sezione V penale; sentenza 13 febbraio 1990; Pres. Bilardo, Est. Castaldi, P.M. Ciani (concl.conf.); ric. Di Biasi. Annulla Trib. Napoli 12 dicembre 1989Source: Il Foro Italiano, Vol. 113, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1990), pp.423/424-425/426Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23183646 .
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PARTE SECONDA
del canone di locazione di un appartamento nonché delle chiavi
dell'immobile stesso.
Aggiungeva che il reperimento degli assegni e delle chiavi era
di per sé «neutro» e che assumeva valore «soltanto se inserito
in un quadro di indizi provenienti da fonti disparate e non di evidenza immediata».
Concludeva quindi che mancava la flagranza. Ricorre il procuratore della repubblica di Verona. Deduce che
la nozione di flagranza non può essere ristretta nell'ambito dei
soli indizi, che ricadono immediatamente sotto la percezione del
c.d. «terzo» (polizia giudiziaria), dovendo gli indizi stessi essere esaminati insieme con tutti gli altri elementi probatori acquisiti.
Lamenta quindi: 1 ) errata interpretazione circa la sussistenza
della «sorpresa in flagranza» ex art. 235 c.p.p.; 2) omesso esame
di dati rilevanti. Il tribunale avrebbe completamente trascurato di valutare l'at
tualità della consumazione al momento dell'intervento della guar dia di finanza, alla luce «dell'inequivoco contenuto delle conver
sazioni telefoniche intercettate, dei pedinamenti ed appostamenti
eseguiti, dei rilievi fotografici, delle perquisizioni domiciliari, del le stesse ammissioni degli imputati in sede di interrogatorio».
Dal collegamento di tali estremi — a parere del ricorrente —
il tribunale avrebbe potuto desumere che i due imputati nell'ap
partamento, costituente la base operativa (di cui avevano le chia
vi e le matrici degli assegni attestanti i pagamenti dei contratti di locazione), attraverso il telefono tenevano contatti con forni
tori svizzeri, per introdurre in Italia notevoli quantitativi di ar
gento di contrabbando e che durante l'intervento della guardia di finanza, diretto a bloccare l'ultima operazione di contrabban
do di 925 kg. di argento, i correi svizzeri avevano chiamato l'u
tenza per conoscere i successivi eventi.
Il ricorso va accolto. La tesi del giudice di merito non ha fon
damento giuridico, poiché l'art. 237 c.p.p. non può essere ridut
tivamente interpretato nel senso innanzi prospettato «è flagrante il reato che si commette attualmente» ed «è in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato».
Ritiene il collegio che il tribunale, dopo avere correttamente
rilevato in tema di reato permanente che la flagranza è configura
bile, quando la consumazione non sia cessata e quando la con
dotta sia attuale e costituisce — o di per se stessa o in collega mento con altri elementi aliunde acquisiti — estremo di prova della partecipazione del soggetto all'associazione, ha invece erro
neamente individuato il criterio aggiunto dell'immediata perce zione dei suddetti elementi da parte dell'agente di polizia operante.
Questo presunto requisito è estraneo al dettato normativo.
È anzi contraddetto dalla stessa previsione legislativa della quasi
flagranza, che si verifica quando «immediatamente dopo il rea
to» il soggetto venga «sorpreso con cose o tracce dalle quali ap
paia che egli abbia commesso poco prima il reato».
L'immediatezza è riferita al reato, rispetto al momento della
sorpresa e non alla percezione della polizia. Il rapporto deve sussistere cioè tra il soggetto attivo ed il reato,
il quale deve essere in itinere o cessato da poco tempo. La conoscenza del fatto da parte dell'agente di polizia giudizia
ria è quasi sempre elemento del sillogismo giuridico, ma non com
ponente indispensabile, perché non richiesto dalla norma.
Si può dunque affermare che la flagranza è configurabile ogni
qualvolta sia possibile stabilire un nesso tra il soggetto ed il reato
ed in particolare con l'elemento materiale dello stesso, dovendo
la condotta — di cui esso si sostanzia — essere ancora in corso
o cessata immediatamente prima. Ne deriva che, ai fini della legalità dell'arresto, non è necessa
rio che l'agente di polizia abbia la rappresentazione del nesso suddetto o sia a conoscenza di tutti gli elementi giustificativi, aliun de già acquisiti, essendo sufficiente che, pur se con valutazione
ex post, di fatto esistessero al momento tutte le condizioni, che
rendevano legittimo il provvedimento restrittivo adottato.
Le stesse argomentazioni vanno applicate altresì in tema di rea
to permanente e con particolare riferimento all'associazione per
delinquere. La polizia giudiziaria può anche non trovarsi nel momento in
cui esegue l'arresto in presenza di un indizio che abbia il caratte
re della novità rispetto al coacervo degli elementi probatori già
acquisiti. È sufficiente invece che questi ultimi, posti in logica connessio
II Foro Italiano — 1990.
ne tra loro, diano la certezza che il reato sia attuale e che l'arre
stato ne sia il soggetto attivo.
Né può ritenersi che per tale via si possono porre in essere
arresti preventivi: è evidente infatti che nessun componente della
polizia giudiziaria procederà ad arresto per poi accertarne la le
gittimità, rischiando l'incriminazione ex art. 606 c.p. Alla luce dei principi di diritto innanzi stabiliti, ripristinato lo
status quo ante, il tribunale dovrà prendere in dettagliato esame
ogni elemento probatorio valido, stabilendo tutti i necessari col
legamenti e le opportune chiarificazioni al fine di decidere sulla proposta istanza di riesame.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 13 feb
braio 1990; Pres. Bilardo, Est. Castaldi, P.M. Ciani (conci,
conf.); ric. Di Biasi. Annulla Trib. Napoli 12 dicembre 1989.
Misure cautelari personali — Fermo — Convalida — Ordinanza — Impugnazione — Ricorso per cassazione (Cod. proc. pen. del 1988, art. 391).
Misure cautelari personali — Fermo — Convalida — Ordinanza — Riesame — Inammissibilità — Richiesta presentata al tribu
nale della libertà — Conversione — Esclusione (Cod. proc. pen. del 1988, art. 309, 391, 568, 582, 591).
Contro l'ordinanza che decide sulla convalida del fermo (o del
l'arresto) può essere proposto soltanto ricorso per cassazione. (1) La richiesta di riesame dell'ordinanza di convalida del fermo (o
dell'arresto) è inammissibile e, se presentata nella cancelleria
del tribunale della libertà, non ne è consentita la conversione
in ricorso per cassazione difettando uno dei requisiti formali richiesti per questo. (2)
(1-2) Il nuovo codice di procedura penale ha talmente accentuato l'au tonomia della convalida del fermo o dell'arresto, già affermatasi, quanto al secondo, dopo le «novelle» del 1982 — 1. 532/82 — e del 1988 —
1. 330/88 — (v., per tutte, Cass., sez. un., 24 novembre 1984, Varriale, Foro it., 1985, II, 157, con nota di richiami), rispetto al provvedimento costituente titolo per la definitiva privazione della libertà personale, da
prevedere per essi due distinti rimedi; l'ordinanza di convalida è, infatti, soggetta esclusivamente al ricorso per cassazione giusta quanto espressa mente dispone l'art. 391, 4° comma, c.p.p., mentre avverso quella con cui è adottata una misura coercitiva sono proponibili, alternativamente, richiesta di riesame (art. 309, 16 comma, c.p.p.) o ricorso per cassazione
(art. 311, 2° comma., c.p.p.). Tale disciplina della materia suscita non poche perplessità in quanto
si presenta eccessivamente macchinosa; ove l'interessato (o il pubblico ministero, se non è stata integralmente accolta la sua richiesta) intenda avvalersi per la misura coercitiva del controllo di merito apprestato dal l'ordinamento deve proporre due diversi rimedi da presentare, come emerge dalla sentenza in epigrafe, presso uffici diversi; inoltre, pur non ignoran dosi la finalità della convalida, limitata ad una verifica dell'operato della
polizia giudiziaria (o del pubblico ministero nel caso di fermo disposto da questi: v. art. 384, 1° comma, c.p.p.), l'esperimento di due diversi ed autonomi rimedi può dar luogo ad esiti decisionali contrastanti (si pensi all'arresto di una persona per tentato omicidio; il g.i.p. convalida l'arresto ed adotta una misura coercitiva per lesioni personali gravissime; il pubblico ministero che intenda dolersi della diversa qualificazione giu ridica del fatto deve ricorrere avverso l'ordinanza di convalide ed appel lare, ai sensi dell'art. 310, 1° comma, c.p.p., contro quella con cui è stata disposta la misura).
Conformemente alla sentenza che si riporta, nel senso che avverso l'or dinanza che decide sulla convalida del fermo o dell'arresto è proponibile soltanto il ricorso per cassazione, v. Cass. 12 marzo 1990, Mancini, ine
dita, e, in dottrina, Amato - D'Andria, Organizzazione e funzioni della
polizia giudiziaria nel nuovo codice di procedura penale, Milano, 1990, 288; Chiavario, La riforma del processo penale, 2' ed., Torino, 1990, 179; D'Ambrosio - Vigna, Polizia giudiziaria e nuovo processo penale, 2" ed., Roma, 1989, 340; Nappi, Guida al nuovo codice di procedura penale, Milano, 1989, 126.
Sull'autonomia dei due provvedimenti, quello di convalida e quello im
positivo di una misura di coercizione secondo il nuovo codice, v. Amato - D'Andria, op. loc. cit.; Conti - Macchia, Il nuovo processo penale, Roma, 1989, 85; D'Ambrosio - Vigna, op. cit., 339.
Il principio di conversione del mezzo di impugnazione non consentito
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GIURISPRUDENZA PENALE
Svolgimento del processo. — Con ordinanza del 26 novembre
1989 il g.i.p. del Tribunale di Napoli convalidava il fermo di po lizia giudiziaria operato il 24 novembre anteriore nei confronti
di Di Biasi Antonio, indiziato di tentato omicidio volontario, di sponendo contestualmente le misure coercitive del caso, e con
successivo provvedimento del 1° dicembre 1989 rigettava un'i
stanza di scarcerazione proposta dal difensore di fiducia del detto
indiziato. Proposta richiesta di riesame dall'anzidetto difensore, il quale
deduceva la nullità del provvedimento di convalida per mancata
comunicazione del fermo e per omessa notificazione dell'avviso
dell'udienza di convalida ad esso difensore, il Tribunale di Napo
li, con ordinanza del 12 dicembre 1989, confermava l'ordinanza
del g.i.p., rilevando come la notizia del fermo risultasse regolar mente effettuata al difensore di fiducia e come la mancata notifi
cazione a costui dell'avviso dell'udienza fissata per la convalida
fosse stata determinata dal suo mancato reperimento, senza che,
tuttavia, ne fosse derivata violazione del diritto di difesa, posto che l'imputato era stato assistito all'udienza da un difensore no
minato d'ufficio. Il Di Biasi, a mezzo del proprio difensore di fiducia, ha propo
sto ricorso per cassazione, deducendo violazione dell'art. 606, lett.
ti) e c), in relazione agli art. 390, n. 2, 167, 149 e 178, lett. c),
c.p.p., sul riflesso che il mancato reperimento del difensore di
fiducia di cui all'art. 391, n. 2, c.p.p., posto dal tribunale a giu stificazione della ritualità del procedimento camerale seguito dal
g.i.p., in realtà era fondato su una dichiarazione della polizia
giudiziaria, la quale avrebbe dovuto considerarsi priva di ogni validità, dovendo la situazione di infruttuoso tentativo di reperi mento risultare invece da un'apposita relata di notificazione, a
seguito di regolare procedimento notifkatorio dell'avviso di fis
sazione dell'udienza al legale di fiducia. Il procedimento camerale conseguente al proposto ricorso si
è svolto con l'osservanza delle formalità prevedute dagli art. 127
e 311, n. 5, c.p.p. Motivi della decisione. — In primo luogo va rilevato che il
provvedimento oggetto della richiesta di riesame è stato esclusi
vamente il provvedimento del g.i.p. di convalida del fermo di
polizia giudiziaria, essendosi con la richiesta enunciati motivi con testuali afferenti unicamente ad una pretesa nullità ed irritualità
degli atti, siccome dipendenti da vulnerazione del diritto di difesa
nel procedimento camerale di convalida.
Ciò posto deve subito osservarsi che la richiesta di riesame avreb
be dovuto essere considerata inammissibile, poiché l'ordinanza
di convalida del fermo, ai sensi dell'art. 391, n. 4, ultima previ
sione, c.p.p., è assoggettabile soltanto al ricorso per cassazione, di guisa che l'ordinanza del Tribunale di Napoli che, in sede di
in quello consentito (v., per tutte, Cass. 6 giugno 1983, Michelini, Foro
it., Rep. 1984, voce Impugnazioni penali, nn. 29, 30), applicabile anche tra rimedi eterogenei — quali, ad esempio, impugnazione ed incidente di esecuzione (Cass. 12 ottobre 1987, Clarizia, Cass, pen., 1988, 1470; 16 aprile 1982, Fallone, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 12; 24 maggio 1981, Lombardo, id., Rep. 1982, voce Esecuzione penale, n. 13; contra, ma trattasi di decisione isolata, Cass. 22 gennaio 1985, Ferdinandi, id.,
1987, II, 89, con nota di richiami), impugnazione e restituzione in termini
(Cass. 21 maggio 1985, Copelli, id., Rep. 1986, voce Termini processuali penali, n. 11), ricorso per cassazione e richiesta di riesame (Cass. 2 marzo
1983, Squillacciotti, id., Rep. 1984, voce Libertà personale dell'imputato, nn. 184-186) — affermatosi in giurisprudenza vigente il codice del 1930
è stato espressamente sancito dall'art. 568, 5° comma, c.p.p. (cfr. Rela
zione al progetto preliminare del c.p.p., in Le leggi, 1988, 2588). Tuttavia, in tanto la conversione opera in quanto l'impugnazione (o
il rimedio) inammissibile abbia i requisiti di sostanza e di forma di quello ammissibile; in tal senso si è pronunciata la Corte di cassazione ed il
principio è di non dubbia esattezza: v. sent. 10 marzo 1986, Pesa, Foro
it., Rep. 1987, voce Impugnazioni penali, n. 12; 29 dicembre 1977, Aloi,
id., Rep. 1978, voce Cassazione penale, n. 4.
Il nuovo codice riduce drasticamente l'ambito di operatività della con
versione della richiesta di riesame o dell'appello ex art. 310 c.p.p. nel
ricorso per cassazione, in quanto diverso è l'ufficio di cancelleria nel qua le, come è già stato posto in rilievo, debbono essere presentati i primi due (art. 309, 4° comma, c.p.p., richiamato anche dal successivo art.
310, 2° comma), rispetto a quello in cui deve essere presentato, a pena di inammissibilità, il terzo (art. 582, 1° comma, e 591, 1° comma, lett,
c); l'art. 311 c.p.p. non contiene, infatti, alcuna deroga alla disciplina
generale per quel che concerne l'ufficio nel quale l'atto di ricorso deve
essere presentato. [G. Ciani]
Il Foro Italiano — 1990.
riesame, ha giudicato di una materia sottratta per legge al tribu
nale del riesame deve essere annullata senza rinvio.
Quanto alla richiesta di riesame, essa deve essere dichiarata
inammissibile, mancando, peraltro, la possibilità di considerarla convertita in ricorso per cassazione, stante che l'istituto della con
versione può operare soltanto quando il negozio processuale nul
lo abbia del negozio valido, nel quale deve convertirsi, tutti i requisiti sostanziali e formali. II che non si riscontra nel caso
in esame, ove la dichiarazione da valere in ipotesi come ricorso, contrariamente a quanto specificatamente stabilito dall'art. 582
c.p.p., a pena di inammissibilità (art. 591, lett. c, c.p.p.) non è stata presentata né nella cancelleria del giudice che emanò il
provvedimento impugnato (il g.i.p.), né nella cancelleria della pre tura del luogo dell'impugnante, ma nella cancelleria del Tribuna
le di Napoli. Alla declaratoria di inammissibilità della richiesta di riesame
non può far seguito la condanna del ricorrente al pagamento del
le spese processuali, non essendo la richiesta di riesame annove
rabile fra i mezzi tecnici di impugnazione, e non essendo prevista l'anzidetta condanna in caso di esito negativo della richiesta stes
sa (per inammissibilità o per rigetto).
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I penale; sentenza 16 otto
bre 1989; Pres. Carnevale, Est. Dell'Anno, P.M. Cucco
(conci, diff.); ria Leghissa e altri. Annulla senza rinvio App. Trieste 2 marzo 1989.
Istigazione a delinquere o a disobbedire e apologia di reato o
sovversiva — Istigazione a disobbedire alle leggi — Leggi di ordine pubblico — Nozione — Fattispecie (Cod. pen., art. 415).
Sono leggi di ordine pubblico, ai fini dell'applicabilità dell'art. 415 c.p., soltanto le leggi di ordine pubblico «di polizia», le quali tendono a tutelare i beni della tranquillità e sicurezza col
lettive (ordine pubblico c.d. materiale); non potendovi dunque rientrare le leggi tributarie e fiscali, in quanto finalizzate a ga rantire interessi di altra natura, è esclusa la configurabilità del
reato di cui all'art. 415 c.p. nel caso di un gruppo di obiettori
fiscali che, distribuendo volantini e ponendo striscioni e cartel
loni davanti alla sede di un'esattoria, istighino i contribuenti a ridurre l'autoliquidazione dell'imposta sul reddito delle per sone fisiche nella misura (5,50%) corrispondente alla parte del
bilancio destinata alle spese militari. (1)
(1) La sentenza si segnala perché modifica l'orientamento sinora espresso dalla Cassazione in sede di interpretazione del concetto «leggi di ordine
pubblico» ex art. 415 c.p. Per la verità, l'approccio ermeneutico tradizio nale ha fornito una nozione assai estesa di tale estremo, sostenendosi che per leggi di ordine pubblico devono intendersi le norme giuridiche rispetto alle quali non è riconosciuta ai singoli alcuna potestà dispositiva o derogatoria (Cass. 7 novembre 1967, Di Pasquale, Foro it., 1968, II, 409 e Arch, pen., 1968, II, 294, con nota di Ramatoli; sostanzialmente nello stesso senso Cass. 15 dicembre 1980, Papini, Foro it., Rep. 1982, voce Istigazione a delinquere, nn. 12-14 e Cass. pen., 1982, 952, con
nota di Pisa), per cui se ne è dedotto che rientra, ad es., nel delitto di istigazione a disobbedire alle leggi la propaganda a favore dell'asten sione dal voto (Cass. 7 novembre 1967, cit.) ovvero — analogamente al caso di specie — l'istigazione al mancato pagamento delle imposte (Cass. 8 maggio 1985, Angelini, Foro it., Rep. 1986, voce cit., nn. 7, 8 e Riv. pen., 1986, 601, con nota di Mucaria; 9 ottobre 1986, C.A., Foro it., Rep. 1988, voce Tributi in genere, n. 1184).
Una interpretazione altrettanto lata, sia pure con sfumature diverse, è suggerita da larga parte della dottrina: cfr., tra altri, Antolisei, Ma
nuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 1986, II, 722; Manzini, Trattato di diritto penale, Torino, 1983, VI, 181; Conttebi, I delitti con
tro l'ordine pubblico, Milano, 1961, 47. Peraltro, non manca chi, nel
tentativo di contenerne l'eccessiva latitudine, circoscrive la nozione di leg
gi di ordine pubblico introducendo un duplice limite: nel senso che si
deve innanzitutto trattare di norme sprovviste di specifica sanzione pena le (altrimenti, in forza del principio di specialità, prevarrebbe l'applica zione dell'art. 414 c.p.), e al contempo di norme essenziali al manteni
mento delle condizioni della coesistenza sociale (Nuvolone, Il diritto
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