+ All Categories
Home > Documents > PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; sentenza 15 aprile 1987; Pres. Accinni,...

PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; sentenza 15 aprile 1987; Pres. Accinni,...

Date post: 28-Jan-2017
Category:
Upload: doantruc
View: 216 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
4
sezione III penale; sentenza 15 aprile 1987; Pres. Accinni, Est. Giov. Cavallari, P.M. Cecere (concl. conf.); ric. Montalto ed altri. Conferma App. Palermo 20 ottobre 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 117/118-121/122 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182703 . Accessed: 25/06/2014 01:20 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:20:18 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sezione III penale; sentenza 15 aprile 1987; Pres. Accinni, Est. Giov. Cavallari, P.M. Cecere(concl. conf.); ric. Montalto ed altri. Conferma App. Palermo 20 ottobre 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.117/118-121/122Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182703 .

Accessed: 25/06/2014 01:20

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:20:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA PENALE

a nulla rileva la circostanza che essa fosse stata, come è ovvio, deliberata prima della data predetta, né che essa fosse in istruzio

ne in data anteriore.

L'accoglimento del precedente motivo di ricorso rende irrile

vante l'esame delle altre ulteriori censure attinenti al momento

sanzionatorio, che dovrà essere determinato nella nuova sede di

giudizio.

II

Svolgimento del processo. — Con sentenza del Tribunale di

Rieti del 9 gennaio 1987, in parziale conferma di decisione del

pretore di quella città del 16 marzo 1985 (Foro it., 1986, II, 110), Marchionni Mario è stato condannato alla pena di lire 1.500.000

di ammenda per il reato di cui all'art. 32, 2° e 3° comma, e

31, 3° comma, d.p.r. 10 settembre 1982, n. 915 (attuazione delle

direttive (Cee) n. 75/442 relativa ai rifiuti, n. 76/403 relativa allo

smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e n. 78/314

relativa ai rifiuti tossici o nocivi), perché, quale sindaco del co

mune di Cortigliano, nell'attività di smaltimento dei rifiuti urba

ni soggetta ad autorizzazione regionale non aveva adottato tutte

le misure necessarie ad evitare un deterioramento, anche tempo

raneo, della situazione igienico sanitaria e ambientale preesistente al dicembre 1982.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione

sia l'imputato che il procuratore della repubblica di Rieti chie

dendone l'annullamento senza rinvio per insussistenza del fatto, mancando il suo presupposto, cioè la soggezione ad autorizzazio

ne regionale dell'attività di smaltimento dei rifiuti direttamente

gestita dal comune.

Motivi della decisione. — I ricorsi sono fondati e devono esse

re accolti.

Conviene notare, innanzitutto, che il d.p.r. 10 settembre 1982

n. 915, all'art. 31, nelle disposizioni transitorie e finali, prevede

che chiunque effettua, alla data di entrata in vigore del decreto,

attività di smaltimento dei rifiuti per le quali è prevista apposita

autorizzazione, è tenuto a presentare, entro un dato termine, do

manda all'autorità competente; all'art. 32 poi detto decreto im

pone che, sino all'entrata in vigore della normativa regionale,

costoro adottino misure necessarie ad evitare un deterioramento,

anche temporaneo, della situazione igienico-sanitaria, ed ambien

tale preesistente, sotto la comminatoria delle sanzioni di cui al

3° comma dell'art. 31.

Pertanto, presupposto di questa ipotesi di reato è che l'attività

di smaltimento dei rifiuti in corso alla data di entrata in vigore

del decreto sia prevista apposita autorizzazione, sicché il quesito,

risolto positivamente dai giudici di merito, se il predetto sia rivol

to al sindaco, si risolve in altro quesito, se cioè il comune sia

soggetto ad autorizzazione regionale nell'attività di smaltimento

dei rifiuti urbani. In proposito è essenziale precisare la posizione del comune nel

lo specifico contesto normativo. Il comune concorre con la regio

ne, con funzioni consultive e informative, alla elaborazione dei

piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti, alla

individualizzazione delle zone idonee per gli impianti di tratta

mento e stoccaggio dei rifiuti, ai rilevamenti statistici (art. 6, lett.

a, b, e, 8, ultimo comma); il sindaco poi è titolare, in alternativa

al presidente della giunta regionale, del potere di ordinanza (di

cui all'art. 12) per l'adozione di speciali forme di smaltimento

dei rifiuti, nonché dell'ulteriore potere esclusivo (ex art. 9) per

10 sgombero delle aree pubbliche; inoltre, il comune è titolare

di potere regolamentare per la disciplina dei servizi dei rifiuti ur

bani (art. 8, 2° comma), il cui smaltimento gli compete obbliga

toriamente con diritto di privativa (art. 3).

Fondamentale è poi, con specifico riferimento al quesito pro

posto, l'art. 8, 1° comma, che dispone che «i comuni esplicano

le attività di smaltimento dei rifiuti urbani direttamente o me

diante aziende municipalizzate ovvero mediante concessioni a en

ti o imprese specializzate, autorizzate ai sensi dell'art. 6, lett. d) ».

Orbene, già dall'enunciazione di tali disposizioni non pare am

missibile che sia destinatario dell'autorizzazione regionale anche

11 comune, quando esso è chiamato per legge ad esercitare obbli

gatoriamente le attività di smaltimento dei rifiuti, a collaborare

alla formazione del procedimento di competenza regionale e ad

esercitare infine autonomi poteri di ordinanza e regolamentari in

materia e di concessione del servizio a enti o imprese specializzate.

Il Foro Italiano — 1989.

Ciò trova, del resto, puntuale conferma nella esegesi della fon

damentale disposizione dell'art. 8, 1° comma, citata, laddove l'at

tività di smaltimento dei rifiuti urbani esplicata dai comuni, direttamente o mediante aziende municipalizzate, viene tenuta di

stinta dalle concessioni ad enti o imprese specializzate, cui si ri

chiede espressamente l'autorizzazione regionale di cui all'art. 6, lett. d): e solo a tali enti o imprese si riferisce infatti l'art. 25

per indicare nei concessionari del servizio che effettuino lo smal

timento senza autorizzazione i destinatari della norma incrimina

trice, con ciò rendendone evidente la distinzione di posizione

rispetto all'ente comunale, che quindi deve ritenersi non soggetto ad autorizzazione regionale per l'attività di smaltimento dei rifiu

ti urbani, effettuata direttamente o mediante aziende municipa lizzate.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza

rinvio perché il fatto non sussiste.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 15 apri le 1987; Pres. Accinni, Est. Giov. Cavallari, P.M. Cecere

(conci, conf.); ric. Montalto ed altri. Conferma App. Palermo

20 ottobre 1986.

Idrocarburi — Oli minerali — Trasporto — Certificato di prove nienza — Mancanza — Quantitativo superiore a venti quintali — Autonoma figura di reato (D.l. 5 maggio 1957 n. 271, di

sposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel

settore degli olì minerali, art. 15; 1. 2 luglio 1957 n. 474, con

versione in legge, con modificazioni, del d.l. 5 maggio 1957

n. 271).

La fattispecie criminosa prevista dal 2° comma dell'art. 15 d.l.

271/57 —- che punisce con la reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa, il comportamento di chi trasporti oli minerali

senza certificato di provenienza o con certificato scaduto, falso od alterato qualora la quantità superi i venti quintali — costi

tuisce figura autonoma di reato e non già aggravante del reato

previsto dal 10 comma della norma nel caso in cui non venga

superato l'indicato limite quantitativo. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 21 gen naio 1987; Pres. Gambino, Est. Battimelli, P.M. Ciampani

(conci, conf.); ric. Musselli ed altri. Annulla App. Milano 2

maggio 1985.

Idrocarburi — Oli minerali — Imposta di fabbricazione — Sot

trazione — Quantitativo superiore a venti quintali — Circo

stanza aggravante (R.d.l. 28 febbraio 1939 n. 334, istituzione

di un'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e sui prodotti della loro lavorazione in sostituzione della preesistente tassa

di vendita, art. 23).

La fattispecie criminosa prevista dal 2° comma dell'art. 23 r.d.l.

334/39 — che punisce con la reclusione da uno a cinque anni,

oltre la multa, il comportamento di chi sottragga con qualun

que mezzo prodotti petroliferi all'accertamento o al pagamento

dell'imposta di fabbricazione qualora la quantità superi i venti

quintali — costituisce aggravante rispetto al reato base previsto

dal 1 ° comma della norma nel caso in cui non venga superato

l'indicato limite quantitativo. (2)

(1-2) Il problema — su cui perdura il contrasto, oltre che all'interno

della procura generale, anche nella giurisprudenza della III sezione penale della Corte di cassazione — riguarda l'interpretazione degli art. 23 r.d.l.

28 febbraio 1939 n. 334, convertito nella 1. 2 giugno 1939 n. 739, 12

e 15 d.l. 5 maggio 1957 n. 271, convertito nella 1. 2 luglio 1957 n. 474,

che, in relazione alle diverse ipotesi previste (sottrazione di prodotti pe troliferi all'accertamento o al pagamento dell'imposta di fabbricazione; sottrazione al pagamento dell'imposta mediante fraudolenta colorazione

o denaturazione del prodotto; trasporto senza certificato di provenienza o con certificato scaduto, falso o alterato) sanzionano penalmente con

This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:20:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE SECONDA

I

(Omissis). Neppure vale sostenere che i giudici avrebbero erra

to nel ravvisare, in ordine al contrabbando, l'ipotesi aggravata di cui al 2° comma dell'art. 15 d.l. 271/57 (n. 4 dei motivi ag

giunti). A parte il fatto che la questione non è stata oggetto di

specifico motivo d'appello, va osservato che, secondo quanto è

dato ricavare dagli atti, tutti i singoli trasporti irregolari di gaso lio hanno riguardato quantitativi di prodotto, superiori a venti

quintali (litri 6.000 litri 5.000 litri 4.000, per volta) per cui, cor rettamente, sono state irrogate le pene previste per l'ipotesi ag

gravata del reato, che è stata considerata come una figura autonoma di reato e non già come una circostanza aggravante del reato di cui al 1° comma dello stesso art. 15, giusta anche

l'insegnamento di questa corte (sez. Ili 10 dicembre 1982, Ardit,

Foro it., Rep. 1984, voce Idrocarburi, n. 113; 11 marzo 1983

Battista, ibid., n. 93; 4 marzo 1985, Squillante, id., Rep. 1986, voce cit., n. 57).

Al riguardo va precisato che, anche in altre materie, ad es.

per le violazioni valutarie (art. 1, 3° e 6° comma, d.l. 31/76 sost.

dalla 1. 23 dicembre 1976 n. 863), per il contrabbando di tabacco

estero (art. 1 1. 3 gennaio 1951 n. 27), per il contrabbando di

caffè (art. 15 1. 26 maggio 1966 n. 344), la Corte suprema, ai

fini della distinzione tra circostanze ed elementi specializzanti di

una figura autonoma di reato, ha ritenuto valido il criterio che

si ispira all'oggetto giuridico del reato ed al bene protetto, per

cui, dovendo provvedere alla tutela di interessi particolari (ad es.:

monopolio dei mezzi di pagamento all'estero; interesse tributa

rio), «l'oggetto dell'offesa al bene giuridico è stato derterminato

in modo si specifico da integrare, non già un elemento semplice mente accidentale, proprio di una circostanza, bensì', l'elemento

specializzante di un'ipotesi tipica di reato, punibile con una pena, anche questa, specificatamente determinata» (Cass., sez. un., 19

giugno 1982, Greco, id., 1983, II, 277). (Omissis)

II

(Omissis). Più lungo discorso merita la contestazione, ed i mo

tivi relativi, di contrabbando di oli minerali. A tacere dai motivi

personali con i quali si contesta, da parte di taluno degli imputa

ti, la loro partecipazione al contrabbando (ed in proposito va

rilevato che la sentenza impugnata si è data carico di esaminare

separatamente la posizione di ciascun imputato, anche se è incor

sa in errore sulle posizioni degli imputati. Nicolini, Cremaschi

e Pollerani, stante il contrasto fra motivazione e dispositivo: ma

quel che ha giuridica rilevanza è, ovviamente, il dispositivo, che

porta condanna per il reato di contrabbando) per cui in nes

una più grave pena detentiva (da uno a cinque anni di reclusione invece che da sei mesi a tre anni) l'elusione della normativa ricordata qualora il quantitivo di prodotto sia superiore a venti quintali.

La tesi secondo cui l'ipotesi più gravemente sanzionata costituirebbe autonoma ipotesi di reato è sostenuta, oltre che da Cass. 4 marzo 1985, Squillante, Foro it., Rep. 1986, voce Idrocarburi, n. 57 (secondo la lettu ra che ne dà la sentenza Montalto in epigrafe; la massima ufficiale non fa alcun cenno a questo problema), da Cass. 11 marzo 1983, Battista, id., Rep. 1984, voce cit., n. 93, e 10 dicembre 1982, Ardit, ibid., nn.

113, 114.

L'opinione accolta dalla sentenza Musselli in epigrafe (mera aggravan te, con le ovvie conseguenze in tema di comparazione delle circostanze) è invece condivisa da sez. Ili 7 aprile 1986, Pellicci, id., Rep. 1987, voce

cit., n. 59.

Quest'ultima tesi è seguita, in dottrina, da G. Rosso, Orientamenti giu risprudenziali interpretativi per i reati previsti dalla l. 1957, n. 474, sulla

prevenzione e repressione delle frodi nel settore degli olii minerali, in Riv. dir. fin., 1968, I, 237; R. Piccinino, Olii minerali e derivati petroli feri (dir. pen.), voce del Novissimo digesto, appendice, Torino, 1984, V, 387.

Per ampi riferimenti si veda l'accurata rassegna di giurisprudenza di F. Graziano, L'imposta di fabbricazione sugli olii minerali, in Dir. e

pratica trib., 1985, II, 1148, nonché A. Merone, Controlli amministrati vi e sanzioni penali in materia di prodotti petroliferi: profili generali, in Iva e trib. erariali, 1983, 3, e in Rass. dir. tecnica dog., 1982, 1159.

Infine, sul problema più generale dell'individuazione dei criteri idonei ad operare la distinzione tra circostanze aggravanti ed autonome figure di reato, v. Cass., sez. un., 19 giugno 1982, Greco, Foro it., 1983, II, 277, con ampia nota di richiami ed osservazioni di C. Peluso.

Il Foro Italiano — 1989.

sun caso si potrebbe giungere ad un annullamento per assoluzio

ne con formula piena, si deve esaminare se il reato previsto dal

l'art. 23, 2° comma, r.d.l. 28 febbraio 1939 n. 334 e successive

modificazioni, «se la quantità dei prodotti petroliferi di cui al precedente comma è superiore a venti quintali, la pena è della

reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa», costituisce un

reato autonomo, o un'ipotesi aggravata del reato previsto dal 1°

comma dell'art. 23, che prevede una pena da sei mesi a tre anni;

in quest'ultimo caso, poiché tutti gli imputati hanno ottenuto le

attenuanti generiche, equivalenti o prevalenti, il reato di contrab

bando, punito con pena inferiore ai cinque anni, sarebbe pre

scritto, alla data del luglio 1986.

Va premesso che la sentenza impugnata ha — anche non espli citamente pronunciandosi sul punto — considerato il reato conte

stato come sola ipotesi aggravata rispetto al reato del 1° comma

dell'art. 23; più volte infatti in essa si parla di «aggravante» o

di aumento della pena per effetto dell'aggravante dell'art. 23, 2° comma, ed ha poi dichiarato prescritto il reato per gli imputa ti Bertoglio e Parsetti in riferimento a particolari imputazioni,

per effetto delle concesse attenuanti generiche equivalenti — il

che è in evidente contrasto con l'ipotesi di reato autonomo, giac ché il giudizio di equivalenza non avrebbe in tal caso spostato il massimo edittale di cinque anni.

E poiché non vi è stato ricorso del procuratore generale sul

punto, potrebbe già concludersi che allo stato il reato in questio ne va considerato come reato aggravato, e non autonomo, senon

ché sembra il caso di approfondire l'esame, per giungere, va subito

detto, alla conclusione conforme a quella desumibile dalla sen

tenza impugnata. È vero che alcune decisioni di questa sezione hanno ritenuto,

peraltro senza dilungarsi sulla questione, e limitandosi ad avvalo

rare la tesi dei giudici di merito, che l'art. 23, 2° comma, prevede

un'ipotesi delittuosa autonoma rispetto a quella prevista dal 1°

comma (Cass. 10 dicembre 1982, Ardit, Foro it., Rep. 1984, voce

Idrocarburi, nn. 113, 114, con richiamo a precedenti decisioni); ma è anche vero che altre decisioni successive sono andate in

contrario avviso (v. Cass., sez. Ili, 19 giugno 1986, n. 5854 e

successive). È altresì noto che manca un criterio esplicitamente risolutivo della questione della configurabilità di reati autonomi

0 di reati aggravati; ma ciò importa per l'interprete un più ap

profondito esame, fondato sui precedenti storici, i casi analoghi,

l'oggetto della tutela penale, la specie della pena, la regola del

l'impugnazione oggettiva delle circostanze aggravanti, il tutto al

la luce del principio costituzionale di stretta legalità in materia

penale. Premesso come punto basilare dell'indagine che il giudice non può creare figure di reati autonomi, ma deve col massimo

rigore interpretare la volontà del legislatore, in virtù dell'ora ri

chiamato principio costituzionale, senza indulgere a facili esten

sioni interpretative, deve osservarsi che prima della «novella» di

cui al d.l. 11 aprile 1974 n. 99, che ha consentito il giudizio di comparazione delle circostanze, al legislatore del 1939 bastava pu nire più severamente un contrabbando di maggiore entità per il

maggior peso, senza farsi carico di implicazioni con giudizi di

comparazione all'epoca non consentiti. Inoltre, numerosi sono

1 casi di ipotesi aggravate di reati in considerazione della partico lare natura ed entità delle cose oggetto del reato (i casi di furti

aggravati di cui ai nn. 6, 7 ed 8 dell'art. 625, ad esempio). Nulla in verità distingue l'ipotesi del 1° comma da quella del

2° comma dell'art. 23, se non la maggiore entità della pena in

relazione alla maggiore quantità del prodotto trasportato illecita

mente; null'altro viene in considerazione, quanto alle modalità,

all'oggetto del reato, ai tempi, a situazioni particolari e cosi via,

per cui nulla differenzia la fattispecie delittuosa, né sul piano

oggettivo né su quello soggettivo, se non la maggiore quantità dello stesso prodotto tutelato dalla norma.

Ciò posto, cosi come è stato fatto dal legislatore in casi analo

ghi, deve ritenersi che il trasporto di olì minerali in quantità su periore ai venti quintali rappresenta una aggravante, sia pure punita con pena autonoma, rispetto al trasporto di quantità inferiori; si tratta di un rapporto fra reato semplice e reato circostanziato, che non consente di scindere le due figure si che ciascuna di essa

viva di vita autonoma e sussista indipendentemente dall'altra; la

sola maggiore entità della pena non consente una distinzione net

ta in difetto degli altri elementi strutturali, costitutivi e funziona

li, che debbono esistere perché si possa parlare di reato autonomo; il fatto poi che il legislatore abbia inteso punire con maggio

This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:20:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA PENALE

re severità un fatto più grave, quale è quello di trasporto di note voli quantità di olì minerali in frode alla legge, significa solo che è prevista, appunto, una pena maggiore, perché il reato è aggra vato per la quantità della cosa trasportata; ma si tratta pur sem

pre della stessa figura di reato. Un complesso di considerazioni dunque, che univocamente por

tano a concludere per l'accoglimento del motivo in esame; ma anche a volerle ritenere equivoche, si da lasciare ipotizzare anche una difforme conclusione, con possibilità di due diverse ipotesi (reato aggravato, reato autonomo), ebbene, anche in tal caso, proprio per il principio di legalità più sopra richiamato, non sa rebbe consentito all'interprete, nel dubbio, di costruire una figu ra autonoma di reato, tale da vivere di vita propria anche in caso di soppressione dell'ipotesi-base (contrabbando di quantità inferiore ai venti quintali). Ritenuto pertanto che gli imputati deb bono rispondere del reato di contrabbando aggravato ai sensi del 2° comma, la pena edittale, per esser state concesse a tutti gli

imputati le attenuanti generiche (equivalenti o prevalenti, non è

rilevante) è inferiore nel massimo ai cinque anni; il reato in que stione è prescritto nei confronti di Musselli Bruno, (et coeteri). La sentenza va conseguentemente annullata nei confronti dei pre detti per estinzione del reato per prescrizione. (Omissis)

CORTE D'ASSISE DI MILANO; sentenza 18 maggio 1988; Pres.

Minale, Est. Vanoni; imp. Salihi Andrija e altri.

CORTE D'ASSISE DI MILANO; !

Schiavitù e tratta di schiavi — Riduzione in schiavitù — Reato — Fattispecie (Cod. pen., art. 600, 601, 602).

L'utilizzo sistematico di soggetti minori nella perpetrazione conti

nuativa di furti in appartamenti e di borseggi (c.d. pratica dei

bambini argati) costituisce reato di riduzione in schiavitù ex

art. 600 c.p. (1)

(1) D delitto di «riduzione in schiavitù»: un caso di applicazione.

Il procedimento relativo alla sentenza su riprodotta nasce da un'ampia e complessa indagine, in parte ancora in istruttoria presso l'ufficio istru zione del Tribunale di Milano e in parte già vagliata in primo grado dalla

prima Corte d'assise di Milano con le sentenze 27 ottobre 1986, n. 82/86, 13 marzo 1987, n. 23/87 e 12 febbraio 1988, n. 9/88 ed in secondo grado dalla seconda Corte d'assise d'appello di Milano con le sentenze 8 otto bre 1987 e 11 febbraio 1988.

Tutti i processi che mettono capo a queste sentenze hanno ad oggetto un particolare fenomeno, che vede interi nuclei familiari di nomadi di nazionalità iugoslava vivere, in territorio italiano, del frutto di una serie di furti consumati da minori slavi, per questi fini ceduti dalle famiglie di origine, trasferiti più o meno clandestinamente in Italia e qui istruiti e costretti, con la violenza e la minaccia, alla consumazione in via conti nuativa di questo particolare tipo di reato contro il patrimonio, i cui

proventi vengono totalmente acquisiti dalle persone cui il minore si trova di fatto affidato.

Il trattamento di favore, sotto il profilo penalistico, riservato dal no stro ordinamento al minore infraquattordicenne, ha portato a far si che il fenomeno sopra descritto (la c.d. pratica dei bambini argati) si incen trasse su quella particolare categoria di minori, costituendo una vera e

propria tratta, avviata ormai su larga scala da questi mercanti di bambini. Il minore diviene oggetto di proprietà esclusiva di una terza persona,

diversa dai genitori esercenti la patria potestà e/o dal tutore, in forza di un contratto di cessione stipulato fra il «gazda» (padrone) e i genitori; negozio giuridico le cui conseguenze sono assimilabili, in qualche misura, al mancipium del diritto romano (per la sua equiparabilità alla potestà sui filii familias altrui venduti al paterfamilias, potestà che, in origine, si univa anch'essa alla proprietà, essendo il filiusfamilia con la vendita

ridotto schiavo) (1). Il minore diviene, cosi, «argato», che significa «proprio suo»; il termi

ne indica l'appartenenza a un nomade, di cui il bambino diventa «cosa»

e per cui va a rubare e sottolinea il particolare vincolo che lega questi

ragazzini agli adulti che se ne servono.

La sistematica opera di sfruttamento, con carattere di continuità ed

esclusività delle energie fisiche e, comunque, dell'intera persona del mi

nore, avviene nell'ambito di un mondo violento, dove il bambino viene

(1) V. ordine di cattura n. 538/86 emesso dal pubblico ministero.

Il Foro Italiano — 1989.

Svolgimento del processo. — L'indagine sul fenomeno dei bam bini argati aveva preso le mosse fin dall'estate del 1984, sulla base delle dichiarazioni rese da minori nomadi di nazionalità sla va che, fermati dagli organi di polizia giudiziaria in flagranza di furti o tentati furti, avevano riferito di essere costretti al siste matico furto dai nomadi adulti cui erano affidati.

Nel pomeriggio del 6 marzo 1985 veniva accompagnato presso l'ufficio stranieri della questura di Milano un bambino iugoslavo di circa dieci anni, trovato mentre girovagava da solo nel territo rio del comune di Settimo Milanese.

privato del diritto di vivere la sua infanzia in modo sereno e costruttivo e diventa adulto troppo in fretta.

L'illecita attività alla quale i bambini vengono adibiti e che non può non essere considerata come una prestazione di attività lavorativa coatta, implica una degradazione morale della persona umana, un uso non con sentito delle sue energie fisiche ed intellettuali, ancor più inaccettabile

perché riferito a minori. Ecco perché al pubblico ministero prima, alla corte poi, era apparso

immediato sussumere tali condotte nell'ambito dei delitti contro la perso nalità individuale (art. 600 ss. c.p.) (2), considerando questo commercio di minori come un'ipotesi di riduzione in schiavitù, o, quantomeno, in condizione analoga alla schiavitù (3). In effetti, la persona fatta oggetto di rapporti patrimoniali viene degradata a res, poco importando che l'ac

quirente si proponga di restituirla immediatamente a quella dignità uma na che, al momento del traffico, le viene negata (4).

Ma a tale prospettiva si opponeva che sia la schiavitù sia le condizioni

analoghe (5) vengono punite in quanto situazioni di diritto (6), cioè isti tuti di un ordinamento giuridico che le preveda o le tolleri.

Le norme di cui agli art. 600 e 602, cosi interpretate, finivano per lasciare una grave e ingiustificabile lacuna nel nostro sistema legislativo, colmabile solo facendo rientrare in esse anche tutti i rapporti di padro nanza di fatto, per effetto dei quali un uomo venga a trovarsi sottoposto all'altrui illegittima potestà.

Queste ipotesi venivano invece sussunte, per concorde dottrina (7) e

giurisprudenza, nell'art. 603 (plagio) (8), secondo una ripartizione avva

(2) V. Brasiello, Personalità individuale (delitti contro la), voce del Novissimo digesto, 1965, XII, 1092 e bibliografia ivi citata; Flick, Liber tà individuale (delitti contro la), voce dell' Enciclopedia del diritto, 1974, XXIV, 539 e bibliografia ivi citata; Florian, Delitti contro la libertà in dividuale, in Trattato di diritto penale, 1936, vol. Ili; Palazzo, Persona

(delitti contro la), voce dell' Enciclopedia del diritto, 1983, XXXIII, 294 e bibliografia ivi citata; Pannain, Persona (delitti contro la), voce del Novissimo digesto, 1965, XII, 1009; Saltelli-E. Romano Di Falco, Com mento teorico pratico del codice penale, II, Roma, 1930.

(3) Della fattispecie dell'art. 600 c.p. si è occupata la manualistica. In particolare cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale Milano, 1977, I, 150; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, a cura di P. Nuvolone, e G. D. Pisapla, Torino, 1985, VIII, 660; Ranieri, Manuale di diritto penale, parte speciale, Padova, 1952, Vili, 251; San

toro, Manuale di diritto penale, Torino, 1968, V, 271; Vannini, Manua le di diritto penale italiano, Milano, 1954, II, 339.

(4) Cosi Padovani, in Nuove leggi civ., 1984, 225.

(5) Con la sentenza 22 dicembre 1983, Barberio, Cass, pen., 1985, I, 864, e Foro it., Rep. 1985, voce Schiavitù e tratta di schiavi, nn. 1-4, la Corte di cassazione ha precisato che la condizione di schiavitù è un vero e proprio status di diritto e che la «condizione analoga» è una posi zione di sottoposizione permanente al lavoro forzato e obbligatorio.

Il problema della definizione delle «condizioni analoghe alla schiavitù» fu dibattuto in tutta la dottrina relativa al codice Zanardelli. In particola re, v. Majno, Commento del codice penale, Torino, 1915, II, 110; Crvo

Li, Trattato di diritto penale, Milano, 1916, IV.

(6) Con l'isolata decisione della sez. I 30 settembre 1971, Foro it., 1972, II, 1, che ha chiuso il noto «caso Braibanti», la Cassazione puntualizzò che la disposizione dell'art. 600 si riferisce a situazioni di diritto. V. an che Cass., sez. V, 20 gennaio 1984, n. 3855, in cui si ribadisce che la condizione di schiavitù e quelle analoghe ex art. 602 sono situazioni di

diritto, cioè veri e prorpi status di diritto.

Pertanto, si è fuori delle suddette ipotesi ove manchi un tale status e ricorra invece una mera situazione di fatto.

(7) Sulle ragioni storiche di tale interpretazione, v. Indice pen., 1987, 113 ss.

(8) V. Acerra, Il delitto di plagio, in Foro pen., 1950, 334; Alibran

di, Osservazioni sul delitto di plagio, in Riv. pen., 1974, 701; Battagli

ni, Osservazioni sull'elemento psicologico nel delitto di plagio, in Giur. Cass, pen., 1950, 1315; Benassi, Il caso Braibanti. Alcune note in tema di plagio, in Indice pen., 1970, 89; Boscarelli, A proposito del principio di tassatività, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 1147; Carrara, Pro

gramma del corso di diritto criminale, Firenze, 1908, II, 672; Civoli, Sul plagio, in Legge, 1903, 1210; Crespolani, Di alcuni delitti contro la libertà individuale, in Studi illustrativi del codice penale italiano, in Riv. pen., 1889-1900, Vili, 129; Crivellasi, Il codice penale per il regno d'Italia, Torino, 1894, V, 465; Dall'Ongaro, L'illegittimità costituzio

This content downloaded from 185.44.78.105 on Wed, 25 Jun 2014 01:20:18 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended