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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 11 aprile 1980; Pres. M. Marini,...

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Sezione VI penale; sentenza 11 aprile 1980; Pres. M. Marini, Est. Piccozzi, P. M. (concl. conf.); ric. Coculli e altri. Conferma Trib. Ascoli Piceno 22 dicembre 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp. 649/650-651/652 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171644 . Accessed: 25/06/2014 02:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.185 on Wed, 25 Jun 2014 02:37:45 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezione VI penale; sentenza 11 aprile 1980; Pres. M. Marini, Est. Piccozzi, P. M. (concl. conf.);ric. Coculli e altri. Conferma Trib. Ascoli Piceno 22 dicembre 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 103, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1980), pp.649/650-651/652Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171644 .

Accessed: 25/06/2014 02:37

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GIURISPRUDENZA PENALE

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione VI penale; sentenza 11

aprile 1980; Pres. M. Marini, Est. Piccozzi, iP. M. (conci,

conf.); ric. Coculli e altri. Conferma Trib. Ascoli Piceno 22

dicembre 1979.

CORTE DI CASSAZIONE;

Libertà personale dell'imputato — Libertà provvisoria — Asso

ciazione per delinquere — Concessione — Divieto — Facolta

tività del mandato di cattura — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 277; d. 1. 15 dicembre 1979 n. 625, misure urgenti per la

tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, art.

8; legge 6 febbraio 1980 n. 15, conversione in legge, con mo

dificazioni, del d. 1. 15 dicembre 1979 n. 625, art. unico).

Il divieto di concessione della libertà provvisoria per il reato

di associazione per delinquere, di cui all'art. 8 decreto-legge n. 625/1979, convertito, con modificazioni, nella legge n. 15/

1980, non trova applicazione nei casi in cui il mandato di cat

tura è facoltativo. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; sentenza 19 marzo

1980; Pres. Di Marco, Est. Bertoni, P.M. (conci, diff.); ric.

Lentano e altro. Annulla senza rinvio Trib. Brindisi 21 di

cembre 1979.

Libertà personale dell'imputato — Libertà provvisoria — Associa

zione per delinquere — Concessione — Divieto — Facoltati

vità del mandato di cattura — Irrilevanza (Cod. proc. pen,4 art. 277; d. 1. 15 dicembre 1979 n. >625, art. 8; legge 6 feb

braio 1980 n. 15, art. unico).

Ai sensi dell'art. 8 decreto-legge n. 625/79, convertito, con modi

ficazioni, nella legge n. 15/1980 è vietato concedere la libertà

provvisoria per il reato di associazione per delinquere anche

nei casi in cui l'emissione del mandato di cattura è facolta tiva. (2)

I

La Corte, ecc. — Con ordinanza dibattimentale del 22 dicem

bre 1979, il Tribunale di Ascoli Piceno rigettò le istanze di li

bertà provvisoria di Sergio Coculli, Serafino Miozzi, Sandro Gia

comini e Romeo Scaramucci, rilevando in primo luogo che ai sen

si dell'art. 8 'd. 1. 15 dicembre 1979 n. 625, la libertà provviso ria non poteva essere concessa in quanto agli imputati « viene

ascritto il concorso nel reato di associazione per delinquere ex

art. 416 cod. pen. », e in secondo luogo « che d reati attribuiti

agli imputati appaiono particolarmente gravi per la vasta sfera

di interessi sociali lesi, per cui in ogni caso il beneficio non può essere concesso ».

Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione deducen

do, a mezzo dei loro difensori, l'inapplicabilità, nella specie, dell'art. 8 citato d. 1., ed il difetto di motivazione dell'ordinanza

impugnata, che ha negato la libertà provvisoria col generico riferimento alla gravità dei reati.

I ricorsi non sono fondati, pur dovendosi condividere le cen

sure attinenti all'inapplicabilità dell'art. 8 del decreto-legge citato

(convertito con modificazioni della legge 6 febbraio 1980 n. 15). II 2° comma del menzionato art. 8, sia nel testo originario, sia

in quello lievemente modificato dalla legge di conversione, è

formulato in modo tale che l'inciso « in quanto per essi sia pre vista la cattura obbligatoria », posto, nella parte terminale del

comma, non può che riferirsi sia al delitto di cui all'art. 416

cod. pen., sia ai delitti indicati nell'art. 165 ter cod. proc. pen.: ne consegue che la possibilità della libertà provvisoria, per l'as

sociazione a delinquere e per i delitti indicati nell'art. 165 ter, è

esclusa solo nei casi in cui sia obbligatorio il mandato di cat

tura, e che nella specie, contrariamente a quanto ha ritenuto

l'ordinanza impugnata, non sussisteva l'assoluto divieto di con

cessione della libertà provvisoria, perché ai prevenuti era stata

contestata l'associazione per delinquere ai sensi del 1° comma

dell'art. 416, per la quale il mandato di cattura è facoltativo, essendo punita con la reclusione da tre a sette anni. Restano

(1-2) Le prime due sentenze pronunciate dalla Corte di cassazione sull'art. 8, 2° comma, del d. 1. n. 625/1979, convertito, con modifi che, nella legge n. 15/1980, si segnalano per essere pervenute, in or dine alla medesima questione, a soluzioni diametralmente opposte.

Sul d. 1. n. 625 e sulla relativa legge di conversione, v. Cass. 19 marzo 1980, Musone, Foro it., 1980, II, 217, con nota d'i richiami, cui adde, in dottrina, Calderone, « Emergenza » e necessità di tutela dell'ordine democratico, in Giur. merito, 1978, IV, 209; Id., Misure ur

genti per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, id., 1980, IV, 714; Mazzanti, La legge 6 febbraio 1980 n. 15 contro il terrorismo, in Giust. pen., 1980, III, 235.

Il Foro Italiano — 1980 — Parte II-43.

pertanto assorbite le altre questioni sollevate dalla difesa dei

ricorrenti, circa la natura sostanziale o processuale della norma

del più volte citato art. 8. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

II

La Corte, ecc. — Con ordinanza del 21 dicembe 1979, il Tri

bunale di Brindisi ha concesso la libertà provvisoria a Pasquale Lentano e Paolo Terlizzi, imputati tra l'altro del delitto di as

sociazione per delinquere, secondo la previsione del 1° e ult.

comma dell'art. 416 cod. pen., per essersi associati tra loro e

con altre persone, in numero superiore a dieci, allo scopo di

commettere più delitti di falsificazione e commercio di banco

note.

Il procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cas

sazione, deducendo la violazione dell'art. 8, 2° comma, d. 1. 15

dicembre 1979 n. 625, che vieterebbe, a suo parere, la conces

sione della libertà provvisoria per il delitto di associazione per

delinquere. Il ricorso è fondato. L'art. 8 d. 1. 15 dicembre 1979 n. 625

(contenente misure urgenti per la tutela dell'ordine democratico

e della sicurezza pubblica), dopo aver previsto al primo comma

l'obbligatorietà della cattura e il divieto di libertà provvisoria

per tutti i delitti aggravati ai sensi dell'art. 1 dello stesso de

creto, perché commessi per finalità di terrorismo o di eversione

dell'ordine democratico, stabili al secondo comma che « la li

bertà provvisoria non può altresì essere concessa per il delitto

di cui all'art. 416 cod. pen. e per quelli indicati nell'art. 165 ter

cod. proc. pen., in quanto per essi sia prevista la cattura obbli

gatoria ». Successivamente, la legge di conversione 6 febbraio

1980 n. 15, nel frattempo entrata in vigore, ha modificato par zialmente l'art. 8 d. 1., precisando al primo comma che per i

delitti aggravati ai sensi dell'art. 1 la libertà provvisoria non

può essere concessa, soltanto quando sono punibili con la pena detentiva superiore nel massimo a quattro anni; e facendo poi riferimento, nel secondo comma, non già al « delitto » (cosi co

me faceva il decreto legge), bensì ai « delitti » di cui all'art. 416

cod. pen.; ciò evidentemente sull'esatto presupposto che la nor

ma suddetta prevede non una, ma due distinte figure delittuose,

quella di promovimento, costituzione o organizzazione di un'as

sociazione per delinquere, e quella di mera partecipazione al

l'associazione.

Tale essendo, nel testo applicabile nella specie, la disposizio ne dell'art. 8 d. 1. n. 625 del 1979, il procuratore generale presso

questa corte ritiene che la norma vieti la concessione della li

bertà provvisoria in ordine ai delitti di associazione per delin

quere, solo quando per essi sia obbligatoria la cattura, e per viene a tale conclusione sulla base dell'interpretazione letterale

del testo normativo e altresì sul rilievo che il 2° comma del

l'art. 8, esaminato congiuntamente al primo comma dello stesso

articolo, rivelerebbe l'intenzione del legislatore di instaurare un

inscindibile nesso tra obbligatorietà della cattura e divieto di con

cessione della libertà provvisoria. Senonché, è indubbiamente vero che, sul piano meramente let

terale, l'inciso « in quanto per essi sia prevista la cattura obbli

gatoria » può intendersi riferito, essendo posto alla fine del com

ma, sia ai delitti indicati nell'art. 165 ter cod. proc. pen., sia a

quelli di associazione per delinquere di cui all'art. 416 cod. pen.; ma deve anche riconoscersi che il testo della disposizione non è

tale da escludere tassativamente ogni altra lettura, in quanto, no

nonostante l'improprietà linguistica che in tal caso lo caratteriz

zerebbe, è anche possibile leggerlo nel senso che la riserva con

cernente l'obbligatorietà della cattura si riferisca soltanto al più vicino e cioè al secondo dei due termini coordinati che la prece dono, e dunque soltanto ai delitti indicati nell'art. 165 ter e non

anche a quelli di associazione per delinquere.

L'intrinseca equivocità della norma d'altra parte non si presta ad essere sciolta dalla relazione governativa al disegno di legge n. 6005, di conversione del decreto-legge; e ciò non tanto per il

peso non decisivo che hanno i lavori preparatori nell'interpreta tazione della legge, quanto perché la frase, con cui viene illu

strato l'art. 8 del decreto e alla quale si richiama il procuratore

generale nella sua requisitoria, non fa che riprodurre, con una

limitata e non illuminante variante nella costruzione del periodo, il testo della disposizione normativa, ed è dunque anche essa di

significato equivoco. È perciò su altri elementi, desunti dal con

tenuto della norma, che bisogna far leva, per intenderne il si

gnificato effettivo, al di là dell'ambiguità che caratterizza la for

mula letterale adoperata dal legislatore. In questa prospettiva, va rilevato che tra i delitti indicati nel

l'art. 165 ter cod. proc. pen., a cui si riferisce il 2° comma del

l'art. 8 d. 1., ne esistono soltanto alcuni per cui è obbligatoria la

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PARTE SECONDA

cattura, mentre per altri, come sono ad esempio parecchi di

quelli inclusi nei capi I e II del titolo li del codice penale, quelli

previsti dagli art. 423, 432, 1" comma, e 433 cod. pen., e quelli ancora di cui alle leggi valutarie, la cattura non è obbligatoria, ma facoltativa; sì che la riserva contenuta nell'ultima parte del

2° comma dell'art. 8 assume, rispetto ai delitti indicati nell'art.

165 ter cod. proc. pen., una sua precisa e concreta portata, quella

appunto di creare una linea di demarcazione tra reati che com

portano e reati che non comportano l'obbligatorietà della cat

tura, e di permettere cosi l'individuazione di quelli tra essi per i quali si è inteso vietare là concessione della libertà provvi soria.

Invece, i « delitti di cui all'art. 416 cod. pen. », che, come si è

accennato, sono due, pur essendo accomunati nel testo dell'art.

8 d. 1. a quelli indicati nell'art. 165 ter cod. proc. pen., se ne di

stinguono tuttavia ai fini che qui interessano; ciò perché entram

bi, essendo puniti con pene inferiori nel minimo a cinque e nel

massimo a quindici anni, e cioè ai limiti fìssati dall'art. 253, n.

2, cod. proc. pen. per l'obbligatorietà della cattura, consentono, ma non impongono la restrizione della libertà personale dell'im

putato. Solo quando ricorra la speciale aggravante della scorreria

in armi prevista dal 4° comma dell'art. 416 cod. pen., oppure

quando concorrano più circostanze aggravanti tra le altre confi

gurate dal codice, i delitti di associazione per delinquere pos sono comportare come obbligatorio l'effetto della cattura; ma

non è evidentemente a questa eventualità che fanno riferimento

l'art. 8 d. 1. e in particolare la riserva con cui si chiude il se

condo comma della disposizione. Tale riserva, come si è visto, ha la funzione, con riguardo ai delitti indicati nell'art. 165 ter

cod. proc. pen., di operare una distinzione tra questi reati, se

condo che comportino o no, in quanto tali e cioè indipendente mente dalla sussistenza di circostanze agggravanti, l'obbligato rietà della cattura. Il richiamo perciò è fatto alle figure semplici dei vari delitti di cui all'art. 165 ter, e dunque anche i « delitti

di cui all'art. 416 cod. pen. », richiamati nello stesso contesto

dall'art. 8 d. 1., non possono essere che quelli configurati, nella

loro struttura non aggravata, dalla norma dell'art. 416. Per que sti delitti però, come si è detto, la cattura non è obbligatoria in

nessuno dei due casi previsti, e rispetto ad essi di conseguenza la riserva dell'ultima parte del 2° comma dell'art. 8 si appalesa

priva di ogni valore, in quanto inidonea a svolgere quella fun

zione scriminante fra figure delittuose diversamente considerate

ai fini della cattura, che invece ha riguardo ai delitti di cui al

l'art. 165 ter cod. proc. penale.

Ne deriva che l'inciso « in quanto per essi sia prevista la cat

tura obbligatoria » — non potendo avere nessun significato ri

guardo ai delitti non aggravati di associazione per delinquere —

deve intendersi riferito soltanto ai delitti indicati nell'art. 165 ter

e non anche a quelli di cui all'art. 416 cod. pen.; con la conse

guenza che per questi ultimi il divieto di libertà provvisoria de

ve ritenersi operante in tutti i casi e non solo in quelli in cui la

cattura per i delitti di associazione per delinquere diventi obbli

gatoria, per effetto del concorso della speciale circostanza della scorreria in armi o di altre plurime aggravanti. Queste ipotesi sono oltretutto scarsamente frequenti nella pratica e non certo le sole, nell'ambito della delinquenza associata, a destare giu stificato allarme sociale (come è facile comprendere, se si pensa

• al fenomeno della mafia); si che anche per questa ragione non è possibile considerarle come l'oggetto esclusivo di una previ sione normativa, qual è quella concernente il divieto di libertà

provvisoria, che invece, valutata globalmente, manifesta un con tenuto ben più ampio e non certo cosi limitato.

Questa interpretazione, peraltro, oltre ad essere idonea a scio

gliere nei soli termini razionalmente accettabili l'intrinseca equi vocità della formula legislativa, trova conforto e non smentita

(contrariamente a quanto pensa il procuratore generale) nell'esa me congiunto della norma in questione e di quella del primo comma del medesimo art. 8 d.l. Nella sua versione originaria, quest'ultima disposizione stabili effettivamente un'intima con nessione tra obbligatorietà della cattura e divieto di concessione della libertà provvisoria; ma in seguito la legge di conversione, escludendo l'operatività del divieto per i delitti che, pur com

portando obbligatoriamente la cattura, sono punibili con pena de tentiva inferiore a quattro anni, ha eliminato quella connessione. Perciò, dal testo attualmente vigente dell'art. 8 d. 1. non è de sumibile nessun indizio che faccia presumere un generale in tento del legislatore di instaurare, per tutti i delitti indicati nel

primo e nel secondo comma della norma, un nesso inscindibile tra obbligatorietà della cattura e divieto della libertà provviso ria; ma è anzi ricavabile un indizio di segno contrario, e cioè l'indizio che il d. 1. n. 695 abbia voluto mantenere, anche per le

ipotesi delittuose in esso considerate, quella articolata varietà

di rapporti, già esistente nel sistema processuale, tra coercizione

personale dell'imputato e concessione della libertà provvisoria. Come è noto, questi rapporti erano caratterizzati, nel dise

gno originario del codice, da un'equazione assoluta tra obbliga torietà della cattura e divieto di concessione della libertà provvi soria, nel senso che la libertà provvisoria era sempre vietata

quando era obbligatoria la cattura e sempre consentita quando viceversa la cattura era facoltativa. Il sistema fondato sull'equa zione suddetta fu abbandonato dalla legge 15 dicembre 1972 n.

773 che all'art. 2 previde la possibilità di concessione della li

bertà provvisoria in ogni caso e quindi anche quando fosse ob

bligatoria la cattura. Successivamente, l'art. 1 legge 22 maggio 1975 n. 152 ha ripristinato per determinati delitti un divieto (de

rogabile e non assoluto) di libertà provvisoria, consentendola

soltanto in relazione alle condizioni di salute particolarmente

gravi dell'imputato. Più precisamente, la norma citata ha sotto

posto al divieto di libertà provvisoria alcuni delitti che compor tano obbligatoriamente la cattura ed altri, come ad esempio quel li di cui agli art. 432 e 605 cod. pen. e quelli concernenti le

armi, per cui invece la cattura è solo facoltativa; mentre ha

escluso dall'elenco dei reati sottoposti al divieto di libertà prov visoria molti delitti, per cui la cattura è egualmente obbligato ria, come sono ad esempio quelli di omicidio preterintenzionale e di falso nummario, lasciando cosi che per essi continuasse a

valere la regola generale dell'art. 278 cod. proc. pen., secondo

cui la libertà provvisoria è sempre consentita.

Risulta di conseguenza da ciò, che prima del d. 1. n. 695 il

sistema dei rapporti tra coercizione personale dell'imputato e li bertà provvisoria si articolava in tre distinte ipotesi: quella di

obbligatorietà della cattura e di divieto (derogabile) della libertà

provvisoria; quella di un eguale divieto di concessione della li bertà provvisoria, in relazione a casi in cui la cattura è solo fa

coltativa; quella infine di ammissibilità incondizionata della li bertà provvisoria, nonostante l'obbligatorietà della cattura.

Quest'ultima ipotesi e quella del divieto di libertà provviso ria per reati per cui è prevista la cattura obbligatoria trovano chiaro riscontro nel 1° comma dell'art. 8 d. 1. e riguardo ai delitti indicati nell'art. 165 ter cod. proc. pen.; si che è naturale che la terza ed ultima previsione dell'art. 8, quella concernente i delitti di associazione per delinquere, si muova anche essa nella linea del sistema preesistente, aggiungendo a quelli già previsti un nuovo caso di divieto della libertà provvisoria in relazione a delitti per cui la cattura non è obbligatoria, ma solo facolta tiva. In tutti questi casi, peraltro, come in quelli contemplati dalla legge n. 152 del 1975, il divieto di libertà provvisoria non è assoluto, ma sempre derogabile, in quanto il 3° comma dell'art. 8 del decreto, come modificato dalla legge di conversione, con sente a certe condizioni la concessione del beneficio.

A tutto ciò che si è detto, si deve infine aggiungere che il di vieto (derogabile) di concessione della libertà provvisoria per tut ti i delitti di associazione per delinquere, indipendentemente dal

l'obbligatorietà della cattura, trova razionale giustificazione nel l'intento del legislatore, desumibile da tutto il complesso del prov vedimento di urgenza del dicembre 1979, di reagire, con più in cisivo rigore, sul piano sostanziale e processuale, al fenomeno della criminalità e quindi di limitare, in linea col sistema preesi stente, la liberazione degli imputati catturati per quei gravi de litti che sono, specie in un momento come l'attuale, i reati di associazione.

Deve quindi conclusivamente affermarsi che l'art. 8, 2° comma, d. 1. 15 dicembre 1979 n. 625, convertito con modificazioni nella

legge 6 febbraio 1980 n. 15, sancisce il divieto di concessione della libertà provvisoria, con le eccezioni previste dal 3° com

ma, per tutti i delitti di associazione per delinquere, di cui al l'art. 416 cod. pen., indipendentemente dal fatto che per essi sia

prevista la cattura obbligatoria. Pertanto, in accoglimento del ricorso del p. m., l'ordinanza

impugnata deve essere annullata senza rinvio. Resta affidata alla competenza del giudice di merito l'adozione dei provvedi menti conseguenziali, anche con riferimento alla valutazione cir ca l'eventuale sussistenza nella specie delle condizioni che, ai sensi dell'art. 8, 3° comma, d. 1., consentono tuttavia la conces sione della libertà provvisoria in relazione ai delitti di associa zione per delinquere.

Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I penale; decreto 18 marzo 1980; Pres. Sesti, Rei. De Tullio, P.M. (conci, conf.); ric. P. m. c. Accardo. Annulla App. Palermo 3 aprile 1979.

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