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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione I penale; sentenza 30 gennaio 1989; Pres. Carnevale,...

Date post: 27-Jan-2017
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sezione I penale; sentenza 30 gennaio 1989; Pres. Carnevale, Est. Pintus, P.M. (concl. conf.); ric. Scaduto. Annulla senza rinvio Trib. Palermo 12 settembre 1988 Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp. 25/26-27/28 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23183563 . Accessed: 28/06/2014 18:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.97.126 on Sat, 28 Jun 2014 18:51:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I penale; sentenza 30 gennaio 1989; Pres. Carnevale, Est. Pintus, P.M. (concl. conf.); ric.Scaduto. Annulla senza rinvio Trib. Palermo 12 settembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp.25/26-27/28Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183563 .

Accessed: 28/06/2014 18:51

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GIURISPRUDENZA PENALE

gresso inseriti in un ambito pur marcato da cooperazione all'atti

vità rieducativa. Non può non mettersi in risalto l'incongruità di tali conclusioni.

La preoccupazione che la valutazione cosiddetta atomistica si

riveli consentanea ad un'ottica disciplinare dell'istituto, con so

stanziale svalutazione della funzione rieducativa, può venire su

perata da un corretto instaurarsi di rapporti tra operatore peni tenziario e detenuto, nonché da un vaglio accurato ed ancorato

al valore del reinserimento, proprio (per disposto costituzionale) del momento punitivo, tale, cioè, da non assegnare esclusivo ri

lievo ad elementi quali la semplice insussistenza di infrazioni di

sciplinari. Comunque, tale preoccupazione non può legittimare

un'interpretazione della norma (principio di globalità) meno con

sona alla natura della liberazione anticipata e realmente funzio

nale soltanto a concezioni superate (valutazione prossima alla sca

denza della pena). Venendo al caso di specie, rileva questa Suprema corte che i

giudici di merito, vagliando partitamente il periodo di detenzio

ne, l'hanno rettamente suddiviso in due ambiti temporali, 14 feb

braio 1983-14 febbraio 1986 / 14 febbraio 1986-14 agosto 1988, e applicando i principi sopra detti, hanno per il primo periodo

posto in luce con opportuni richiami alle risultanze dell'istrutto

ria l'assoluta assenza del ricorrente ad ogni partecipazione all'o

pera di rieducazione, e per il secondo periodo, invece, posto in

risalto il diverso comportamento tenuto dal Comune, soprattutto sotto il profilo della fattiva adesione al programma di rieducazione.

E poiché la motivazione del convincimento dei giudici di meri

to si presenta indenne da difetti logicio-giuridici e non viziata

da omissioni e travisamento di fatto, la stessa non è sindacabile

in questa sede di legittimità.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 30 gen naio 1989; Pres. Carnevale, Est. Pintus, P.M. (conci, conf.); ric. Scaduto. Annulla senza rinvio Trib. Palermo 12 settembre

1988.

Rinvio penale (giudizio di) — Annullamento di ordinanza del giu dice del riesame — Poteri del giudice di rinvio (Cod. proc.

pen. del 1930, art. 263 ter, 544).

I poteri del giudice di rinvio risultano, anche nell'ipotesi di an

nullamento di ordinanza del giudice del riesame, quelli stabiliti

dall'art. 544 c.p.p. del 1930, che riconosce, da un lato, al solo

imputato la possibilità di proporre nuovi mezzi di difesa e, dal

l'altro, definisce i poteri del giudice di rinvio, stabilendo che

sono gli stessi che aveva il giudice la cui sentenza fu annullata;

ne consegue che, non essendo attribuito al giudice del riesame

il potere di richiedere all'organo che ha emesso il provvedimen to limitativo della libertà personale dell'imputato elementi inte

grativi rispetto al contenuto degli «atti del procedimento», tras

messigli a norma dell'art. 263 ter c.p.p. del 1930, tale potere non può essere esercitato dal giudice di rinvio investito della

procedura dopo l'annullamento del provvedimento emesso in

sede di riesame. (1)

(1) Non risultano precedenti specifici. In generale, sui poteri del giudi ce di rinvio, cfr. Spangher, in Commentario breve al codice di procedu ra penale, Padova, 1987, sub art. 544, II, 1.

Per quanto riguarda, invece, i poteri del giudice del riesame, la giuris

prudenza è orientata nel senso che tale giudice non ha poteri istruttori

e giudica sulla base degli atti trasmessi dal magistrato che procede all'i

struzione. Ne consegue che un'eventuale richiesta di nuove indagini sa

rebbe inammissibile pur essendo il giudice del riesame investito di una

cognizione piena equivalente a quella dell'autorità giudiziaria che ha emesso

il provvedimento coercitivo, sia pure limitatamente al riesame del medesi

mo (Cass. 26 settembre 1985, Carollo, Foro it., Rep. 1986, voce Libertà

personale dell'imputato, n. 213; 19 aprile 1985, Passarotti, ibid., n. 215; 24 maggio 1985, De Stefano, ibid., n. 226; 30 luglio 1984, Palmucci,

id., Rep. 1985, voce cit., n. 236; 27 giugno 1984, Vinelli, ibid., n. 239; 14 maggio 1984, Bovolenta, ibid., n. 257; 14 marzo 1984, Finocchiaro,

li Foro Italiano — 1989.

In data 9 marzo 1988, il giudice istruttore presso il Tribunale

di Palermo emetteva nei confronti di Scaduto Salvatore ed altri, il mandato di cattura n. 71/88 con il quale contestava all'imputa to il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso, moti

vando il provvedimento con riferimento alle notizie fornite da

certo Calderone Antonino.

Il Tribunale di Palermo, investito della richiesta di riesame del

l'imputato, confermava, con sua ordinanza del 23 marzo 1988, 11 mandato di cattura impugnato.

L'imputato proponeva ricorso per cassazione, e questo Supre mo collegio, in data 8 agosto 1988, annullava l'ordinanza impu

gnata, con rinvio per nuovo esame allo stesso Tribunale di Paler

mo. Giudicando in sede di rinvio, quest'ultimo confermava, il

12 settembre 1988, il mandato di cattura.

Ha proposto nuovamente ricorso per cassazione la difesa del

l'imputato, deducendo la nullità dell'ordinanza 12 settembre 1988

del Tribunale di Palermo, per violazione dell'art. 475, n. 3, c.p.p. in relazione all'art. 252 stesso codice.

Occorre premettere che, nel pronunciare l'annullamento del

l'ordinanza del giudice del riesame, questo Supremo collegio ave

va indicato con chiarezza quali, a suo giudizio, erano le lacune

motivazionali riscontrate nel provvedimento denunciato, precisando che esse consistevano:

1) nell'insufficienza della testimonianza di correità a contestare

il provvedimento restrittivo della libertà personale dell'imputato, salvo che in via preventiva la fonte di prova non risultasse essere

stata sottoposta a vaglio particolarmente attento dal giudice di

merito, allo scopo di accertarne la completa attendibilità e non

si fossero acquisiti elementi esterni ad essa, tali da assicurare una

sicura verifica, per renderla processualmente utilizzabile;

2) nel fatto che il giudice del riesame avesse utilizzato, come

elemento di riscontro delle accuse del Calderone, le «piene e cla

morose confessioni operate da alcuno dei coimputati», senza pro cedere ad un'adeguata valutazione di collegamento del contenuto

di tali confessioni con il coinvolgimento del ricorrente nell'orga nizzazione mafiosa.

Il giudice di rinvio, nell'ordinanza impugnata, sostiene la tesi

della piena utilizzabilità, da parte sua, non solo dei risultati delle

indagini svolte dall'istruttore prima dell'emissione del mandato

di cattura contro l'imputato, ma anche delle acquisizioni succes

sive alla pronuncia del provvedimento annullato da questa corte,

sicché, in tale ottica, sarebbe legittima l'instaurazione di una prassi, evidentemente seguita dal giudice di rinvio anche nel caso di spe

cie, di richiedere «informazioni al giudice istruttore» allo scopo di prendere in esame «quanto successivamente emerso». Ciò sul

l'assunto che lo stato di custodia cautelare imposto all'imputato sarebbe destinato a trovare «legittimazione sostanziale... in tutto

il coacervo delle acquisizioni» probatorie. Riafferma nel merito

il giudice di rinvio l'attendibilità complessiva del «testimone di

correità», desumendola: 1) dal suo inserimento nella consorteria

mafiosa; 2) dalle conferme date all'accusa da lui formulata, ad

opera di tal Buscetta Tommaso; 3) dai legami di parentela del

l'imputato con tali Scaduto Giovanni e Greco Salvatore; 4) da

quanto riferito al Calderone da tal Mineo Antonino, e riportato dal Calderone agli inquirenti; 5) da quanto riferito dal Calderone

in merito ad una visita da lui effettuata allo Scaduto Salvatore

in un terreno sito nella campagna di Enna, appartenente alla mo

glie dell'imputato. In occasione di tale visita, il «testimone di

correità» avrebbe avuto occasione di «registrare» i rapporti di

amicizia tra lo Scaduto, i due Calandra, Domenico e Giuseppe, e Farinella Giuseppe.

Il Tribunale di Palermo, nell'ordinanza qui denunciata, ritiene

utilmente verificata sul piano oggettivo l'accusa del Calderone:

1) perché lo Scaduto ha in effetti la disponibilità del «terreno

sito nelle campagne di Enna» indicato dal Calderone come luogo in cui ha effettuato le «registrazioni»; 2) perché l'imputato ha

ammesso di essere legato da «affetto filiale» a Calandra Giusep

pe, di aver trattato con Calandra Domenico una «questione di

affitti», e di conoscere Farinella Giuseppe, in quanto cugino di

sua moglie.

ibid., n. 246; 31 gennaio 1984, Federico, ibid., n. 247; 18 gennaio 1983,

Ascione, id., Rep. 1984, voce cit., n. 224; 14 gennaio 1983, Catanzariti,

id., 1984, II, 137; e, in dottrina, per tutti, Nappi, in Commentario, cit., sub art. 263 ter, III, 1).

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PARTE SECONDA

Secondo il ricorrente, la motivazione adottata dal giudice di

rinvio, e come sopra dettagliatamente riportata, sarebbe sostan

zialmente elusiva del contenuto imperativo della pronuncia di an

nullamento di questa corte, giacché, nonostante le ulteriori infor

mazioni fornite dietro richiesta del giudice di rinvio al giudice

istruttore, il quadro indiziario sulla base del quale la richiesta

di riesame del provvedimento restrittivo della libertà personale

dell'imputato è stata ulteriormente respinta dal giudice di rinvio, è sostanzialmente il medesimo utilizzato nel provvedimento an

nullato da questa corte.

L'ordinanza impugnata non si sottrae alle censure del ricorren

te. Occorre ricordare che i poteri del giudice di rinvio, anche nel

caso di annullamento di ordinanza del giudice del riesame previ sta dall'art. 263 c.p.p., restano quelli fissati dall'art. 544, che

riconosce, per un verso, al solo imputato la possibilità di propor re nuovi mezzi di difesa e, per altro verso, definisce al 5° comma

i poteri del giudice di rinvio stabilendo che essi sono «gli stessi

che aveva il giudice la cui sentenza fu annullata». Dal combinato

disposto di tali norme emerge che, non essendo riconosciuto al

giudice del riesame il potere di richiedere all'organo che ha emes

so il provvedimento restrittivo della libertà personale dell'imputa

to, notizie integrative rispetto al contenuto degli «atti del proce dimento» inviatigli a mente del 2° comma dell'art. 263 ter, tale

potere non può essere esercitato dal giudice di rinvio che ha «gli stessi poteri del giudice la cui sentenza è stata annullata». D'altro

canto, essendo preclusa dalla norma sopra ricordata la possibilità

per l'organo di accusa di proporre, sia pure entro i limiti fissati

dalla Corte di cassazione, nuovi mezzi di prova, facoltà che è

invece riconosciuta all'imputato (il quale può proporre «nuovi

mezzi a difesa»), si trae dal testo della norma che fissa i poteri del giudice di rinvio la riprova dell'erroneità della tesi sostenuta

dal Tribunale di Palermo nel provvedimento impugnato, secondo

cui lo stato di custodia cautelare imposto all'imputato potrebbe trovare legittimazione sostanziale, oltre che nelle indagini prece denti all'emissione del mandato di cattura, anche nelle acquisi zioni successive. A tacer d'altro, si deve ricordare a tal proposito che la legittimità degli atti con i quali il cittadino viene privato della libertà personale è subordinata dalla vigente Costituzione

all'adozione da parte dell'autorità giudiziaria di «un atto motiva

to... nei soli casi e modi previsti dalla legge» (art. 13 Cost.): se si dovesse accogliere la tesi secondo la quale la legittimazione sostanziale della privazione dello status libertatis potrebbe essere

successiva all'attuazione di quest'ultima, si verrebbe ad introdur

re nell'ordinamento il principio che anche al di fuori dei «soli

casi e modi previsti dalla legge», l'autorità giudiziaria sarebbe

legittimata a privare il cittadino della sua libertà con atto che

subordini la legittimità di tale privazione della libertà alla condi

zione risolutiva della mancata acquisizione successiva di elementi

tali da farla rientrare nel novero dei «casi previsti dalla legge». In quest'ottica inaccettabile si pone del resto l'ordinanza impu

gnata quando usa, a sostegno della propria tesi, l'argomento che

la caducazione degli elementi giustificanti la custodia cautelare

impone la scarcerazione immediata dell'imputato, pur tenendo

ferma la legittimità formale del mandato di cattura. Cosi' argo

mentando, si dimentica evidentemente che quest'ultimo deve es

sere legittimo sia nella forma che nella sostanza sin dal momento

della sua emissione.

Deve quindi concludersi, sulla base di quanto sin qui si è espo

sto, che il ricorso da parte del giudice di rinvio ad informazioni

relative alle ulteriori acquisizioni probatorie successive all'emis

sione del provvedimento restrittivo della libertà personale dell'im

putato confermato in sede di riesame con provvedimento succes

sivamente annullato dalla corte di legittimità, è sostanzialmente

illegittimo, al pari dell'utilizzazione degli eventuali risultati di tali ulteriori indagini istruttorie.

Il problema è, peraltro, con riferimento alla fattispecie oggetto di esame, privo di pratico rilievo, posto che non è dato cogliere, nella motivazione dell'ordinanza impugnata, sostanziali differen

ze rispetto al contenuto del provvedimento in precedenza annul

lato da questa corte.

Il giudice di rinvio si limita infatti, nel respingere la richiesta di riesame, a riaffermare la complessiva attendibilità del Caldero

ne Antonino, senza soffermarsi a considerare le ragioni di atten

dibilità specifica in relazione alla posizione dell'imputato. Egli continua a richiamare, per ribadire tale «attendibilità complessi

va», le conferme che «su molti punti» (senza indicarli specifica

mente, soprattutto in relazione al ricorrente) provengono dal Bu

II Foro Italiano — 1989.

scetta Tommaso. Lo stesso giudice afferma infine, a fondamento

della reiezione delle doglianze dell'imputato, l'insussistenza di ele

menti «intrinseci ed estrinseci» capaci di indurre a «dubitare del

la veridicità» delle accuse formulate nei confronti di esso imputa to. Chiarito che, tra l'altro, il Calderone non ha indicato lo Sca

duto come «uomo d'onore», indica poi come riscontri oggettivi circostanze le quali, in quanto provenienti dalla stessa fonte d'ac

cusa che dovrebbero verificare, sono del tutto ininfluenti ai fini

che nella sede presente si perseguono, e, in quanto desumibili

dalle dichiarazioni dell'imputato, sono tali da confermare esclusi

vamente l'esistenza di rapporti di conoscenza e di parentela tra

il detto imputato ed altri personaggi, ciò che non dimostra anco

ra l'esistenza di comunanza di interessi o, quel che maggiormente

rileva, di concorso in attività di stampo mafioso.

Anche l'ordinanza del giudice di rinvio, dunque, dovrà essere

annullata, per le medesime ragioni per cui da analogo provvedi mento è stata colpita l'altra pronuncia denunciata davanti a que sta corte.

Non risultando, dalla combinazione del provvedimento impu

gnato, confermativo di quello sottoposto a riesame, una motiva

zione idonea, in quanto conforme ai requisiti sostanziali richiesti

dall'art. 264, 2° comma, c.p.p., entrambi dovranno essere annul

lati senza rinvio. Non sembra infatti sostenibile la tesi secondo

cui, a seguito di un primo annullamento con rinvio, tale potestà ablatoria avente per oggetto anche il provvedimento soggetto a

riesame non sarebbe più esercitabile da questo Supremo collegio sotto il profilo che il primo annullamento avrebbe lasciato immu

ne da censure la motivazione del mandato di cattura. Di fatto,

la valutazione operata dal giudice di legittimità investe, in en

trambi i casi considerati, la combinazione dei due atti con i quali si realizza la potestà dell'autorità giudiziaria di privare, in con

formità al precetto costituzionale, il cittadino del bene della liber

tà, sicché, non essendo consentito l'annullamento con rinvio di

entrambi i detti atti, in quanto provenienti da due diversi organi

giurisdizionali ordinati gerarchicamente sul piano funzionale, l'u

nitarietà sostanziale dei provvedimenti considerati non è destina

ta a venir meno, quando al giudice del riesame si sostituisca, per effetto di precedente annullamento disposto dalla Corte di cassa

zione, il giudice di rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 30 set

tembre 1988; Pres. Visalli, Est. Teresi, P.M. (conci, conf.); ric. Giacchetto. Conferma Assise app. Torino 5 maggio 1988.

Esecuzione penale — Continuazione — Applicabilità in fase di

esecuzione — Esclusione — Questione manifestamente infon

data di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 25; cod. pen., art.

81; cod. proc. pen. del 1930, art. 628).

La concreta applicazione dell'istituto della continuazione, di cui

all'art. 81, cpv., c.p., presuppone valutazioni discrezionali ri

servate in via esclusiva alla sfera di competenza propria del

giudice di merito, sicché l'istanza di applicazione dell'art. 81,

cpv., c.p. non può essere formulata in sede esecutiva; pertanto, è manifestamente infondata la questione di legittimità costitu

zionale dell'art. 628 c.p.p. del 1930, in riferimento agli art.

3, 24 e 25 Cost., sotto il profilo che i principi costituzionali ivi contenuti sarebbero violati da un 'interpretazione che esclu

desse l'applicabilità della continuazione in sede di esecuzione. (1)

(1) La sentenza ribadisce il principio, più volte affermato, secondo il

quale non possono essere dedotte in sede esecutiva questioni relative al

rapporto di continuazione tra reati oggetto di più sentenze irrevocabili, trattandosi di materia che avrebbe potuto e dovuto formare oggetto di trattazione nel giudizio di cognizione (cfr. Cass. 8 luglio 1977, Favaro, Foro it., Rep. 1978, voce Esecuzione penale, n. 25). In motivazione, a tal proposito, si osserva che l'applicazione dell'art. 81, cpv., c.p. presup pone due valutazioni discrezionali: l'una concernente la sussistenza del l'unicità del disegno criminoso, in attuazione del quale i reati sono stati

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