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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione III penale; sentenza 6 marzo 1990; Pres. Gambino,...

Date post: 27-Jan-2017
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sezione III penale; sentenza 6 marzo 1990; Pres. Gambino, Est. Accattatis, P.M. Di Cicco (concl. conf.); ric. Maione. Annulla senza rinvio Pret. Napoli 18 aprile 1989 Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp. 521/522-523/524 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23186405 . Accessed: 28/06/2014 13:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.45 on Sat, 28 Jun 2014 13:47:09 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione III penale; sentenza 6 marzo 1990; Pres. Gambino, Est. Accattatis, P.M. Di Cicco (concl.conf.); ric. Maione. Annulla senza rinvio Pret. Napoli 18 aprile 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp.521/522-523/524Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186405 .

Accessed: 28/06/2014 13:47

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GIURISPRUDENZA PENALE

agli atti la prova evidente della sua innocenza. Inoltre, all'im

putato è assicurata la possibilità di orientare la propria scelta

nel pieno rispetto del contraddittorio, oltre che nella fase dibat

timentale, anche in quella degli atti preliminari al dibattimento, avendo in quest'ultima fase il diritto di essere sentito dal giudi ce e di opporsi all'applicazione immediata della causa estintiva

dopo aver esaminato il fascicolo di cui all'art. 416 c.p.p., depo sitato presso la segreteria del p.m., a norma degli art. 554, 4°

comma e 555, 1° comma, lett. g, stesso codice. Tale sistema

di garanzie mira a porre l'imputato al riparo del danno, nella

specie arrecato al dott. Sica, di subire, senza poter interloquire, un provvedimento applicativo dell'amnistia motivato con la man

canza, allo stato degli atti, della prova della sua innocenza.

Nella specie, invero, il pretore, rivendicando il potere di con

trollare la qualificazione giuridica della richiesta di archiviazio

ne, al fine di verificare se la notitia criminis dovesse essere ar

chiviata a norma dell'art. 411 c.p.p., per estinzione del reato,

come richiesto dal p.m., ovvero ai sensi dell'art. 408, per evi

dente infondatezza dell'accusa, ha accertato, con una diffusa

motivazione, la sussistenza di elementi di responsabilità a carico

del dott. Sica ed ha, quindi, accolto la richiesta del p.m. Ma

questo modus procedendi si è risolto in una palese violazione

sia delle norme citate, sia dell'art. 129 c.p.p. Difatti, diversa

mente dall'art. 152 c.p.p. del 1930, applicabile in ogni stato

e grado del procedimento, il cit. art. 129, in virtù dell'espressa limitazione posta dal 10 comma, riguarda soltanto il vero e pro

prio processo, inteso come esercitazione della giurisdizione. Per

tanto, durante le indagini preliminari, che appartengono alla

fase anteriore del procedimento, il diritto dell'indagato all'im

mediata dichiarazione della propria innocenza è assicurato sol

tanto dal cit. art. 408 c.p.p., nel senso che il g.i.p., cui sia

stata richiesta l'archiviazione per difetto di una condizione di

proseguibilità o di procedibilità dell'azione penale ovvero per

intervenuta estinzione del reato, ben può archiviare la notitia

criminis ai sensi di quest'ultima norma, ove la ritenga manife

stamente infondata, senza dover rimettere gli atti al p.m., che

ha già esercitato ed esaurito il potere di richiesta.

Lo stesso giudice ove, invece, ritenga di aderire alla richiesta

di archiviazione per una delle ipotesi indicate nel cit. art. 411

deve pronunciarsi in conformità senza motivare sulla insussi

stenza di prove favorevoli all'indagato, cosi come previsto dal

l'art. 129, 2° comma, c.p.p., poiché, come si è già precisato,

questa norma non è applicabile alla fase delle indagini prelimi nari. Diversamente si incorrerebbe nell'inconveniente di costrin

gere l'indagato a subire un provvedimento di archiviazione, a

lui sfavorevole nella motivazione, senza poter esercitare il dirit

to di difesa preclusogli, a mente dell'art. 409 c.p.p., nell'ipotesi in cui il decreto di archiviazione sia emanato de plano; e senza

poter, altresì, esperire alcun mezzo di gravame, non essendo

tale provvedimento impugnabile.

Deve, quindi, concludersi che, nel provvedimento di archivia

zione, il potere del g.i.p. di verificare la consistenza dei fatti

e la qualificazione del reato addebitato all'indagato può essere

esercitato soltanto in bonam partem e che, pertanto, il decreto

di archiviazione in esame, non essendo conforme a tali principi,

è viziato da evidente illegittimità.

Il Foro Italiano — 1991.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 6 mar

zo 1990; Pres. Gambino, Est. Accattatis, P.M. Di Cicco

(conci, conf.); ric. Maione. Annulla senza rinvio Pret. Napoli 18 aprile 1989.

Competenza e giurisdizione penale — Competenza per territo

rio — Determinazione — Fattispecie (Cod. proc. pen. del 1930, art. 39; 1. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assun

zioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le

aziende private, art. 16, 21, 23). Prescrizione penale — Assunzioni obbligatorie — Reati di man

cata denuncia del personale occupato e di mancata richiesta

di assunzione di lavoratori protetti — Prescrizione (Cod. pen., art. 158; 1. 2 aprile 1968 n. 482, art. 16, 21, 23).

I reati di mancata denuncia semestrale all'Uplmo del personale

dipendente occupato (art. 21, 1° comma, e 23, 1° comma, /. 482/68) e di mancata richiesta di assunzione di lavoratori

appartenenti alle categorie protette (art. 16, 4° comma, e 23,

2° comma, l. 482/68) si consumano nel momento in cui al

l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione

competente non giungono le comunicazioni prescritte e, per

tanto, la competenza territoriale va determinata in relazione

al luogo in cui ha sede detto ufficio. (1) Mentre il reato di mancata denuncia semestrale del personale

occupato è omissivo di natura istantanea, il reato di mancata

richiesta dì assunzione di lavoratori appartenenti alle catego rie protette è omissivo di natura permanente e, pertanto, la

prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui è stato

adempiuto l'obbligo di legge. (2)

(1) La giurisprudenza di legittimità, sia pure in ordine al solo reato

di mancata richiesta di assunzione di lavoratori appartenenti alle cate

gorie protette di cui agli art. 16, 4° comma, e 23, 2° comma, 1. 482/68, si era sinora orientata, nelle poche pronunce edite, in senso difforme, affermando che il luogo di consumazione coincide con quello in cui

ha sede il datore di lavoro: v. Cass. 2 aprile 1985, Ottone, Foro it.,

Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 322 (citata in motivazione

e riportata per esteso in Riv. pen., 1985, 880); 14 novembre 1957, Mari

nelli, Foro it., Rep. 1958, voce Invalidi di guerra, n. 72 (relativa agli

abrogati art. 16 e 17 1. 3 giugno 1950 n. 375, che prevedeva analoga

fattispecie per gli invalidi di guerra). Per la giurisprudenza di merito,

v., invece, conformemente alla massima, Pret. Napoli 18 maggio 1984,

id., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 237.

Diversamente dai precedenti, però, la decisione in epigrafe individua

la condotta doverosa non tanto nell'assunzione dei lavoratori protetti,

quanto nell'invio della relativa richiesta agli uffici del lavoro competen ti che gestiscono la materia ed effettuano i dovuti controlli affinché

le assunzioni avvengano nelle forme e nei modi previsti dalla legge; onde la lesione dell'interesse protetto si verificherebbe nel luogo in cui

sarebbe dovuta pervenire la comunicazione, e cioè il risultato della con

dotta doverosa. Senonché, tale assunto porta all'ulteriore conclusione

che l'art. 23, 2° comma, cit. potrebbe essere applicato alla sola ipotesi della omessa richiesta, mentre il rifiuto all'assunzione rientrerebbe nella

fattispecie residuale di cui al 3° comma dello stesso art. 23, che prevede una pena indubbiamente meno grave (cfr. Grilli, Diritto penale del

lavoro, Milano, 1985, 218). (2) Sulla natura omissiva permanente del reato di mancata richiesta

di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette e, preci samente, nel senso che la permanenza cessa o con l'assunzione del per sonale imposto per legge o con il venir meno dei presupposti di fatto,

quali la consistenza del personale in servizio, in relazione ai quali sorge

l'obbligo dell'assunzione, la giurisprudenza è costante (adde, alle deci

sioni citate in motivazione, Pret. Napoli 18 maggio 1984, Foro it., Rep.

1986, voce Lavoro (collocamento), n. 236; 7 febbraio 1985, ibid., n.

234), con l'unica eccezione costituita da una sentenza della stessa sezio

ne terza di poco precedente (7 luglio 1989, Luera, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 115 e, per esteso, in Riv. pen., 1989, 1175), per la quale il

reato de quo è di natura istantanea, atteso che «la sua consumazione

si verifica nel momento in cui, iniziato il semestre al quale la richiesta

si riferisce, a questa il datore di lavoro non abbia provveduto nel termi

ne di trenta giorni» previsto dall'art. 23, 2° comma, cit.

In dottrina, cfr., per la natura permanente, Grilli, op. cit., 224;

Padovani, Diritto penale del lavoro. Profili generali, Milano, 1976,

269; Rampioni, Violazione degli obblighi di assunzione, permanenza del

reato e successione di leggi penali, in Mass. giur. lav., 1987, 669; Smu

raglia, Diritto penale del lavoro, Padova, 1980, 103-104.

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PARTE SECONDA

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 18 aprile 1989

il Pretore di Napoli ha condannato il ricorrente, titolare della

ditta Calcestruzzi Maione di Mariglianella, alla pena di lire 2

milioni e 348 mila di ammenda per i seguenti reati:

a) per il reato di cui agli art. 21 e 23 I. 482/68, per non

avere inviato all'Uplmo di Napoli il prospetto del personale di

pendente alla scadenza 30 giugno 1986 - 31 dicembre 1986;

b) per il reato di cui agli art. 16 e 23 stessa legge, per non

aver richiesto all'ente già menzionato l'assunzione di quattro invalidi.

Il Maione ha impugnato la sentenza per dedurre:

1) che il pretore ha ritenuto la sua competenza a decidere

in violazione dell'art. 39 c.p.p.;

2) che il pretore ha violato, inoltre, gli art. 21 e 23 della

legge richiamata, ritenendo il suo obbligo di assumere i quattro invalidi.

Motivi della decisione. — 1. - Primo motivo. Secondo il Maio

ne vi è stata violazione dell'art. 39 c.p.p. per avere il pretore ritenuto che i reati sono stati consumati in Napoli (sede del

l'Uplmo), invece che nel mandamento di Marigliano in cui la

ditta ha la sua sede.

Secondo il ricorrente «la omissione punita dalla legge» è con

sumata da un soggetto «nel luogo e nel momento nel quale»

egli «non compie l'azione voluta dal precetto». L'ufficio al quale la richiesta è diretta o indirizzata rappresenta «un posterius del

tutto irrilevante ai fini della condotta». Conclusivamente: «l'a

zione o l'omissione viene compiuta nell'azienda ed è in relazio

ne ad essa che va determinata la competenza territoriale».

In tal senso anche una sentenza della Corte di cassazione:

«Non può . . . seguirsi l'opinione . . . secondo cui il reato di

cui si discute si perfeziona nel luogo nel quale doveva essere

presentata la richiesta di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette, vale a dire in Napoli, sede dell'Uplmo al quale, appunto, andava presentata la richiesta». «Il reato

in questione è un reato omissivo; come in tutti i reati commessi

mediante omissione, esso si perfeziona nel luogo in cui l'omis

sione si è verificata, in cui cioè non è stato adempiuto quell'ob

bligo imposto dalla legge». «Orbene, l'obbligo è di trasmettere

tempestivamente, per ogni semestre, la richiesta di assunzione

di lavoratori appartenenti a categorie protette; il mancato inol

tro della richiesta avviene nella sede del datore di lavoro che

ha l'obbligo di trasmetterla all'Uplmo, indipendentemente dal

luogo in cui quest'ultimo si trova» (Cass., sez. Ili, 2 aprile 1985,

Ottone, Foro it., Rep. 1986, voce Lavoro (collocamento), n. 322).

Per quanto concerne, invece, il reato di mancato invio all'Uplmo dei prospetti del personale occupato, previsto dagli art. 21, 1° comma, e 23, 1° comma, 1. 482/68, l'unico precedente edito è contrario alla decisione in epigrafe, nel senso cioè dell'attribuzione anche a questo reato della natura permanente: cfr. Cass. 21 gennaio 1986, Chiarello, Foro it., 1987, voce cit., n. 189, cit. in motivazione (nonché Cass. 1° dicembre 1967, Belgo, id., Rep. 1969, voce Invalidi, n. 25 e, per esteso, in Mass. giur. lav., 1969, 124, relativa all'abrogato art. 7, 2° comma, d.l.c.p.s. 3 ottobre 1947 n. 1222, che prevede analoga fattispecie).

In realtà, anche se l'art. 21, 1° comma, cit. prescrive che la denuncia deve essere inviata entro il mese di gennaio e di luglio di ogni anno, questa circostanza non sembra tale da giustificare l'istantaneità del rea to. La funzione, invero, della norma è quella di porre l'ufficio compe tente a conoscenza della situazione del personale delle aziende soggette alle assunzioni obbligatorie, proprio al fine di esercitare la funzione di controllo ad esso demandata. Ne deriva che la cessazione della per manenza non potrà verificarsi se non con l'avvenuta (anche se tardiva) comunicazione, oppure con l'accertamento d'ufficio dell'omissione (più in generale, per una rimeditazione dell'istituto della permanenza, v. in dottrina Rampioni, Contributo alla teoria del reato permanente, Pado

va, 1988). Naturalmente, la natura permanente o istantanea del reato non inci

de sul luogo di consumazione, sia che esso si individui in quello in cui ha sede il datore di lavoro ovvero in quello in cui ha sede l'ufficio del lavoro competente al quale dovevano giungere i prospetti nei termi ni di legge. La competenza per territorio, infatti, ai sensi dell'art. 39, 2° comma, c.p.p. del 1930, come del resto dell'art. 8, 3° comma, c.p.p. del 1988, va individuata per i reati permanenti nel luogo in cui ha avuto inizio la consumazione. [E. D'Angelo]

Il Foro Italiano — 1991.

Questa corte non ritiene di poter seguire l'orientamento di

cui sopra e, preliminarmente, osserva che il luogo di consuma

zione di un reato va dedotto dalla struttura del reato stesso

e dalla norma incriminatrice che lo prevede e non seguendo astratte teorie o apriorismi. In teoria, com'è ben noto, molto

si discute in materia di «consumazione» dei reati.

Con riferimento al caso di specie va tenuta presente la distin

zione fra reati di pura condotta e reati di evento. I reati in

discussione — ed è questo il rilievo fondamentale — non sono

di pura condotta ma di evento. L'evento è rappresentato dalle

comunicazioni, che, secondo il disposto di legge, devono perve nire all'Uplmo in termini prestabiliti.

Il 1° comma dell'art. 21, legge in esame, suona, infatti, nei

seguenti termini: «Tutti i datori di lavoro . . . sono tenuti ad

inviare . . . all'ufficio provinciale del lavoro competente per ter

ritorio un prospetto . . .». Il reato si consuma, quindi, nel mo

mento in cui all'ufficio provinciale del lavoro competente non

giungono i prospetti nei termini di legge. Il 2° comma dell'art. 23, richiamato dal ricorrente, testual

mente recita: «I privati datori di lavoro, i quali, essendo obbli

gati a norma dei precedenti articoli ad assumere invalidi o altri

aventi diritto, non ne facciano richiesta agli uffici provinciali del lavoro . . . sono puniti . . .».

L'accento cade, com'è evidente, sugli uffici provinciali del

lavoro che gestiscono la materia ed effettuano i controlli, ai

quali la richiesta deve pervenire; non sulla mancata assunzione

dei lavoratori. L'assunzione deve, infatti, avvenire, secondo certe

forme e certi modi stabiliti dalla legge, sotto il controllo dei

pubblici uffici, come il pretore ha giustamente messo in rilievo.

È alla stregua di queste considerazioni che il primo motivo

di ricorso deve essere respinto. 2. - Secondo motivo. Il secondo motivo di ricorso è manife

stamente infondato visto che esso si risolve non in un sindacato

della sentenza ma in un sindacato della legge su cui si fonda.

Pretende, infatti, il ricorrente che, se avesse assunto gli invalidi, con ciò stesso egli avrebbe «decretato la fine della sua azien

da», perché un imprenditore non può essere chiamato ad «assu

mere e pagare personale destinato a non lavorare».

L'assurdità di una simile argomentazione risulta evidenziata

dalla mera enunciazione del principio di solidarietà espresso dal

l'art. 2 Cost, che il ricorrente mostra di negligere completamen te: «La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili del

l'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri indero

gabili di solidarietà politica, economica e sociale».

La Costituzione e, quindi, in esecuzione, la legge ordinaria

richiedono l'adempimento di «inderogabili» doveri di solidarie

tà a tutti i cittadini ed anche agli imprenditori. Con il motivo

in esame il ricorrente contrappone la logica dei «propri interes

si» al principio di solidarietà sociale espresso dalla legge, sic

ché, come già affermato, questo motivo di ricorso deve essere

ritenuto manifestamente infondato.

3. - Considerazioni in materia di prescrizione. Il reato di cui

al capo a), commesso il 15 maggio 1987, si è prescritto il giorno 1° febbraio 1990, mentre il reato di cui al capo ti), omissivo

di natura permanente (la permanenza cessa con l'adempimento

degli obblighi di legge) non è prescritto (Cass., sez. Ili, 8 set

tembre 1972, Cizio, id., Rep. 1973, voce cit., n. 7; 1° aprile

1974, Boverini, id., Rep. 1975, voce cit., n. 31; 29 aprile 1985,

Tonti, id., Rep. 1986, voce cit., n. 232; 25 giugno 1986, De

Pasquale, id., Rep. 1987, voce cit., n. 193; 14 gennaio 1986,

Campanile, id., Rep. 1986, voce cit., n. 230; 21 gennaio 1986,

Chiariello, id., Rep. 1987, voce cit., n. 197).

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