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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione II penale; sentenza 6 novembre 1990; Pres. Cruciani,...

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sezione II penale; sentenza 6 novembre 1990; Pres. Cruciani, Est. Callovini, P.M. (concl. conf.); ric. Proc. gen. App. Bologna c. Bonifacio. Annulla App. Bologna, ord. 3 aprile 1990 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp. 1/2- 3/4 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186306 . Accessed: 25/06/2014 02:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.248.152 on Wed, 25 Jun 2014 02:25:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione II penale; sentenza 6 novembre 1990; Pres. Cruciani, Est. Callovini, P.M. (concl. conf.); ric. Proc. gen. App. Bologna c. Bonifacio.

sezione II penale; sentenza 6 novembre 1990; Pres. Cruciani, Est. Callovini, P.M. (concl. conf.);ric. Proc. gen. App. Bologna c. Bonifacio. Annulla App. Bologna, ord. 3 aprile 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp. 1/2-3/4Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186306 .

Accessed: 25/06/2014 02:25

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Anno CXVI Roma, 1991 Volume CXIV

IL FORO

ITALIANO

PARTE SECONDA

GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II penale; sentenza 6 no

vembre 1990; Pres. Cruciani, Est. Callovini, P.M. (conci,

conf.); ric. Proc. gen. App. Bologna c. Bonifacio. Annulla

App. Bologna, ord. 3 aprile 1990.

CORTE DI CASSAZIONE;

Misure cautelari personali — Condizioni di applicabilità — Sen

tenza di condanna — Aggravanti equivalenti o subvalenti —

Reato punito con pena non superiore a tre anni di reclusione

— Cessazione degli effetti della misura — Esclusione (Cod.

proc. pen., art. 278, 280).

L'art. 280 c.p.p. è applicabile solo in sede di adozione delle misure coercitive; conseguentemente, qualora, a seguito di sen

tenza di condanna, per effetto del riconoscimento di attenuanti

e del giudizio di equivalenza o prevalenza sulle aggravanti

contestate, l'imputato sia ritenuto responsabile di un delitto

in concreto punito con pena non superiore a tre anni di reclu

sione, non deve, necessariamente, essere disposta la cessazio

ne della misura. (1)

(1) Non constano precedenti. Il principio enunciato dalla Corte di cassazione circa l'ambito di ope

ratività dell'art. 280 c.p.p. se inteso alla lettera, nella sua assolutezza, al di là della fattispecie sulla quale è stata chiamata a pronunciarsi, suscita non poche perplessità. Non sembra, infatti, revocabile in dub

bio che nel caso in cui la minore gravità del fatto-reato consegua non

al riconoscimento di attenuanti che, in concreto, elidano la rilevanza,

quoad poenam, delle circostanze aggravanti, bensì ad una sua diversa

qualificazione giuridica per effetto della quale il reato risulti punito con una pena inferiore a quella prevista dall'art. 280, non sia consenti

to protrarre ulteriormente una limitazione della libertà personale che

mai avrebbe potuto verificarsi qualora il fatto fosse stato, fin dall'origi

ne, correttamente qualificato. In tal senso si era espressa la giurispru denza vigente il codice di rito del 1930: v. Cass. 17 marzo 1965, Sca

glione, Foro it., Rep. 1966, voce Libertà personale dell'imputato, n. 94.

Nella specie sarebbe stato possibile addivenire alla conclusione alla

quale è pervenuta la Cassazione limitando, assai più chiaramente di

quanto faccia la sentenza in epigrafe che sul punto può apparire equi

voca, la rilevanza del giudizio di comparazione fra circostanze di segno

opposto alla sola individuazione dei termini massimi di durata della

misura coercitiva (cfr. Cass. 25 gennaio 1990, Hernandez, id., 1990,

II, 306, con nota di richiami; per l'esclusione di tale rilevanza, v., tutta

via, Cass. 22 maggio 1990, Silvestri, citata da Guariniello, in II nuovo

codice di procedura penale: un anno di applicazione nella giurispru

II Foro Italiano — 1991 — Parte II-l.

— Premesso che avverso tale ordinanza ha interposto ricorso

per cassazione il p.g. di Bologna deducendo la violazione del

l'art. 606, lett. b, c.p.p. in riferimento agli art. 278 e 300, 4°

comma, c.p.p. per erronea applicazione delle norme che disci

plinano il criterio di calcolo dei termini di durata massima della

custodia cautelare dopo la sentenza di condanna; che il Bonifa

cio è stato arrestato il 30 novembre 1989 perché sorpreso nella

flagranza del delitto di furto aggravato ex art. 624, 625, n. 2,

c.p. e che in pari data, previo procedimento con rito direttissi

mo, è stato condannato dal Pretore di Parma alla pena di mesi

quattro e giorni quindici di reclusione e lire 100.000 di multa

perché ritenuto responsabile di furto tentato ed aggravato con

la concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti al

la contestata aggravante con tramutazione dell'arresto in custo

dia cautelare in carcere;

denza della Corte di cassazione, ibid., 555), attesa la stretta correlazio

ne esistente fra la durata della misura e l'entità della pena in concreto

irrogabile per il reato per il quale si procede (v., sul punto, Cass. 9

aprile 1985, Barbaro, id., 1985, II, 201; sez. un. 28 novembre 1981,

Gregorio, id., 1982, II, 121) e ritenendo, conseguentemente, ad ogni altro effetto, ivi compreso quello in esame, operante il disposto di cui

all'art. 278 c.p.p. del 1988. A ciò aggiungasi — ma l'argomento è di

dubbia decisività giacché, come molte argomentazioni giuridiche, è bi

valente — che l'art. 299, 1° comma, di detto codice non annovera fra

le condizioni di applicabilità delle misure cautelari personali, il cui veni

re meno ne impone la revoca, quella contemplata dall'art. 280.

In dottrina, nel senso che ai fini dell'individuazione dei termini di

durata delle misure cautelari occorre aver sempre riguardo, per deter

minare la pena, cui detti termini sono rapportati, all'art. 278, con con

seguente irrilevanza — una volta pervenuto il procedimento alla fase

del giudizio — del riconoscimento di circostanze attenuanti — fuori

di quella ivi prevista, nonché della diminuente della minore età (art.

19, 5° comma, d.p.r. 22 settembre 1988 n. 448) — e del giudizio di

bilanciamento con eventuali aggravanti, v. Amato, in Commentario del

nuovo codice di procedura penale, a cura di Amodio e Dominioni, Mi

lano, 1990, II, 2, 62. Sugli art. 278 e 280 c.p.p. del 1988, v., altresì,

Ascione-Debiase, La libertà personale nel nuovo codice di procedura

penale, Milano, 1990, 183, 184; Cordero, Codice di procedura penale

commentato, Torino, 1989, 317, 318; Grevi, Jl sistema delle misure

cautelari personali nel nuovo codice di procedura penale, in AA.VV.,

La libertà personale dell'imputato verso il nuovo processo penale, Pa

dova, 1989, 277, 278; Zappalà, in AA.VV., Manuale di diritto proces suale penale, Milano, 1990, I, 469, 474. [G. Ciani]

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PARTE SECONDA

— osservato che la Corte d'appello di Bologna correttamente

ha in via preliminare precisato che i termini di custodia cautela

re, anche dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedu ra penale, devono essere calcolati con riferimento al «reato rite

nuto in sentenza», tenuto conto del titolo del reato e del giudi zio di comparizione (cfr. Cass. 25 gennaio 1990, P.g. c.

Hernandez, Foro it., 1990, II, 305); che da tali giuste premesse,

purtuttavia, non sono state tratte pertinenti conclusioni affer

mando che, qualora il reato ritenuto in sentenza comporti una

pena editale non superiore ai tre anni, debbasi disporre in ogni caso la scarcerazione ai sensi dell'art. 280 c.p.p.; che il disposto di quest'ultimo articolo (condizioni di applicabilità delle misure coercitive) e dell'art. 381, 2° comma, lett. g), c.p.p. (arresto facoltativo in flagranza) concerne esclusivamente la privazione della libertà ed opera nel diverso ed anteriore momento in cui

si dispone la misura coercitiva o si effettua l'arresto; che nel

caso di specie non soccorrono, per la soluzione del problema, né l'art. 290 c.p.p. (revoca e sostituzione delle misure) in quan to diversi ne sono i presupposti né l'art. 300 c.p.p. (estinzione delle misure per effetti di determinate sentenze) che si limita

a prevedere, in caso di condanna, l'ipotesi in cui la durata della

custodia non sia inferiore alla pena inflitta; che, come anche

precisato dal p.g. presso questa Corte suprema nella sua requi sitoria scritta, la giustezza dell'assunto secondo cui non sussiste

alcun collegamento tra i termini massimi di custodia e condizio

ni che legittimano la limitazione della libertà — nel senso che

la durata della custodia non sopravviva ad una diversa, soprav venuta e minore qualificazione del fatto in tutte le sue compo nenti — è dimostrato dall'art. 306 in relazione all'art. 303 c.p.p. che stabilisce appunto i termini di durata massima di custodia

cautelare, precisando ancora che nel termine «non superiore nel

massimo a sei anni» ex art. 303, 1° comma, lett. a), n. 1, c.p.p. deve ricomprendersi qualsiasi termine minore e quindi anche

quello inferiore od eguale a tre anni che di per sé non consenti

rebbe la misura; — ritenuto, pertanto, che l'impugnata ordinanza va annulla

ta con rinvio alla Corte d'appello di Bologna per nuovo esame

sul punto tenendo conto delle osservazioni sopra esposte. Per questi motivi, visto l'art. 623 c.p.p., la Corte suprema

di cassazione annulla l'ordinanza impugnata dal p.g. nei con

fronti di Bonifacio Luigi e rinvia per nuovo esame alla Corte

d'appello di Bologna.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II penale; ordinanza 30 mag

gio 1990; Pres. Caputi, Rei. Sossi, P.M. Martuscelli (conci,

conf.); ric. Maccapan.

Misure cautelari personali — Ordinanza emessa a seguito del

dibattimento — Impugnazione — Appello (Cod. proc. pen., art. 310, 311).

È ammissibile l'appello ai sensi dell'art. 310 c.p.p. avverso l'or

dinanza in tema di libertà personale emessa a seguito del di

battimento e, conseguentemente, deve essere convertito in ap

pello il ricorso per cassazione proposto ex art. 311, 2° com

ma, c.p.p. (1)

(1-3) Le tre decisioni evidenziano il contrasto esistente in giurispru denza in ordine al regime di impugnabilità dei provvedimenti in materia di libertà personale emessi in una fase diversa da quella delle indagini preliminari.

Analogamente alla prima e alla terza massima, v. Trib. Roma 27 novembre 1989, Foro it., 1990, II, 455, con nota di De Chiara; e, in dottrina, Amato, in Commentario del nuovo codice di procedura penale diretto da Amodio e Dominioni, Milano, 1990, III, 192; Ascione De Biase, La libertà personale nel nuovo processo penale, Milano, 1990, 322; Cordero, Codice di procedura penale commentato, Torino, 1990, 354; Dubolino-Baglione-Bartolini, Codice di procedura penale, Pia

li. Foro Italiano — 1991.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 15 mar

zo 1990; Pres. Carnevale, Est. Serianni, P.M. (conci, conf.); ric. Palma. Annulla Trib. Milano 13 gennaio 1990.

Misure cautelari personali — Provvedimenti sulla libertà perso nale emessi nelle fasi successive alle indagini preliminari —

Impugnazione — Mezzo proponibile — Ricorso per cassazio

ne (Cod. proc. pen., art. 309, 310, 311, 566, 568, 586).

I provvedimenti in tema di libertà personale, emessi nella fase

predibattimentale o nel dibattimento ovvero contestualmente

alla sentenza di condanna (anche se pronunciata a conclusio

ne di un procedimento speciale) o successivamente, sono im

pugnabili soltanto mediante ricorso per cassazione. (2)

III

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II penale; sentenza 23 feb

braio 1990; Pres. Longo Dorni, Est. Nardi, P.M. (conci,

parz. diff.); ric. P.m. c. Piras. Annulla Trib. Vercelli 3 gen naio 1990.

Misure cautelari personali — Provvedimenti sulla libertà perso nale — Impugnazione — Riesame e appello (Cod. proc. pen., art. 309, 310).

I provvedimenti in tema di libertà personale sono sempre impu

gnabili (riesame e appello) davanti al tribunale della libertà

a norma degli art. 309 e 310 c.p.p., a prescindere dalla posi zione dei diversi giudici nell'ambito delle competenze di meri

to o del loro grado e del momento processuale in cui tali

provvedimenti sono stati adottati. (3)

I

Avverso il provvedimento di cui in epigrafe, Maccapan Ro

berto proponeva ricorso per cassazione. Va premesso che ritual

mente, in data 27 febbraio 1990, a norma dell'art. 279 c.p.p. il Maccapan presentava al Pretore di Latina istanza di revoca

o di modificazione della misura coercitiva disposta dallo stesso

pretore con ordinanza (contenuta in sentenza) del 17 febbraio

1990; l'impugnazione proposta dal Maccapan avverso l'ordinanza

di rigetto dell'istanza, pervenuta, quale «ricorso» a questa Su

prema corte di cassazione, deve essere convertita in «appello» a norma dell'art. 310 c.p.p.

Ed invero, con l'ordinanza in data 2 marzo 1990 il pretore non ha «disposto una misura coercitiva (art. 311 c.p.p. n. 2), bensì ha emesso un provvedimento «in materia di misure caute

lari personali» contro il quale per l'espresso disposto dell'art.

310 c.p.p. (che esclude i «casi preveduti dall'art. 309, 1° com

ma, c.p.p., e, pertanto, i provvedimenti che dispongono una

misura coercitiva) quale mezzo di impugnazione è previsto l'ap

pello al tribunale; — debbono, conseguentemente, essere accolte le richieste del

procuratore generale, con la conversione del ricorso in appello,

cenza, 1989, 569 s.; Saraceni, L'impugnazione dei provvedimenti sulla libertà personale emessi in dibattimento, in Cass, pen., 1989, II, 43; Scaglione, in Foro it., 1990, II, 249 s. Contra, Trib. Roma 15 dicem bre 1989, ibid., 455.

Per un ulteriore orientamento difforme dalle tre massime in epigrafe, v. Cass. 24 marzo 1990, Nika Gakuba, in questo fascicolo, II, 24, se condo cui i provvedimenti in tema di libertà personale contenuti in una sentenza di condanna sono impugnabili soltanto contestualmente a que st'ultima e con lo stesso mezzo di gravame per essa previsto.

Per l'esame della giurisprudenza della Cassazione sull'argomento, v.

Guariniello, Il nuovo codice di procedura penale: un anno di applica zione nella giurisprudenza della Corte di cassazione, in Foro it., 1990, II, 570 s.

A dirimere il presente contrasto sono già intervenute le sezioni unite, le quali, con sentenza 23 novembre 1990 - 2 gennaio 1991, Santucci

(che sarà riportata in un prossimo fascicolo), hanno affermato che av verso le ordinanze in materia di revoca, sostituzione e durata delle mi sure cautelari personali è sempre ammesso appello al tribunale della

libertà, anche se adottate nel corso del giudizio, dopo la chiusura delle

indagini preliminari ed il rinvio a giudizio.

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