+ All Categories
Home > Documents > PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente,...

PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente,...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: phungkhanh
View: 213 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
3
sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente, Rel. Teresi, P. M. Viale; ric. Gigliozzi Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 485/486-487/488 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179741 . Accessed: 28/06/2014 14:13 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente, Rel. Teresi, P. M. Viale; ric. Gigliozzi

sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente, Rel. Teresi, P. M. Viale; ric. GigliozziSource: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.485/486-487/488Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179741 .

Accessed: 28/06/2014 14:13

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:32 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente, Rel. Teresi, P. M. Viale; ric. Gigliozzi

GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; ordinanza 2 giu

gno 1988; Pres. Valente, Rei. Teresi, P. M. Viale; ric. Gi

gliozzi.

CORTE DI CASSAZIONE;

Astensione, ricusazione e responsabilità del giudice — Responsa bilità civile dei magistrati — Giudizi di cassazione — Questione

non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art.

3, 101; cod. proc. civ., art. 133, 276, 429; disp. att. cod. proc.

civ., art. 64, 118, 119, 120; cod. proc. pen., art. 151, 472,

473, 531, 534, 537, 545; disp. att. cod. proc. pen., art. 30;

1. 8 agosto 1977 n. 532, provvedimenti urgenti in materia pro

cessuale e di ordinamento giudiziario, art. 6, 7; 1. 13 aprile

1988 n. 117, risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio del

le funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati, art.

2, 16).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi

tuzionale degli art. 2, 3° comma, lett. b) e c), nonché dell'art.

16, 1° e 3° comma, l. 13 aprile 1988 n. 117, in relazione agli

art. 133, 276, 429 c.p.c., 64, 118, 119 e 120 disp. att. c.p.c.,

151, 472, 473, 5° comma, 531, 534, 1° comma, 537, 545 c.p.p.,

30 disp. att. c.p.p., e 6 e 71. 8 agosto 1977 n. 532, nella parte

in cui prevedono che i componenti di organi giudiziari collegia li possono essere chiamati a rispondere per l'affermazione o

la negazione dell'esistenza di fatti che essi non sono tenuti ad

accertare direttamente, in riferimento agli art. 3 e 101 Cost. (1)

Motivi della decisione. — (Omissis). Su queste premesse, in

fatto ed in diritto, ritiene il collegio che allo stato il ricorso non

possa essere definito per la rilevanza di due questioni di legittimi

tà costituzionale che si sollevano d'ufficio e che non appaiono

manifestamente infondate.

La prima si riferisce — come meglio si specificherà in prosie

guo, indicando le singole norme di riferimento — alla manifesta

zione del dissenso, imposto dalla 1. 13 aprile 1988 n. 117

(risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giu

diziarie e responsabilità civile dei magistrati) nel -momento della

deliberazione della decisione, che obbliga, in tutte le ipotesi ana

loghe a quella in esame ed avuto riguardo alla pluralità ed etero

geneità delle questioni, di esprimere sostanzialmente nel verbale

prescritto dall'art. 16 una «motivazione anticipata»: senza con

sentire, peraltro, all'atto della successiva stesura della sentenza,

alcun controllo circa l'aderenza, la conformità e l'esattezza del

l'unica motivazione processualmente prevista, da parte di coloro

che non rivestono la qualità di estensore e/o di presidente (ove

le stesse non coincidano e non trattasi di ordinanze, comunque

sottoscritte solo dal secondo).

Il tutto, sotto una pluralità di profili implicanti il contrasto

con gli art. 3 e 101 Cost.

La seconda, invece, si riferisce in modo particolare alla viola

zione del diritto di difesa (art. 24, 2° comma, Cost.) in relazione

alla normativa concernente la rappresentanza e la difesa della parte

civile in tutti i gradi del procedimento. 1. - Quanto alla prima questione, si osserva che devono consi

derarsi costituzionalmente illegittimi gli art. 2, 3° comma, lett.

b) e c), nonché 16, 1° e 3° comma, 1. 117/88 nelle parti in cui:

1/1 sono previste quali ipotesi di colpa grave, suscettibili di

(1) Sulla recente legge in tema di responsabilità dei magistrati, cfr. Trib.

Biella 12 maggio 1988, in questo fascicolo, I, e T.A.R. Lombardia 6

giugno 1988, in questo fascicolo, III, 394, con nota di richiami, nonché

Trib. Catanzaro 2 maggio 1988, Gazz. uff., la s.s., 3 agosto 1988, n.

31, p. 184, e, in dottrina, M. Cicala, Un «percorso ad ostacoli» per la responsabilità civile dei magistrati, in Corriere giur., 1988, 746. Ibid.,

689, si legge il testo del ricorso per conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato promosso dai promotori del referendum abrogativo degli art.

55, 56 e 74 c.p.c., nei confronti del parlamento. Ai dibattiti su citati della lesione del segreto della camera di consiglio,

che la 1. 117/88 determina, è da raffrontare l'ordinanza 21 marzo 1988

della Commissione tributaria di primo grado di Verbania (Gazz. uff. cit.,

p. 199), secondo la quale il segreto della camera di consiglio non sarebbe

legislativamente prescritto per le commissioni tributarie ed in ciò ravvisa

una violazione degli art. 3, 1° comma e, 108, 2° comma, Cost.

Da ultimo, L. Scotti, Responsabilità civile dei magistrati. Commento

teorico pratico alla I. 13 aprile 1988 n. 117, Giuffrè, Milano, 1988.

Il Foro Italiano — 1988 — Parte 7/-13.

legittimare un'azione di rivalsa nei confronti del magistrato, l'af

fermazione di un fatto o la sua negazione (rispettivamente, esclu

sa, ovvero incontrastabilmente emergente dagli atti del processo), senza specificare, non solo che deve trattarsi di fatto rilevante, anzi decisive ai fini della pronuncia emessa, ma, quanto al giudi zio di legittimità — che interessa nel caso di specie —, che tale

situazione deve emergere dal provvedimento impugnato e forma

re oggetto di motivo di ricorso, non essendo prevista di regola alcuna indagine di fatto nel giudizio innanzi a questa corte in

sede penale se non nei limiti di un'espressa censura di travisa

mento, secondo l'accezione più appropriata di un vizio della mo

tivazione. E la questione appare rilevante non solo perché in ogni

procedimento è applicabile d'ufficio il disposto di cui all'art. 152

c.p.p., in ciascuna delle sue molteplici previsioni, ma anche per la specificità dei motivi deducibili a sostegno del ricorso per cas

sazione (art. 524 c.p.p.). L'art. 2, 3° comma, lett. b) e c), legge in esame, ora, non

autorizza affatto, nella sua formulazione letterale, un'interpreta

zione riduttiva per quanto si riferisce al giudizio di legittimità in sede penale, e ciò comporta una violazione del principio di

uguaglianza, posto che, con riferimento alle valutazioni concer

nenti il fatto, il giudice di legittimità si trova in una situazione

oggettivamente diversa da quella del giudice del merito: e tuttavia

la disposizione di legge citata non opera per nulla le indispensabi li distinzioni ai fini del coinvolgimento in responsabilità civile,

determinando in tal modo in danno del primo un trattamento

deteriore; 1/2 l'art. 16, poi, accomuna tra di loro situazioni del tutto

diverse per quanto si riferisce alle deliberazioni degli organi colle

giali: il giudice collegiale penale, infatti, ha schemi di formazione

e di elaborazione delle decisioni affatto omogenei rispetto agli altri ed in particolare avuto riguardo a quelli corrispondenti in

sede civile, con conseguenti diversi poteri di controllo e di elabo

razione della decisione. E tale situazione — anch'essa di disparità e di deteriore trattamento ai fini di un coinvolgimento in respon

sabilità — è ancora più accentuata se riferita poi in modo specifi

co alla deliberazione ed alla motivazione dei provvedimenti emessi

dal giudice monocratico penale.

Quanto a quest'ultimo, infatti, è sufficiente rilevare che lo stesso

risponde solo del fatto proprio, doloso o colposo: che è in grado di prevenire — attraverso la conoscenza esclusiva degli atti —

ed occorrendo rettificare eventuali valutazioni erronee. Egli, in

vero, è arbitro esclusivo del procedimento, o atto o provvedimen to: non ha contraddittorio e, soprattutto, è il materiale estensore

della decisione adottata, comunque assunta, della quale conosce

presupposti e ragioni. Il giudice collegiale civile, d'altro canto, fatta eccezione per

il tribunale quale giudice d'appello nelle controversie di lavoro

(art. 429 c.p.c.), è in condizione assolutamente privilegiata, ai

fini e per gli effetti degli art. 2 e 16 1. 117/88. Non è tenuto

infatti ad esteriorizzare immediatamente la decisione mediante let

tura del dispositivo in pubblica udienza — fatto, questo, costi

tuente momento irrevocabile o irreversibile delle deliberazioni (da

effettuare per il giudice penale senza soluzione di continuità, sal

vo i casi di assoluta impossibilità, dopo la chiusura del dibatti

mento e della discussione, ai sensi degli art. 472, 473 e 537 c.p.p.) — ed ha quindi quale unico momento esterno rilevante quello

della pubblicazione del provvedimento (art. 133 e 276 c.p.c. per

le sentenze), senza alcun obbligo di tenere la camera di consiglio

immediatamente dopo l'udienza di discussione (art. 64, 118, 119,

120 disp. att. c.p.c. approvato con r.d. 18 dicembre 1941 n. 1368). A tutti gli effetti, invero, la decisione del giudice civile è da

considerarsi «atto interno» sino al momento del suo deposito in

cancelleria che ne costituisce appunto la «pubblicazione» (art. 133).

Alla luce delle considerazioni ora richiamate, appare evidente

che la sottolineata diversità di schemi (sia riferita al giudice mo

nocratico, in genere, sia a quello civile) acquista un particolare

rilievo ai fini dell'applicazione degli art. 2 e 16 1. 117/88, in quanto

la differente disciplina processuale, avuto riguardo soprattutto agli

organi collegiali del ramo penale — ed in ispecie di questa corte

— incide profondamente nei due distinti momenti della delibera

zione e della successiva motivazione, tra di loro inscindibilmente

legati, seppur temporalmente separati. Oltre a quanto già è stato messo in evidenza nella premessa

— e che qui si richiama espressamente quale parte integrante ed

organica del rilievo — va sottolineato che gli art. 534, 1° comma,

This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:32 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; ordinanza 2 giugno 1988; Pres. Valente, Rel. Teresi, P. M. Viale; ric. Gigliozzi

PARTE SECONDA

e 536, 4° e 5° comma, nel prevedere la nomina di un relatore

e lo svolgimento di tale attività da parte di un solo componente del collegio giudicante, comportano necessariamente che solo il

predetto ha a disposizione tutti gli atti processuali, sicché ciascun

ricorso è conosciuto dagli altri consiglieri soltanto dopo la rela

zione e nei limiti di questa, si da condizionare l'emananda deci

sione — e quindi lo stesso contenuto del dissenso o del consenso

in ciascuna causa manifestato — alla precisione, completezza o

perizia del relatore.

E ciò, inevitabilmente, perché, come si è avuto modo di preci

sare, ogni componente è tenuto alla completa conoscenza dei soli

atti relativi ai processi affidatigli. Da quanto sopra — ricollegato non ad una prassi, ma alla

specifica regolamentazione del processo — deriva che la volontà

espressa nel momento deliberativo, avuto riguardo alle c.d. cause

di responsabilità di cui al citato art. 2 1. 117/88, è ricollegata ad una valutazione non omogenea delle circostanze di causa, per diversità del grado di conoscenza degli stessi incartamenti, ed è

appunto su tale innegabile evidenza che pare illegittimo, sul pia no dei principi costituzionali richiamati, che sia dato identico va

lore e siano sanciti identici effetti pregiudizievoli tra chi ha dato

eventualmente causa al fatto previsto quale fonte di responsabili tà civile e chi, invece, viene coinvolto non tanto a titolo di re

sponsabilità oggettiva, quanto per fatto altrui.

Il tutto, nel quadro di una visione del giudizio collegiale in

genere avulsa da qualsiasi reale rispondenza alle modalità di svol

gimento della fase processuale presa in esame (deliberativa). La denuncia, poi, acquista maggior valore con riferimento alla

successiva motivazione ed al deposito della decisione. Anche qui, da un lato, si deve richiamare quanto precisato, e, dall'altro, va

sottolineato — avuto riguardo in particolare sempre al giudizio

penale collegiale — che ai sensi dell'art. 30 disp. att. c.p.p., ap

provate con r.d. 28 maggio 1931 n. 602, la minuta della sentenza

è consegnata dal presidente al cancelliere che ne forma l'originale e che tale previsione, in una alle modificazioni introdotte con

gli art. 6 e 7 1. 532/77 — per effetto delle quali la sentenza è

sottoscritta solo dal presidente e dall'estensore — esclude qual siasi possibilità di un controllo successivo alla deliberazione, per

quanto si riferisce alla conformità tra pronuncia adottata in ca

mera di consiglio, consensi o dissensi ivi espressi, e, infine, la

motivazione del provvedimento. La 1. 117/88 non ha ora tenuto conto di tutto ciò, apportando,

se del caso, gli opportuni mutamenti nell'ambito della struttura

stessa del processo penale, nè ha tenuto conto, tra le altre possi

bilità, di un'eventuale esteriorizzazione del dissenso anche in det

to momento.

I rilievi che precedono, infine, ancora su tale profilo, devono

essere integrati richiamando ulteriori disparità di situazioni che

si verificano sempre nel giudizio penale, nello stesso organo col

legiale e, persino, nella medesima udienza, li dove — ad esempio — la pronuncia è emessa ai sensi dell'art. 531 c.p.p, senza lettura

contestuale del dispositivo, e dell'art. 545, 2° comma, c.p.p. Nei casi predetti, infatti, da un lato, non v'è lettura immediata

del dispositivo (art. 531 c.p.p.) — con tutte le implicazioni già

messe in evidenza — e, dall'altro, è invece prevista addirittura

la possibilità di integrare la deliberazione eventualmente carente,

seppur in limiti specificamente determinanti, con effetti peraltro di particolare e signicativa incidenza avuto riguardo alla precisa zione dei punti della decisione parzialmente annullata che devono

considerarsi rimasti in vigore e che non sono travolti, quindi, dall'annullamento parziale (art. 545 c.p.p.);

1/3 comportano una violazione dell'art. 101 Cost, sotto il pro filo che la manifestazione della propria volontà in ordine alle

posizioni assunte in camera di consiglio — obbligatoria ai fini di un esonero della responsabilità — viola formalmente e sostan

zialmente il segreto relativo al processo di formazione della deci

sione ivi adottata (art. 473, 5° comma, c.p.p.) che la 1. 117/88

non ha eliminato e che è un bene da ritenersi costituzionalmente

protetto.

Esso, infatti, tende a garantire l'indipendenza dei giudici solo

da ogni forma di pressione ed interferenza (interna od esterna, da parte di singoli o di altri poteri dello Stato), ma anche da

qualsiasi schema che possa comunque incidere negativamente sul

libero svolgimento dell'attività giurisdizionale, e, quindi, in parti

colare, su quella preminentemente espressa dalla deliberazione.

In tal senso, d'altra parte, dottrina e giurisprudenza sono atte

II Foro Italiano — 1988.

state saldamente nel riconoscere l'indipendenza quale bene riferi

bile non all'ordine giudiziario — sotto tale profilo garantito dalla

sua autonomia (art. 104 Cost.) — bensì al giudice ed a ciascun

giudice, con specifico riferimento al concreto esplicarsi delle sue

funzioni, considerate queste ultime quale momento di risoluzione

dei conflitti di interessi. La Costituzione, in sostanza, da un lato, ha affermato il principio per cui tutti i provvedimenti giurisdizio nali devono essere motivati (art. Ill Cost.), imponendo in tal

modo che — seppur con estensione diversa — il giudice manifesti

le ragioni poste a sostegno della deliberazione assunta, e, dall'al

tro, ha garantito allo stesso giudice la più assoluta indipendenza, nel precedente ed essenziale momento della formazione del pro

prio convincimento.

In altri termini, indipendenza vuol dire anche esclusione di qual siasi tipo di condizionamento.

E detto effetto, invece, realizza il disposto dell'art. 16 1. 117/88, in quanto, a prescindere dalle contraddizioni e dalle censure so

pra evidenziate, sicuramente impone l'esplicazione, addirittura scrit

ta del dissenso — cui non corrisponde peraltro se non in linea

derivativa ed immotivatamente quella dell'altrui consenso — con

intuibili conseguenze che coinvolgono non solo la libertà morale

dei giudici, ma anche e non in astratto, la loro stessa incolumità

fisica. Il che non esclude affatto che anche per gli organi colle

giali sia prevista una responsabilità ai sensi della 1. 117/88, ma

impone però che — quanto alle concrete modalità — si tenga conto delle specifiche situazioni, onde non vanificare la tutela

dei principi di indipendenza e di autonomia della funzione giudi ziaria (Corte cost. n. 2 del 14 marzo 1968, Foro it., 1968, I, 585 e n. 26 del 3 febbraio 1987, id., 1987, I, 638) con particolare riferimento al momento decisionale. (Omissis)

Per questi motivi, la Corte di cassazione, sez. VI penale, di

chiara rilevanti o non manifestamente infondate: 1) la questione di legittimità costituzionale degli art. 2, 3° comma, lett. b) e e), nonché dell'art. 16, 1° e 3° comma, 1. 13 aprile 1988 n. 117, in relazione agi art. 133, 276, 429 c.p.c., 64, 118, 119, 120 disp. att. stesso codice ed in relazione agli art. 151, 472, 473, 5° com

ma, 531, 534, 1° comma, 537, 545 c.p.p., 30 disp. att. stesso

codice e 6, 7 1. n. 532/77, con riferimento agli art. 3 e 101 Cost.;

2) la questione di legittimità costituzionale degli art. 532, 533, 534 e 536 c.p.p., 91, 93 , 94, 101, 102 e 106 dello stesso codice, con riferimento all'art. 24, 2° comma, Cost. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 21 no

vembre 1987; Pres. Faccini, Est. Specchio, P. M. Piccininni

(conci, conf.); ric. Parri. Annulla senza rinvio App. Firenze 12 giugno 1986.

Idrocarburi — Olì minerali — Deposito — Ampliamento — Omes

sa denuncia — Reato — Insussistenza (R.d.l. 2 novembre 1933

n. 1741, disciplina della importazione, lavorazione, deposito e

distribuzione di olì minerali e carburanti, art. 11; d.l. 5 maggio 1957 n. 271, disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli olì minerali, art. 1, 13; 1. 2 luglio 1957 n. 474, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

5 maggio 1957 n. 271).

Non è preveduto dalla legge come reato il comportamento dell'e

sercente che, avendo denunziato all'Utif l'installazione di un

deposito di oli minerali, ometta di denunziarne l'ampliamento, a nulla rilevando che l'eccedenza superi in misura notevole la

quantità massima autorizzata e che siano state apportate modi

fiche sostanziali agli impianti preesistenti. (1)

(1-2) Le sezioni unite risolvono il contrasto interpretativo insorto all'in terno della terza sezione penale aderendo all'impostazione accolta da sez. Ili 22 gennaio 1985, Castorri, Foro it., 1986, II, 598, con nota di richia mi (cui si rinvia per ulteriori riferimenti di dottrina e giurisprudenza), e successivamente fatta propria da sez. Ili 14 ottobre 1986, Beggiato,

This content downloaded from 91.220.202.141 on Sat, 28 Jun 2014 14:13:32 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended