Sezione speciale; sentenza 30 gennaio 1946; Pres. ed est. Avezzana; imp. BolognaSource: Il Foro Italiano, Vol. 69, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1944-1946), pp.125/126-127/128Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23139345 .
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126 GIURISPRUDÈNZA PENALE 126
quando il motivo non esaminato sia sostanziale agli efletti
della deeisione, e non pure quando, pel suo contenuto, si
palesi in diritto infondato ; così come si presenta quello, in ordine al quale la Corte di Roma omise addirittura di
pronunziare. Ed in vero, il Collegio di Propaganda Fide, sito nella
collina del Granicolo (nel oui mattatoio ebbe a verificarsi
l'evento costituente reato) non si trova, contrariamente a
quanto si assume, nel territorio dello Stato della Città del
Vaticano, sibbene nel territorio dello Stato italiano, ed è
quindi sottoposto, per ogni fatto che in esso si compia, alla potestà delle leggi del nostro Stato, il quale ha il di
ritto e il dovere di procedere alla reintegrazione dell'or
dine giuridico ivi violato. Lo Stato della Città del Vaticano è costituito da quella
porzione di Roma, nella quale si trovano i palazzi Vati
cani, gli edifici ed i giardini annessi, e la piazza di San
Pietro, così come risulta dalla pianta contenuta nell'al
legato n. 1, che forma parte integrante del Trattato in
terceduto fra l'Italia e la Santa Sede.
Soltanto su questo territorio il Sommo Pontefice eser
cita la sua sovranità, ed ha quindi la pienezza dei poteri
legislativo, eseoutivo e giudiziario ; e non pure sugli altri
immobili (Basiliche Patriarcali ed edifici annessi, Palazzo
Pontificio di Castelgandolfo, con le dotazioni, attinenze e
pertinenze, Cancelleria, Dataria, Palazzo di Propaganda
Fide, in Piazza di Spagna, ed immobili appartenenti alla
detta Sacra Congregazione, e ad altri Istituti ecclesiastici,
situati sul lato Nord del colle Gianioolense, prospicienti verso i palazzi Vaticani), i quali, pure essendo stati rico
nosciuti di piena proprietà della Santa Sede, godono sol
tanto le prerogative della immunità (art. 15 del Trattato), e continuano, per tanto, ad essere sottoposti al potere
d'imperio del nostro Stato, salvi, per l'esercizio di un tale
potere, i limiti derivanti dalla prerogativa suddetta, che,
per quanto attiene alla giurisdizione penale, si concretano
nel divieto ai funzionari di potervi compiere atti del loro
ministero senza il preventivo permesso di colui che è posto a capo della Chiesa o dei Palazzi.
È bensì vero ohe tali immobili furono qualificati coc.e
aventi privilegio di extraterritorialità nell'intestazione del
l'allegato secondo del Trattato, ma le parole ivi usate stanno
evidentemente ad indicare null'altro fuori che il complesso d'immunità e di esenzioni di cui essi godono e perciò
quello che in apparenza potrebbe sembrare una contrad
dizione fra le due dif erenti locuzioni in realtà non sus
siste. Ogni diversa interpretazione implicherebbe un effet
tivo ed inesplicabile contrasto fra l'intestazione dell'alle
gato ed il testo del trattato ; ed è ovvio che, in tale
contrasto, sarebbe sempre il trattato, e non l'allegato, che
dovrebbe avere la prevalenza.
L'allegato si rese necessario principalmente per ben
determinare la precisa limitazione confinaria dei beni con
cessi in proprietà alla Santa Sede. Esso perciò ha valore
assoiuto solo in riguardo alla finalità oui fu destinato e
non può certo valere ad infirmare il contenuto della con
venzione, pattuita dalle Alte parti contraenti, le qnali sti
pularono, relativamente a tali beni, soltanto la prerogativa della immunità di contenuto ben diverso e più limitato
del diritto di extraterritorialità in quanto per quella i beni
continuano a far parte del territorio dello Stato italiano,
ad essere soggetti alle nostre leggi, mentre per quest'ul timo i beni sopra menzionati si dovrebbero considerare
come se fossero situati nel territorio dello Stato Vatioano,
alle cui leggi e giurisdizioni dovrebbero sottostare.
Non sarà, comunque, superfluo aggiungere che, essen
dosi espressamente, nel citato articolo, convenuto che le
immunità concesse a favore degli indicati immobili sono
quelle stesse riconosciute dal diritto internazionale alle
sedi degli agenti diplomatici degli Stati esteri, si escluse,
con tale riferimento, ogni possibilità di ambigua interpre
tazione. Dappoiché è fuori di ogni dubbio che, secondo i
principii oggi universalmente ammessi dalla dottrina e
dalla giurisprudenza, le dette sedi non più si considerano
come territorio dello Stato al quale l'agente diplomatico
appartiene ma come facenti parte del territorio dello Stato
presso coi la rappresentanza diplomatica è accreditata.
Onde rimane ancora una volta confermato che anche gli im
mobili di che gli art. 13, 14 e 15 del Trattato non godono del
diritto di extraterritorialità, secondo la tesi dei ricorrenti,
ma fanno parte del territorio dello Stato Italiano, e sono, come già si è detto, sottoposti al potere d'imperio delle
leggi del nostro Stato, salvi, per l'esercizio di quel potere, i limiti per la guarentigia della libertà inerente alle fun
zioni, cui quei beni sono destinati.
Consegue che la macellazione dei tre vitelli nel mat
tatoio del Collegio di Propoganda Fide, va considerata
come una qualsiasi altra mattazione, eseguita nel territorio
dello Stato Italiano, e, per essere avvenuta senza la os
servanza delle norme prescritte dalle disposizioni della
legge annonaria attualmente in vigore, va. soggetta alle
sanzioni della legge stessa comminate. (Omissis) Per questi motivi, accoglie il ricorso.
CORTE D'ASSISE DI FORLÌ.
Sezione speciale; sentenza 30 gennaio 1946; Pres. ed est.
Avezzana ; imp. Bologna.
Fascismo (sanzioni contro U) — Collaborazionismo —
Presunzione — Prova contraria (D. leg. luog. 22 aprile
1945 n. 142, sull'istituzione delle Corti straordinarie
di assise per i reati di collaborazione con i tedeschi,
art. 1).
La presunzione di collaborazione prevista dall'art. 1 del de
creto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945 ». 142
per coloro che hanno rivestito determinate cariche du
rante il regime fascista repubblicano è relativa. (1)
Quindi non è punibile un capo di provincia che dimostri
correttezza del proprio operato, anzi di essersi avvalso
della carica per favorire gl'interessi dei cittadini ai quali
ha evitato danni.
La Corte, ecc. — (Omissis) Per l'art. 1 decreto legi
slativo luogotenenziale 22 aprile 1945, n. 142, < si consi
dera in ogni caso che abbiano collaborato col tedesco in
vasore coloro ohe gli abbiano prestato aiuto o assistenza,
coloro che abbiano rivestito una delle cariche seguenti at
tività successivamente alla instaurazione della cosi detta
Repubblica sociale italiana : ... 3) capi provincia ». Per
la tesi che si tratti di una presunzione juris et de jure si
sostiene che la dizione letterale della legge (t in ogni caso »)
lo denota, e lo spirito ohe la informa lo conferma. La legge
ha voluto equiparare chi ha prestato aiuto o assistenza
al nemico a chi ha rivestito una carioa, la quale, attuando
una rappresentanza del potere centrale, alleato col tede
sco invasore, necessariamente importava la esistenza di
rapporti non ostili, di contatti amichevoli per spiegare
un'azione non discorde, per l'affiancamento dell'attività
antinazionale svolta dal nemico, che calpestava il suolo
italiano, arrecando gravissimo nocumento a persone e a
cose. L'affermazione della colpevolezza sarebbe nella legge ;
ai giudici spetterebbe soltanto la commisurazione della
pena. Non importa se la carica sia stata accettata libe
(1) La giurisprudenza della Corte di cassazione è contraria,
perchè ritiene che si tratti di presunzione juris et de jure, per
quanto di recente abbia attenuato il suo rigore. Vedi Caes. 31
gennaio 1946, Insom (retro, col. 106). In senso conforme alla sentenza della Corte d'assise di Forlì :
Manzini, Presunzione relativa, in Biv. pen., 1946, 306. Così Bet
tiol, Eccezione alla regola « in dubio pro reo «, id., id., 297 ; De
litàla, Il reato vim meno se fa difetto la volontà, id., id., 299 ;
Petrocelij, Necessità di valutare il comportamento per la deter
minazione della norma violata, id., id., 312; Gbispigni, Interpre
tazione autentica e non fattispecie di responsabilità obbiettiva, id.,
id., 303, ritiene che non si tratti nè di presunzione juris et de
jure, nè di presunzione juris tantum, ma di interpretazione au
tentica. 1
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127 parte seconda i 28
ramente o imposta ; se il soggetto attivo abbia avuto co
scienza e volontà di far profittare al tedesco invasore del
l'illeceità della sua condotta. L'esercizio della funzione
assomma un programma collaborazionista, implica per forza
di cose un reato.
Se in tal senso dovesse interpretarsi la legge in esame
bì dovrebbe ammettere che possa essere presupposto del
magistero punitivo una responsabilità obbiettiva, che di
scenda dalla legge indipendentemente e al di fuori dalla
volontà dell'uomo ; che ogni fatto, oggetto di reato, non
debba esaminarsi in ordine all'estremo morale, che l'ac
certamento di una determinata situazione di fatto coin
volga necessariamente una conseguenza inevitabile, insop
primibile, anche se non voluta, anzi oppugnata. In realtà
la legge non ha inteso che si giunga al sovvertimento di
questi principi per attuare la giustizia. Essa ha posto una
presunzione semplice. « Si considera in ogni caso » è da
interpretarsi nel senso che si ritiene, v'è ragione di rite
nere, si deve ammettere che la natura della carica e l'eser
cizio delle funzioni relative fossero incompatibili con l'av
versione ad ogni provvedimento del nemico e con l'oppo sizione alla sua attività, intese ad impedire il consegui mento delle finalità politico-militari. Ma si deve ammet
tere che altro è rapporto fattivo, aiuto ed assistenza, nel
che si attua la collaborazione, ed altro è la resistenza
passiva, l'opera rivolta a contenere e limitare l'attività
nemica, farla desistere da fatti e propositi criminosi, ten
tare di conciliare le esigenze di vita e di libertà del po polo italiano, martoriato dalle azioni di ostilità spiegata dal tedesco invasore. Da ciò esula il collaborazionismo ed
è ciononostante compatibile oon l'espletamento della ca
rica su cui pesa una presunzione che in detta ipotesi viene
distrutta. Così si ristabilisce il principio che ognuno ri
sponde delle proprie azioni commesse con dolo o colpa da vagliare caso per caso, eliminando per chiunque sia stato investito di una oarica, un'equiparazione, contraria
a principi elementari di giustizia, se si impedisse la difesa, la dimostrazione che la condotta e l'attività svolta abbiano infirmato e fatto venir meno il fondamento della presun zione generica. Che la mens legislativa debba ritenersi
orientata in -questo senso, si trae conferma dall'art. 2 del decreto legislativo luogotenenziale 9 novembre 1945, nu mero 702, sull'epurazione delle pubbliche amministrazioni.
Dopo di aver disposto la dispensa dal servizio anche per chi abbia esercitato le funzioni di oapo provincia cosi si
esprime nell'ultimo comma : « Non si fa luogo a dispensa quando le attività dopo l'8 settembre 1943, siano state svolte & seguito di coercizione e allo scopo di danneggiare l'azione dei tedeschi o del governo che solo apparente mente si serviva ». La presunzione juris tantum è per tal
guisa esplicitamente ammessa ai fini di un provvedimento amministrativo mentre dovrebbe escludersi nella valuta zione di un reato.
È inoltre da considerare che la novità della retroat tività della legge penale, perchè prevede e reprime azioni commesse precedentemente alla sua promulgazione, si deve conciliare coi principi indefettibili di giustizia. Nullum crimen sine lege, e la legge deve essere vigente al momento in cui è commesso il fatto. La carica di prefetto o capo provincia esisteva prima dell'8 settembre 1943 ed esiste
tutt'oggi, con le medesime funzioni politiche e ammini strative. Per la convenzione dell'Aia del 1907 l'organiz zione civile è mantenuta anche sotto l'egida dell'occu
pante ohe ha diritto di legiferare, di amministrare oon gli stessi organi ohe si trovano nel paese occupato, di avva lersi dei funzionari che sono in carica ; ed i cittadini tutti, funzionari compresi, debbono obbedienza all'invasore. An che se la cosidetta repubblica sociale italiana aveva so stituito i precedenti funzionari, non era punibile chi aveva obbedito al dovere civico di espletare le funzioni di cui era investito, perchè nessuna legge lo prevedeva come reato.
Se tutti si fossero rifiutati, il nemico avrebbe dovuto
provvedere con propri impiegati, il che avrebbe precluso di recare vantaggio agli amministrati. In questa situa
zione di cose intanto il funzionario poteva avere coscienza
di commettere un fatto antigiuridico, in quanto recava aiuto ed assistenza alle criminali imprese dell'invasore, perchè già previste come reati dalle leggi allora vigenti. Se gli si impedisse di dimostrare la correttezza del proprio operato, che si è avvalso della carica per favorire gli in teressi dei cittadini ai quali ha evitato danni, si verrebbe ad una affermazione di colpevolezza in contrasto coi prin cipi più elementari del diritto punitivo. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
Rivista di Giurisprudenza Penale Fascismo (sanzioni contro il) — Vilipendio delle istitu
zioni costituzionali dello Stato — Milizia volontaria
sicurezza nazionale — Disposizione abrogata (Cod. pen., art. 290; d. leg. luog. 27 luglio 1944 n. 159, contenente sanzioni contro il fascismo, art. 1).
L'art. 290 capoverso limitatamente in quanto tutela
tra le forze armate dello Stato la milizia volontaria per la sicurezza nazionale è da considerarsi abrogato dall'art,. 1
del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944
n. 159. (1) Corte suprema di cassazione; sezione II penale ; sentenza
13 novembre 1944 ; Pres. Mangini, Est. Properzi, P. M.
Battaglini (conci, conf.) ; rio. Procopio (Avv. Ferrari, Grosso).
(Sent, denunciata : App. Potenza 13 maggio 1943)
Amnistia e indulto — Regio decreto 5 aprile 1944.
n. 96 — Omicidio tentato (Cod. pen., art. 56 e 575;
r. d. 1. 5 aprile 1944 n. 96, art. 5, n. 4).
L'indulto concesso con il regio decreto 6 aprile 1944
n. 96 non è applicabile al tentativo di omioidio. (2)
Corle suprema di cassazione ; sezione I penale ; sentenza
30 aprile 1945; Pres. Petruzzi, Est. Morcavallo, P. M. Cor
dova (conci, conf.) ; ric. Bellamacina (Avv. Candela,
Mancpzi).
[Sent, denunciata: Assise Messina 19 giugno 1941)
(1) Conforme : Vassalli G., Abrogazione di norme incrimina
trici in tema di delitti contro la personalità dello Stato, in Giust.
pen., 1940, II, 19.
La sentenza osserva : i A lui fu addebitato di avere usato
espressioni oltraggiose per la Milizia volontaria sicurezza nazionale,
ed il fatto, ritenuto dai giudici di merito, fu colpito di condanna
siccome integrante il reato dì cui al capoverso dell'art. 290 cod.
pen. perchè, delle forze armate dello Stato, tutelate da questa di
sposizione, faceva parte anche — per esplicito precetto dell'art. 1
regio decreto legge 4 agosto 1924, n. 1292 — la Milizia volontaria
sicurezza nazionale. « Essendo però intervenuto il decreto legislativo 27 luglio 1944,
n. 159, che al suo art. 1 abroga tutte le disposizioni penali ema
nate a tutela delle istituzioni e degli organi politici creati dal fa
scismo (disponendo flnanco l'annullamento delle sentenze già pro
nunciate in base a tali disposizioni), viene ad essere abrogata
quella dell'art. 290 cod. pen. in quanto ed esclusivamente in quanto
tra le forze armate dello Stato tutela la milizia volontaria sicu
rezza nazionale, tipica istituzione ed organo politico creato dal fa
scismo. i Ne consegue, a termini del primo capoverso art. 2 cod. pen.,
secondo la legge posteriore che il fatto ritenuto dai giudici di me
rito a carico del Procopio non costituisce reato e pertanto costui
non può per il fatto stesso essere punito ».
(2) Conforme : Cass. 8 febbraio 1945, Currò (Giust. pen.,
1945, II, 30, n. 5) ; — contra : Cass. 30 maggio 1945, Terzo (id.,
id., II, 29, n. 4); G. S., Tentativo e amnistia, id., 1946, II, 38.
L'attuale sentenza osserva : « (Omissis) Attesoché pur ricono
scendosi esatto che il tentativo costituisce figura autonoma di
reato in confronto di quello corrispondente consumato, è da que sto che il delitto tentato trae nome e natura, unico essendo, in
entrambe le ipotesi, il bene giuridico violato ed identica la
volontà. « Attesoché la richiesta del beneficio del condono ha radici
in ragioni di carattere obbiettivo dipendenti dalla natura del
reato, che non diversifica l'ipotesi del tentativo da quella del de
litto consumato ».
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