+ All Categories
Home > Documents > PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri,...

PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri,...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: doancong
View: 213 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
3
Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P. M. Cotronei (concl. conf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret. Cento 5 novembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp. 367/368-369/370 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174617 . Accessed: 25/06/2014 08:47 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 08:47:24 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P. M. Cotronei (concl. conf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret.

Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P. M. Cotronei (concl.conf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret. Cento 5 novembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.367/368-369/370Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174617 .

Accessed: 25/06/2014 08:47

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 08:47:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P. M. Cotronei (concl. conf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret.

PARTE SECONDA

la integrazione della fattispecie. Il criterio interpretativo del l'ubi voluit dixit resta dunque inutilizzabile.

Sul punto, la giurisprudenza della corte è uniforme (Sez. VI 2 dicembre 1967, Bartoli, id., Rep. 1968, voce Abuso di pote ri, n. 39; 14 gennaio 1976, Castiglia, id., Rep. 1976, voce cit., n. 32; 7 dicembre 1977, Straziota, id., Rep. 1978, voce cit., n.

35), avendo manifestato analogo convincimento con riguardo ad altre fattispecie plurisoggettive anomale, in particolare alla ban carotta cosiddetta preferenziale (di più accentuata simiglianza rispetto al caso in esame), per la quale il concorso (eventuale) del creditore favorito è stato sempre ammesso quante volte la condotta di costui travalichi i limiti del ricevimento della presta zione, che già appartiene alla fattispecie di pagamento come ele mento necessario (Sez. Ili 6 dicembre 1965, Oneglia; Sez. V Ì6 giugno 1968, Cianfrocca; 18 marzo 1969, Girombelli; 30 lu

glio 1973, Gualtieri).

Peraltro i giudici di secondo grado, nel fare applicazione del le norme sul concorso di persone nel reato, hanno enunciato il

principio che uniche forme di partecipazione morale sono la determinazione e l'istigazione, restandone escluso, in particolare, l'accordo.

Questa affermazione non è suscettiva di conferme o di smen tite da parte delle precedenti decisioni della corte (cui si è fatto invece richiamo sia nelle sentenze dei giudici di merito sia negli scritti difensivi), per l'essenziale motivo che quelle decisioni non affrontarono affatto il problema della esclusività di talune forme di concorso morale, e di esse discorsero in termini prevalente mente esemplificativi.

Orbene la proposizione della corte romana, pur esatta sotto certi aspetti, è inaccettabile nella sua assolutezza, traducendosi in una visione riduttiva del fenomeno della partecipazione cri

minosa, con rilevanti conseguenze nella economia della decisione sotto il profilo, come si vedrà, del vizio della motivazione.

Il nucleo di verità recepito nel pensiero dalla corte romana è nella constatazione che, attuandosi il concorso morale nella fa se non esecutiva, ma di ideazione del reato, in tanto è in esso individuabile il necessario contributo causale al raggiungimento dell'unico risultato in quanto l'azione del concorrente abbia l'ef fetto o di suscitare in altri un proposito criminoso che prima non esisteva, o di rafforzare un proposito criminoso già esistente. Queste sono appunto le categorie tradizionali della determina zione e della istigazione, le quali son capaci di comprendere ogni possibile forma di partecipazione morale, ma solo in fun zione dell'effetto prodotto sulla psiche del destinatario dell'azio ne del concorrente.

L'errore di prospettiva della corte romana è consistito nel l'aver considerato, dall'angolo visuale della esclusività, i modi del concorso morale piuttosto che gli effetti psichici di esso. Cosi non è, perché nell'ordinamento positivo, fondato sul prin cipio della equivalenza degli apporti causali di tutti i concor renti, i modi nei quali può manifestarsi la partecipazione psi chica (purché capaci di produrre gli effetti già sottolineati) sono indifferenziati e non catalogabili, essendo per natura atipici: la

tipicità si riferisce invero alla condotta dell'autore del reato, cioè del concorrente che esegue l'azione descritta nella fattispe cie incriminatrice, mentre la condotta del partecipe non ricalca il modello normativo, e si sottrae ad ogni tentativo di tipiz zazione.

È dunque inesatto escludere dal novero dei (possibili) modi di partecipazione morale l'accordo criminoso: certo non è di scutibile la non punibilità intrinseca dell'accordo per commet tere un reato, quando questo non sia commesso; ma dalla di

sposizione dell'art. 115 c. p., e dalla eccezionale previsione, in talune fattispecie di parte speciale, di punizione dell'accordo non deriva l'esclusione di questo dall'ambito del concorso mo

rale, perché anche l'accordo, quale attività psichica di più sog getti convergente al raggiungimento di un risultato di comune

interesse, può costituire l'area di confluenza di contributi, reci

proci o non, al rafforzamento o alla nascita di un proposito cri

minoso; sicché, ove questo poi si materializzi ad opera di ta luno dei soggetti in una matrice normativa omogenea, la rile vanza causale dell'accordo non potrà essere esclusa.

L'errore della corte romana ha avuto conseguenze decisive sul la motivazione della sentenza. L'ipotesi di un accordo Russo manno-Isman è stata considerata per completezza espositiva; ma i giudici del merito, sostanzialmente convinti della inutilità del

l'indagine, si sono limitati all'apodittica negazione della prova dell'accordo. Esistevano al contrario elementi di fondamentale ri lievo che i giudici del merito non avrebbero potuto trascurare; come è stato esattamente rilevato dal ricorrente procuratore ge nerale è stata omessa ogni considerazione delle concrete mo dalità delle operazioni eseguite dal Russomanno al fine di far

pervenire la voluminosa documentazione all'Isman; modalità che, nella discrezionale valutazione delle prove riservata al giudizio di merito, avrebbero potuto non escludere l'esistenza di un pre ventivo accordo, raggiunto attraverso l'assenso dell'Isman alla

pubblicazione, con conseguente possibile rafforzamento del pro

posito delittuoso del Russomanno. E a questo proposito non può sottacersi, a riprova della fallacia di certe etichettature, che la

corte romana ha omesso di valutare altra possibile modalità di

concorso morale, emergente dallo stesso memoriale Russoman

no, e consistente nella promessa, da parte dell'estraneo, di pub blicare gli atti del procedimento; il che avrebbe significato, se

quella ipotesi avesse ricevuto conferma dall'insindacabile apprez zamento giudiziale, la promessa di aiuto da prestare dopo la commissione del reato, della cui capacità di rafforzare l'idea de

littuosa non si è mai dubitato, cosi come mai si è dubitato che è rafforzata l'idea delittuosa dell'autore materiale di un furto cui un commerciante prometta, prima dell'esecuzione del reato, di acquistargli la refurtiva.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata nei confronti dell'Isman, con rinvio ad altra sezione della Corte

d'appello di Roma la quale, attenendosi ai principi di diritto

enunciati, riesaminerà la posizione dell'Isman con riguardo al suo possibile concorso nel delitto di rivelazione di segreti di ufficio.

4. - Non è invece fondato il motivo concernente la misura

della pena inflitta al Russomanno. Infatti le valutazioni, intrin

secamente insindacabili, del giudice di merito nella determina

zione della pena sono state condotte nel sostanziale rispetto dei

criteri indicati nell'art. 133 c. p., risultando in definitiva anco

rate, come di dovere, anche agli elementi oggettivi della gra vità del reato, non esclusi quelli concernenti il tempo in cui

fu commesso.

5. - Conclusivamente: deve essere dichiarato inammissibile il

ricorso dell'Emiliani per mancata presentazione dei motivi; de

ve essere rigettato il ricorso del Russomanno; questi e l'Emi

liani debbono essere condannati, in solido, al pagamento delle

spese, e ciascuno di essi della somma di lire 150.000 a favore

della cassa delle ammende. Il ricorso del procuratore generale deve essere accolto limitatamente ai motivi concernenti l'Isman,

e rigettato nel resto.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione VI penale; sentenza 23 ot

tobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P.M. Cotronei (conci,

cenf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret. Cento 5 no

vembre 1980.

Esercizio abusivo di una professione — Medico ospedaliero a

tempo pieno — Esercizio della libera professione — Reato —

Insussistenza (Cod. pen., art. 348).

Non commette il reato di esercizio abusivo di una professione il

medico ospedaliero a tempo pieno che svolga la libera attività

professionale essendo munito della prescritta abilitazione. (1)

(1) La decisione si segnala proprio perché, risolvendo una questione abbastanza dibattuta, afferma che l'art. 348 c. p. non può essere ap plicato nei confronti di colui che, in possesso dei titoli (abilitazione, iscrizione all'albo) necessari per l'esercizio della libera professione, svolga tale attività pur essendo legato da un rapporto di impiego a « tempo pieno » con una p. a. Secondo la corte, in tale ipotesi si potranno eventualmente configurare altri reati (ad es., il reato di truffa) o, più semplicemente, un mero illecito disciplinare, ma non si potrà considerare integrata la fattispecie di cui all'art. 348 c. p., posto che il soggetto agente opera pur sempre munito della prescritta abilitazione all'esercizio dell'attività professionale.

Per un precedente abbastanza simile, v. Pret. Latina 22 ottobre 1979, Giur. merito, 1982, 412, ove si è ritenuto che l'iscrizione nell'elen co speciale di cui all'art. 3, ult. comma, r. d. 27 novembre 1933 n. 1578 (patrocinio legale di enti pubblici), limitando l'esercizio pro fessionale degli iscritti agli affari propri dell'ente per il quale pre stano la loro opera, non comporta una incapacità alla libera profes sione forense ma determina un limite funzionale che attiene alla sfera delle incompatibilità esistenti tra l'esercizio professionale e gli im pieghi pubblici: di modo che la violazione di tale limite integra soltanto un illecito disciplinare e non già il delitto di esercizio abusivo di una professione; e Trib. Lucca 8 giugno 1982, inedita, secondo cui, ove l'abilitazione all'esercizio della professione sia stata conseguita (nella forma stabilita in rapporto alle singole professioni), e solo sia limitata o preclusa nello spazio o nel tempo, non si può parlare di esercizio abusivo a termini dell'art. 348 c. p., bensì semplicemente di inosservanza suscettibile di sanzione disciplinare. Tale sentenza ha riformato Pret. Pietrasanta 4 dicembre 1980, Mass. pen., 1981, 2128,

This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 08:47:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezione VI penale; sentenza 23 ottobre 1981; Pres. Tafuri, Est. Krogh, P. M. Cotronei (concl. conf.); ric. Platania. Annulla senza rinvio Pret.

GIURISPRUDENZA PENALE

Svolgimento del processo. — Il Pretore di Cento ha applicato l'amnistia, ai sensi del d. p. r. n. 413/1978, per il reato di eserci

zio professionale abusivo (art. 348 c. p.) nei confronti del dott.

Antonio Platania, cui si addebitava di aver concesso prestazioni

professionali a pagamento presso l'ospedale di Pieve di Cento, nonostante fosse dipendente a tempo pieno della clinica urologi ca del policlinico S. Orsola di Bologna.

Il Platania ricorre assumendo che i fatti non integrano il reato

previsto dall'art. 548 c. p. né altro reato, e lamentando che co

munque non potevasi dichiarare estinto il reato senza prima esclu

dere la sussistenza di elementi per un'ampia assoluzione nel me

rito, esplicitamente richiesta.

Motivi della decisione. — Essendo il Platania un medico e non

risultando che egli, in base alla legge e all'ordinamento profes sionale, non fosse abilitato all'esercizio professionale anche li

bero, è evidente che nella specie non ricorre l'ipotesi criminosa di cui all'art. 348 c. p., la quale presuppone il difetto di abilita

zione. Sicché l'impugnata sentenza dev'essere annullata senza

rinvio perché il fatto addebitato all'imputato non costituisce il

reato previsto dall'art. 348, c. p.; formula che prevale sul bene

ficio applicato, e lo precede stante l'evidenza.

Gli atti devono essere trasmessi all'ufficio del p. m. perché si

esamini se nel comportamento speso dal Platania nei confronti

dell'amministrazione del policlinico S. Orsola di Bologna per il

conseguimento dello stipendio corrispondente al tempo pieno, sia configurabile un'ipotesi di truffa in "danno di detta ammi

nistrazione.

la quale aveva invece affermato che il requisito dell'abilitazione va inteso come capacità professionale prescritta dalla legge, e cioè come

complesso delle condizioni necessarie per essere ammessi all'esercizio

professionale: tale capacità può essere esclusa anche dalle norme che vietano l'esercizio della libera professione ai pubblici dipendenti per ragioni di incompatibilità, di modo che si è ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 348 c. p. nel caso del dipendente comunale, il

quale pur munito di idoneo titolo di studio e pur essendo iscritto all'albo degli ingegneri aveva svolto — in violazione dell'art. 241, 3° comma, r. d. 3 marzo 1934 n. 383 — attività professionale consi stente nella progettazione di opere edilizie.

Sul reato di cui all'art. 348 c. p., v., inoltre, Pret. Milano 30 aprile 1979, Foro it., 1980, II, 587, con nota di richiami, cui adde, ora, Cass. 11 dicembre 1979, Gennuso, id., Rep. 1980, voce Esercizio abusivo di una professione, n. 2, secondo cui per la sussistenza del delitto in esame è sufficiente il compimento anche di un solo atto: Pret. Anzio 10 maggio 1979, ibid., n. 4, ove si afferma che non

integra il reato in esame la raccolta di notizie e la loro diffusione al pubblico (nella specie: con il mezzo radiofonico o televisivo) senza alcuna elaborazione critica delle stesse; Pret. Roma 6 gennaio 1981, Riv. pen., 1982, 727, ove si afferma, invece, che ricorre il reato pre visto dall'art. 348 c. p. in caso di esercizio della psicoterapia (con siderata attività sanitaria) da parte di un non laureato in medicina.

Sulla costituzionalità dell'art. 348 c. p., v., infine, Pret. Orvieto 20 aprile 1978, Foro it., Rep. 1980, vooe cit., n. 5, ove si è ritenuta non manifestamente infondata la questione di costituziona lità del combinato disposto degli art. 348 c. p. e 1 d. p. r. 27 ottobre 1953 n. 1068, sollevata denunciando la genericità dell'indicazione delle attività riservate agli iscritti all'albo, specie per quanto attiene alla materia dei tributi, risultando non agevole ai fini dell'incrimina zione dell'esercizio abusivo della professione distinguere l'attività pro priamente professionale da quella di assistenza tributaria che può essere prestata da chiunque.

In dottrina vedi, da ultimo, Pecori, Applicazione di lenti c. d. «a contatto » da parte dell'ottico e violazione dell'art. 348 c. p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1980, 352; nonché, specificamente sul ruolo del

provvedimento amministrativo di abilitazione nella struttura del reato in esame, Mazzacuva-Pappalardo, Mancata iscrizione all'albo da

parte del medico ed esercizio arbitrario della professione sanitaria, in

Temi, 1977. 163 ss.; Mazza, L'iscrizione all'albo nella struttura della

fattispecie criminosa dell'abusivo esercizio di una professione, in Mass. pen., 1977, 552.

Circa i limiti della sindacabilità, da parte del giudice ordinario, del provvedimento di iscrizione all'albo preso dal competente or

gano professionale malgrado la presenza di una causa di incompatibi

lità, quale, appunto, in determinate ipotesi, la qualità di pubblico

dipendente, v. Cass., Sez. un., 25 novembre 1981, n. 6252, Foro it.,

1982, I, 1633, con annotazione di C. >M. Barone, e 17 giugno 1982, n. 3675, inedita.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione III penale; sentenza 13 ot

tobre 1981; Pres. Poidimani, Est. La vosi, P. M. Pagliarulo

(conci, conf.); ric. P.m. c. Martini. Conferma Pret. Roma 17

giugno 1980.

Cause di non punibilità — Reati in materia di previdenza e as

sistenza sociale — Omissione contributiva — Presidente della

Il Foro Italiano — 1982 — Parte II-26.

commissione amministrativa di azienda municipalizzata di pub blici trasporti — Difficoltà finanziarie dell'azienda — Forza

maggiore — Applicabilità (Cod. pen., art. 45; 1. 4 aprile 1952

n. 218, riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbli

gatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, art. 23).

Non è punibile per il reato di omesso versamento di contributi

previdenziali, in quanto costretto da forza maggiore, il presi dente della commissione amministrativa di un'azienda muni

cipalizzata di pubblici trasporti, essendo il fatto dovuto all'im

possibilità di reperire le risorse finanziarie occorrenti, in con

seguenza della inadeguatezza delle entrate a coprire le spese,

per essere il prezzo del biglietto e degli abbonamenti determi

nato con criteri politici dall'amministrazione comunale e per non avere questa provveduto a dotare l'azienda di finanzia menti. (1)

Fatto e diritto. — L'ispettorato del lavoro di Roma riferiva che l'A.t.a.c., in persona dei suoi legali rappresentanti, Martini

Luigi quale presidente della commissione amministrativa e Cusa

ni Vincenzo quale direttore dell'azienda, aveva omesso di corri

spondere i contributi dovuti al fondo speciale di previdenza, al

l'I.n.p.s. ed all'I.n.a.m. fino al 31 dicembre 1977, per gli oltre

17.000 addetti ai servizi pubblici e per un ammontare di lire

68.934.225.716, precisando che l'A.t.a.c. aveva assolto ai suoi ob

blighi per quanto riguarda il versamento delle ritenute a carico

dei lavoratori.

Per tali fatti il Pretore di Roma procedeva contro i predetti Martini Luigi e Cusani Vincenzo per quattro distinti reati di

omesso versamento di contributi dovuti all'I.n.p.s. ed all'I.n.a.m.

e, con sentenza 17 giugno 1980, assolveva il Cusani Vincenzo da

tutti i reati per non aver commesso il fatto e dichiarava non pu nibile il Martini Luigi per aver agito per forza maggiore.

(1) In senso conforme, v. Pret. Genova 4 febbraio 1978, Foro it., Rep. 1979, voce Cause di non punibilità, n. 16, e in Giur. comm., 1979, II, 322, con nota di P. Pisa, Omesso versamento di contributi

previdenziali da parte di un ente pubblico in difficoltà finanziarie e

responsabilità penale degli amministratori. Sul reato di omesso versamento di contributi previdenziali, cfr.

Cass. 18 febbraio 1980, Alessandrini, Foro it., Rep. 1980, voce Previ denza sociale, n. 824, che ne afferma la natura di reato omissivo

permanente; 20 marzo 1979, Damiani, ibid., n. 826, e 17 ottobre

1980, Dessi, id., Rep. 1981, voce cit., n. 729, secondo cui il

rappresentante legale della persona giuridica risponde anche delle omesse contribuzioni addebitabili ai precedenti rappresentanti, pro prio per la natura permanente del reato; Corte cost. 14 luglio 1976, n. 173, id., 1977, I, 49, con nota di richiami, che ha dichiarato in fondata la questione di costituzionalità, tra gli altri, dell'art. 23 1. 218/1952 nella parte in cui attribuisce la responsabilità penale per l'omissione al titolare dell'azienda anche quando altri, dipendenti o

estranei, professionalmente qualificati, siano da esso preposti agli adempimenti relativi; Pret. Milano 23 febbraio 1979, id., Rep. 1980, voce cit., n. 823, che afferma l'incombenza dell'obbligo contributivo sull'effettivo datore di lavoro, individuato come colui che utilizza, coordina e remunera le prestazioni lavorative; e, per ulteriori riferi

menti, App. Bari 5 ottobre 1977, id., 1978, lì, 83, con nota di richiami.

Trib. Rieti 28 febbraio 1982, Lavoro e prev., 1982, 820, ha rite nuto non potersi configurare nel fatto dell'omissione contributiva il reato di appropriazione indebita da parte del datore di lavoro nei confronti degli enti previdenziali ai quali i contributi competono.

Il reato di omesso versamento di contributi previdenziali è stato

depenalizzato dall'art. 35 1. 24 novembre 1981 n. 689 (Le leggi, 1981, 1794) che ha disciplinato un sistema di erogazione di sanzioni amministrative introducendo nella materia il procedimento dell'ordi

nanza-ingiunzione che tale legge ha istituito per la generalità dei casi di sanzioni amministrative.

Per un primo commento sull'innovazione legislativa cons. M. Gior

dano, Prime note sulla « depenalizzazione », in Lav. e prev., 1982, 16, spec. 22 s.

L'elenco completo delle infrazioni in materia previdenziale alla luce della 1. 689/1981 è riportato in Lavoro e prev., 1982, 175.

Sulla forza maggiore come causa di non punibilità, v. Cass. 5

luglio 1979, Galli, Foro it., Rep. 1980, voce Cause di non punibilità, n. 13, che l'ha ravvisata nell'esistenza di una vis maior cui resisti non

potest e cioè di un evento derivante dalla natura o dal fatto dell'uomo che non ipuò essere preveduto o che, anche se preveduto, non può essere impedito: conforme v. pure Cass. 21 aprile 1980, Ruggieri, id., Rep. 1981, voce cit., n. 17.

Più in generale, in tema di cause di giustificazione del reato, cfr. la sentenza resa a sezioni unite Cass. 14 giugno 1980, Falloni, id., 1981, II, 114, con osservazione di G. Ciani.

Sulla natura di enti pubblici non economici « promanazione da ...

enti pubblici territoriali » delle aziende municipalizzate di trasporto pubblico, cfr., in motivazione, Trib. Siena 20 giugno 1981, id., 1981, I, 2849, con nota di richiami.

This content downloaded from 195.78.108.105 on Wed, 25 Jun 2014 08:47:24 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended