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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezione VI penale; sentenza 11 giugno 1993; Pres. Vessia,...

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sezione VI penale; sentenza 11 giugno 1993; Pres. Vessia, Est. Pisanti, P.M. Ciani (concl. conf.); ric. Faro e altri. Annulla senza rinvio App. Catania 4 maggio 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp. 37/38-39/40 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188418 . Accessed: 28/06/2014 17:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.51 on Sat, 28 Jun 2014 17:35:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI penale; sentenza 11 giugno 1993; Pres. Vessia, Est. Pisanti, P.M. Ciani (concl. conf.);ric. Faro e altri. Annulla senza rinvio App. Catania 4 maggio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp.37/38-39/40Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188418 .

Accessed: 28/06/2014 17:35

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GIURISPRUDENZA PENALE

o — come nel caso di specie — dei vari animali da cortile o

da allevamento, i quali devono essere sottoposti a determinate

procedure di abbattimento, di preparazione, di separazione del

le parti eduli rispetto alle parti non utilizzabili a fini alimentari:

si pensi al piumaggio dei vari uccelli da cortile, o alle parti cornee ecc. dei bovini, suini, ovini, ecc.); e ciò indipendente mente dalla querelle relativa all'essere o no le medesime dotate

di valore nutritivo ecc. Il tentare pertanto di qualificare «so

stanza alimentare» il bovino indubbiamente costituisce un am

pliamento indebito della sfera di qualificazione della norma, ri

portabile al ragionamento analogico, se non addirittura alla «so

stituzione di tipo di disciplina», entrambi vietati, ex art. 1 c.p. e 25 Cost., all'interprete. In secondo luogo, va notato ancora

una volta che la distinzione tra i vari animali utilizzabili ai fini

del ricavo di sostanze alimentari e le «carni» (queste si costi

tuenti «alimento» . . .) risulta addirittura testualmente anche re

centissimamente dopo il recente d. leg. 27 gennaio 1992 n. 118,

di recepimento in Italia delle note direttive Cee. Ed anche sotto

questo profilo, quindi, il problema in esame deve ritenersi defi

nitivamente privato di attualità.

Il prevenuto pertanto va assolto dalla mossagli imputazione di cui al capo b), perché il fatto rimproveratogli (avere alterato

«sostanze alimentari» non sussiste). Esaminato questo primo aspetto problematico della vicenda,

deve ora essere affrontata la questione relativa alla possibile

sopravvivenza della disposizione dettata in materia di utilizzo

di estrogeni ecc. in campo zootecnico, dopo l'intervento del ri

cordato decreto legislativo del gennaio scorso. Ritiene il giudi cante che la risposta debba essere negativa, essendo stato l'uti

lizzo degli estrogeni isolato dal legislatore del 1992 rispetto al

l'utilizzo di altre sostanze, e relegato, se indebito, nell'ambito

dei c.d. illeciti amministrativi colpiti con sanzione pecuniaria,

disciplinati in via generale dagli art. 1 s. 1. 24 novembre 1981

n. 689. Si è, in altri termini, in presenza di un'ipotesi di abolitio

criminis, tale dovendo ritenersi tecnicamente la c.d. «depenaliz

zazione», abolitio criminis che, se alla luce del precedente siste

ma penale e penale processuale poteva ben considerarsi, con

la dottrina più attendibile, ipotesi, sia pure ad ampio spettro, estintiva del reato, attualmente, alla stregua della nuova disci

plina (che prevede addirittura la «revoca» delle precedenti sen

tenze di condanna eventualmente rese e non lega loro effetti

sfavorevoli residui: art. 673 c.p.p.), deve riportarsi alla vecchia

categoria, già criticata da larga parte della dottrina penalistica, delle «cause risolutive del reato»; sempre in relazione all'espres sa previsione legislativa, l'intervento dell' abolitio criminis com

porta, nei confronti del prevenuto, l'adozione della formula as

solutoria «perché il fatto non è preveduto come reato» (art.

673, 1° comma, c.p.p.), con tutte le conseguenze che ne derivano.

Il prevenuto, pertanto, va mandato assolto, con le formule

precedentemente indicate, dalle imputazioni che gli sono state

mosse. Resta in piedi, in ogni caso, la questione relativa alla

possibile qualifica di illecito legata alla nuova previsione sanzio

natoria contenuta nel d. leg. del gennaio 1992, per ciò che ri

guarda l'utilizzo indebito degli estrogeni. Sul punto, peraltro, essendo cadute in radice le imputazioni mosse al prevenuto, il

giudicante ha perduto la legittimazione all'ulteriore delibazione,

in via punitiva amministrativa, del fatto addebitato al soggetto

(art. 24 1. 24 novembre 1981 n. 689). Nella specie infatti, date

l'insussistenza dell'illecito di cui al capo b) di imputazione e

la non previsione, allo stato, come illecito penale dell'ipotesi considerata al capo a) di imputazione, viene a mancare quella

«connessione obiettiva con un reato» cui il legislatore del 1981

ha legato la competenza a conoscere dell'illecito c.d. ammini

strativo da parte del giudice penale. Con la conseguente necessi

tà di ordinare la rimessione degli atti alla competente autorità

amministrativa affinché proceda per quanto di sua competenza.

Autorità amministrativa da individuarsi, ex art. 1 d.p.r. 29 lu

glio 1982 n. 571, nell'unità sanitaria territorialmente competente.

Il Foro Italiano — 1994.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 11 giu

gno 1993; Pres. Vessia, Est. Pisanti, P.M. Ciani (conci,

conf.); ric. Faro e altri. Annulla senza rinvio App. Catania

4 maggio 1992.

Incanti (turbata libertà degli) — Reato — Estremi (Cod. pen., art. 353).

Non è configurabile il reato di turbata libertà degli incanti di

cui all'art. 353 c.p. nell'ipotesi di contratti della pubblica am

ministrazione conclusi a mezzo di trattativa privata che sia

svincolata da ogni schema concorsuale. (1)

(1) La sentenza esclude la configurabilità del reato di turbata libertà

degli incanti (art. 353 c.p.) nelle ipotesi in cui l'aggiudicazione del con tratto sia avvenuta a mezzo di trattativa privata (cfr., da ultimo, Cass. 26 settembre 1991, Di Fresco, Foro it., Rep. 1992, voce Incanti (turbata libertà degli), n. 6).

Il punto centrale della decisione in epigrafe è costituito dalla diffe

renziazione — in seno ai meccanismi di scelta della controparte nei con

tratti della pubblica amministrazione (c.d. evidenza pubblica) — tra pro cedure che conducono alla aggiudicazione automatica del contratto (asta pubblica, licitazione privata) e procedure che sono invece sganciate da

tale automatismo (trattativa privata, appalto-concorso): nelle prime la

controparte privata non partecipa attivamente alla elaborazione del con

tenuto contrattuale e non viene propriamente «scelta» dalla pubblica amministrazione, bensì' da questa semplicemente individuata secondo

congegni puramente meccanici; nelle seconde, viceversa, il privato svol

ge un ruolo attivo nella formazione del contratto, e viene pertanto ef fettivamente scelto dalla pubblica amministrazione, la quale agisce se

condo gli ordinari schemi dell'autonomia negoziale. I modi meccanici

sono, quindi, caratterizzati a differenza di quelli negoziali, dal prelimi nare svolgimento di una gara, la cui specifica funzione consiste nel ga rantire la par condicio tra i vari concorrenti, attraverso la rigida prede terminazione normativa dei criteri di selezione dell'offerta più vantag

giosa (v. M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Milano, 1993, 377). L'incriminazione contenuta nell'art. 353 c.p. si riferisce espressamen

te alle sole procedure concorsuali ad aggiudicazione automatica (pub blici incanti e licitazioni private). 11 bene tutelato dalla norma sembra,

dunque, consistere nell'interesse all'imparzialità e al buon andamento

dell'amministrazione, protetto in via mediata attraverso la salvaguardia della libertà di concorrenza dei partecipanti alla gara (in giurispruden

za, cfr. Cass. 16 aprile 1991, Sciuto, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 3; in dottrina, in tal senso, v. Venturati, Incanti (frodi negli), voce

del Digesto pen., 1992, VI, 302).

Quanto detto rende ragione della tendenza manifestatasi in giurispru denza ad applicare «estensivamente» l'art. 353 c.p. ai casi in cui, sebbe

ne il contratto sia stato concluso in seguito ad una trattativa privata, la pubblica amministrazione abbia proceduto ad una preventiva fissa

zione dei criteri selettivi del contraente (v., in tal senso, Cass. 22 mag

gio 1991, Di Francesco, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 4; 28 ottobre

1974, Demuro, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1 e Cass. pen., 1976, 1396, con nota di Iori; contra, Cass. 5 maggio 1969, Ciotti, Foro it., Rep.

1969, voce cit., n. 1): il piano di tutela tracciato dalla norma in esame

viene, cioè, ricostruito in modo da includervi anche le ipotesi in cui

l'amministrazione autolimiti le proprie facoltà di scelta discrezionale

attraverso l'anticipata determinazione dei parametri di valutazione delle

offerte. Autolimitazione che consente di configurare una posizione di

interesse legittimo in capo agli interpellati nelle c.d. gare informali, in

tutto analoga a quella configurabile in capo ai concorrenti di un'asta

pubblica o di una licitazione privata; posizione che ad essi non sarebbe

spettata, invece, qualora la trattativa si fosse svolta senza alcuna prefi

gurazione dei criteri di scelta (sul riconoscimento dell'interesse legittimo in capo all'interpellato nelle c.d. gare informali, v. Cons. Stato, sez.

IV, 22 novembre 1967, n. 623, id., Rep. 1967, voce Amministrazione

dello Stato, nn. 112, 114 e Cons. Stato, 1967, I, 2192; sez. VI 19 mag

gio 1989, n. 661, Foro it., Rep. 1989, voce Contratti della p.a., n.

117. Si tenga presente, peraltro, che in materia di appalti di lavori pub blici l'art. 9, 1° comma, d. leg. 19 dicembre 1991 n. 406, in attuazione

della direttiva 89/440/Cee, stabilisce che nei casi da esso determinati

gli appalti di lavori pubblici possono essere affidati a trattativa privata soltanto «previa pubblicazione di un bando di gara, contenente l'indi

cazione dei criteri per la selezione dei candidati»). Diverso problema è quello di verificare se si tratti di vera e propria

interpretazione estensiva o non piuttosto di applicazione analogica, co

me tale vietata in materia penale (art. 14 disp. prel.) (sul punto, v.

Cass. 3 luglio 1991, D'Amico, id., 1992, II, 146: «L'interpretazione estensiva si differenzia dal procedimento analogico in questo: che la

prima mantiene il campo di validità della norma entro l'"area di signi

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PARTE SECONDA

(Omissis). Ma, l'annullamento senza rinvio si impone, nella

specie, ancora più nettamente, per la preliminare ed assorbente

considerazione che il reato di turbata libertà degli incanti non

è configurabile nell'ipotesi di contratti della pubblica ammini

strazione conclusi a mezzo di una trattativa privata che sia svin

colata da ogni schema concorsuale.

È da considerare a questo proposito, in rapida sintesi, che

l'art. 353 c.p., come il successivo art. 354, riferiscono espressa mente la tutela penale ai pubblici incanti ed alle licitazioni pri vate che — come è noto — indicano due modi di scelta del

contraente da parte della pubblica amministrazione attraverso

l'esperimento di «gare pubbliche» o «gare formali» regolate da

procedure di tipo meccanico o automatico (v. r.d. 18 novembre

1923 n. 2440 e reg. n. 827 del 1924 sulla contabilità generale dello Stato e succ. mod.; vedi anche sui meccanismi automatici

la 1. 2 febbraio 1973 n. 14 sui procedimenti di gare di appalti

pubblici mediante licitazione privata). La trattativa privata — non menzionata nelle citate norme

penali — si distingue invece da detti modi di contrattazione per ché in essa manca lo svolgimento della gara e perché l'ammini

strazione, con la massima libertà delle forme e senza vincolo

giuridico circa la scelta del contraente e circa il prezzo, tratta

direttamente con un imprenditore, sia pure dopo averne even

tualmente interpellati altri per un sondaggio del mercato (art. 92 reg. n. 827 citato); in questo quadro gli interpellati — ritenu

ti ab immemorabile portatori di interessi semplici anche di fronte

all'esito della trattativa privata a cui abbiano partecipato (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 28 gennaio 1961, n. 3, Foro it., Rep.

1961, voce Giustizia amministrativa, n. 39; sez. un. 28 settem

bre 1955, n. 2658, id., Rep. 1955, voce Amministrazione dello

Stato, n. 151; 21 settembre 1970, n. 1645, id., 1970, I, 2714)

e, più di recente, titolari di interessi legittimi in casi particolari di esclusione dall'aggiudicazione (cfr. sez. un. 15 gennaio 1983, n. 328, id., Rep. 1983, voce Opere pubbliche, n. 99 e 25 no

vembre 1983, n. 7073, ibid., n. 101) — si presentano certamen

te come destinatari di interessi legittimi tutelabili di fronte al

giudice amministrativo, nei casi in cui nella formazione di un

contratto a trattativa privata la pubblica amministrazione abbia

autolimitato il proprio potere discrezionale stabilendo una pre cisa procedura per la raccolta e valutazione delle offerte (tra le tante, in un ventennio, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 novem

bre 1967, n. 623, id., Rep. 1967, voce Contratti della p.a., n.

74 e 19 maggio 1989, n. 661, id., Rep. 1989, voce cit., n. 117). Sono questi ultimi i casi in cui, in funzione delle regole pro

cedimentali che la pubblica amministrazione si impone autoli

mitativamente, si possono avere anche nel contratto a trattativa

privata delle «selezioni progressive» (delle offerte) ovvero delle

gare limitate ed informali quali quelle che vanno sotto il nome di «gare di consultazione», «gare esplorative», «gare ufficio

se», «gare private», e via di seguito. È però da ribadire che, non ogni interpello di privati imprenditori ai sensi del citato

art. 92 (reg. Cons. Stato) dà luogo ad una «gara informale», ma soltanto quelli che trovano regolamentazione in una proce dura a carattere concorsuale, ispirata al principio della par con dicio dei partecipanti; in linea generale, infatti, come ritiene

anche la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez.

V, 20 settembre 1990, n. 686, id., Rep. 1990, voce cit., n. 74), l'introduzione di una preselezione informale, diretta ad acquisi

ficanza" dei segni linguistici con i quali essa si esprime, mentre l'analo

gia estende tale validità all'"area di similarità" della fattispecie consi derata dalla norma. L'interpretazione estensiva è perciò pur sempre le

gata al testo della norma esistente; il procedimento analogico è invece creativo di una norma nuova che prima non esisteva»). E al riguardo si può osservare che l'operazione compiuta dalla giurisprudenza in que stione non pare corrispondente alle intenzioni dichiarate: infatti, le espres sioni «pubblici incanti» e «licitazioni private» appaiono insuscettibili di espansione linguistica, essendo termini fortemente connotati in chia ve tecnico-giuridica; onde sembra che ci si trovi piuttosto in presenza di una estensione analogica della stessa ratio incriminatrice dell'art. 353

c.p. ai casi simili in cui, nell'ambito di una trattativa privata, la pubbli ca amministrazione abbia fatto ricorso ad una gara (sia pure «informale»).

Il Foro Italiano — 1994.

re contestualmente tutte le offerte disponibili, non modifica le

linee fondamentali ed i caratteri tipici della trattativa privata,

perché la preselezione è rivolta — di massima — ad assicurare

nell'esclusivo interesse dell'amministrazione una più completa

e rapida conoscenza del mercato e non restringe l'azione ammi

nistrativa in uno schema strettamente concorsuale.

Ora, ove si consideri che la ratio dell'art. 353 c.p. si identifi

ca con la tutela della libertà della concorrenza e dell'ordinato

svolgimento delle gare pubbliche che presiedono alla formazio

ne dei contratti delle pubbliche amministrazioni, si deve conve

nire che una interpretazione estensiva del citato art. 353, che

non costituisca analogia in malam partem, vietata in materia

penale, si può concepire con riguardo ad una trattativa privata

solo quando questa, al di là del nomen iuris che la contraddi

stingue dagli altri contratti esplicitamente menzionati in detta

norma, si svolga a mezzo di una gara, sia pure informale, che

per le sue connotazioni sostanziali sia assimilabile alle gare for

mali dei pubblici incanti e delle licitazioni private, per modo

che identico ne risulti il bene giuridico tutelato.

Si deve adunque ribadire — sulla scia di analoghe decisioni

di questa Corte suprema (cfr. sez. V 5 marzo 1969, Ciotti, id.,

Rep. 1969, voce Incanti (turbata libertà degli), n. 1; 28 ottobre

1974, De Muro, id., Rep. 1975, voce cit., n. 1; 22 maggio 1991,

Di Francesco, id., Rep. 1992, voce cit., n. 4; 26 settembre 1991, P.m. c. Di Fresco, ibid., n. 6) il principio secondo cui la fatti

specie dell'art. 353 c.p., che mira a tutelare la libertà della con

correnza nella raccolta delle offerte ed il libero e regolare svol

gimento dei pubblici incanti e delle licitazioni private per conto

di pubbliche amministrazioni ed anche di privati se dirette da

pubblici ufficiali e da persone legalmente autorizzate, pur es

sendo estensibile alle cosiddette «gare di consultazione» inerenti

ad una trattativa privata autoregolamentata dalla pubblica am

ministrazione mediante forme procedimentali attuative di un mec

canismo selettivo delle offerte, è inapplicabile ogni volta che

manchi una gara sia pure informale, cioè la libera competizione tra più concorrenti come nel caso in cui singoli potenziali con

traenti, individualmente interpellati, presentino ciascuno le pro

prie proposte e l'amministrazione resti libera di scegliere il pro

prio contraente secondo criteri di convenienza e di opportunità

propri della contrattazione tra privati. Nella specie in cui è indiscussa la legittimità del ricorso alla

trattativa privata: trattandosi di fornitura non superiore agli ot

tanta milioni (cfr. art. 52 1. n. 21 del 1985 della regione Sicilia

e circolare 14 maggio 1986, n. 1610 assessorato 11.pp. che rinvia

alle norme sulla contabilità generale dello Stato e quindi al cita

to art. 92) mancano del tutto gli estremi di una gara sia pure informale in quanto le ditte furono interpellate singolarmente e separatamente per l'invio di un preventivo di spesa e la proce dura ulteriore, ancorché corredata da parere di un ufficio tecni

co, si esaurì nell'ambito del foro interno della pubblica ammi

nistrazione contraente, senza che fossero stati predeterminati mec

canismi concorsuali di partecipazione degli offerenti e di selezione

delle offerte.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza

rinvio perché il fatto non sussiste.

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