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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; sentenza 23 aprile 1986; Pres....

Date post: 27-Jan-2017
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sezione III penale; sentenza 23 aprile 1986; Pres. Battimelli, Est. Morgigni, P. M. Lombardi (concl. diff.); ric. Furiati e altro. Annulla senza rinvio Trib. Bari 20 febbraio 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 141/142-143/144 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179636 . Accessed: 28/06/2014 09:02 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.184 on Sat, 28 Jun 2014 09:02:38 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; sentenza 23 aprile 1986; Pres. Battimelli, Est. Morgigni, P. M. Lombardi(concl. diff.); ric. Furiati e altro. Annulla senza rinvio Trib. Bari 20 febbraio 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.141/142-143/144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179636 .

Accessed: 28/06/2014 09:02

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GIURISPRUDENZA PENALE

Senonché le norme poco fa menzionate non possono conside

rarsi leggi diverse dalla legge penale, se per tali s'intendono, co

me devesi in forza di pacifici enunciati giurisprudenziali, solo quelle destinate in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non

penale, né richiamati, né implicitamente né esplicitamente incor

porati in una norma penale. Conseguentemente deve ritenersi er

rore su legge penale, e quindi inescusabile ai sensi dell'art. 5 c.p., non solo quello che cade sulla struttura del reato, ma anche quel lo che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche

del diritto introdotti nella norma penale ad integrazione della fat

tispecie criminosa (cfr. per tutte: Cass. 4 marzo 1977, Rosini,

id., Rep. 1979, voce Errore in materia penale, n. 6).

Questo — già lo si è detto inizialmente — è quanto avviene

nella fattispecie legale di cui all'art. 591 c.p., in cui vengono in

corporati — attraverso la tecnica legislativa del rinvio sotteso al

l'inclusione dell'elemento normativo — nozioni o istituti propri di altri rami dell'ordinamento nella specificazione del dovere di

cura. Consegue che un eventuale errore sui limiti e sull'estensione

del dovere di cura, costituendo errore su legge penale, è circo

stanza inidonea ad escludere il dolo.

Se cosi stanno le cose, nessun dubbio dovrebbe nutrirsi sull'in

tegrazione soggettiva della contestata fattispecie, una volta che

si ponga mente all'accertata volontarietà di non proseguire le cu

re nei confronti della Vignaroli Anna Maria ed anche, se si vuo

le, del Maurizio, e di non sottoporre ad alcuna cura l'Agostino ed il Luciano, da parte del Cim (e, per esso, del dott. Manuali).

D'altro canto, che la situazione potesse degenerare era previ sione e consapevolezza generale, come si evince dalla lettura della

cartella clinica Vignaroli, e dalle missive a firma Manauli più vol

te ricordate. Tal che è provato anche la rappresentazione del pe ricolo conseguente all'abbandono. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 23 apri le 1986; Pres. Battimelli, Est. Morgigni, P. M. Lombardi

(conci, diff.); ric. Furiati e altro. Annulla senza rinvio Trib.

Bari 20 febbraio 1985.

Professioni intellettuali — Esercizio in forma societaria — Socie

tà di ingegneria — Illiceità (L. 23 novembre 1939 n. 1815, di

sciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza, art. 2).

Incorre nella violazione dell'art. 2 l. 23 novembre 1939 n. 1815

la stipulazione di un contratto di società avente ad oggetto l'e

spletamento di prestazioni riservate a professionisti protetti (nella

specie, progettazione e gestione di opere di ingegneria civile

ed industriale) essendo ininfluente, ai fini della configurazione del reato di natura istantanea, la mancanza di concreta operati

vità della società stessa. (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 20 gennaio 1984

il Pretore di Bari (Foro it., 1985, II, 523) condannava a pena di giustizia Cristina Furiati e Donato Di Stefano per avere, in

violazione dell'art. 2 1. 23 novembre 1939 n. 1815, costituito una

società a responsabilità limitata denominata Somprogest, avente

per oggetto «la progettazione e la gestione sia tecnica che ammi

nistrativa di qualsiasi opera di ingeneria civile ed industriale con

facoltà di espletare lavori di consulenza in materie tecnologiche,

nonché la costruzione, la realizzazione, manutenzione di opere

industriali, stradali, idriche, fognanti, elettriche e sportive, sia di

interesse pubblico che privato». Condannava altresì i predetti al

risarcimento in solido in favore del consiglio dell'ordine degli in

(1) Con la sentenza in epigrafe la corte annulla, per intervenuta amni

stia, la sentenza resa da Trib. Bari 20 febbraio 1985 (inedita) la quale a sua volta parzialmente riformava, infliggendo pena pecuniaria al posto

Il Foro Italiano — 1988.

gegneri della provincia di Bari, in persona del presidente pro

tempore. Su appello degli imputati il tribunale di quella stessa città con

sentenza del 20 febbraio 1985 in parziale riforma infliggeva la

pena pecuniaria di lire cinquecentomila di ammenda in luogo di

quella detentiva.

Ricorrono gli imputati, deducendo violazione e falsa applica zione dell'art. 2 1. 1815/39 per travisamento del fatto, sotto il

profilo che la società nelle singole occasioni di attività di proget tazione metteva la propria struttura organizzativa a disposizione dell'attività di ben individuati professionisti estensori e firmatari

delle singole progettazioni tecniche.

Con un secondo motivo gli imputati rappresentano violazione

e falsa applicazione dell'art. 2 1. 1815/39 in relazione agli art.

42 e 43 c.p., sotto il profilo della insussistenza dell'elemento psi

cologico, essendo stata la società regolarmente omologata dal tri

bunale, nulla opponendo il pubblico ministero.

Motivi della decisione. — Il ricorso va accolto, anche se in

base a motivo non prospettato dalle parti.

Agli imputati è stato contestato — come sopra evidenziato —

di «avere costituito tra loro una società a responsabilità limitata

con la denominazione Somprogest s.r.l. «avente per oggetto la

progettazione e la gestione sia tecnica che amministrativa di qual siasi opera di ingegneria civile ed industriale con facoltà di esple tare lavori di consulenza in materie tecnologiche. . .».

È questa la contestazione che risulta dal mandato di compari zione rimasto senza effetto e dalla sentenza pretorile.

Nel dibattimento di primo grado la Furiati rimase contumace

ed il Di Stefano rese una difesa generica. Affermò di essere en

trato nella società all'atto della sua costituzione avvenuta il 2 giu

gno 1977, di essere perito industriale, rilevando che la società

era ancora operante ed aveva per oggetto quanto risultava dallo

statuto.

di quella detentiva, Pret. Bari 20 gennaio 1984 (Foro it., 1985, II, 523, con nota di richiami).

Il primo esame, in sede pretorile, della società, creata per la progetta zione e l'esecuzione di opere d'ingegneria, si era concluso nel senso della

sua illiceità, ai sensi dell'art. 2 1. 23 novembre 1939 n. 1815 (cosi allinean

dosi alla giurisprudenza inizialmente prevalente anche in sede civile: Trib.

Trieste 19 maggio 1984, id., Rep. 1985, voce Professioni intellettuali, n.

141; App. Napoli 12 maggio 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 23; Trib.

Roma 31 ottobre 1980, id., 1981, I, 523, con nota di richiami, e seguita dalla prima decisione pronunciata in argomento dalla giurisprudenza am

ministrativa: T.A.R. Umbria 26 novembre 1985, n. 652, id., Rep. 1986, voce Opere pubbliche, n. 82).

La sentenza in epigrafe giunge a conferma di un principio tuttavia su

perato, solo pochi mesi più tardi, dalla giurisprudenza della Cassazione

civile la quale, con più decisioni contemporanee di identico tenore (si veda per tutte, sent. 6 dicembre 1986, n. 7265, id., 1987, I, 1125, con

nota di richiami) ha ritenuto parzialmente abrogato, con specifico riferi

mento alle società di ingegneria, il divieto contenuto nell'art. 2 1. 1815/39

(sul divieto, v., da ultimo, Corte cost., ord. 21 gennaio 1988, n. 71, in

questo fascicolo, I, 672, e Cass. 12 marzo 1987, n. 2555 eli dicembre

1985, n. 6271, ibid., 554, con nota di C. Mantineo, Società di professio nisti: le difficoltà di una svolta).

La decisione si segnala per la precisazione in essa contenuta circa il momento consumativo del reato ascritto agli imputati, la cui difesa face

va leva, anche in questo caso (cfr. Pret. Sondrio 5 febbraio 1981, Foro

it., Rep. 1981, voce Professioni intellettuali, n. 15, per esteso, in Giur.

it., 1981, II, 492), sia sulla buona fede, e cioè sulla coscienza della liceità

del fatto indotta e determinata dal provvedimento omologativo dell'auto

rità, sia sulla mancanza di concreta operatività della società cosi costitui

ta. Entrambe le argomentazioni si sono rilevate ininfluenti al fine di decidere

essendosi chiarito che il reato di costituzione di società professionali ha

natura istantanea e si perfeziona con la stipula del relativo contratto che

si pone, dunque, come momento consumativo del reato de quo, a nulla

rilevando, ai fini della configurabilità del reato, già perfezionatosi, i suc

cessivi adempimenti, quali l'omologazione e l'iscrizione nel registro delle

imprese, rilevanti in sede civile. Dalla natura del reato contestato deriva ulteriormente che irrilevante

è anche la mancanza di attività giacché ciò che importa, ai fini della

configurazione ed identificazione della fattispecie penalmente illecita, è

la costituzione della società (o anche la costituzione di un ufficio o l'eser

cizio di esso in forme diverse da quella contemplata dall'art. 1 1. 1815/39

ed ai fini descritti nell'art. 2 della legge medesima: cosi Pret. Sondrio

5 febbraio 1981, cit.).

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PARTE SECONDA

È noto che per fatto contestato deve intendersi l'insieme di

tutte le circostanze che caratterizzano un determinato evento, re

se note in ogni loro aspetto (o con atti formali o in modo chiaro

nell'interrogatorio), affinché egli possa sottoporle al suo vaglio critico e svolgere quindi le opportune difese.

Limite temporale ultimo per la contestazione formale è il giu dizio di primo grado, la cui definizione cristallizza in modo im

mutabile la contestazione stessa, libero rimanendo il giudice di

dare al fatto la qualificazione giuridica più aderente. L'art. 445

c.p.p. prevede infatti che la c.d. contestazione suppletiva in ordi

ne a reati concorrenti o a circostanze aggravanti non comprese

nell'imputazione possa avvenire solo in primo grado (in tal senso

sez. un. 13 luglio 1985, ric. Dassié, id., Rep. 1986, voce Appello

penale, n. 146, secondo cui il giudice d'appello può ritenere la

sussistenza di una aggravante, purché la stessa risulti già conte

stata in punto di fatto). Gli imputati sono chiamati a rispondere di uno specifico fatto: «avere costituito una società» avente l'og

getto innanzi indicato in Bari dal 2 giugno 1977, in violazione

del divieto di cui all'art. 2 1. 23 novembre 1939 n. 1815 (discipli na giuridica degli studi di assistenza e consulenza). Il reato di

costituzione di società che abbia lo scopo di fornire prestazioni di assistenza e consulenza in materia tecnica, legale, commercia

le, amministrativa, contabile o tributaria, ha natura istantanea.

Il momento consumativo è infatti rappresentato dalla stipula del contratto di società. I successivi adempimenti quali la omolo

gazione e l'iscrizione nel registro delle imprese (previsti per la

società per azioni ed a responsabilità limitata) hanno rilevanza

in sede civile (c.d. fattispecie a formazione progressiva), ai fini

dell'«acquisto della personalità giuridica» (art. 2331 c.c.), ma non

per la configurabilità del reato in esame.

La norma dell'art. 2 della citata legge infatti vieta la costituzio

ne di società «sotto qualsiasi forma».

Nella specie la contestazione riguarda esclusivamente il momento

costitutivo, non essendo mai stata fatta alcuna menzione del con

creto esercizio (dell'«esercire») delle attività proprie della società.

Il fatto pertanto risulta perfezionato il 2 giugno 1977. Il reato

è estinto per l'amnistia di cui al d.p.r. 4 agosto 1978 n. 413.

Brevemente si impongono talune considerazioni per accertare

se ricorrono gli estremi per l'applicazione dell'art. 152 c.p.p. Premesso l'esame circa l'asserita buona fede degli imputati è

inibito in questa sede per il divieto del novum in Cassazione (la

questione non è stata portata all'attenzione del giudice d'appel

lo), va rivelato che la osservazione difensiva, secondo cui non

sarebbe configurabile il reato quando vengano messe a disposi zione non specifiche prestazioni intellettuali ma la struttura orga nizzativa della società, non si attaglia al caso de quo.

L'attività in concreto esercitata dalla società non viene proprio in considerazione in questa fase, dovendo l'indagine essere limi

tata allo scopo della medesima al momento della sua costituzione.

Orbene nel capo di imputazione è posto in evidenza che tra

le attività comprese nell'oggetto sociale figura tra l'altro la «pro

gettazione e la gestione sia tecnica che amministrativa di qualsiasi

opera di ingegneria civile ed industriale» con «facoltà di espletare lavori di consulenza in materia tecnologica».

L'art. 2 della citata legge vieta di «costituire . . . società che

«abbiano lo scopo di dare. . . prestazioni di assistenza o consu

lenza in materia tecnica. . .».

La normativa si riferisce esclusivamente all'esercizio delle pro fessioni protette, cioè di quelle per le quali è necessaria l'iscrizio

ne in appositi albi od elenchi, sulla base di titoli di abilitazione

o autorizzazione, che vengano accertati dalle associazioni profes sionali (ordini o collegi) sotto la vigilanza statale.

La distinzione tra prestazione intellettuale di consulenza ed or

ganizzazione posta al servizio di terzi, affinché gli stessi possano

espletare la loro attività, non deve risolversi in un espediente per violare la precisa disposizione normativa. È cioè necessario, per non incorrere nel divieto legislativo, che la società non abbia co

me scopo l'espletamento dei compiti propri del professionista, ma miri soltanto a porre a sua disposizione un apparato di strut

ture e di mezzi, affinché quest'ultimo possa, avvalendosi degli

stessi, svolgere la sua prestazione in assoluta libertà ed in diretto

rapporto fiduciario con il cliente, fondato esclusivamente sull'/n

II Foro Italiano — 1988.

tuitu personae, al di fuori di qualsiasi intervento della società

medesima.

Nella specie la testuale formulazione dell'atto costitutivo, nel

quale è precisato che oggetto sociale era proprio la «progettazio ne tecnica con facoltà di espletare. . . consulenza. . .» in un set

tore riservato alla competenza degli ingegneri, dà la prova certa

non della insussistenza del reato, ma della sua configurabilità.

Rivista di giurisprudenza penale

Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Apparecchio radiotele

fonico installato su autovettura — Concessione amministrativa — Esclusione — Reato — Insussistenza (D.p.r. 29 marzo 1973

n. 156, t.u. delle disposizioni legislative in materia postale, di

bancoposta e di telecomunicazioni, art. 195, 285; 1. 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia di diffusione radiofonica

e televisiva, art. 45).

Non costituisce reato l'esercizio di un apparecchio radiotelefo

nico, installato su autovettura, in difetto di concessione ammini

strativa. (1)

Pretura di Lonato; sentenza 4 febbraio 1987; Giud. Fondrie

schi; imp. Raimondi.

(1) La laconica pronuncia definisce una fattispecie assai prossima a

quelle già trattate da Pret. Padova 22 ottobre 1982, Foro it., 1983, II, 100, nonché, assai più di recente, da Cass. 7 luglio 1987, n. 5892, id., 1987, I, 3016, con note di richiami, ed incentrate sul legittimo esercizio

(senza l'obbligo di concessione) e sulla libera detenzione (senza l'obbligo di denuncia) degli apparecchi composti da una centralina telefonica fissa e da un microtelefono mobile ad essa collegato per il tramite di onde

hertziane, solitamente denominati «telefoni senza filo». E come nei due casi citati, anche in questo (riferito all'uso di un telefono installato in autovettura e, quindi, assimilabile al genus dei cordless telephones), il

giudice non è incorso nell'equivoco di considerare radio-elettrica una co municazione che — come ognuno intende — rimane telefonica anche quan do raggiunge la rete telefonica via etere superando le limitazioni fisiche

imposte dal cordone telefonico.

* * *

La sentenza è cosi motivata: A seguito di rapporto dei carabinieri di Desenzano si instaurava procedimento penale contro Raimondi Oscar in ordine al reato di cui in epigrafe.

Citato a giudizio per l'udienza odierna, il prevenuto vi compariva, ne

gando l'addebito. Assumeva infatti che non si trattava di radio rice trasmittente ma semplicemente di un telefono senza cordone per cui non sarebbe applicabile la contestata normativa. L'assunto del prevenuto è sicuramente fondato in fatto, come risulta per tabulas. Ne consegue che, come tra l'altro ebbe a ribadire il d.m. 2 luglio 1985, si verte nella disci

plina di cui all'art. 285 d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, con eseclusione

pertanto della fattispecie criminosa contestata. Si impone pertanto pronuncia assolutoria del Raimondi con ampia for

mula, ordinandosi la restituzione allo stesso dell'apparecchio in sequestro.

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