Sezione III penale; sentenza 30 marzo 1944; Pres. Miraulo P., Est. Maroni, P. M. Mirto (concl.conf.); ricc. P. M., Brizzi ed altri (Avv. Laureti, Niccolai)Source: Il Foro Italiano, Vol. 69, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1944-1946), pp.173/174-175/176Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23139369 .
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178 GIURISPRUDENZA PENALE 174
Risulta dagli atti ohe la Cancelleria della Corte di Na
poli richiese, nel marzo 1945, alla direzione del carcere
giudiziario di Salerno un duplicato della dichiarazione, resa dal detenuto Farace, di rinuncia a comparire nel giudizio d'appello. Il duplicato trasmesso dalla direzione del car
cere doveva riferirsi all'udienza del 4 novembre, se la
Cancelleria, con attergato al foglio di trasmissione, resti tuiva il duplicato o rettificando che la dichiarazione che
interessa questa Corte riguarda l'udienza del 9 novembre 1944 ».. Rispondeva la direzione : « Si rende con la data
rettificata per l'udienza del 9 novembre 1944, poiché il
4 detto non fu discussa ».
Il duplicato in questione, che trovasi in atti, porta la
dichiarazione ohe il Farace avrebbe fatto il 26 ottobre 1944 nei termini seguenti : « Rinunzio a oomparire al giu dizio del mio appello fissato alla 9a sezione per il 4 no
vembre 1944 e rimandato per il giorno 9 novembre detto
anno, presso la Corte d'appello suddetta ».
Questi elementi documentali chiariscono la reale situa zione di fronte a deficienze che si riscontrano così nel
verbale di dibattimento come nella sentenza impugnata. Se si considera che il decreto di citazione per l'udienza del
4 novembre fu notificato al Farace il 26 ottobre, si può bene ammettere che egli facesse nello stesso giorno la
dichiarazione di rinunzia a comparire a quella udienza :
non si può invece ammettere, senza offesa alla cronolo
gia, che nel giorno 26 ottobre l'imputato potesse rinun
ziare a comparire all'udienza del 9 novembre, essendo stata
questa fissata il giorno 28 ottobre ed avendone l'imputato avuta notizia il giorno 31. Nè a contrario avviso può con
durre il testo dell'ordinanza con la quale la Corte stabi
liva di procedere in assenza dell'imputato ; daochè, nel
dare atto della rinunzia di lui a comparire, non è fatto
cenno alla data in cui la rinunzia stessa fu fatta, nè a do cumento alcuno che ad essa si riferisca.
Mancando la prova che l'imputato detenuto abbi» ri
nunziato a oomparire all'udienza in cui si celebrò il giu dizio, la sua assenza deve ascriversi alla manoata tradu
zione di lui al dibattimento : e con ciò è stata violata la
norma di cui agli art. 427 e 497 cod. proo. pen., la quale sta
bilisce che l'imputato in stato d'arresto assiste al giudizio a meno che vi abbia rinunziato ed il giudice non ritenga necessaria la sua comparizione personale. E pertanto la
sentenza deve essere annullata, con rinvio. Per questi motivi, accoglie il ricorso.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione iii penale; sentenza 30 marzo 1944; Pres. Mi
ratilo P., Est. Maroni, P. M. Mieto (conci, conf.) ; riec. P. M„ Brizzi ed altri (Avv. Laureti, Niccolai).
(Sent, denunciata : Assise Spoleto 18 novembre 1942)
Cassazione penale — Sentenza di assoluzione, per insuf
ficienza di prove — Sindacato della Corte di cassa
zione — Limiti — Prove — Prova generica e specifica
(Cod. proc. pen., art. 475, n. 3, 479, 524). Sentenza penale — Assoluzione — Formula (Cod. proc.
pen., art. 479).
Nelle sentenze di assoluzione per insufficienza di prove il
sindacato della Corte di cassazione non pud essere ohe
limitato ad esaminare se il dubbio, per il quale il giu dice non si convinse di condannare, poteva logicamente sussistere. (1)
Quando Vassoluzione per insufficienza di prove è stata deli berata da una Corte di assise, il controllo giuridico della
motivazione deve essere compiuto con estrema delica
tezza. (2) La distinzione tra prova generica e prova specifica non ha
che un valore puramente dottrinale, mentre non si ha ohe
una unica attività inquirente diretta ad accertare la ma
terialità del fatto delittuoso e l'autore di esso mediante
ogni mezzo di prova consentito dalla legge.
Ed è erroneo affermare ohe Vingenere debba esclusivamente
affiorare da constatazioni obbiettive, essendo invece con
forme al diritto che il libero convincimento del giudice
possa adagiarsi sulla ricostruzione del fatto attraverso
tutte le prove acquisite, opportunamenie coordinate ed
armonizzate.
Non si pud in sede di cassazione considerare la fondatezza o la infondatezza del dubbio, nè può ritenersi causa di
contraddittorietà della motivazione la differenza di numero
o la diversità di importanza degli elementi positivi di
colpevolezza e di quelli negativi, in quanto un qualsiasi
apprezzamento in proposito urterebbe contro la libertà di
convincimento del giudice. (3) All'assoluzione con formula piena non si può addivenire se
non nel caso in cui manchi assolutamente la prova che
il fatto sussista o che l'imputato lo abbia commesso. (4)
La Corte, ecc. — Brizzi Emilia, Macchini Ernesto, Chiocci Oliva, Paoletti Anna, Angeli Maddalena venivano
rinviati al giudizio della Corte di assise di Spoleto per ri
spondere :
La Brizzi ed il Macchini del delitto di cui agli art. 575
577, n. 2 e 3, ultimo oapov., cod. pen. per avere in Ber
cide di Spoleto il 17 maggio 1933, in correità fra di loro, e con premeditazione, cagionato la morte di Marzoochi
Serafino, marito della Brizzi, mediante avvelenamento con
ossido di carbonio.
La Brizzi inoltre del delitto di cui all'art. 646 cod. pen.
per avere consentito all'aborto cagionato dalla Chiocci in
giorno imprecisato del 1935 in Spoleto. La Chiocci del delitto di cui all'art. 546, prima parte,
cod. pen. per avere cagionato l'aborto della Brizzi, con il
suo consenso, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo. Il Macchini, la Paoletti e la Angeli, del delitto di cui
agli art. 110, 546 cod. pen. per concorso nel detto reato
di procurato aborto della Brizzi ad opera della Chiocci.
La Corte di assise, con sentenza in data 18 novembre
1942, dichiarava la Brizzi, il Macchini, la Chiocci e la
Paoletti colpevoli del delitto di aborto loro ascritto, e
condannava la Brizzi ed il Macohini alla pena di tre anni
di reclusione ; la Chiocci a quella di tre anni e mesi sei, e
la Paoletti a quella di anni due della stessa pena. Assol
veva la Brizzi ed il Macohini dal delitto di omicidio loro
ascritto per insufficienza di prove, e l'Angeli dal concorso
nell'aborto per non avere commesso il fatto.
Avverso tale sentenza la Brizzi, il Macohini, la Chiocoi
e la Paoletti, nonché il P. M. proponevano ricorso a que sta Corte suprema. (Omissis)
In ordine al ricorso del P. M., si osserva che esso so
stanzialmente rinnova la questione relativa ai limiti di
legalità ed al sindacato di questo Supremo collegio rela
tivamente alle sentenze di assoluzione per insufficienza di
prove, pronunciate in ispeeie da una Corte di assise. Tale
questione ha già fatto oggetto di studio e di profondo esame da parte di questa Suprema corte, che ha fissato
in proposito principi, i quali devono considerarsi come
basilari. Premesso ohe secondo il nostro diritto processuale non vige il sistema delle prove legali, e la decisione è
lasciata al libero convincimento del giudice, questa Corte
ha affermato che nelle sentenze di assoluzione per insuf
cienza di prove il suo sindacato non può essere che limi
tato ad esaminare se il dubbio, per il quale il giudice non
si convinse di condannare, poteva logicamente sussistere.
(1-3) Come è ricordato in testo gli stessi principi sono stati affermati con la sentenza 13-20 marzo 1942, Mulas (-Foro U., 1942, II, con nota di richiami).
Vedi : Battaglini E., Il sindacato della Corte suprema di cassione sulla motivazione delle stntenze penali, in Giurisprudenza eompleta della Cassazione, sezioni penali, anno 1944, a cura del l'Istituto italiano di studi legislativi, pag. 105.
(4) Ci sembra che con questa massima, che riproduce esat tamente le parole della decisione, il Supremo Collegio si allon tani da quella che è da più tempo la sua giurisprudenza costante. Vedi: Casa. 29 novembre 1944, Pellingra (retro, col. 59) e le nu merose sentenze richiamate in nota..
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176 PARTE SECONDA 176
Ha in conseguenza stabilito che solo quando risulti dalle
premesse di fatto ohe il dubbio non poteva assolutamente
essere generato, deve riconoscersi un vizio logico di mo
tivazione tale da rendere nulla la sentenza, mentre quando
emerga che la valutazione delle prove in un senso o nel
senso opposto poteva sorgere, la decisione dubitativa del
giudizio di merito deve ritenersi insindacabile, senza che
sia possibile ricercare la obbiettiva infondatezza o meno
del dubbio, o riscontrare una causa di contraddittorietà
della motivazione nella differenza di numero e di impor tanza degli elementi positivi e negativi considerati nei
confronti dell'imputato. Ha inoltre osservato che, quando l'assoluzione per insufficienza di prove è stata deliberata
da una Corte di assise, il controllo giuridico della moti
vazione deve essere compiuto con estrema delicatezza. È
invero necessario avere riguardo alla particolare natura
dell'istituto, ed alla speciale oomposizione dell'organo giu dicante, costituito in maggioranza di assessori, il cui con
tributo psicologico ed etico trova modo di esplicarsi so
pratutto in quella parte della deliberazione, che è l'esito
della valutazione delle prove sulla attribuzione del fatto
all'attività dell'imputato. Per il che occorre evitare il pei ricolo che l'esigenza di una perfetta omogeneità nella
struttura della motivazione ed una ecoessiva rigidezza della critica della forma, con la quale sia stato rappre sentato il pensiero dubitativo, da cui furono resi perplessi i componenti del Collegio, importino quel riesame del con
vincimento del giudice, che in sede di cassazione è inter
detto, e vadano a ferire profondamente l'intima essenza
dell'istituto dell'Assise.
Ciò posto, ed esaminando la sentenza impugnata sulla base di tali principi, chiaro apparisce che il ricorso del P. M. deve ritenersi giuridicamente infondato, e non può quindi essere accolto.
Nella detta sentenza invero, dopo nnp dettagliata espo sizione dei vari elementi emersi a base dell'accusa di omicidio a carico della Brizzi e del Macchini, si dichiara che la Corte di assise non ha ritenuto tuttavia di poter
pervenire ad una pronuncia di responsabilità per non esserle sembrata sufficiente la prova generica, partendo dal prin cipio che questa debba risultare da contestazioni obbiet
tive, senza che possa essere fornita od integrata dalla
prova speoifica. Ora, come bene osserva il P. M. nel suo primo motivo
di ricorso, che nonostante la genericità della enunciazione si palesa sostanzialmente specifico, la erroneità di un tale
principio non può essere disconosoiata. La distinzione invero tra prova generica e prova specifica non ha che un valore puramente dottrinale, mentre non si ha ohe un'unica attività inquirente, diretta ad accertare la ma terialità del fatto delittuoso, e l'autore di esso, mediante
ogni mezzo di prova consentito dalla legge. Ed è a con siderarsi del pari erroneo l'affermare che l'ingenere debba esclusivamente affiorare da constatazioni obbiettive, essendo invece conforme al diritto che il libero convincimento del
giudice possa adagiarsi sulla ricostruzione del fatto attra verso tutte le prove acquisite, opportunamente coordinate ed armonizzate.
Senonchè non può da tale errore di principio trarsi motivo di annullamento della impugnata sentenza, in
quanto la decisione del Collegio, di assolvere cioè i due
imputati per insufficienza di prove dalla imputazione di omicidio loro ascritta, ebbe a derivare sostanzialmente non già da esso ma bensì da tutto l'insieme delle circo stanze che resero perplesso ed incerto l'animo dei giudici sull'azione, alla quale si dovesse attribuire effettivamente la morte del Marzocchi. Bisulta invero dalla stessa sen tenza ohe la Corte di merito, pur non dissimulando la gra vità degli elementi di accusa sorti a carico dei due im
putati, giudicò che essi venivano a perdere un valore de cisivo per la condanna, per non essersi potuta avere una
prova certa e oapace di dirimere il dubbio se la morte del Marzocchi dovesse attribuirsi ad opera delittuosa al trui ovvero a suicidio, e di rendere sicuri che esso fosse stato narcotizzato o quanto meno profondamente addor
montato, condizione questa essenziale per la constatazione del delitto. Tale dubbio il Collegio dichiarò di trarre, oltre che dai risultati della inohiesta compiuta dall'Arma dei Carabinieri al momento del fatto, che conclusero per la
ipotesi del suicidio, dalla circostanza che, allorquando dopo vari anni si iniziò l'istruttoria penale e si procedette al l'esame necroscopico dei resti esumati, non fu potuta ri scontrare la presenza di tracce di un narcotico, che già era stato escluso dal medico che aveva proceduto alle
prime constatazioni, nonché dal non essersi potuto accer tare se le sostanza versata dalla Brizzi nella minestra del marito fosse stata effettivamente un soporifero, data la difficoltà di acquistarlo senza prescrizione medica, e po tendo il sonno, da cui il Marzooohi fu preso, essere deri vato da altra causa. D'altra parte non può a seguito di
quanto sopra dichiararsi la nullità della sentenza per il
logicità e contraddittorietà di motivazione, come pretende rebbe il P. M. con il suo secondo motivo di ricorso, in
quanto a suo dire i gravi elementi di accusa, ritenuti a carico dei due imputati, avrebbero dovuto condurre lo
gicamente ad una affermazione di responsabilità ; e di fronte ad essi la tenuità degli elementi addotti a ragione di dubbio, oltre costituire una manifesta contraddizione, importa un aperto contrasto fra le premesse e la conclu sione assolutoria.
Secondo invero i principi sopraricordati, non può in
questa sede essere considerata la fondatezza o la infon datezza del dubbio, nè può ritenersi causa di contraddit torietà della motivazione la differenza di numero o la diversità eli importanza degli elementi positivi di colpevo lezza e di quelli negativi, in quanto un qualsiasi apprez zamento in proposito urterebbe oontro la libertà di con vincimento del giudice ; ed il dubbio, pur apparendo di scarsa entità di fronte alla gravità delle prove di colpe volezza, potrebbe essere stato del pari sufficiente ad in validare nell'animo del giudicante quella certezza ohe è necessaria per condannare. Un tale criterio è da tenersi tanto più presente nella fattispecie, in cui gli elementi
positivi di colpevolezza, nonostante la loro imponenza, si sono mantenuti pur sempre nel campo della prova indi ziaria, onde il dubbio non ebbe ad urtare contro la irre
fragabilità della prova diretta. Come si è già accennato, ai fini del giudizio di controllo giuridico, ciò che importa è di rilevare se dalla sentenza risulti per quale motivo il
giudice ha sentito nel momento della decisione, sorgere nel suo animo quello stato di incertezze e di perplessità sul pieno valore delle prove a carico, ohe lo ha indotto ad assolvere. Nel caso presente, come risulta da quanto so
pra si è esposto, l'esame della motivazione della sentenza
impugnata rivela, indipendentemente dallo stile e dalle
parole usate dall'estensore, sostanzialmente espresso lo stato di dubbio del giudice, nonché i motivi per i quali apparisce logicamente ammissibile che esso abbia assolto
gli imputati per non essersi completamente convinto della loro colpevolezza. E pertanto, poiché il sostanziale con tenuto della motivazione legittima il dispositivo, e porta al riconoscimento che della decisione adottata è stata for nita adeguata ragione, non può ritenersi sussistere la pre tesa illogicità e contraddittorietà Dell'impugnata sentenza, onde il ricorso proposto dal P. M. deve essere in ogni sua
parte rigettato. E rigettato del pari deve essere il ricorso del Mac
chini diretto ad ottenere l'assoluzione con formula piena, non potendosi a questa addivenire se non nel caso in oui manchi assolutamente la prova ohe il fatto sussista, o che
l'imputato lo abbia commesso. Nella fattispecie, invece, nonostante le ragioni di dubbio ohe hanno legittimato l'assoluzione con la formola dubitativa, non sono man cati, come già si è esposto, gravi elementi per l'afferma zione della colpevolezza. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta i ricorsi.
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