanza conclusiva all'in
teressato, come atto incidente sull'operatività del provvedimento, ma ne prevedono soltanto l'impugnabilità con ricorso per cas
sazione.
Il che sta a significare che la normativa vigente non ha attri
buito carattere recettizio all'ordinanza di proroga (cosi come espres samente prevedono, ad es., per tutti i mandati l'art. 266; per il decreto di citazione a giudizio gli art. 405, 2° comma, 408, 1° comma, 409, 2° comma, e 189, 1° comma; per l'impugnazio ne del pubblico ministero l'art. 199 bis), la quale, pertanto, è
sottoposta alla disciplina, comune a tutti i provvedimenti emessi
parsa dell'ipotesi costituita dalla perizia sullo stato di mente dell'imputa to, in ordine alla quale provvede, come si è già detto, l'art. 305, 10 com
ma, con il diverso istituto della proroga; l'esclusione dell'operatività della
sospensione dei termini allorché il rinvio o la sospensione del dibattimen to è richiesto dall'imputato o dal suo difensore «per esigenze di acquisi zione della prova» ovvero per «concessione dei termini a difesa» (cfr., invece, nel codice del 1930, per la sospensione dei termini di custodia durante il decorso del termine a difesa, Trib. Roma 24 settembre 1987, Foro it., Rep. 1987, voce cit., n. 91 e, per esteso, in Giur. it., 1987, II, 347, con nota di Gaito, Termine a difesa e durata della custodia
cautelare); infine, la previsione che, quando si tratta di dibattimenti par ticolarmente complessi relativi ai più gravi delitti (indicati dall'art. 407, 2° comma, lett. a), il giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile, possa sospendere i termini di custodia «durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudi zio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni»: con la conseguen za di estendere il regime della sospensione (e, in particolare, lo «sfonda mento» del «tetto» massimo di cui all'art. 303, 4° comma) anche ai pe riodi di tempo per i quali l'art. 297, 4° comma, prevede solo il meccanismo della c.d. «neutralizzazione» (cfr. Grevi, Le garanzie della libertà, cit., 498). [E. D'Angelo]
Il Foro Italiano — 1989.
a seguito di procedimento in camera di consiglio, contenuta nel
l'art. 151 c.p.p., che prevede la mera notificazione dell'avviso
dell'avvenuto deposito in cancelleria ai soli fini dell'impugnazione.
Regola quest'ultima che, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, è operante anche in materia di pronunce incidenti sul
la libertà personale dell'imputato, ove si consideri che non han
no, per certo, natura di atti processuali recettizi, nel senso sopra
precisato, le decisioni reiettive della scarcerazione (art. 272 bis)
o della rimessione in libertà (art. 279 e 280).
Poiché, com'è circostanza assolutamente pacifica, l'ordinanza
di proroga è stata adottata dalla sezione istruttoria prima della
scadenza del termine ordinario di custodia, l'attuale status deten
tionis è da ritenersi legittimo, sicché non ricorre l'ipotesi per la
scarcerazione automatica invocata.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento dlle spese del procedimento.
II
Con ordinanza del 7 dicembre 1988 la Corte di assise di Calta
nissetta rigettava l'istanza di scarcerazione per decorrenza dei ter
mini di custodia cautelare proposta da Milazzo Vincenzo, Cala
brò Gioacchino, Melodia Antonino e Melodia Nicolò nel rilievo
che in relazione ai reati per i quali essi erano stati condannati
con sentenza del 19 novembre 1988 la custodia non si era perenta in quanto il termine ordinario di un anno e sei mesi, previsto
dall'art. 272, 3° comma, n. 5, c.p.p., era «prorogabile in virtù
del disposto di cui ai commi 7° e 9° dell'art. 272 c.p.p. sia in
relazione alla sospensione o al rinvio del dibattimento dovuto al
la mancata partecipazione di uno o più difensori, sia per la relati
va richiesta avanzata dall'imputato o dal difensore, sia infine in
relazione ai giorni di udienza ed a quelli di deliberazione». Puntualizzava, quindi, che nel computo della durata della cu
stodia cautelare non poteva tenersi conto dei 141 giorni in cui
si erano tenute le udienze e dei 16 giorni impegnati per la delibe
razione della sentenza né degli altri nei quali il dibattimento non
si era svolto per richieste di rinvio o di sospensione formulate
dagli imputati o nel loro interesse (59 + 7+1+4 + 4+1), il cui
totale, corrispondente sette mesi e 23 giorni, era tale da spostare la scadenza del termine ordinario, che sarebbe maturato il 4 apri le 1988, alla data del 27 novembre 1988, successivo a quella di
pronuncia della sentenza di condanna; il che rendeva superflua la considerazione di un ulteriore periodo di sospensione della du
rata della custodia, quello compreso tra il 5 ottobre ed il 10 no
vembre 1987, durante il quale si era verificata l'astensione dalle
udienze proclamata dagli avvocati del foro nisseno.
Avverso l'ordinanza suddetta hanno proposto ricorso per cas
sazione gli imputati. I ricorrenti, tramite i difensori, con motivi sostanzialmente co
muni, hanno denunciato la nullità della statuizione adottata nel
l'assunto che illegittimamente la corte di merito avrebbe conside
rato, ai fini della sospensione della custodia cautelare conseguen te a richieste di rinvio o sospensione del dibattimento, sia i giorni festivi compresi nei periodi in cui il dibattimento era stato rinvia
to o sospeso sia il lasso di tempo dal 1° agosto al 15 settembre
1988, corrispondente al periodo di sospensione feriale dei termini
processuali, giacché non era stata emessa ordinanza dichiarativa
dell'urgenza del processo; hanno dedotto, inoltre, che il rinvio
del dibattimento causato dall'astensione dalle udienze dei difen
sori non avrebbe idoneità a sospendere la durata della custodia.
Onde la conclusione che, dovendosi escludere dal novero delle
cause legittime di sospensione della custodia i giorni festivi ed
i periodi suindicati, il termine di cessazione della misura restritti
va della libertà personale pertinente al giudizio di primo grado sarebbe venuto a compimento in epoca antecedente al giorno in
cui fu pronunciata la decisione di condanna e, conseguentemen
te, lo status detentionis dovrebbe considerarsi caducato.
Melodia Antonino e Melodia Nicolò, in particolare, hanno de
dotto che nei loro riguardi non poteva ritenersi operativa la so
spensione della custodia per il periodo corrispondente all'asten
sione dalle udienze proclamata dagli avvocati del foro nisseno
nell'assunto che all'udienza del 5 ottobre, alla quale fu disposto
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GIURISPRUDENZA PENALE
il rinvio del dibattimento, i loro difensori erano presenti e non
avevano proposto richieste di rinvio né aderito a quelle altrui.
I ricorsi sono infondati.
A tenore del disposto dell'art. 272, 7° comma, c.p.p. i termini
di durata della custodia cautelare rimangono sospesi, tra l'altro, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per
legittimo impedimento dell'imputato e per consentirne la parteci
pazione all'udienza quando in precedenza egli ha rifiutato di assi
stervi e, altresì, durante il tempo in cui la sospensione o il rinvio
siano conseguenti «a richiesta sua o del difensore».
Orbene, la formulazione della norma innanzi indicata non con
sente ingresso alla tesi dedotta dai ricorrenti per i quali dal com
puto del periodo di sospensione della custodia dovrebbero
escludersi i giorni festivi in quanto in essi, per il disposto dell'art.
431 c.p.p., non può svolgersi il dibattimento.
È sufficiente sul punto il rilievo che il sistema processuale vi
gente prevede come ipotesi atte a legittimare la pronuncia del
provvedimento di sospensione dell'i/e/- dibattimentale, oltre che
i giorni festivi indicati nella 1. 27 maggio 1949 n. 260, modificata dalla 1. 31 marzo 1954 n. 90 e dal d.p.r. 28 dicembre 1985 n.
792, anche altre situazioni o altri eventi dotati di pari efficacia
(v., ad es., gli art. 19, 20, 84, 88, 89, 446) e tra essi, appunto, la richiesta dell'imputato o del suo difensore espressamente con
templata dal 7° comma dell'art. 272 c.p.p., che si pongono come
fattori ontologicamente autonomi, ciascuno nella sua rilevanza
ed efficacia indipendente dagli altri, di soluzione della continuità
della fase dibattimentale.
II che significa che la sospensione o il rinvio del dibattimento
disposti a seguito di istanza del soggetto imputato o del suo pa trono operano per l'intero periodo intercorrente dalla data del
l'ordinanza sino a quella della prosecuzione o dell'inizio ex novo
del giudizio, senza possibilità di interazione delle altre eventuali
cause sospensive che avrebbero potuto porsi a base del provvedi mento ove non fosse intervenuta quella in esso considerata, costi
tuentene il fondamento.
Quanto si è detto vale, naturalmente, oltre che in relazione
ai rinvìi disposti alle udienze del 29 marzo 1988 (7 giorni dal
30 marzo al 5 aprile 1988), del 28 settembre 1988 (1 giorno, corri
spondente al 29 settembre 1988), del 4 maggio 1988 (4 giorni dal
5 all'8 maggio 1988), del 18 maggio 1988 (4 giorni dal 19 al 22
maggio 1988) e del 17 novembre 1987 (1 giorno, corrispondente
al 18 novembre 1987), anche per il rinvio concesso all'udienza
del 18 luglio 1988 (59 giorni dal 19 luglio al 15 settembre 1988),
essendo stati i relativi provvedimenti emesi tutti su istanze propo
ste dagli imputati o dai loro difensori o «sull'accordo» delle dife
se (v. sul punto la trascrizione di parti dei menzionati verbali
contenuta nella requisitoria in data 1° dicembre 1988 del procu
ratore della repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta).
In particolare, quanto alla sospensione del dibattimento pro
trattasi per 59 giorni dal 19 luglio al 15 settembre 1988, va rileva
to che dal verbale di udienza del 14 luglio 1988 (di cui è copia
in atti) risulta che gli imputati Melodia Antonino, Melodia Nico
lò, Calabrò Gioacchino e Milazzo Vincenzo personalmente chie
sero che, essendo ultimata l'istruttoria dibattimentale, la corte
rinviasse l'inizio della discussione all'udienza del 5 settembre 1988
o, comunque, a quella che la corte medesima avesse ritenuto più
opportuna e che a siffatte istanze aderirono i rispettivi difensori.
Donde l'ascrivibilità dell'intero periodo sospensivo, conclusosi
il 15 settembre 1988, alle dichiarazioni delle parti e dei loro pa
trocinatori, che concordemente ebbero a rimettersi, senza riserve
o limitazione alcuna, al giudice per la determinazione del lasso
di tempo nel quale avrebbe operato la pausa dell'attività proces
suale, né immediatamente opposero istanze di revoca della statui
zione adottata ovvero contestazioni circa il dies ad quem del
periodo stabilito. Sotto altro profilo pure priva di pregio si rivela
la tesi secondo cui ai fini della sospensione della durata della
custodia cautelare non dovrebbe computarsi il periodo di sospen
sione feriale dei termini processuali, compreso tra il 1° agosto
e il 15 settembre 1988, dedotta nel rilievo che lo iatus nello svi
luppo del dibattimento in tale periodo non sarebbe addebitabile
agli imputati, sibbene ad una colpevole inerzia dell'organo giudi
cante il quale, onde paralizzare gli effetti conseguenti alla sospen
sione dell'attività nel periodo feriale, avrebbe dovuto emettere
l'ordinanza dichiarativa d'urgenza, prevista dall'art. 2 1. 22 mag
gio 1975 n. 152.
Il Foro Italiano — 1989 — Parte II-26.
È qui appena il caso di osservare che la normativa in tema
di sospensione dei termini processuali in periodo feriale e quella concernente la sospensione dei termini di custodia cautelare ope rano su piani totalmente diversi.
Basta in proposito considerare che, pur quando si faccia luogo all'emissione dell'ordinanza d'urgenza ex art. 2 1. cit., i termini
ordinari di custodia permangono inalterati ed immuni da qualsia si sospensione (che, come si è innanzi precisato, è ricollegabile esclusivamente ai fattori contemplati dall'art. 272, 7° comma,
c.p.p.), solo derivando dal provvedimento d'urgenza la rimozio
ne del divieto, normativamente imposto in linea di massima, di
prosecuzione dell'iter procedimentale in quel lasso di tempo. È evidente che, essendosi verificata la condizione atta a deter
minare la sospensione della custodia e, cioè, la richiesta di rinvio
del dibattimento proposta dagli imputati e dai difensori, non sus
sisteva ragione alcuna per la declaratoria di urgenza che, peral
tro, ponendosi in contrasto con la volontà manifestata dagli
interessati, avrebbe loro imposto la presenza e la partecipazione attiva al dibattimento per il compimento della discussione in un
momento nel quale essi non avevano interesse ad attuarla.
In definitiva, l'accoglimento della richiesta di rinvio se, per un
verso, apprestava tutela all'interesse oggetto della norma ex art.
2 1. 152/75 (che mira ad evitare il maturarsi del termine di scarce
razione per effetto della stasi dell 'iter processuale in periodo fe
riale), per l'altro, accordava pieno appagamento alle intenzioni
enunciate expressis verbis dagli stessi imputati in vinculis.
Nel caso in esame il termine ordinario di perenzione della mi
sura coercitiva della libertà personale veniva a scadenza il 4 aprile 1988 mentre la sentenza di condanna è stata emessa il 19 novem
bre 1988.
Orbene, considerando come causa di legittima sospensione del
la custodia i 157 giorni in cui si tennero le udienze ed impegnati
per la deliberazione della decisione (il che è assolutamente pacifi
co) e, inoltre, i 76 giorni corrispondenti agli accordati rinvìi e,
cioè, in totale 233 giorni, è del tutto incontestabile che la senten
za, sopravvenuta dopo 225 giorni dal dies ad quem ordinario,
sia stata emessa prima che si fosse maturato il diritto alla libe
razione.
Superflua, quindi, appare la disamina della doglianza concer
nente l'ulteriore contestato periodo di sospensione di 35 giorni, relativi all'astensione dalle udienze proclamata dagli avvocati del
foro nisseno.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 20 feb
braio 1989; Pres. Carnevale, Est. Molinari, P.M. (conci,
conf.); ric. Macrì. Conferma App. Reggio Calabria, ord. 27
ottobre 1988.
Libertà personale dell'imputato — Custodia cautelare — Durata
— Associazione di tipo mafioso (Cod. pen., art. 416 bis; cod.
proc. pen. del 1930, art. 272).
La previsione — contenuta nell'ultima parte del 3° comma del
l'art. 272 c.p.p. del 1930 — della pena non inferiore nel massi
mo ai quindici anni di reclusione come condizione per mante
nere per un anno e sei mesi la durata della custodia cautelare
fino alla sentenza di primo grado, si riferisce soltanto ai delitti
commessi per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordina
mento costituzionale e non anche agli altri delitti previsti nel
n. 5 dello stesso comma. (1)
Vincenzo Macrì venne rinviato a giudizio — con altri, tra i
quali una persona imputata di omicidio volontario aggravato —
davanti alla Corte di assise di Locri per rispondere di partecipa
li) Non constano precedenti specifici.
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