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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione I penale; sentenza 6 aprile 1987; Pres. Carnevale,...

Date post: 30-Jan-2017
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sezione I penale; sentenza 6 aprile 1987; Pres. Carnevale, Est. Esposito, P.M. (concl. conf.); imp. Minore. Conflitto di competenza Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 639/640-641/642 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179800 . Accessed: 28/06/2014 08:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.37 on Sat, 28 Jun 2014 08:29:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione I penale; sentenza 6 aprile 1987; Pres. Carnevale, Est. Esposito, P.M. (concl. conf.); imp.Minore. Conflitto di competenzaSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.639/640-641/642Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179800 .

Accessed: 28/06/2014 08:29

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PARTE SECONDA

pio generale della inviolabilità della libertà personale, enunciato

dal 1° comma, della più particolare regolazione di determinati

aspetti della libertà stessa con prevalente riguardo alle esigenze della difesa penale e pertanto all'esplicazione di poteri coercitivi

concernenti la detenzione, l'ispezione o la perquisizione personale. Per l'esatta determinazione della portata di questo 2° comma

è, tuttavia, indispensabile interpretare il significato della formula

di chiusura ivi apposta: «Né qualsiasi altra restrizione della liber

tà personale». La formulazione ampia e generalizzata del 1° comma dell'arti

colo in questione ed il riferimento nel 2° comma a restrizioni

coercitive ed a qualsiasi altra restrizione fa intendere che que st'ultima è qualcosa di altro dalle restrizioni ivi specificate in mo

do esemplificativo e non certo tassativo.

Nella stessa Carta costituzionale la «libertà personale» è stata

anche richiamata nell'art. 68 che, al 2° comma, ribadisce il di

sposto dell'art. 13: «. . . nessun membro del parlamento può es

sere sottoposto a procedimento penale né può essere arrestato

o altrimenti privato della libertà personale o sottoposto a perqui sizione personale o domiciliare . . .».

L'inserimento nell'art. 13 (ed anche nell'art. 68) del divieto espli cito di qualsiasi altra restrizione oltre quelle già elencate fa inten

dere che il costituente ha voluto garantire non solo quelle restrizioni

che annullano totalmente, attraverso misure coercitive, la dispo nibilità che l'individuo ha della propria persona fisica (detenzio

ne, ispezione o perquisizione personale) ma anche altre privazioni della libertà personale che comprimono o restringono tale libertà.

Il significato del termine «restrizione» infatti non è quello di

una completa soggezione dell'individuo alla coercizione esercita

bile dalle autorità pubbliche; ma sta ad indicare qualsiasi costri

zione che restringa la libertà individuale.

Oltre a quelle misure coercitive, enunciate in via esemplificati va nell'articolo in esame, il costituente, dunque, con la formula

di chiusura apposta, ha voluto altresì' garantire qualsiasi altra re

strizione che comprima la libertà individuale. Si è voluto impedi

re, cosi, «qualunque forma vessatoria» (art. 8 del progetto).

Pertanto, la Carta costituzionale ha inteso la libertà personale come disponibilità della propria persona fisica; ha individuato

detta disponibilità, in modo precipuo in quelle misure coercitive

(detenzione, ispezione o perquisizione personale) che annullano

totalmente la manifestazione essenziale della libertà di disposizio ne del proprio corpo impedendo, naturaliter, la libertà di movi

mento; ha, infine, indicato come sua violazione qualunque

soppressione e qualsiasi altra compressione di tale libertà.

È infatti, in rapporto alla disponibilità che ognuno ha del pro

prio corpo, la libertà personale è la possibilità di determinare

l'azione dei propri organi secondo la propria volontà e, cioè, li

bertà di movimento in senso lato.

Orbene il ritiro o il rifiuto del passaporto restringe il cittadino

in un ambito territoriale circoscritto togliendogli la facoltà di uscire dal territorio dello Stato; cosicché, in sostanza, l'individuo non

ha più a sua disposizione una serie indeterminata di direzioni a

cui esplicare la propria libertà con conseguente restrizione del di

ritto di disporre fisicamente di se stessa e quindi della sua libertà

personale. Tale restrizione, anche se non comprende una coercizione fisi

ca sulla persona, impedisce quella libertà di movimento che è

estrinsecazione della più generale libertà personale ed è diversa

solo quantitativamente dall'arresto o dalla detenzione.

La volontà e la possibilità di spostarsi al di fuori dei confini

dello Stato incide, dunque, direttamente su quella libertà di di

sposizione della propria persona fisica, il cui contenuto essenziale

è la libertà di locomozione e, solo indirettamente, su quel diritto

di espatrio che è garantito prima ancora che dalla legge della

stessa Costituzione.

Tale diritto non può, quindi, ritenersi estraneo alla garanzia indicata dal costituente garanzia che tende a preservare l'indivi

duo da ogni illegale impedimento nei confronti della sua persona. Il ricorso, dunque, è ammissibile.

Non sussiste, però, il denunziato difetto di motivazione. Il giudice ha chiaramente motivato, in base ad una valutazione

discrezionale degli atti, il suo convincimento.

Egli, infatti, ha fatto esplicito ed espresso richiamo alla delica

tezza e complessità delle indagini e di conseguenza alla necessità

di assicurare la presenza fìsica dell'imputato nella successiva fase

dibattimentale; ha indicato, inoltre, in relazione alla gravità dei

fatti, il pericolo di fuga da parte dell'imputato; pericolo che, in

Il Foro Italiano — 1988.

rapporto alla necessità della tutela della pretesa punitiva statuale,

può comportare, naturalmente, valutazioni diverse in relazione

ai vari stati e gradi del procedimento. Il rigetto del ricorso, infine, comporta la condanna del ricor

rente alle spese del procedimento.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 6 aprile

1987; Pres. Carnevale, Est. Esposito, P.M. (conci, conf.);

imp. Minore. Conflitto di competenza.

Perizia in materia penale — Liquidazione del compenso ad opera di organo collegiale — Reclamo — Competenza — Decisione — Ricorso per cassazione — Ammissibilità (Cost., art. Ili; cod. proc. pen., art. 190; 1. 13 giugno 1942 n. 794, onorari

di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in mate

ria civile, art. 29; 1. 8 luglio 1980 n. 319, compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le ope razioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria, art. 11).

La liquidazione dei compensi spettanti ai periti per le operazioni

eseguite a richiesta di organi collegiali è effettuata, con decreto

emesso de plano, dallo stesso organo che ha proceduto alla

nomina; avverso tale provvedimento l'interessato può proporre reclamo allo stesso giudice il quale provvederà — secondo lo

speciale procedimento in contraddittorio previsto dall'art. 29

I. n. 794 del 1942 — con ordinanza ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. Ill Cost. (1)

(1) La Cassazione, risolvendo con la sentenza in rassegna il conflitto, insorto tra il Tribunale di Trapani e la Corte d'appello di Palermo, in ordine alla competenza a decidere sul ricorso avverso il decreto che di

spone la liquidazione dei compensi spettanti al perito, qualora sia stato nominato da un giudice collegiale, ha statuito che compete allo stesso

giudice sia procedere alla «prima liquidazione», con decreto emesso de

plano, che decidere con ordinanza — nel contraddittorio tra le parti se condo la speciale procedura prevista dall'art. 29 1. 13 giugno 1942 n. 794 — in ordine all'eventuale «ricorso» proposto dagli interessati.

Il conflitto trovava origine nella circostanza che la vigente disciplina regola l'ordinario caso di provvedimento di liquidazione dei compensi emesso da un giudice monocratico, mentre non prende in considerazione

l'ipotesi, sia pure eccezionale, nella quale tale provvedimento venga pro nunciato da un organo collegiale. Secondo l'art. 11 1. 8 luglio 1980 n.

319, infatti, la liquidazione dei compensi spettanti al perito, all'interprete ed al traduttore deve essere disposta con decreto motivato del giudice (o del pubblico ministero, se si procede con istruzione sommaria) che 10 ha nominato ed avverso tale provvedimento gli interessati, il pubblico ministero e le parti private possono proporre «ricorso» al tribunale o alla corte d'appello alla quale appartiene il giudice o presso cui esercita la sua funzione il pubblico ministero, ovvero nel cui circondario ha sede 11 pretore che ha emesso il decreto.

La declaratoria di incompetenza del Tribunale di Trapani si fondava sulla configurazione del «ricorso» quale mezzo di impugnazione e sulla

conseguente necessaria devoluzione della cognitio causae al giudice di grado superiore. Viceversa, la Corte d'appello di Palermo si era dichiarata in

competente adducendo che, nel caso di specie, il decreto di liquidazione era inoppugnabile in quanto già deliberato da un organo collegiale. In altri termini, la garanzia opererebbe esclusivamente nell'ipotesi di liqui dazione disposta da un giudice monocratico per consentirne il controllo da parte dell'organo collegiale.

La Corte di cassazione, pur attribuendo la competenza a decidere sul «ricorso» al Tribunale di Trapani, e cioè allo stesso organo che aveva emesso il decreto di liquidazione, ha disatteso le argomentazioni addotte dalla Corte d'appello di Palermo.

Ed invero, secondo il Supremo collegio, la ratio della norma di cui all'art. 11 1. 319/80 va individuata nell'esigenza di consentire comunque un controllo, nel contraddittorio tra le parti, del decreto di liquidazione dei compensi adottato de plano. E ciò sia nell'ipotesi, disciplinata espres samente, che il provvedimento sia stato emesso dal giudice monocratico, il quale «ordinariamente» dispone la perizia, che in quella, del tutto ana

loga, in cui la liquidazione sia effettuata dall'organo collegiale che ha conferito l'incarico peritale. Conseguentemente, il «ricorso» deve confi

gurarsi quale «opposizione o reclamo» senza la necessaria devoluzione al giudice superiore, mentre la non impugnabilità, prevista espressamente dall'art. 29 1. 13 giugno 1942 n. 794 — richiamato dall'art. 11, 6° com

ma, 1. 319/80 — per l'ordinanza che decide sul «ricorso», non può evi

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GIURISPRUDENZA PENALE

Premesso. — 1. - Con ordinanza del 17 ottobre 1986 il Tribu

nale di Trapani ha dichiarato la propria incompetenza a decidere

il ricorso proposto dal geometra Rosario Bellissimo e dal dott.

Onofrio Fici avverso il decreto con il quale quel tribunale aveva

disposto la liquidazione dei compensi spettanti ai predetti in rela

zione all'opera espletata nella loro qualità di periti nel procedi mento instaurato a carico di Minore Calogero per l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubbli ca sicurezza ed ha ordinato la trasmissione degli atti alla Corte

d'appello di Palermo, ritenuta competente. L'adita corte ha, però, ricusato di prendere cognizione dal pro

cedimento e, con ordinanza del 20 gennaio 1987, ha ordinato

la trasmissione degli atti a questa corte per la soluzione del con

flitto. 2. - Il rifiuto della cognizione del procedimento vien correlato,

da parte del tribunale, alla individuazione del «ricorso» previsto dall'art. 11 1. n. 319 del 1980 quale tipico mezzo di gravame a

cognizione necessariamente devoluta al giudice ad quem, e, da

parte della corte di merito, alla ritenuta «inoppugnabilità» del

decreto di liquidazione, che sia stato ab initio deliberato da giudi

ce collegiale. Osserva. — 1. - Il conflitto, ammissibile in rito, va risolto nel

senso indicato dalla corte di appello, sia pure per ragioni diverse

da quelle della stessa prospettate. 2. - È opportuno premettere che nel sistema indicato dall'art.

11 della citata legge il «ricorso» è chiaramente connotato come

«opposizione» o «reclamo» avverso il decreto motivato di liqui

dazione dei compensi, posto che la sua cognizione — fuor dei

casi, funzionalmente diversi, di provvedimenti adottati dal pub

blico ministero o dal pretore — è attribuita all'organo collegiale

al quale appartiene il giudice che tale decreto ha emesso, mentre

la tesi della «inoppugnabilità» dei decreti emessi da organi colle

giali svolta dalla corte di merito risulta in insanabile contrasto

con la ratio nell'istituto e testualmente ed evidentemente smentita

dalla disposizione del 5° comma dell'articolo in esame, mirante

chiaramente ad istituire un rimedio di carattere generale contro

ogni decreto di «prima» liquidazione, emesso ai sensi del 1° com

ma dello stesso articolo.

In altri termini, il sistema prevede, dapprima, una liquidazio

ne, adottata con decreto — che viene emesso, de plano e senza

alcun contraddittorio, da parte del giudice che ha nominato il

perito, consulente, interprete o traduttore — e, quindi, la possi

bilità di un ricorso di tali soggetti avverso il decreto predetto;

ricorso devoluto alla cognizione dell'organo collegiale di appar

tenza, il quale, nel contesto, di tale «riesame», deve provvedere

con «ordinanza non impugnabile» ed a seguito di contraddittorio

con l'interessato, secondo la speciale procedura prevista dall'art.

29 1. 794/42, espressamente richiamato dall'art. 11 (6° comma).

3. - Ora, è ben vero che la norma in esame contiene una previ

sione riferita esclusivamente all'ordinario caso di incarico confe

rito da un organo monocratico, ma — come giustamente osserva

il procuratore generale presso questa corte nella sua requisitoria

scritta — non occorrono grandi sforzi ermeneutici per adattare,

in via estensiva, il disposto alla ipotesi, non espressamente previ

sta, di «prima» liquidazione effettuata dall'organo collegiale di

rettamente, con decreto emesso de plano. In tale ipotesi, invero, la situazione non trova soluzione né con

l'attribuzione al «ricorso» di una natura giuridica che non gli

compete strutturalmente, implicante una inammissibile cognizio

ne di un giudice ad quem; né con la pretesa «definitività» del

decreto emesso in prima liquidazione e senza contraddittorio, ine

dentemente estendersi al decreto emesso in prima liquidazione e senza

contraddittorio. In ogni caso, la corte ha affermato, sia pure per inciso, che l'ordinanza

emessa a seguito del «ricorso» è ricorribile ex art. Ill Cost., cosi' unifor

mandosi all'orientamento prevalente che fonda l'ammissibilità del ricorso

per cassazione sul presupposto che trattasi di provvedimento, non altri

menti impugnabile, «che incide certamente su posizioni di diritto sogget tivo ed ha natura sostanziale di sentenza» (Cass. 5 febbraio 1985, Lanciano,

Foro it., Rep. 1986, voce Perìzia penale, n. 25, e, per esteso, in Cass.

pen., 1986, 1129; 17 novembre 1983, n. 6857, Foro it., 1984, I, 3016;

e, in dottrina, Luccioli, Il ricorso per cassazione nel procedimento per la liquidazione dei compensi ai periti, in Cass. pen., 1986, 1132; contra, Cass. 22 maggio 1985, Di Lonardo, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n.

26, e, per esteso, in Cass. pen., 1986, 1130). [E. D'Angelo]

Il Foro Italiano — 1988.

rendo tale definitività alla sola ordinanza — omessa in contrad

dittorio — nel contesto della speciale procedura ex art. 29 1.

794/42, che non può restare preclusa alla parte per effetto del

precedente decreto (tra l'altro, trattasi di inoppugnabilità che non

esclude il ricorso ex art. Ill Cost., come hanno giustamente rite

nuto le sezioni civili di questa corte in numerose decisioni). L'ovvia soluzione resta, invece, individuata nel senso che, in

caso di organo collegiale che abbia proceduto a nomina, al mede

simo organo compete il potere di «prima» liquidazione con de

creto adottato de plano, in applicazione — anche per ciò che

concerne la competenza funzionale — del disposto del 1 ° comma

dell'articolo in esame, senza che la natura collegiale del provvedi mento possa essere di ostacolo alla proposizione del «ricorso».

La cognizione del rimedio concesso agli interessati resta, in tal

caso, attribuita al medesimo organo collegiale che — quale giudi ce di tale speciale «riesame» — dovrà tuttavia provvedere, in tale

diversa veste (e nel rispetto della procedura in contraddittorio,

essenziale a tale fase di riesame), con l'ordinanza non impugnabi le prevista dall'art. 29 1. 794/42.

4. — Dichiarata la competenza del Tribunale di Trapani, gli atti vanno trasmessi allo stesso giudice per il corso ulteriore.

I

TRIBUNALE DI CUNEO; sentenza 6 maggio 1988; Pres. ed est.

Franco; imp. Re e altri.

TRIBUNALE DI CUNEO;

Incolumità pubblica (reati e sanzioni amministrative contro la) — Uso di prodotti anabolizzanti — Adulterazione di carni bo

vine — Reato — Sussistenza (Cod. pen., art. 440). Incolumità pubblica (reati e sanzioni amministrative contro la)

— Adulterazione di sostanze alimentari — Pericolo per la salu

te pubblica — Ricorrenza — Estremi (Cod. pen., art. 440).

L'uso di sostanze anabolizzanti da parte di un allevatore costitui

sce adulterazione e corrompimento delle carni bovine a norma

dell'art. 440 c.ptale attività, infatti, realizza un pericolo ef

fettivo e concreto per la salute pubblica soprattutto allorché

dette sostanze sono utilizzate senza alcun criterio di carattere

tecnico-scientifico accettabile e cioè senza un dosaggio o fre

quenza prefissati da intenditori e quindi senza quelle cautele

di carattere sanitario che potrebbero rendere le sostanze in og

getto meno o per nulla pericolose. (1)

(1) I. - Le sentenze in rassegna, oltre a rappresentare un diverso punto di vista sul medesimo problema, intervengono in un settore, quello della

repressione penale dell'impiego fraudolento di sostanze anabolizzanti, nel

quale, per la verità, sono estremamente scarsi i precedenti giudiziari sia

di merito che di legittimità. A questo ultimo riguardo, è assai poco vero

simile ipotizzare che il modesto numero di pronunce penali in materia

di uso di estrogeni rifletta realmente lo «stato della legalità» nel nostro

paese: in realtà, l'utilizzazione di ormoni per favorire la crescita artificia

le dei bovini è ancora diffusa e non poche sono le difficoltà di ordine

tecnico e giuridico, soprattutto sul piano del riscontro probatorio, per

reprimere adeguatamente tale fenomeno. Basti pensare, a titolo di esem

pio, che non sono ancora sufficientemente affinate le metodiche analiti

che per la ricerca degli anabolizzanti in modo da renderle più efficaci

di quelle tradizionali che oggi appaiono largamente superate. Le decisioni meritano un'attenzione particolare anche alla luce di quanto

è accaduto in campo comunitario sul problema degli estrogeni. Ha infatti

destato preoccupazione nell'opinione pubblica la decisione della Corte

di giustizia del 23 febbraio 1988 che, in accoglimento del ricorso presen tato dal Regno Unito, con l'appoggio della Danimarca, ha annullato,

per vizio di forma, la direttiva Cee del 31 dicembre 1985 n. 85/649 (Gaz

zetta ufficiale Cee, n. 382/228 del 31 dicembre 1985). Questa direttiva

aveva completato il programma già avviato con la precedente direttiva

del 31 luglio 1981, n. 81/602 (Gazzetta ufficiale Cee, L 222 del 7 agosto

1981), concernente il divieto di impiego di talune sostanze ad azione or

monale. Tale direttiva, infatti, vietava l'uso delle sostanze stilbeniche e

tireostatiche; consentiva invece la somministrazione di talune sostanze a

scopo di ingrasso, quali il 17 beta estradiolo, il progesterone, il testoste

rone, il trembolone e lo zeranolo. La direttiva del dicembre 1985 ha inve

ce vietato categoricamente l'utilizzo nell'alimentazione degli animali destinati

all'ingrasso di qualsiasi sostanza ormonale; ha autorizzato la sommini

strazione del 17 beta estradiolo, del testosterone e del progesterone unica

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