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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; ordinanza 12 febbraio 1988; Pres....

Date post: 29-Jan-2017
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sezione III penale; ordinanza 12 febbraio 1988; Pres. Colasurdo, Rel. Cavallari, P. M. Pianura (concl. diff.); ric. Pederzoli e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 285/286-287/288 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179661 . Accessed: 28/06/2014 08:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.0.147.55 on Sat, 28 Jun 2014 08:30:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; ordinanza 12 febbraio 1988; Pres. Colasurdo, Rel. Cavallari, P. M. Pianura(concl. diff.); ric. Pederzoli e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.285/286-287/288Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179661 .

Accessed: 28/06/2014 08:30

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GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; ordinanza 12 feb

braio 1988; Pres. Colasurdo, Rei. Cavallari, P. M. Pianura

(conci, diff.); ric. Pederzoli e altri.

CORTE DI CASSAZIONE;

Tributi in genere — Reato tributario — Frode fiscale — Dissimu

lazione o simulazione di componenti del reddito — Carattere

rilevante dell'alterazione — Questione non manifestamente in

fondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 25; d.l. 10 luglio 1982

n. 429, norme per la repressione della evasione in materia di

imposte sui redditi e sul valore aggiunto e per agevolare la defi

nizione delle pendenze in materia tributaria, art. 4; 1. 7 agosto 1982 n. 516, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

10 luglio 1982 n. 429, art. 1).

Non è manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3 e 25

2° comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale del

l'art. 4, 1° comma, n. 7, d.l. 429/82, convertito in l. n. 516/82, nella parte in cui prevede come elemento costitutivo de! reato

l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichiarazio ne dei redditi. (1)

(1) Con la presente ordinanza la Corte suprema ha ritenuto non mani festamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 1° comma, n. 7, 1. 516/82, nella parte in cui rimette all'accertamento del carattere «rilevante» dell'alterazione del risultato della dichiarazione dei redditi la punibilità delle condotte di dissimulazione e di simulazione di componenti positive o negative del reddito.

1 termini di un possibile contrasto costituzionale vengono ravvisati nel la insufficiente determinatezza della disposizione, in ordine ai criteri da utilizzare per l'accertamento del carattere rilevante dell'alterazione. L'as sunzione di un parametro percentualistico, l'unico che si ritiene essere desumibile dalla lettera della disposizione, condurrebbe ad una palese vio lazione del principio di eguaglianza, presupponendo l'assoggettamento al la sanzione penale di «evasioni percentualmente elevate di contribuenti dotati di redditi limitati e non, invece, di sottrazioni percentualmente con

tenute, ma ingenti per la loro entità, commesse da titolari di redditi co

spicui». L'assenza di più specifiche indicazioni normative delinea inoltre un vizio della disposizione anche sotto il profilo della tassatività della

legge penale, cosi come sancito dall'art. 25, 2° comma, Cost., dal mo

mento che non si «consente al giudice di accertare in maniera oggettiva e certa l'individuazione dei criteri per stabilire quando il risultato della dichiarazione deve considerarsi alterato in misura rilevante».

In precedenza la questione era stata ritenuta manifestamente infondata da App. Torino 10 luglio 1986, Foro it., Rep. 1986, voce Tributi in gene re, n. 1117; Trib. Milano 17 ottobre 1985, ibid., n. 1121. Analogamente Trib. Torino 13 luglio 1985, id., 1986, II, 101, ha respinto la questione, ritenendo che il generico riferimento al carrattere «rilevante» dell'altera zione non violi il principio di tassatività «se valutato sulla base di tre

criteri: a) proporzione; b) valore assoluto dell'alterazione; c) entità del

l'imposta evasa o evitabile». È questa comunque, secondo quanto consta, la seconda volta che la

Corte suprema si è trovata di fronte all'interpretazione della norma di

cui all'art. 4, 1° comma, n. 7, 1. 516/82. Nella precedente occasione la

corte aveva affrontato la controversa questione in ordine alla rilevanza

o meno ai fini dell'integrazione del delitto di cui alla citata disposizione, di una condotta meramente omissiva, priva di alcuna connotazione og gettivamente fraudolenta: Cass. 11 marzo 1987, Lapiccirella, id., 1987, II, 569, con nota di commento e di ulteriori richiami di Boschi, In tema

di frode fiscale, e di Insolera e Zanotti, La prima sentenza della Cassa

zione in tema di frode fiscale: deluse le aspettative di un chiarimento. A commento di questa pronuncia, v. anche Assumma, La dissimulazione di componenti positivi del reddito nell'opinione della Cassazione. Consi

derazioni critiche, in Fisco, 1987, 5242; Flora, E la Cassazione creò una

nuova figura di reato tributario: l'infedele dichiarazione di redditi sogget ti ad annotazione contabile, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 1050.

L'applicazione della norma pare tuttavia conservare soluzioni contrastan

ti con l'interpretazione adottata dalla Corte suprema: di recente v. App. Firenze 9 novembre 1987, Fisco, 1988, 949.

Per quanto attiene al profilo principalmente considerato nella presente

ordinanza, in tale prima pronuncia la corte aveva ritenuto che l'accerta

mento del carattere rilevante dell'alterazione dovesse essere basato su di

una valutazione «in se stessa» della consistenza dell'alterazione e, secon

dariamente, con riferimento all'incidenza percentuale sull'entità comples siva del reddito. Su questi aspetti, e con particolare riferimento ai criteri

di accertamento della «rilevanza» dell'alterazione e al profilo di legittimi tà costituzionale, v., più diffusamente, Insolera - Zanotti, Il reato di

infedele dichiarazione dei redditi, Milano, 1987, 58 ss., 85 ss.

La questione di legittimità costituzionale del citato art. 4, n. 7, è stata

inoltre sollevata, più di recente, anche da App. Milano 15 marzo 1988

(pres. Franchina, est. Cerqua, imp. Pasquali e altri), inedita. Nella moti

vazione si afferma, in particolare, che «l'individuazione da parte del giu

II Foro Italiano — 1988 — Parte II-9.

Fatto e diritto. — Tutti i ricorrenti sono stati tratti a giudizio

quali imputati, fra l'altro, di delitti di frode fiscale (art. 4, n.

5, 1. 7 agosto 1982 n. 516, utilizzazione di fatture per operazioni

inesistenti), in particolare, i Pederzoli, la Busato, il Morizio, la

Mignon, il Miglietta, il Fugolo, il Mantovani, il Piccinelli e il

Rossetti sono stati ritenuti responsabili anche del reato di cui al

l'art. 4 n. 7, 1. 516/82, perché, quali titolari di reddito di impresa al fine di evadere le imposte sui redditi e di conseguire un indebi

to rimborso di Iva, redigevano le scritture contabili obbligatorie, la dichiarazione dei redditi, ovvero il bilancio ad essa allegato, simulando componenti negativi, in maniera da alterare in misura

rilevante il risultato della dichiarazione.

In entrambi i gradi i giudici di merito hanno respinto l'eccezio

ne di incostituzionalità del suddetto art. 4, n. 7, 1. 516/82, solle

vata dai difensori in riferimento agli art. 25, 2° e 3° comma, Cost, nella parte in cui prevede, come elemento costitutivo del

reato, l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichia

razione.

Secondo il tribunale il generico riferimento al carattere rilevan

te dell'alterazione si doveva valutare con riferimento all'entità per centuale congiuntamente al valore dell'alterazione in assoluto e

il rapporto fra la somma non dichiarata e l'imposta evasa, e,

quindi, all'entità del danno causato all'erario.

In una prospettiva non diversa la corte torinese ha escluso l'e

sistenza dei pretesi vizi di costituzionalità sia perché «gli elementi

descritti dalla fattispecie sono già predeterminati con riferimento

alle modalità della condotta e dell'evento», sia perché nella legi slazione penale esistono altri esempi nei quali «una parte della

condotta o dell'evento non è fissata con riferimento a parametri

specifici, di cui sia ben determinato il contenuto».

La questione, secondo il giudice d'appello, sarebbe quindi ma

nifestamente infondata, e anche irrilevante in concreto, data l'en

tità delle alterazioni.

In sede di legittimità i difensori dei ricorrenti Pederzoli, Busa

to, Morizio, Mignon, Mantovani e Piccinelli hanno riproposto il problema, assumendo da un lato che il criterio percentualistico — l'unico desumibile dalla lettera della norma — porterebbe ine

vitabilmente alla violazione del principio di uguaglianza, punen do evasioni percentualmente elevate di contribuenti dotati di red

diti limitati e non, invece, sottrazioni percentualmente contenute,

ma ingenti per la loro entità, commesse da titolari di redditi co

spicui; dall'altro, che i criteri suppletivi ai quali hanno fatto ri

corso i giudici d'appello evitano tale rischio, ma non trovano

addentellato nel testo della norma e dimostrerebbero il contrasto

dice del risultato rilevante della dichiarazione, in assenza di parametri di riferimento, legislativamente predeterminati, compromette il carattere

di determinatezza della fattispecie, in quanto la rilevanza penale del fat

to, come è stato osservato, viene ad essere condizionata all'opinione che

il giudice avrà in concreto circa la misura rilevante o meno dell'alterazio

ne: in tal modo egli è chiamato a decidere sulla sussistenza penale del

fatto a livello di previsione normativa, ed a compiere non già un'opera di interpretazione in sede di applicazione della norma, ma una vera e

propria integrazione di quest'ultima, svolgendo cosi un'attività creativa

nell'individuazione dei contenuti della fattispecie legale, sulla base di ele

menti non ricavabili dalla stessa disposizione di legge, e neppure in via

sistematica, in quanto, non essendo prevista alcuna soglia di punibilità, la soluzione non sembra possa essere trovata nei valori assoluti indicati

nell'art. 1 1. 516/82. Non è irrilevante aggiungere che, trattandosi di un reato doloso, l'ele

mento soggettivo deve investire tutti gli elementi essenziali e indispensabi li per l'integrazione della fattispecie, mentre la mancata determinazione

legislativa dell'alterazione rilevante esclude che la coscienza e volontà possa estendersi anche a tale elemento costitutivo del reato di frode fiscale.

Non si può, inoltre, escludere che l'indeterminatezza della norma si

possa tradurre in una ineluttabile disparità della sua applicazione, e quin di in concreta diseguaglianza (art. 3 Cost.) imputabile alla norma stessa».

Con questa stessa ordinanza la Corte d'appello di Milano ha per altro

ritenuto manifestamente infondata un'ulteriore eccezione di legittimità co

stituzionale dell'art. 4, 1° comma, n. 7, 1. 516/82, in riferimento all'art.

3 Cost., nella parte in cui delimita l'ambito di applicazione della norma

ai soli titolari di redditi di lavoro autonomo. Analoga valutazione di ma

nifesta infondatezza è stata avanzata rispetto ad un'eccezione di costitu

zionalità dell'art. 6 1. 516/82, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., pro

spettata sull'assunto che tale norma equiparerebbe irragionevolmente, in

tema di pene accessorie, la posizione di chi ha commesso fatti oggettiva mente gravi a quella di chi ha commesso fatti di lieve entità.

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PARTE SECONDA

di questa con l'art. 25, 2° comma, Cost, «trattandosi di disposi zione che non consente al giudice di accertare in maniera oggetti va e certa l'individuazione dei criteri per stabilire quando il risul

tato della dichiarazione deve considerarsi alterato in misura rile

vante».

I dubbi di costituzionalità cosi avanzati appaiono meritevoli

di considerazione sia sul punto della consistenza che su quello della rilevanza.

Quest'ultima non può essere fatta derivare dall'imponenza del

l'alterazione, come ha ritenuto la corte torinese, dato che l'accer

tamento della rilevanza della questione è pregiudiziale all'esame

della sua fondatezza, ed è ovvio, d'altro canto, che l'eventuale

dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma, farebbe

venire meno l'ipotizzabilità stessa del reato, per difetto di uno

dei suoi elementi costitutivi.

Circa la non manifesta infondatezza della questione, sembra

che il legislatore abbia inteso affidare alla sensibilità dell'inter

prete la determinazione dell'evento del reato, a differenza di quanto ha fatto per le ipotesi contravvenzionali previste dall'art. 1 della

stessa 1. 516/82, relativamente alle quali ha fissato, invece, preci si limiti (quantitativi e/o percentuali) di punibilità.

La norma in esame trova la sua radice nel dettato dell'art. 53

Cost., che impone a tutti di contribuire alla spesa pubblica in

ragione della singola capacità contributiva, come rivolta a repri mere gli abusi che vengano a sottrarre fraudolentemente all'im

posizione fiscale una parte dell'imponibile. Nel quadro delle scelte politiche, tuttavia, non si è inteso san

zionare indiscriminatamente ogni alterazione del risultato della

dichiarazione dei redditi, limitando la punibilità alle fattispecie nelle quali si riscontra uno scarto notevole fra il reddito dichiara

to e quello effettivamente imponibile, senza indicare, tuttavia,

quale debba essere il parametro di riferimento.

II criterio adottato, sostanzialmente percentualistico, potrebbe essere appagante sul piano del rapporto fra contribuente e fisco

isolatamente considerato, ma non sembra che lo sia altrettanto

su quello generale, potendo dare luogo alla discrasia della punibi lità di evasioni percentualmente cospicue, tuttavia limitate in ter

mini di valore per la limitata capacità contributiva di un soggetto e non, invece, di evasioni percentualmente contenute ma oggetti vamente ingenti, e viceversa.

In difetto di una predeterminazione legislativa dei parametri numerici o anche concettuali che ponga un sicuro riferimento per la determinazione della rilevanza dell'alterazione che fa scattare

il meccanismo sanzionatorio, l'individuazione del discrimen fra

l'alterazione ammissibile e quella che non può considerarsi tale, resta affidata all'apprezzamento soggettivo dell'interprete, ciò che

sembra sottrarre alla norma il carattere di tassatività che si corre

la con l'esigenza di certezza del diritto.

La giurisprudenza di merito rispecchia questa incertezza, rite

nendo rilevanti alterazioni dell'ordine del 30 o anche del 20%, e non invece altre superiori al 70% (Tribunale Torino 15 gennaio

1987); altri giudici hanno fatto ricorso ai correttivi del valore as

soluto dell'evasione e dell'entità del danno cagionato all'erario, criteri suggeriti anche dalla dottrina, insieme agli altri dell'allar

me sociale derivante dall'entità della sottrazione e del riferimento

al particolare settore operativo del contribuente infedele.

Si tratta sempre, tuttavia, di riferimenti che, oltre a non trova

re riscontro nel dettato della norma, si richiamano a concetti di

incerta definizione, come tali inidonei a fornire un preciso punto di riferimento.

Non appare lecito, del resto, ancorare la rilevanza dell'altera

zione alla soglia di punibilità fissata in materia contravvenzionale

dall'art. 1 della legge in esame, non essendo ammissibile l'esten

sione analogica della norma al diverso piano del delitto che inte

ressa; senza contare, poi, che ritenendo la rilevanza anche quan do detta soglia risulti rispettata, si renderebbe punibile come de

litto quello che è irrilevante sul piano della contravvenzione.

L'assimilazione dell'ipotesi criminosa in esame a quella di fat

tispecie e circostanze cosiddette «a forma libera», infine, non ap

pare convincente per la peculiarietà stessa della materia tributa

ria, nella quale la condotta del soggetto incide non solo sull'inte

resse generale alla punizione dei comportamenti assunti dal legis latore come illegittimi, ma anche sugli interessi specifici del fisco, ai quali fa riferimento implicito l'art. 53 Cost.

Il Foro Italiano — 1988.

In questa prospettiva, il richiamo a concetti di comune espe

rienza, o a valori morali e sociali oggettivamente apprezzabili dal

l'interprete, che è stato ritenuto coerente con il principio di tassa

tività sancito dall'art. 25, 2° comma Cost. (Corte cost. 8 luglio 1975, n. 188, Foro it., 1975, I, 2418; 14 aprile 1980, n. 49, id.,

1980, I, 1254; ord. 14 marzo 1984, n. 72, id., 1985, I, 942), non

sembra ammissibile per la difficoltà concettuale di ricondurre la

rilevanza dell'alterazione in argomento fra i dati che costituisco

no patrimonio della generalità, per essere di comune esperienza. Nelle previsioni suddette, inoltre, non mancano riferimenti a

parametri oggettivi noti, come in materia di stupefacenti, dove

per il concetto di modica quantità si è potuto fare riferimento

alla dose sufficiente a un normale tossicodipendente per brevissi

mo periodo (due o tre giorni) o in materia di reati urbanistici

amnistiabili, relativamente ai quali — per stabilire in concreto

la limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati — si sono

utilizzati criteri integrativi desunti dalla disciplina dell'edilizia

economico-popolare. È pacifico, poi, che la rilevanza del danno

considerata dall'art. 61, n. 7, c.p., e cosi la speciale tenuità dello

stesso (art. 62, n. 4, stesso codice) possono essere riferiti anche

alle condizioni economiche del soggetto, e che il «caso più grave» nell'emissione indebita di assegni può essere valutato consideran

do non solo l'importo del titolo, ma anche la personalità e i pre cedenti dell'imputato.

Si tratta sempre di ipotesi che il legislatore non avrebbe potuto delineare con maggiore precisione se non ricorrendo a una casi

stica esasperata, sicuramente incompleta, che legittima la formu

lazione di una norma all'apparenza generica, mentre l'elemento

quantitativistico indeterminato, al quale ha fatto riferimento nel

la norma in discussione, non sembra che possa essere utilizzato

con il richiamo a nozioni comuni, accertabili oggettivamente dal

l'interprete.

L'ampia discrezionalità affidata al giudice in ordine alla deter

minazione dell'evento stesso del reato che qui interessa, in difetto

di riferimenti legislativi specifici, appare inidoneo ad assicurare

alla norma la funzione essenziale di predeterminare astrattamente

le situazioni rilevanti sul piano del diritto, dando luogo a una

molteplicità di soluzioni che non si concilia con il principio della

tassatività della legge affermato dall'art. 25, 2° comma, Cost,

e nemmeno, per quanto si è detto con quello di.uguaglianza san

cito dall'art. 3 della stessa Cost.

Le eccezioni sollevate dalla difesa dunque si rivelano non ma

nifestamente infondata, sicché della questione deve essere investi

ta la Corte costituzionale.

Per questi motivi, la corte, visto l'art. 23 1. 11 marzo 1953

n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 1° comma, n. 7, 1. 7 agosto 1982 n. 516 in riferimento agli art. 3 e 25, 2° comma

Cost, nella quale in cui prevede come elemento costitutivo del

reato l'alterazione in misura rilevante del risultato della dichiara

zione.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 10 ot

tobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Buogo, P.M. (conci, conf.); ric. Leonardi. Annulla Trib. Milano, ord. 1° dicembre 1986.

Pena — Custodia cautelare — Detraibilità (Cod. proc. pen., art.

271).

In base al novellato art. 271 c.p.p. la detraibilità della custodia

cautelare della pena inflitta per altro reato è subordinata alla

sola condizione che quest'ultimo non sia stato commesso dopo la cessazione della custodia, mentre non è più richiesto l'accer

tamento dell'inutilità della custodia. (1) '

(1) Detraibilità della custodia cautelare: l'ultimo insegnamento delle se zioni unite.

1. - Con la sentenza in epigrafe le sezioni unite sono state chiamate a risolvere, ancora una volta, i contrasti manifestatisi sull'interpre

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