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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione IV penale; sentenza 3 novembre 1988; Pres. Suriano,...

Date post: 30-Jan-2017
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sezione IV penale; sentenza 3 novembre 1988; Pres. Suriano, Est. Losapio, P.M. Pianura (concl. parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Trento in causa Tamburini. Annulla App. Trento 18 dicembre 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 309/310-315/316 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182732 . Accessed: 24/06/2014 22:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.107 on Tue, 24 Jun 2014 22:26:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione IV penale; sentenza 3 novembre 1988; Pres. Suriano, Est. Losapio, P.M. Pianura (concl.parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Trento in causa Tamburini. Annulla App. Trento 18 dicembre1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp.309/310-315/316Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182732 .

Accessed: 24/06/2014 22:26

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GIURISPRUDENZA PENALE

dato che — come è stato oramai ripetutamente precisato da que sta Suprema corte con giurisprudenza consolidata (nonché dalla

Corte costituzionale con la nota sentenza n. 47 del 1979, id., 1979,

I, 1646), l'interesse tutelato da tale norma è quello pubblico di

sottoporre l'attività edilizia al preventivo controllo della pubblica

amministrazione, con conseguente imposizione a chi voglia edifi

care dell'obbligo di richiedere l'apposita autorizzazione ammini

strativa; per cui il reato de quo sussiste anche se il privato —

che non ha chiesto o comunque non ha ottenuto la detta autoriz

zazione (denominata concesione) — abbia costruito o iniziato a

costruire nel pieno rispetto delle norme sostanziali che disciplina no l'attività edilizia.

Esclusa, pertanto, la possibilità della menzionata equiparazio

ne, ne deriva, per ciò stesso, il venir meno del presupposto logico

giuridico della disposta misura cautelare, dato che nel caso in

esame non solo è pacifico ed incontestato in processo che i men

zionati tre ricorrenti hanno dato inizio ai contestati lavori di co

struzione in forza di provvedimenti amministrativi rilasciati

dall'organo funzionalmente legittimato ad emetterli, ma è altresì'

pacifico che da parte del giudice di merito non è stata nemmeno

adombrata l'ipotesi che il rilascio delle concessioni de quibus con

stituisca (o possa costituire) il frutto di attività criminose poste in essere dal sindaco di Altamura o dai ricorrenti.

Conseguentemente — e per le suesposte ragioni —, tanto il

decreto di sequestro emesso dal Pretore di Altamura in data 6

novembre 1985 che la successiva ordinanza del Tribunale di Bari

in data 20 novembre 1985 debbono — nelle parti in cui rispetti vamente disponevano e confermavano il sequestro degli immobili

di Caponi Teresa, Giordano Lorenzo e Giordano Francesco —

essere annullati senza rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione IV penale; sentenza 3 no

vembre 1988; Pres. Suri ano, Est. Losapio, P.M. Pianura

(conci, parz. diff.); ric. Proc. gen. App. Trento in causa Tam

burini. Annulla App. Trento 18 dicembre 1986.

Omicidio e lesioni personali colpose — Omicidio colposo — Fat

tispecie di dovere di vigilanza dell'assistente di piscina (Cod.

pen., art. 40, 43, 589).

L'assistente di piscina, comunemente detto bagnino, ove operi

in struttura privata, altrimenti non regolamentata nelle attribu

zioni connesse al suo ruolo, escluso qualsiasi potere-dovere di

proibizione e intervento coattivo ovvero di ammonimento, in

relazione alla normale fruizione del servizio, nel civile rispetto

delle persone e della integrità della struttura, ha dovere di mas

sima vigilanza e di pronto intervento in relazione a situazioni

di concreto pericolo che, comunque, coinvolgano i fruitori del

servizio, anche qualora radicate in comportamenti negligenti

o imprudenti del cliente; pertanto, il bagnino può essere chia

mato a rispondere della morte di un giovane bagnante, colpito

da anossia cerebrale in seguito ad eccesso nel nuoto in apnea,

solo se omise di vigilare con massima attenzione e di interveni

re tempestivamente al manifestarsi dei sintomi del pericolo, non

già per non aver impedito che il bagnante praticasse (ovvero

per non aver ammonito a non praticare) tale genere di nuoto. (1)

(1) Non si riscontrano precedenti in termini.

L'ipotesi del bagnino che lascia annegare un bagnante in pericolo, con

travvenendo all'obbligo — tipicamente connesso al suo ruolo — di soc

correrlo al fine di trarlo in salvo, rientra nel novero dei casi «da manuale»

addotti per esemplificare la regola dell'equivalenza ex art. 40, cpv., c.p.

tra il «cagionare» e il «non impedire» un evento lesivo. Presupposto per ché il mancato impedimento dell'evento assuma rilevanza penale, è l'esi

stenza di un obbligo a contenuto impeditivo dotato di rilevanza «giuridica»

Il Foro Italiano — 1989.

Svolgimento del processo. — 1. - Con sentenza del 15 giugno

1984, all'esito di pubblico dibattimento, il Tribunale di Rovereto

giudicò Fausto Tamburini colpevole del reato di cui all'art. 589

c.p. «per avere, per colpa consistita in negligenza ed imprudenza ed in particolare nell'avere omesso di esercitare, quale preposto al salvataggio presso la piscina annessa al bar Zurigo di Mori,

gestito da Regolini Cesare, la vigilanza sui bagnanti ed in forma

specifica sui minori, loro consentendo senza alcuna cautela il nuoto

in apnea, cagionato la morte del minore Dall'Alda Giorgio che

nella piscina già precisata fu colpito, nuotando in apnea, da anossia

acuta cerebrale con conseguente acuta insufficienza cardio

respiratoria», condannandolo a pena di giustizia, con benefici,

e al risarcimento del 25% (quantificando cosi nel 75% il concor

so di colpa della vittima) dei danni subiti dalla parte civile, cui

assegnò congrua somma a titolo provvisorio.

(cfr., tra le tante, Cass. 12 luglio 1984, Zucchini, Foro it., Rep. 1985, voce Omicidio e lesioni personali colpose, n. 21): come tradizionalmente

si ammette anche nella giurisprudenza, tale obbligo non deve necessaria

mente scaturire dal diritto pubblico, ma può nascere da qualsiasi ramo

dell'ordinamento (Cass. 17 gennaio 1984, Terzi, ibid., voce Reato in ge nere, n. 11).

La dottrina che più recentemente si è occupata della tematica dell'ille

cito omissivo c.d. improprio, dal canto suo, sottolinea che l'obbligo giu ridico di impedire l'evento deve avere alla base la titolarità di una «posizione di garanzia» (per il concetto e le relative tipologie, cfr., pur sotto angola zioni non sempre coincidenti, Sgubbi, Responsabilità penale per omesso

impedimento dell'evento, Padova, 1975; Fiandaca, Il reato commissivo

mediante omissione, Milano, 1979; Id., Reati omissivi e responsabilità

penale per omissione, in Foro it., 1983, V, 27; Grasso, Il reato omissivo

improprio, Milano, 1983. Nella manualistica più recente, cfr. Fiandaca

Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna, 1985, 332; Mantovani, Diritto penale, 2a ed. Padova, 1988, 193): invero, questa più approfondi ta elaborazione dottrinale comincia a trovare eco anche nella prassi appli

cativa, come è dimostrato dai riferimenti al concetto di posizione di garanzia

contenuti, oltre che nella motivazione della sentenza in epigrafe, in Cass.

19 aprile 1983, Milardi, Riv. it. medicina legale, 1984, 480 e massimata

in Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 15, nonché in Cass. 20 aprile 1983,

Bruno, ibid., n. 18 (quest'ultima sentenza sembra ammettere una posizio ne di garanzia avente come fonte una «precedente attività propria» del

l'agente medesimo: in senso critico, più in generale, cfr. nella dottrina

Fiandaca, Il reato commissivo mediante omissione, cit., 204 ss.; Grasso,

cit., 277 ss.). Ciò premesso, va rilevato che il principio di diritto racchiuso nella mas

sima su riprodotta può considerarsi in linea con gli orientamenti di fondo

finora espressi dalla migliore elaborazione dottrinale e giurisprudenziale della materia. La Cassazione ricostruisce il contenuto e i limiti della posi zione di garanzia del bagnino attribuendo il dovuto rilievo alla circostan

za che si tratta, nel caso di specie, di attività di assistenza prestata nell'ambito di una piscina privata. Posto che la posizione di garante rive

stita dal bagnino ha la sua fonte giuridica in un rapporto contrattuale

intercorrente col gestore della piscina, se ne deduce che il bagnino stesso

è tipicamente tenuto ad esercitare un'attività di vigilanza e soccorso aven

te come obiettivo di neutralizzare la piscina quale specifica «fonte di peri coli» per tutti i bagnati che, liberi di fruirne, possono trovarsi in difficoltà

durante il concreto esercizio natatorio: in altri termini, mentre il bagnino è carente del potere-dovere di evitare l'insorgenza stessa di pericoli inter

dicendo a eventuali bagnanti di fruire della piscina o di praticarvi tipi di nuoto potenzialmente rischiosi, egli è invece obbligato a realizzare tutti

gli interventi soccorritori necessari per fronteggiare qualsiasi situazione

di pericolo già concretamente insorta, sia pure a causa del concorso della

condotta imprudente del soggetto che viene a trovarsi in difficoltà.

Esplicitando ulteriormente l'assunto espresso dalla Cassazione si può osservare con una parte della dottrina (Fiandaca-Musco, cit., 338) che, in base al principio di «autoresponsabilità», ciascun soggetto adulto e

compos sui è libero di esporsi ai rischi che ritiene di essere in grado di

affrontare: ove sia lo stesso titolare del bene potenzialmente esposto a

pericolo ad assumere in maniera consapevole la decisione di metterlo a

repentaglio, nessun altro soggetto terzo (e perciò neppure un bagnino di piscina privata) può rivestire il ruolo di «istanza di protezione» legitti mata a inibire la stessa risoluzione di correre il pericolo (sul punto, per

tutti, Fiandaca-Musco, cit.; per un caso di sostanziale riconoscimento

del principio di autoresponsabilità del tossicodipendente quale limite alla

responsabilità dello spacciatore a titolo di omicidio colposo, cfr. Trib.

Roma 12 febbraio 1985, Foro it., 1985, II, 213, con nota di Fiandaca).

Certo, il principio di autoresponsabilità nella accezione predetta trova

un limite di applicazione laddove, come nel caso di specie, il soggetto

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311 PARTE SECONDA 312

Il tribunale accertò e ritenne: — che il giorno 8 luglio 1981 il tredicenne Giorgio Dall'Alda

era stato estratto cadavere della piscina annessa al bar Zurigo, in quanto colpito da «insufficienza cardio-respiratoria da apnea

prolungata con insufficienza acuta del sistema nervoso centrale

[corticale e bulbare soprattutto] per anossia cerebrale»; — che ciò era accaduto in quanto il giovanissimo Dall'Alda

si era cimentato, con altri, troppo a lungo, in una gara di nuoto

in apnea, incorrendo nello stato di anossia, che lo aveva portato a morte nella piscina stessa, dove era stato notato, accovacciato

nel fondo, senza che alcuno dei preposti gli avesse prima portato soccorso [venne estratto da certo Tranquillini, estraneo alla orga nizzazione imprenditoriale che gestiva la piscina];

— che l'«assistente alla balneazione», Fausto Tamburini, pre sente ai bordi della piscina, aveva correttamente, ma vanamente,

praticato le operazioni di rianimazione sul corpo esamine del

giovane; — che, esclusa l'ipotesi di «colpevole distrazione» del Tambu

rini, nell'assenza di norme specifiche regolanti l'attività profes sionale di bagnino, ed esclusi poteri disciplinari e coattivi di

intervento, non risultando, nel caso, trattarsi di un munus publi cum)» [disciplinato per legge o regolamento]; ritenuta, invece, ap

plicabile la normativa civilistica propria del contratto tra utenti

e gestore di una piscina, doveva ammettersi [perché il ruolo del

bagnino non sia da ritenere limitato al solo recupero di infortu

nati] avere egli dovere di avvisare i clienti dei rischi particolari inerenti un dato comportamento;

— che il Tamburini non poteva non essersi accorto del protrar si della pericolosa gara cui i giovani si erano impegnati, oltre

i limiti della loro non elevata resistenza; — che, in tale situazione, spettava all'imputato intervenire presso

i bagnanti, quanto meno per richiamare la loro attenzione sui

gravi pericoli cui si esponevano continuando in un gioco troppo

pericoloso. Donde l'affermazione di penale responsabilità, temperata dal

rilevante concorso di colpa attribuito al comportamento dell'ado

lescente Dall'Alda.

2. - Sull'appello dell'imputato, il quale lamentò: — violazione del principio della contestazione, per essere stato

affermato un aspetto di colpa non contestato [1° motivo];

che si espone a pericolo sia un minorenne; ma dalla inapplicabilità di tale principio sarebbe affrettato desumere la conclusione che il bagnino era tenuto a impedire che il ragazzo praticasse tecniche di nuoto rischio se. Ed infatti l'età minore, quale condizione di inferiorità che richiede la predisposizione di istanze protettive, fa sorgere una apposita situazione di garanzia rilevante (anche) penalmente in capo ai genitori (o ad altri

soggetti normativamente assimilabili): i quali hanno, in base al ruolo ri

vestito, appunto l'obbligo di tenere i figli minori al riparo da tutti i peri coli che possono minacciarli, quale che sia la fonte da cui provengono (il rapporto genitori-figli minori esemplifica, non a caso, il modello tipico della posizione di garanzia che va sotto il nome di «posizione di protezio ne»: cfr. Fiandaca-Musco, cit., 337); e l'esercizio della loro funzione di garanti potrebbe anche implicare, nei congrui casi, l'interdizione al figlio di praticare forme di nuoto pericolose. Mentre il bagnino, lungi dall'essere titolare di analoghe funzioni protettive dallo spettro generalis simo, si limita piuttosto a ricoprire una posizione di garanzia consistente, precisamente, in una «posizione di controllo» su una specifica fonte di pericolo (costituita, appunto, dalla piscina): egli perciò di regola non è obbligato ad assolvere ruoli protettivi che precedono il momento dell'en trata in acqua, ma ha un ambito di responsabilità circoscritto all'impedi mento dei pericoli che scaturiscono dall'effettivo utilizzo della piscina (una forma più ampia di responsabilità sarebbe stata in astratto ipotizzabile qualora il bagnino, al di là dei tipici compiti connessi al suo ruolo, si fosse impegnato in modo vincolante con i genitori del ragazzo a evitare che questi praticasse il nuoto in apnea: nel senso che l'attitudine di impe gni di tipo contrattuale ad assurgere a fonte di obblighi di garanzia è subordinata all'intervento, in qualità di contraente, dello stesso titolare del bene protetto ovvero di un garante a titolo originario, cfr. Fiandaca Musco, cit., 338).

Sull'ulteriore e dibattuto problema dell'equivalente normativo della cau salità nell'illecito omissivo improprio, cfr., di recente, Renda, Sull'accer tamento della causalità omissiva nella responsabilità medica, in Foro it., 1986, II, 351.

Il Foro Italiano — 1989.

— errata valutazione del fatto ai fini della ritenuta colpa, ol

treché contraddittorietà della motivazione e insufficiente analisi

delle prove testimoniali sul punto [2° motivo]; — mancata considerazione della incertezza sulle cause della mor

te [3° motivo]; la Corte d'appello di Trento assolve il Tamburini con formula

dubitativa.

La corte del merito, rigettato il primo e il terzo motivo di im

pugnazione, avendo giudicato compiutamente contestato l'aspet to di colpa al quale il tribunale aveva agganciato la responsabilità del prevenuto e avendo condiviso le osservazioni sulla base delle

quali il primo giudice aveva raggiunto la prova in ordine alla

causa della morte del giovane nei termini di rubrica, ritenne, in

vece, fondato il secondo motivo di appello, giudicando che non

spettava al bagnino avvertire i giovani circa i rischi del nuoto

in apnea prolungata, bensì all'istruttore e/o ai genitori del giova

ne, ove, ovviamente, presenti. Dall'altra parte, e nel merito, la corte predetta pose in rilievo

che un testo aveva asserito che il Tamburini, più volte, aveva

sollecitato i giovani a desistere da tali pericolosi comportamenti

[nuoto in apnea prolungata], mentre dalle dichiarazioni di altri

testi era emerso che non era stata praticata una vera e propria

gara [di nuoto in apnea], come sosteneva il tribunale: il giovanis simo Dall'Alda, invece, si era cimentato in un solitario tentativo

di battere il proprio record e quello di altro più esperto giovane

[certo Turella],

Ma, la corte trentina, approfondendo altro profilo di colpa,

già esaminato dal Tribunale di Rovereto e risolto con giudizio favorevole al prevenuto, evidenziò che spettava al Tamburini, nella

qualità di bagnino, prestare massima attenzione su quanto acca

deva in piscina e, quindi, anche sulle ragioni del ritardato riemer

gere del giovanissimo infortunato. Dalla disamina delle risultanze

processuali, il giudice del merito pervenne alla conclusione che

tra l'allontanamento del Turella [il quale aveva constatato l'in

successo del tentativo sperimentato dal Dall'Alda] e l'intervento

recuperatorio del Tranquillini, trascorsero almeno cinque minuti;

tempo durante il quale il Tamburini non si era neppure accorto

dell'accaduto.

Questa conclusione che, sempre a giudizio della prefata corte, avrebbe portato all'affermazione di penale responsabilità del pre

venuto, sarebbe contrastata da considerazioni, già svolte dal tri

bunale, e condivise dal giudice del gravame, evidenzianti la vigile

presenza del bagnino, l'elevato numero dei bagnanti presenti in

piscina, la carenza di circostanze ed elementi che avrebbero potu to sollecitare maggior attenzione da parte del Tamburini [quali il clamore di una vera e propria gara, l'attenzione a ciò rivolta da altri, ecc.].

Nel contrasto tra tali considerazioni, la corte trentina ritenne

legittima l'adozione di formula assolutoria dubitativa.

Ricorrono per cassazione sia l'imputato che il procuratore ge nerale della repubblica.

Motivi della decisione. — 3. - Quest'ultimo sperimenta tre mezzi di annullamento.

3.1. — Con il primo, rubricato come «violazione dell'art. 524, n. 1, c.p.p. in relazione all'art. 589 c.p.», l'ufficio ricorrente so stiene che incorre in contraddizione la motivazione della denun

ziata sentenza laddove, da una parte, ritiene essere obbligo del

bagnino, non solo segnalare situazioni di pericolo, ma anche in tervenire tempestivamente prima che il pericolo si tramuti o sfoci in situazione di danno, dall'altra, giudica, nel caso di specie, sod

disfatti quegli obblighi con l'avvertimento rivolto dal Tamburini

ai giovanissimi frequentatori della piscina circa la pericolosità della

pratica del nuoto in apnea prolungata. Con il secondo mezzo, con il quale denunzia violazione del

l'art. 524, n. 1, c.p.p. in relazione all'art. 589 c.p., il procuratore generale sostiene che il ravvisare un'ipotesi di colpa, a carico del

bagnino, solo al momento in cui egli tardò nel recuperare il cor

po del giovane, che «non nuotava più neppure in apnea», sembra in contrasto con l'obbligo di vigilanza cui si collega quello di

immediato intervento, focalizzabile nel momento in cui appaia chiara una situazione di pericolo, senza attendere che evolva in danno [consumato]. Pertanto, alla stregua di tale criterio, ritiene

l'ufficio ricorrente, nel caso di specie, che il Tamburini avesse ob

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GIURISPRUDENZA PENALE

bligo di seguire attentamente il giovanissimo cliente nella sua im

prudente pratica di nuoto in apnea prolungata ed intervenire pron

tamente, appena questi avesse mostrato bisogno di aiuto. Donde

l'evidenziazione di un comportamento di sicura negligenza. Con il terzo motivo, il p.g. denunzia violazione dell'art. 524,

n. 1, c.p.p., sempre in relazione all'art. 589 c.p.; rileva la non

corrispondenza a razionalità il sostenere che, in assenza del geni tore o dell'istruttore [ai quali, secondo la corte del merito, spette rebbe l'obbligo di avvertire della pericolosità del nuoto in apnea

prolungata e di intervenire con decisione], nessun dovere sostitu

tivo incomberebbe sul bagnino, benché gli si faccia obbligo di

vigilare sulle situazioni di pericolo a tutela di tutti i bagnanti; in particolare, secondo l'ufficio ricorrente, una tale decisione si

porrebbe in contrasto con «l'intero sistema normativo della tute

la dei minori e dell'obbligo generico della prudenza e dell'at

tenzione».

3.2. - L'imputato, tramite il suo difensore, aziona due mezzi

di annullamento.

Con il primo, rubricato per: «Violazione dell'art. 524, n. 1,

c.p.p.», con riferimento all'art. 515 c.p.p. e all'art. 201 c.p.p.», sostiene che la corte del merito avrebbe violato il principio del

tantum devolutum quantum appellatum, avendo riportato la sua

attenzione su un aspetto della colpa già esaminato dal tribunale

e risolto in senso favorevole al prevenuto, sicché questi non ne

aveva fatto oggetto di impugnazione, consentendo la formazione

del giudicato sul punto. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce: «Violazione del

l'art. 524 con riferimento all'art. 474, n. 3. Carente ed erronea

valutazione delle prove». Sostiene il deducente che la corte del merito avrebbe mal consi

derato gli elementi probatori acquisiti in atti, dai quali dovrebbe

dedursi che non già a cinque minuti ma a un sol minuto si ridur

rebbe la discrepanza tra le dichiarazioni di testi in ordine al tem

po di permanenza del corpo esamine del giovane in acqua, prima dell'intervento del Tranquillini.

4. - Osserva il collegio che il ricorso del procuratore generale

presso la corte trentina, limitatamente al punto centrato essen

zialmente con il secondo motivo, è fondato; vanno, invece, riget tati il primo e il terzo motivo, nei termini di cui appresso.

Due sono gli aspetti della problematica agitata in causa, af

frontati e variamente risolti dai giudici del merito; entrambi fatti

oggetto della impugnazione dell'ufficio di accusa presso la corte

trentina. Sull'uno e sull'altro, pertanto, questa corte, ritualmente

investita sotto il profilo di legittimità, deve intrattenersi, cosi con

giuntamente esaminando i tre motivi di ricorso, nella discussione

dei quali l'ufficio ricorrente ha spesso compattato i due aspetti

del problema, conseguenziando cosi una non condivisa parcelliz

zazione del discorso motivazionale.

4.1. - Il primo problema attiene l'individuazione dei poteri —

e, quindi, dei corrispondenti doveri — spettanti all'«assistente di

piscina» [bagnino] nell'ambito del ruolo a lui attribuibile nella

organizzazione gestionale di una privata impresa, esercente una

piscina aperta al pubblico, con generici connotati di pericolosità,

quale potrebbe dedursi dalla circostanza che talune disposizioni

di legge e regolamentari [t.u. legge di p.s.: r.d. 18 giugno 1931

n. 773 (art. 86 e 121); regolamento per l'esecuzione del detto t.u.:

r.d. 6 maggio 1940 n. 635 (art. 224 ss.)] impongono la presenza

di persona idonea, fornita di requisiti, previamente accertati, quale

presupposto per il rilascio dell'autorizzazione amministrativa ed

onere gestionale, condizionante sanzioni e, perfino, revoca della

autorizzazione stessa.

Orbene, come è stato rilevato dai giudici del merito, non esiste

alcuna norma di legge che conferisca all'assistente di piscina [co

munemente detto bagnino] [e, in reciprocità, lo obblighi a farne

uso] poteri di intervento sul comportamento dei frequentatori della

struttura nella fruizione del servizio fornito: ovviamente, nel ri

spetto dei doveri civici nei confronti dei presenti e delle strutture

aziendali, sia sotto il profilo patrimoniale che, soprattutto, della

sicurezza per i terzi.

Ne consegue che il bagnino non potrebbe certamente esercitare

poteri coattivi nei confronti dei clienti, ove costoro, come nel

caso di specie, intendessero fruire della piscina sperimentando eser

II Foro Italiano — 1989.

cizi che, in ipotesi, possano ritenersi in qualche modo forieri di

pericolo per se stessi.

Pericolo che spesso si annida non già nella fruizione del servi

zio secondo la normalità, ma nell'abuso ovvero in imprudenze esaurentisi nell'ambito comportamentale del singolo.

Ora, secondo la perentoria formula di cui al capoverso del

l'art. 41 c.p., è da considerarsi causa di un evento «dannoso o

pericoloso da cui dipende l'esistenza del reato» [art. 41, la parte,

c.p.] il comportamento omissivo di colui che «ha obbligo giuridi co» di impedirne la verificazione.

Sul punto, la giurisprudenza di questa corte di legittimità risul

ta assolutamente univoca, dovendosi escludere, in modo categori

co, la ipotizzabilità della attribuzione di un evento dannoso o

pericoloso in capo a taluni a causa di comportamento omissivo

non presidiato da obbligo giuridico di attivarsi, proprio e specifi camente al fine di impedire la verificazione di quell'evento, vale

a dire di quello dedotto in giudizio [per tutte: Cass., sez. IV, 12 luglio 1984, Zucchini, Foro it., Rep. 1985, voce Omicidio e

lesioni personali colpose, n. 21].

L'obbligo, di impedire la verificazione di tale evento, deve es

sere giuridicamente previsto, cioè delineato in una disposizione di legge o regolamentare, la quale, per sua struttura e natura,

abbia la forza di obbligare il cittadino a tenere un determinato

comportamento, costituendolo in «posizione di garanzia» rispet

to all'evento temuto [cfr. Cass., sez. IV, 20 aprile 1983, ric. Bru

no, id., Rep. 1984, voce Reato in genere, nn. 17, 18], fornendolo

del potere [inteso in senso generico] idoneo e sufficiente al conse

guimento del fine oggetto della disposizione.

Deve, pertanto, escludersi che il «bagnino» sia fornito, allo

stato attuale della legislazione, di potere-dovere di intervento coat

tivo idoneo ad incidere sul comportamento, giudicato rischioso,

posto in essere da frequentatori di una struttura balneare privata;

ugualmente, e conseguenzialmente, è da escludere che tale opera tore possa ritenersi destinatario di un potere-dovere di «ammoni

mento», secondo la terminologia adottata dal giudice di primo

grado. Terminologia dalla significazione alquanto equivoca, po

sto che, ove un tale supposto potere-dovere dovesse ritenersi pri

vo di mezzi esecutivi [sopra negati: poteri coattivi], rimarrebbe

circoscritto a un puro esercizio vocale, non dissimile dal semplice

«consiglio» che qualsiasi persona può rivolgere ad altri; se, inve

ce, lo si volesse supporre fornito dei «mezzi» necessari a renderlo

concretamente operativo, si cadrebbe chiaramente nella ipotesi

sopra esclusa.

4.2. - Il secondo profilo della problematica agitata in causa

attiene, invece, al dovere di vigilanza e di pronto intervento attri

buito al «bagnino» dalla corte del merito e certamente sussistente.

La ragione d'essere della presenza di persona, munita di speci

fica competenza e capacità, iscritta in appositi registri pubblici

[disposizioni della legge di p.s. e relativo regolamento, sopra ri

chiamate], sta proprio non già, come osservava il giudice di pri mo grado, nella funzione recuperatoria «a fatto accaduto», ma

in quella di intervento ausiliatorio, nel momento del bisogno e

prima che una determinata situazione a rischio, ove, ovviamente,

avvertita con l'uso della massima diligenza che deve pretendersi in colui cui sia affidato un compito specifico di vigilanza, si evol

va in irreversibile danno.

Orbene, la corte del merito, pur non avendo trascurato di rite

nere ed evidenziare la regola sopra riassunta, non ha saputo trar

ne le dovute conseguenze connesse alla, secondo quanto risulta

dalla impugnata sentenza, accertata [e dall'ufficio ricorrente de

nunziata] negligenza, nella quale il Tamburini versò nella luttuo

sa circostanza per cui è causa.

La corte del merito ha ritenuto, invero, che: — il Tamburini, nello specifico ruolo di assistente di piscina,

o bagnino che si dica, aveva obbligo di vigilare con diligenza

e di intervenire sin dal momento in cui un frequentatore della

struttura balneare si fosse venuto a trovare in situazione di pericolo; — che al predetto imputato era noto che alcuni giovanissimi,

frequentatori della piscina, usavano abusare nel gareggiare nuo

tando in apnea prolungata, rendendo a rischio, cosi, una pratica

natatoria di per sé innocua; — che tra costoro vi era l'adolescente Dall'Alda, il quale ripe

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PARTE SECONDA

tutamente si cimentava nel tentativo di superarsi e battere [pure] il record di altro più esperto frequentatore della piscina;

— che mentre questo giovane teneva tale dal prevenuto ritenu

to e giudicato [e come tale fatto oggetto di «ammonimento»] ri

schioso comportamento, il Tamburini era presente sui bordi della

piscina; — che, ciononostante, egli né seguì il, né se avvide del [di quanto

accadeva al] giovane Dall'Alda, rimanendone disinformato per

almeno cinque minuti [dal momento in cui l'adolescente venne

a trovarsi in difficoltà], sin tanto che altra persona [Tranquillini], del tutto estranea all'organizzazione di assistenza-vigilanza

soccorso, non ebbe a ripescare il corpo esamine dello sfortunato

giovinetto; — che questa disattenzione, definita negligenza dal ricorrente

ufficio di accusa, sarebbe potuta risultare genericamente spiega bile [quanto meno sotto il profilo del dubbio] a causa del numero

delle persone presenti in piscina in quel momento, della mancan

za di clamore, della carenza di circostanze inconsuete idonee ad

attivare maggiore attenzione nel prevenuto. Il comportamento tenuto dal Tamburini, siccome denunciato

dalla successione dei fatti nei termini accertati dal giudice del me

rito, alla luce del principio di diritto sopra delineato, non può trovare logica e giuridica spiegazione-giustificazione in generiche

considerazioni, che non siano idonee ad evidenziare, con rigore,

la impossibilità [che non deve essere solo difficoltà] del tenere

la condotta di massima diligenza richiesta dalla specificità del ruolo

[dell'incarico] e dalla consapevolezza della esistenza di una situa

zione di pericolo capace di precipitare in un evento di danno irre

parabile. In definitiva, il giudice del merito doveva provare, con rigore

logico e rispetto delle regole di diritto, che il Tamburini, vigile e attento nel seguire la situazione di pericolo, sulla quale non

poteva influire se non nel momento specificamente connesso al

suo ruolo, non era potuto intervenire tempestivamente per ragio ni che solo il giudice del merito può individuare [se esistenti in

atti], valutare e mettere in esatta correlazione, referente la con

dotta comandata [dalla legge], con il comportamento oggettiva mente rilevato. Ragioni che non possono trovare radice nella

disattenzione, nei termini giustificatori adottati dalla impugnata sentenza: la disattenzione, infatti, è un essenziale profilo della

colpa. La carente analisi del dato processuale, in relazione alla indivi

duazione delle componenti del comportamento tenuto dal preve

nuto, appare ancor più censurabile, quando si evidenzi che la

corte del merito, rigettando apposito motivo di appello, proposto dal Tamburini, non dubitò che la morte del giovinetto Dall'Alda

fu causata da anossia cerebrale; patologia che si instaura, come

è noto, progressivamente, a seguito di persistente carenza di ossi

geno nei centri nervosi cerebrali, in conseguenza di analoga in

sufficienza nel naturale veicolo di tale indispensabile elemento della

vita animale.

Ciò, dunque, ancor più evidenzierebbe, sempre a stare all'ac

certamento di merito, la ragionevole pertinenza, al fine di salvare

la vita del malcapitato [e, reciprocamente, la riferibilità eziologi ca dell'accaduto alla condotta del prevenuto], di un pronto inter

vento di ausilio, utilmente praticabile solo ove il preveduto si fosse

fatto carico, come doveva, di seguire con massima attenzione quan to accadeva, laddove, nella non certo immensa piscina e a pro fondità del tutto visibile [livello dell'acqua a circa un metro e

mezzo dal fondo], il Dall'Alda pericolosamente [ancorché con

sua grande imprudenza] si sforzava nel resistere a lungo senza

respirare. Sul punto, dunque, la impugnata sentenza deve essere annulla

ta, con rinvio ad altro giudice, che si individua in altra sezione

della stessa Corte di appello di Trento, perché, uniformandosi

al principio di diritto, secondo il quale «l'assistente di piscina, comunemente detto bagnino, ove operi in struttura privata, altri

menti non regolamentata nelle attribuzioni connesse al suo ruolo, escluso qualsiasi potere-dovere di proibizione e intervento coatti

vo ovvero di ammonimento, in relazione alla normale fruizione

del servizio, nel civile rispetto delle persone e della integrità della

struttura, ha dovere di massima vigilanza e di pronto intervento

in relazione a situazioni di concreto pericolo che, comunque, coin

II Foro Italiano — 1989.

volgano i fruitori del servizio, anche qualora radicate in compor tamenti imprudenti o negligenti del cliente», liberamente rivaluti

il materiale probatorio acquisito agli atti, traendone le conclusio

ni che, nel rispetto della logica e dei principi di diritto, risulteran

no conformi a giustizia. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 28 otto

bre 1988; Pres. Modigliani, Est. Valente, P.M. (conci, conf.); ric. Buzzi. Conferma Trib. sorveglianza Roma, ord. 1° giugno 1988.

Ordinamento penitenziario — Liberazione anticipata — Istanza

avanzata dopo la cessazione della custodia cautelare ma prima della esecuzione della pena — Inammissibilità (L. 26 luglio 1975

n. 354, norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione

delle misure privative e limitative della libertà, art. 54; 1. 10

ottobre 1986 n. 663, modifiche alla legge sull'ordinamento pe

nitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative

della libertà, art. 18).

È inammissibile l'istanza volta ad ottenere la liberazione antici

pata, relativamente al periodo trascorso in custodia cautelare,

quando sia presentata dal condannato in libertà dopo la cessa

zione di tale periodo e prima dell'inizio dell'esecuzione della

pena residua. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 16 giugno

1988; Pres. Dolce, Est. Aiello, P.M. (conci, conf.); ric. Proc.

gen. App. Roma; detenuto Racca. Conferma Trib. sorveglian

za Roma, ord. 26 febbraio 1988.

Ordinamento penitenziario — Liberazione anticipata — Istanza

relativa a semestri espiati in detenzione ma avanzata nel corso

di sospensione dell'esecuzione della pena per motivi di salute — Ammissibilità (Cod. pen., art. 147; 1. 26 luglio 1975 n. 354, art. 54; 1. 10 ottobre 1986 n. 663, art. 18).

È ammissibile — e va, pertanto, ritenuta legittima la relativa or

dinanza di riduzione della pena — l'istanza volta ad ottenere

la liberazione anticipata relativamente a semestri espiati in de

tenzione, anche se presentata nel corso di sospensione della pe na per motivi di salute. (2)

(1-2) Attualità dello stato detentivo e ammissibilità dell'istanza di libe razione anticipata.

Le due decisioni riportate affrontano, seppure in riferimento a fattispe cie diverse, un problema che sembra prospettarsi, in entrambi i casi, con caratteristiche analoghe: quello della ammissibilità della istanza di libera zione anticipata da parte di un soggetto che non si trova in atto detenuto, ma che, avendo già trascorso in carcere una parte della pena e dovendo ancora espiare la pena residua, chiede che venga valutato il periodo già trascorso in detenzione allo scopo di ottenere una anticipata riduzione della pena ancora da scontare.

Una simile situazione può, appunto, verificarsi in casi come quelli so

pra presi in esame: il primo, relativo ad una istanza avanzata dopo la cessazione della custodia cautelare, ma prima della esecuzione della resi dua pena (come è noto, in seguito alle modifiche introdotte dall'art. 18 della legge di riforma dell'ordinamento penitenziario del 10 ottobre 1986 n. 663, il periodo trascorso in custodia cautelare può essere — per espres so riconoscimento legislativo — valutato ai fini di una eventuale conces sione di riduzione di pena: sul punto, che in passato aveva dato origine

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