sezione VI penale; sentenza 23 gennaio 1991; Pres. Rombi, Est. Calfapietra, P.M. (concl. conf.);ric. P.m. in causa Fabbri. Annulla G.i.p. presso Pret. Bologna 12 giugno 1990Source: Il Foro Italiano, Vol. 114, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1991), pp.723/724-727/728Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23186437 .
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PARTE SECONDA
CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 23 gen naio 1991; Pres. Rombi, Est. Calfapietra, P.M. (conci,
conf.); ric. P.m. in causa Fabbri. Annulla G.i.p. presso Pret.
Bologna 12 giugno 1990.
Indagini preliminari — Archiviazione — Estremi — Notizie pri ve di rilevanza penale — Esclusione (Cod. proc. pen., art.
335, 408, 411, 415, 549, 554).
Nel vigente sistema processuale penale gli atti che prospettano
fatti completamente privi di rilevanza penale sono informati ve che non costituiscono «notizie di reato» e che non trova
no, pertanto, il loro sbocco in una archiviazione da richiedere
al giudice per le indagini preliminari, bensì in una risoluzio
ne, di competenza dello stesso pubblico ministero, di non da
re corso all'informativa in considerazione dell'inutilità di qual siasi indagine; a norma dell'art. 109 disp. att. c.p.p., spetta al pubblico ministero valutare se l'informativa si configuri o meno come una «notizia di reato» e, conseguentemente, decidere in quale registro essa debba essere iscritta, potendo altresì tale organo effettuare una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato qualora ritenga di espletare indagini in
merito ad un'informativa già iscritta nel registro mod. 45;
d'altro canto riconoscere al pubblico ministero il potere di
non dare alcun seguito ad informative che non costituiscono
«notizie di reato» non significa attribuirgli un autonomo po tere di archiviazione, essendo tale potere — di spettanza esclu
siva del giudice per le indagini preliminari — correlato ap
punto ad una «notizia di reato». (1)
(1) La sentenza si ricollega ad altre tre pronunce della Cassazione
pur esse emesse a seguito di ricorsi del p.m. avverso provvedimenti adot
tati nella materia de qua dal g.i.p. presso la Pretura di Bologna nella
medesima data (v. Cass. 5 dicembre 1990, P.m. in causa Micheletti; 25 gennaio 1991, P.m. in causa Boschetti; 11 febbraio 1991, P.m. in
causa Loffredo, Foro it., 1991, II, 353, con nota di A. Ferraro, Ar
chiviazione e potere dì «cestinazione» del pubblico ministero) e a diffe renza di quelle «costruisce» i poteri del p.m. in tema di apprezzamento ed eventuale cestinazione delle informative che pervengono al suo uffi
cio in termini che appaiono in linea di massima in sintonia con quanto sostenuto nella circolare ministeriale sui nuovi registri in materia penale (v. la circolare del 18 ottobre 1989, contrassegnata dal n. 533 - prot. n. 131.60.868/189 - in Documenti giustizia, 1989, fase. 10-11, 138 s.; in Conso, Grevi, Neppi Modona, Il nuovo codice di procedura penale, vol. VI, Le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, tomo I, Le norme di attuazione con le rela tive norme regolamentari, Padova, 1990, 548 s.), secondo la quale «l'i
scrizione dell'informativa pervenuta» al p.m. nel registro «degli atti non costituenti notizia di reato» (il c.d. modello 45) ovvero in quello delle notizie di reato «dipenderà dalla valutazione che ne dovrà fare il p.m. a norma dell'art. 109 d.leg. 28 luglio 1989 n. 271 (disposizioni di attua zione del c.p.p.)», mentre «nel caso in cui il p.m. ritenga che la notizia,
già iscritta nel registro degli atti non costituenti notizia di reato, richie da il compimento di indagini preliminari, prima che queste vengano disposte dovrà essere fatta una nuova iscrizione nel registro delle noti zie di reato, con indicazione... della provenienza».
Rinviando per maggiori approfondimenti in ordine alla problematica de qua alla già citata nota alle altre tre decisioni della Suprema corte, sembra peraltro utile notare come nella sentenza in epigrafe la Cassa zione abbia anche sostenuto che per stabilire «se la richiesta di archivia zione formulata dal pubblico ministero si riferisca o meno ad una in formativa qualificabile come «notizia di reato» non è decisiva «la scelta del registro nel quale è stata effettuata l'iscrizione...». Se non si va
errati, una siffatta affermazione pare, invero, escludere la necessità che
per radicare nel g.i.p. il dovere di pronunciarsi su una richiesta di ar chiviazione occorra che questa sia relativa ad un'informativa iscritta nel registro delle notizie di reato; conseguentemente, essa sembra in certa misura «confortare» l'opinione, già esposta nella surricordata no
ta, «secondo cui il pubblico ministero può richiedere al g.i.p. l'archivia zione (con correlativo obbligo per questi di pronunciarsi) in ordine ad informative nelle quali non ravvisi «estremi di reato», indipendente mente dal tipo di registro ove esse siano state inizialmente iscritte (la mancata iscrizione nel registro delle notizie di reato potrà costituire una
irregolarità rilevante ad altri fini) e dal compimento di specifiche inda
gini preliminari, previste invece dalla più volte menzionata circolare in
relazione al passaggio dal registro mod. 45 a quello delle notizie di reato». [A. Ferraro]
Il Foro Italiano — 1991.
1. - In data 12 giugno 1990 il giudice per le indagini prelimi nari presso la Pretura circondariale di Bologna restituì material
mente, per la seconda volta, al procuratore della repubblica pres so il suo ufficio il fascicolo processuale relativo al soggetto re
tro indicato — insieme ad altri fascicoli relativi a vari altri soggetti — accompagnandoli con una lettera in cui, nel rigettare sostan
zialmente la richiesta di archiviazione in precedenza formulata
dal pubblico ministero, spiegava la decisione con varie argo mentazioni logico-giuridiche, le quali conducevano, a suo pare
re, alla conclusione che, quando la notizia di reato riguarda fatti fin dall'origine non riconducibili ad alcuna fattispecie di
reato, la legge processuale non prescrive la procedura di archi
viazione, ed il pubblico ministero, pertanto, può limitarsi a non
dare alla suddetta informativa alcun seguito; inapplicabile era, in particolare, la norma di cui all'art. 411 c.p.p. relativa all'ar
chiviazione «perché il fatto non è previsto dalla legge come rea
to», dato che detta norma presuppone la sussistenza di un fatto
che, considerato in un primo momento come reato, si sia rivela
to successivamente, in seguito ad indagini, privo di rilevanza
penale. 2. - Contro il provvedimento il procuratore della repubblica
presso la Pretura circondariale di Bologna propone ricorso per cassazione manifestando il suo netto dissenso ed assumendo che,
qualora questa Corte suprema, alla luce dei principi del nuovo
codice di rito, non dovesse ravvisare nel caso di specie un con
flitto analogo di competenza ex art. 28, 2° comma, il provvedi mento in questione dovrebbe essere qualificato provvedimento
abnorme, perché non previsto dal legislatore e perché generato re d'una situazione processuale rimovibile soltanto col ricorso
per cassazione.
In tale seconda ipotesi ne richiede l'annullamento per viola
zione dell'art. 411 c.p.p. assumendo, a sostegno del ricorso:
1) che non può ritenersi l'esistenza d'un autonomo potere di archiviazione del pubblico ministero, essendo principio fon
damentale dell'ordinamento giuridico penale, quanto meno a
decorrere dal d. leg. lgt. 14 settembre 1944 n. 288 (modificativo dell' art. 74 c.p.p. previgente) il controllo giurisdizionale sulle
decisioni del pubblico ministero di non promuovere l'azione pe
nale, demandato in precedenza al giudice istruttore, ora al giu dice per le indagini preliminari, come chiaramente desumibile
dalle norme di cui agli art. 409 e 554 c.p.p., 157 disp. att.
2) che la norma di cui all'art. 411, nel prevedere l'archivia
zione quando «il fatto non è previsto dalla legge come reato», non consente di distinguere tra il fatto che sia tale fin dall'origi naria prospettazione e quello che si sia rivelato tale solo succes
sivamente, a seguito di indagini; nel contempo nessuna rilevan
za decisiva può attribuirsi al tipo di registro in cui l'informativa
sia stata iscritta, essendo necessario solo sottopporre al control
lo del giudice la valutazione del pubblico ministero.
3. - Le premesse formulate dal pubblico ministero ricorrente
possono essere condivise.
Nella relazione al progetto preliminare del nuovo c.p.p. si
afferma che eventuali casi di contrasto tra il pubblico ministero
e il giudice non sono riconducibili alla categoria dei conflitti, anche in considerazione della qualità di parte, sia pure pubbli ca, che il pubblico ministero riveste nel contesto del nuovo si
stema processuale. Coerente con questa scelta legislativa è il
testo dell' art. 28, 2°comma, c.p.p., il quale, dopo aver dispo sto l'estensione delle norme sui conflitti ai casi analoghi a quelli
previsti dal 1° comma, aggiunge che, in caso di contrasto tra
il giudice dell'udienza preliminare e il giudice del dibattimento,
prevale la decisione di quest'ultimo; deve allora ritenersi che
se la facoltà di rilevazione del conflitto non è concessa ad un
organo posto in posizione di «terzietà» quale il giudice dell'u
dienza preliminare, a maggior ragione essa non può essere rico
nosciuta al pubblico ministero, che del processo è parte «per intero e senza ibridismi di sorta».
Il ricorso del pubblico ministero presso la Pretura di Bologna non può, in conclusione, essere considerato come atto di rileva
zione di un conflitto.
4. - Quanto all'atto in data 12 giugno 1990, con il quale il
giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Bologna
accompagna e spiega la situazione materiale del fascicolo pro cessuale al pubblico ministero presso il suo ufficio, in risposta alla richiesta di archiviazione e rigettando in sostanza la richie
sta stessa con un rifiuto a provvedervi, esso costituisce un prov
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GIURISPRUDENZA PENALE
vedimento abnorme, perché esula completamente dalla tipolo
gia giurico-processuale sia sotto l'aspetto formale che sotto quello
sostanziale, ponendosi fuori dal sistema delineato dal nuovo co
dice di rito: il quale prevede che, a seguito della richiesta di
archiviazione formulata dal pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale adotti la procedura
prevista dagli art. 408-410, il giudice presso la pretura adotti
quella di cui all'art. 554, la quale ultima contempla la sola al
ternativa tra decreto motivato di archiviazione e ordinanza con
cui, restituendo gli atti al pubblico ministero, il giudice dispone che entro dieci giorni questi formuli l'imputazione (salva la dee.
n. 445/90 della Corte costituzionale, Foro it., Rep. 1990, voce
Procedimento penale davanti al pretore, nn. 9, 10). Il provvedimento in questione si pone fuori dall'alternativa
in parola e per rimuoverne gli effetti, altrimenti ineliminabili,
esso deve ritenersi impugnabile col ricorso per cassazione, il qua
le, pertanto, benché non espressamente previsto, si presenta pie namente ammissibile.
In conclusione, il ricorso del pubblico ministero non può es
sere considerato atto di rilevazione di un conflitto analogo di
competenza, ma va qualifificato come ricorso per cassazione
avverso un provvedimento abnorme del giudice per le indagini
preliminari. 5. - Quanto alle censure formulate dal pubblico ministero nel
suo ricorso, questa Corte suprema ritiene che il contrasto vada
risolto considerando il particolare rilievo conferito dal nuovo
codice di rito al «registro delle notizie di reato» di cui agli art.
335 c.p.p. e 109 delle norme di attuazione, nel quale il pubblico ministero deve immediatamente iscrivere ogni «notizia di reato»
che gli perviene o che ha acquistato di propria iniziativa.
Dall'espressa menzione, contenuta nel citato art. 335, dell'ob
bligo del pubblico ministero di iscrivere nel suddetto registro anche il nome della persona alla quale il reato è attribuito e
di curare l'aggiornamento dell'iscrizione se, nel corso delle in
dagini, muta la qualificazione giuridica del fatto o se questo risulta diversamente circonstanziato, è corretto inferire che le
informative alle quali non può attribuirsi la qualifica di «noti
zia di reato» devono essere iscritte in un diverso ed autonomo
registro: quello corrispondente al modello 45 allegato al d.m.
30 settembre 1989 n. 334, contenente il regolamento per l'esecu
zione del nuovo codice.
Il nuovo codice di rito postula, dunque, una netta distinzione
tra «notizia di reato» ed informativa che tale non può essere
qualificata, alla luce della quale il problema dell'archiviazione
può essere risolto.
Notizie di reato sono le informazioni, ricevute dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, di un fatto nel quale può ravvisarsi un' ipotesi di reato e che sono, pertanto, idonee a
dare l'avvio alle indagini preliminari: il fatto in questione, rap
portabile ad una figura tipica di reato, viene a costituire, nella
fase iniziale, l'oggetto tipico delle indagini stesse, le quali poi
si concluderanno, nel termine stabilito, con l'esercizio dell'azio
ne penale — attuato in una delle forme previste dall'art. 405
c.p.p. — o con la richiesta di archiviazione.
Tutti gli altri atti, che prospettano fatti completamente privi
di rilevanza penale, risolvendosi in scritti dal contenuto privo
di senso, esposti su fatti impossibili secondo leggi di natura,
ricorsi manifestamente non attinenti alla materia penale, peti
zioni inammissibili, e cosi via, sono informative che non costi
tuiscono «notizie di reato» e che non trovano, pertanto, il loro
sbocco in un'archiviazione da richiedere al giudice per le inda
gini preliminari, bensì' in una risoluzione, di competenza dello
stesso pubblico ministero, di non dar corso alla richiesta o all'e
sposto («visto: agli atti») in considerazione dell'inutilità di qual
siasi indagine e della superfluità di un qualsiasi provvedimento
che dia legittimità alla scelta del pubblico ministero in relazione
ad un'azione penale assolutamente non promuovibile.
La stessa «manifesta» infondatezza della «notizia di reato»
— estranea al testo normativo dell'art. 408, 1° comma, c.p.p. — qualora intesa nel significato ora precisato, impedisce di qua
lificare come «notizia di reato» l'informativa in cui il fatto è
rappresentato, a prescindere dalla veste formale di questa, e,
pertanto, consente al pubblico ministero di non darvi corso sen
za la necessità d'una richiesta di archiviazione da rivolgere al
giudice per le indagini preliminari.
Il Foro Italiano — 1991.
È affidato certamente al pubblico ministero, a norma del
l'art. 109 delle disposizioni di attuazione, valutare se l'atto si
configuri o no come una «notizia di reato» nel senso sopra spe
cificato, decidere in quale registro esso debba essere iscritto ed
effettuare una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato
qualora ritenga di espletare indagini in merito ad un'informati
va già descritta nel registro mod. 45. La correttezza di queste valutazioni è presidiata innanzi tutto dalla qualità di magistrato del pubblico ministero, soggetto soltanto alla legge ed indipen dente da ogni altro potere; è garantita, eventualmente, dalla
possibilità di richieste informali della parte interessata; è assicu
rata, se del caso, infine, dall'intervento degli organi preposti all'osservanza delle norme disciplinari.
Analogamente spetta al pubblico ministero decidere, in pre senza d'una «notizia di reato» ed a seguito delle indagini esple
tate, se richiedere al giudice per le indagini preliminari l'archi
viazione per una delle cause indicate dagli art. 408, 411 e 415
(infondatezza della notizia di reato, mancanza di una condizio
ne di procedibilità, avvenuta estinzione del reato, mancanza della
previsione del fatto come reato da parte della legge sostanziale,
l'essere ignoti gli autori del reato) oppure se esercitare l'azione
penale. Anche in questo caso il problema di evitare un processo
superfluo e rispettare, al tempo stesso, il principio dell'obbliga torietà dell'azione penale, di cui all'art. 112 Cost., non è risolto
escogitando meccanismi finalizzati ad una impossibile soppres sione di quel margine di opinabilità, proprio di ogni valutazio
ne, sull'esistenza dei presupposti che giustificano la rinunzia al
processo, ma affidando ad un organo «terzo», quale il giudice
per le indagini preliminari (cioè ad un organo diverso dal titola
re dell'azione penale), il controllo sulla decisione del pubblico ministero di non agire, in modo da rendere la valutazione dell'i
nazione il più possibile oggettiva ed imparziale. Considerato quanto finora esposto, può conclusivamente af
fermarsi che, a differenza da quanto si assume in ricorso, rico
noscere al pubblico ministero il potere di non dare alcun segui to ad informative che non costituiscono «notizie di reato» non
significa attribuirgli un autonomo potere di archiviazione, rie
sumando antistoricamente il potere di ordinare la trasmissione
degli atti all'archivio di cui al testo originario dell'art. 74 del
codice di rito previgente: il potere di archiviazione è correlato
ad una «notizia di reato» nel significato giuridico-processuale
sopra messo in evidenza, e compete soltanto al giudice per le
indagini preliminari. Può affermarsi, inoltre, che, dato anche il richiamo agli art.
408, 409 e 410 contenuto nell'art.411 c.p.p., la richiesta di ar
chiviazione «perché il fatto non è previsto dalla legge come rea
to» è giustificata solo nel caso in cui il fatto, rapportabile in
origine ad una figura tipica di reato, formava il contenuto di
una «notizia di reato», ma si è poi manifestato estraneo ad
ogni previsione normativa penale a seguito delle indagini esple
tate dal pubblico ministero o per altro motivo (come, ad es.,
la sopravvenuta depenalizzazione). A tal proposito è doveroso rilevare che la Corte costituziona
le con la sentenza 14 luglio 1971, n. 175 {id.,, 1971, I, 2453)
e questa Corte suprema con numerose decisioni, avevano affer
mato che la formula «il fatto non è preveduto dalla legge come
reato», contenuta nell'art. 152 c.p.p. previgente, andava intesa
in senso ampio, in modo da comprendere sia il fatto per il qua
le non esiste una norma incriminatrice sia le ipotesi in cui la
presenza di una causa di non imputabilità o di non punibilità
rende penalmente irrilevante il fatto configurato astrattamente
come reato dalla legge. Il nuovo codice di rito, però, a differen
za di quello previgente, ha più puntualmente distinto le diverse
formule, provvedendo ad inserire la formula «il fatto non costi
tuisce reato», assente dal testo dell'art. 152 vecchio codice, nel
l'art. 129, nonché a menzionare la formula «il fatto non è pre
visto dalla legge come reato», assente dagli art. 378 e 479 vec
chio c.p.p., nel testo sia dell'art. 425 che dell'art. 530.
Deve ritenersi, pertanto, che alla formula «il fatto non è pre
visto dalla legge come reato» non possa più attribuirsi il signifi
cato più ampio consentito dall'art 152 su richiamato, ma che
la stessa debba essere limitata alla sola ipotesi del fatto che non
trova corrispondenza in alcuna fattispecie astratta di reato.
6. - In conclusione, deve a questo punto osservarsi che non
è dato rilevare dagli atti, nel caso in esame, se la richiesta di
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PARTE SECONDA
archiviazione formulata dal pubblico ministero si riferisca o meno
ad una informativa qualificabile come «notizia di reato»; e che, a differenza da quanto assume il giudice per le indagini prelimi
nari, non è decisiva a tal proposito la scelta del registro nel
quale è stata effettuata l'iscrizione, anche perché, in questa pri ma fase di applicazione del nuovo codice di rito, non possono escludersi comprensibili ma rimediabili errori.
Il provvedimento del giudice per le indagini preliminari pres so la Pretura circondariale di Bologna, oggetto del ricorso, va,
pertanto, annullato, con rinvio allo stesso giudice.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 18 aprile
1990; Pres. Garella, Est. Fiorenza, P.M. Aponte (conci,
conf.); ric. Proc. gen. App. Bologna c. Campana. Annulla
App. Bologna 7 dicembre 1988.
Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Im
presa agricola — Fattispecie (Cod. civ., art. 2135; 1. 10 mag
gio 1976 n. 319, norme per la tutela delle acque dall'inquina
mento, art. 3, 21; d.l. 10 agosto 1976 n. 544, proroga dei
termini di cui agli art. 15, 17 e 18 1. 10 maggio 1976 n. 319, art. 1 quater, 1. 8 ottobre 1976 n. 690, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 10 agosto 1976 n. 544, art. unico; 1. 24 dicembre 1979 n. 650, integrazioni e modifiche delle leg gi 16 aprile 1973 n. 171 e 10 maggio 1976 n. 319, art. 17).
Una cooperativa destinata (essenzialmente) alla trasformazione ed alla commercializzazione di prodotti agricoli costituisce im
presa agricola, qualificabile come insediamento produttivo ex
l. 319/76 quando la sua attività — organizzata su base indu
striale e per fini commerciali — risulti preminente rispetto a quella (di allevamento) dei propri soci, (solo) strumentale
ai fini del raggiungimento dello scopo sociale principale. (1)
(1) I. - La Suprema corte cambia strada a proposito dell'individua zione dei presupposti per la qualificazione come insediamenti produttivi delle cooperative sociali di trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli, discostandosi da Cass. 3 aprile 1990, Monte, Foro
it., 1991, II, 20, con nota di Giorgio ed anche da App. Bologna 27 settembre 1990, ibid., 465, con nota di richiami) e seguendo un assunto
restrittivo, già sostenuto in dottrina (cfr. i richiami sub I nella nota cit. a Cass. 3 aprile 1990, Monte).
Tuttavia, nella sentenza in epigrafe, non viene attribuita esplicita rile vanza ermeneutica al c.d. presupposto soggettivo della connessione —
consistente nella necessaria contitolarità soggettiva sia dell'impresa agricola primaria (produttiva) sia di quella «connessa» (di trasformazione) —
valorizzato invece da alcuni studiosi come criterio interpretativo essen
ziale, fondato sul dictum letterale della delibera 8 maggio 1980 del co mitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento.
Del resto, viene radicalmente pretermessa ogni considerazione relati va alla necessaria provenienza di almeno due terzi della «materia pri ma» utilizzata nell'attività (di trasformazione) della cooperativa pro prio dalla coltivazione dei terreni dell'impresa agricola primaria, come
previsto espressamente dalla menzionata delibera. La pronuncia in rassegna, invece, sottolinea il carattere solo «stru
mentale» ed «accessorio» dell'attività (allevamento dei bovini), svolta dai singoli soci rispetto a quella «preminente» di trasformazione (in parmigiano reggiano) effettuata dalla cooperativa, desumendo tale giu dizio dallo statuto della latteria de qua, attestante la «base industriale» e le finalità «commerciali» della stessa. Sembrerebbe, quindi, che una
cooperativa di trasformazione possa costituire un insediamento «civile» solo se sia caratterizzata da un ciclo economico-produttivo endo
associativo, destinato, quindi, a soddisfare — in modo complementare e marginale — soltanto i consumi finali (e non speculativi) dei propri soci, secondo un modulo organizzativo ormai desueto nella prassi cor rente delle aziende agricole.
II. - La latteria «Il Milanello» è stata qualificata come insediamento
produttivo anche in considerazione delle sue «apprezzabili proporzioni» e del «valore altamente inquinante» dei suoi scarichi.
Il Foro Italiano — 1991.
Ritenuto in fatto. — Con sentenza del 14 luglio 1986 il Preto
re di Reggio Emilia dichiarava Campana Gianni colpevole del
reato di cui all'art. 21, 3° comma, 1. n. 319 del 1976 e successi
ve modifiche per avere effettuato, nella qualità di legale rappre
sentante della latteria sociale «Il Milanello», uno scarico di ac
que reflue in acque superficiali eccedente in alcuni valori i limiti
di accettabilità previsti dalla tabella C allegata alla legge e lo
condannava alla pena di mesi due di arresto, oltre sanzioni ac
cessorie, con i benefici della sospensione condizionale e della
non menzione della condanna. La decisione veniva totalmente
riformata con sentenza del 7 dicembre 1988 dalla Corte d'ap
pello di Bologna che assolveva l'imputato dal reato ascrittogli
perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato. Ha pro
posto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la
stessa corte denunciando con il primo motivo l'erronea inter
pretazione della norma incriminatrice in relazione alla legge re
gionale per avere attribuito a quest'ultima carattere derogatorio relativamente all'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 21,
3° comma, della predetta legge; con il secondo motivo l'omessa
applicazione degli art. 21 e 25 1. n. 319 del 1976 essendo anche
i titolari degli scarichi civili tenuti ad osservare le prescrizioni stabilite dalle regioni come previsto dalle predette norme.
Considerato in diritto. — La sentenza impugnata va annulla
ta ai sensi dell'art. 543 c.p.p. Le argomentazioni e le conclusio
ni contenute nelle decisioni di merito e le stesse censure del ri
corrente sono basate sul presupposto che l'impresa collettiva
rappresentata dall'imputato sia un insediamento civile. Tale pre
supposto è frutto di una erronea interpretazione della normati
va in materia e contrasta con l'indirizzo consolidato di questa corte alla quale non è estraneo il compito di dare una diversa
qualificazione giuridica all'insediamento sulla base degli elementi
di fatto dedotti in giudizio. Al riguardo rilevasi che, come risul
ta dall'atto costitutivo, la società coop a.r.l. «Caseificio agrico lo del Milanello» persegue lo scopo di «fare la prima manipola zione del latte in comune prodotto dalle vaccine allevate nei
fondi condotti dai soci mediante la conversione del latte in bur
ro e formaggio e altri latticini e di vendere in comune il burro
e gli altri prodotti»; oggetto quindi dell'attività dell'azienda è
la trasformazione su base industriale e per fini commerciali del
latte e dei suoi derivati, come è confermato nella memoria di
fensiva depositata il 6 aprile 1990 nella quale è espressamente detto che la latteria «Milanello» si occupa solamente del famo
Ancora una volta, quindi, ai fini della qualificazione (come produtti va o civile) di un'impresa agricola, vengono utilizzati parametri inter
pretativi: a) ulteriori e «detassativizzanti» (in proposito Palazzo, Orien tamenti dottrinali ed effettività giurisprudenziale dei principi di deter
minatezza e di tassatività in materia penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1991, 326 ss.) rispetto a quelli indicati espressamente nella citata delibera interministeriale; b) per di più molto generici (il primo) e non
pertinenti (il secondo, essendo il parametro «dell'assimilabilità» rap portato — ex art. 1 quater 1. 690/76 — in realtà agli scarichi terminali
provenienti da «insediamenti abitativi» e non «civili»; cfr., in proposito le considerazioni critiche di P. Giampietro, in Riv. trim. dir. pen. eco
nomia, 1990, 280-281, 294-296; contra, Amendola, La tutela penale dell'inquinamento, Milano, 1989, 45 ss., spec. 49).
III. - A questo punto, si appalesa opportuno un intervento chiarifica tore delle sezioni unite in relazione a norme che, dopo molti anni dalla loro (teorica) entrata in vigore, sono tuttora oggetto di contrastanti let ture e di conseguenti gravi incertezze (cfr., la querelle relativa alla san zionabilità penale ex art. 21 1. 319/76 dell'omessa richiesta di autorizza zione per gli scarichi da insediamenti civili, sostenuta — dopo Cass. 20 febbraio 1990, Armuzzi e 7 giugno 1990, Lazzaro, Foro it., 1991, II, 389, con nota di Giorgio — anche dalle sezioni unite: Cass. 31
maggio 1991, Valiante, che sarà riportata in un prossimo fascicolo), fatta eccezione per gli scarichi (nuovi) confluenti in pubbliche fognatu re, ritenuti penalmente non rilevanti.
IV. - È comunque prevedibile uno «sgonfiamento» del contenzioso
giudiziario in subiecta materia dopo il revirement giurisprudenziale ap pena citato: invero, divenuta ora maggioritaria la tesi favorevole all'ap plicabilità delle sanzioni di cui all'art. 21 1. cit. (anche) nei confronti dei titolari delle imprese agricole costituenti insediamenti civili; per que sti ultimi verrà conseguentemente meno l'interesse ad adire il giudice penale nella speranza di ottenere un'assoluzione con formula piena («per ché il fatto non è previsto dalla legge come reato»), secondo l'orienta mento giurisprudenziale, un tempo prevalente (cfr., in proposito, i ri chiami nella nota redazionale a Pret. Asola 2 febbraio 1989, Foro it., 1990, II, 221).
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