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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres....

Date post: 30-Jan-2017
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sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Dinacci, P. M. Niro (concl. conf.); ric. Oleandro. Conferma App. Bari 17 marzo 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 441/442-443/444 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179719 . Accessed: 28/06/2014 18:34 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.73 on Sat, 28 Jun 2014 18:34:29 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Dinacci, P. M. Niro (concl.conf.); ric. Oleandro. Conferma App. Bari 17 marzo 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp.441/442-443/444Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179719 .

Accessed: 28/06/2014 18:34

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GIURISPRUDENZA PENALE

di esecuzione per un avvenimento verificatosi nelle more dei due

giudizi di impugnazione. Non si può evidentemente ordinare l'e

secuzione di una sentenza contro un imputato deceduto, la cui

morte risulti agli atti. Per la stessa ragione deve applicarsi una

causa di estinzione del reato che già risulti, come ad esempio è nel caso dell'amnistia, non potendosi questa rinviare alla fase

di esecuzione nella forma di amnistia impropria perché, nel mo

mento in cui la Cassazione provvede, la sentenza di primo grado non è ancora passata in giudicato questo intervenendo solo con

la dichiarazione della stessa corte ai sensi dell'art. 540. Vi è cioè

tra i due momenti segnati dagli art. 539 e 540 uno spazio ulterio

re valutativo che non può essere soppresso solo perché si tratta

di provvedimenti contestuali, dovendo l'uno obbedire alla verifi

ca dell'esistenza di un erroneo giudizio di secondo grado, l'altro

conseguire alla verifica della concreta eseguibilità della sentenza

di primo grado. Nel presente caso, l'esistenza della causa estintiva è palese e

non richiede alcuna ulteriore indagine, che sarebbe davvero pre

clusa in questa fase di giudizio. Essa va perciò dichiarata con

la conseguenza della cassazione senza rinvio della sentenza del

giudice di appello per tale motivo.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 10 ot

tobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Dinacci, P. M. Niro (conci,

conf.); ric. Oleandro. Conferma App. Bari 17 marzo 1986.

Impugnazioni penali in genere — Difensore di fiducia — Sostitu

to — Legittimazione — Esclusione (Cod. proc. pen., art. 127,

192).

L'espletamento dell'incarico professionale attraverso un sostituto

nella fase dibattimentale non priva il difensore di fiducia dei

poteri connessi alla sua qualità e, in particolare, della legitti

mazione a proporre impugnazione ai sensi dell'art. 192, 3 °

com

ma, c.p.p., con la conseguenza che al sostituto resta preclusa

la facoltà di impugnare. (1)

(1) I. - Il problema sottoposto all'esame delle sezioni unite della Corte

di cassazione concerne la legittimazione del sostituto del difensore di fi

ducia, designato ai sensi dell'art. 127 c.p.p., a proporre impugnazione a norma dell'art. 192, 3° comma, c.p.p.

Un primo orientamento giurisprudenziale riteneva che il sostituto del

difensore non ha la facoltà di presentare la dichiarazione di impugnazio ne e di redigere i motivi sia perché, essendo stato autorizzato ad agire ai sensi dell'art. 127 c.p.p. soltanto nel dibattimento e per il tempo in

cui si verifica la necessità della sostituzione, non può compiere valida

mente alcun atto in luogo del difensore al di fuori ed oltre la fase dibatti

mentale, sia per la permanenza nel difensore di tutti i poteri e facoltà

derivantigli dalla sua qualità, e quindi anche della legittimazione all'im

pugnazione della sentenza (Cass. 11 luglio 1986, Stilo, Riv. pen., 1987,

682; 21 giugno 1986, Di Geso, Cass, pen., 1987, 703; 17 maggio 1986,

Ciccarello, Riv. pen., 1987, 682; 15 ottobre 1984, Quercia, Foro it., Rep.

1985, voce Difensore penale, n. 18; 23 novembre 1982, Brinchi, id., Rep.

1984, voce Impugnazioni penali, n. 59; 6 maggio 1982, Uscumlic, id.,

Rep. 1983, voce cit., n. 82; 20 ottobre 1980, Ruckser, id., Rep. 1981, voce Difensore penale, n. 15; 6 febbraio 1967, Sciavo, id., Rep. 1967, voce Impugnazioni penali, n. 134). Ad analoga conclusione si è anche

pervenuti per il sostituto generale designato dal difensore a norma del

l'art. 9 r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito nella 1. 22 gennaio 1934 n. 36 (Cass. 17 febbraio 1977, Fasanaro, id., Rep. 1978, voce cit., n. 65). La giurisprudenza ha, altresì, costantemente escluso che il difen

sore di fiducia possa comunque nominare un altro difensore per la sotto

scrizione dei motivi di impugnazione in quanto tale incarico può essere

conferito soltanto dall'imputato (Cass. 14 gennaio 1982, Ferrari, id., Rep.

1983, voce Cassazione penale, n. 26; 30 gennaio 1980, Romeo, id., 1981,

II, 217, con nota di richiami). L'indirizzo minoritario si era invece delineato nel senso che, nel caso

di sostituzione a qualsiasi titolo del difensore precedentemente nominato

e impedito a svolgere il mandato, la legittimazione a proporre l'impugna zione compete non al difensore sostituito ma a quello che, sia pure in

sostituzione, abbia svolto la difesa nel dibattimento fino — e compresa — la discussione finale cui è seguita l'emanazione della sentenza da im

pugnare (Cass. 24 gennaio 1985, Giuseppini, id., Rep. 1986, voce Impu

gnazioni penali, n. 27).

li Foro Italiano — 1988.

Fatto e diritto. — Con sentenza del 23 gennaio 1985, il Tribu

nale di Bari dichiarava Guerino Oleandro responsabile dei reati

di contrabbando di sigarette estere, oltre che di evasione all'Iva,

e lo condannava alla pena di lire venticinquemilioni di multa.

Proposto rituale gravame dall'imputato, la Corte d'appello di Bari, con decisione del 17 marzo 1986, confermava le statuizioni dei

primi giudici. Ha interposto ricorso per cassazione l'avvocato Aurelio Giron

da che, nel giudizio di appello, aveva difeso l'imputato (rimasto

Nell'ambito di questo orientamento si è precisato che, qualora il sosti

tuto del difensore di fiducia abbia svolto la sua attività per tutta la fase

dibattimentale e successivamente abbia presentato personalmente la di

chiarazione di impugnazione, l'avviso di deposito di cui all'art. 151 c.p.p. deve essere notificato allo stesso e non al difensore sostituito (Cass. 10

novembre 1983, Arzani, id., Rep. 1984, voce cit., n. 140). Diverso è il caso del sostituto di un difensore di fiducia che, in udien

za, sia stato nominato difensore di ufficio ed abbia svolto a pieno titolo

la sua attività per l'intera fase del dibattimento partecipando, altresì, alla

discussione finale e presenziando alla lettura del dispositivo. In tal caso,

infatti, la legittimazione di questo soggetto a proporre impugnazione de

riva non dalla sua qualità di sostituto del difensore di fiducia ma da

quella di difensore di ufficio nominato in udienza e che ha concretamente

assistito l'imputato nella fase terminale del procedimento, che si conclude

con la sentenza impugnabile dall'imputato (v. Cass. 2 maggio 1985, Mo

rales, id., Rep. 1986, voce cit., n. 26). II. - Più articolate si presentano le posizioni della dottrina che, in linea

generale, ritiene il sostituto del difensore legittimato a proporre impugna zione sia pure in presenza di rigidi presupposti (in senso contrario, v.,

però, P atanè, Difensori, sostituti ed impugnazioni, in Giust. pen., 1957,

III, 415). È stato infatti osservato che, pur avendo la sostituzione efficacia oltre

che per il dibattimento «per tutti gli atti immediatamente consecutivi alla

pronuncia della sentenza (interposizione dell'impugnazione, ecc.)» (Man

zini, Trattato di diritto processuale penale italiano, aggiornato a cura

di Conso, Torino, 1968, II, 595), il sostituto del difensore ha facoltà

di proporre impugnazione per l'imputato «solo quando abbia 'agito' nel

dibattimento in luogo del difensore principale, sia pure momentaneamen

te, perché in tale caso ha assistito l'imputato» (Manzini, op. cit., 631), e sempre che l'impedimento del difensore perduri «nel momento della

dichiarazione di impugnazione» (Manzini, op. cit., II, 594; v., pure, Pe

trella, Le impugnazioni nel processo penale, Milano, 1965, I, 201, se

condo cui il sostituto può proporre impugnazione qualora rivesta la qualifica di avvocato o procuratore e abbia espletato attività difensiva nel corso

del procedimento). Altri autori hanno, invece, operato una distinzione sostenendo che il

sostituto possa procedere alla dichiarazione di impugnazione ma non sia

legittimato a presentare i motivi di impugnazione (Leone, Trattato di

diritto processuale penale, Napoli, 1961, II, 403, nota 31). Nell'ambito

di questa opinione si è precisato che il sostituto può presentare la dichia

razione di impugnazione qualora abbia svolto «opera di assistenza o di

rappresentanza nel procedimento» e «purché permanga il legittimo impe dimento del legale di fiducia» (Kostoris, Il «sostituto» del difensore di

fiducia: limiti alla nomina, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1979, 313). In particolare, per quanto riguarda i motivi di impugnazione, si è os

servato che, «alla stregua di una mera interpretazione letterale» dell'art.

151, 3° comma, c.p.p., quale risulta a seguito della sentenza costituzio

nale n. 96 del 1971 (Foro it., 1971, I, 1428) e dell'art. 201 c.p.p., «il

sostituto in quanto difensore nel dibattimento dovrebbe essere legittimato a proporre i motivi di impugnazione» (Kostoris, op. cit., 314). Senon

ché, si è poi esclusa la legittimazione del sostituto a presentare i motivi

di gravame in quanto, attesi gli ampi limiti cronologici di cui all'art.

201 c.p.p., nell'ipotesi in cui perduri l'impedimento del difensore di fidu

cia «sarà cura dell'assistito provvedere ad un nuovo incarico o ad una

nuova nomina di un difensore di fiducia» e del difensore «informare

l'assistito dell'impedimento» (Kostoris, op. loc. cit.). Una diversa con

clusione «finirebbe con lo snaturare l'essenza stessa della 'sostituzione'

e con il trasformarla da istituto di natura pur sempre temporanea e com

plementare della difesa di fiducia» in una «atipica forma di patrocinio»

(Kostoris, op. cit., 315). III. - Le sezioni unite, nella decisione in epigrafe, hanno ribadito l'o

rientamento giurisprudenziale prevalente, secondo il quale l'espletamento dell'incarico professionale attraverso un sostituto nella fase dibattimenta

le non priva il difensore di fiducia dell'imputato dei poteri derivantigli

dalla sua qualità e quindi nemmeno della legittimazione a proporre l'im

pugnazione ai sensi dell'art. 192, 3° comma, c.p.p. Due sono state le considerazioni decisive che hanno indotto la Suprema

corte a propendere per questa soluzione.

In primo luogo, si è statuito che l'attività del sostituto, quale «nuncius

del difensore», rimane «rigorosamente circoscritta alla fase dibattimenta

le» e non può quindi estendersi oltre i casi previsti dalla legge.

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PARTE SECONDA

contumace) «in sostituzione dell'avvocato Vittorio Gironda di Bari»

(v. processo verbale di dibattimento). Denuncia il predetto difen

sore (avvocato Aurelio Gironda) la violazione degli art. 475, n.

3, e 524, n. 1, c.p.p., sul presupposto che la corte di merito, con la sentenza impugnata, avrebbe erroneamente reputato che

«l'essere consapevole dell'illecito commesso da un proprio paren te equivale a cagionarlo» (v. il motivo di ricorso redatto nell'inte

resse dell'imputato in data 24 maggio 1986 dall'avvocato Aurelio

Gironda). Il quesito, che — nell'ordine logico — ha precedenza su ogni

altra questione (compresa quella relativa alla nullità ex art. 185, 2° comma, c.p.p., in dipendenza della «irritualità» della sostitu

zione ex art. 127 dello stesso codice), concerne la legittimazione a proporre impugnazione da parte del sostituto. Si vuol così co

noscere se la facoltà di impugnare, ai sensi dell'art. 192, 3° com

ma, c.p.p., spetti ai sostituti dei difensori. Sul punto sono affiorati, nella giurisprudenza di questa corte, due orientamenti: per uno,

esplicandosi i poteri del sostituto nel dibattimento, resterebbe al

lo stesso preclusa la facoltà d'impugnare (sez. Ili 23 marzo 1967, mass. 103844; sez. I 12 gennaio 1981, mass. 147277; sez. V 22

gennaio 1983, mass. 157025; sez. I 30 ottobre 1984, mass. 166464; sez. V 21 maggio 1986, mass. 172748); per un altro non al difen

sore nominato dalla parte bensì al sostituto inerirebbe siffatta

facoltà (sez. I 20 luglio 1979, mass. 142616; sez. IV 9 maggio

1985, mass. 169121). Tra i due orientamenti deve accogliersi il primo, riaffermando

si cosi una recente pronuncia di queste sezioni unite, secondo

cui l'espletamento dell'incarico professionale attraverso un sosti

tuto nella fase dibattimentale non priva il difensore di fiducia

dei poteri connessi alla sua qualità e, in particolare, della legitti mazione a proporre impugnazione ex art. 192, 3° comma, c.p.p.

(sez. un. 21 giugno 1986, ric. Di Geso). D'altra parte, sulla base dell'art. 127 c.p.p., l'attività del sosti

tuto, che è una specie di nuncius del difensore, rimane rigorosa mente circoscritta alla fase dibattimentale. La opinione contraria, che è minoritaria nella giurisprudenza di questa corte, si pone certamente in contrasto con la voluntas legis, posto che, come

si è accennato, i sostituti sono autorizzati ad agire nel dibatti

mento per il tempo in cui si verifica il bisogno della sostituzione

(impedimento del difensore); ond'è che essi non possono propor re impugnazione né sottoscrivere i motivi, essendo privo di rilie

vo l'impedimento del difensore (principale) dopo la conclusione

del dibattimento (supposto che detto impedimento ancora sussista). Simile conclusione trova un significativo riscontro nella circo

stanza che non si ha qui un diritto autonomo del difensore, ma

un diritto dell'imputato, esercitato a titolo di rappresentanza ex

art. 192, 3° comma, c.p.p. In altri termini, il difensore si limita

a proporre «la impugnazione dell'imputato»; l'attività spiegata rientra negli schemi della rappresentanza processuale ex lege, tan

t'è che gli effetti di quell'attività si producono in capo al soggetto

rappresentato (imputato), il quale, come statuisce l'art. 193, 1°

comma, c.p.p., «può togliere effetto, con la propria dichiarazio

ne contraria, alla impugnazione per lui proposta». E, se cosi è, anche nella evenienza del protrarsi dell'impedimento del difenso

re, non si raffigura come possibile una «delega» ad esercitare

Inoltre le sezioni unite, basandosi sulla constatazione delle vaste possi bilità di interferenze che l'imputato ha in ordine all'esercizio del diritto di impugnazione posto in essere dal difensore, hanno affermato che il difensore non è titolare di un diritto di impugnazione autonomo, ma fa soltanto valere come rappresentante ex lege un diritto la cui titolarità è dell'imputato (analogamente v., in dottrina, Kostoris, La rappresen tanza dell'imputato, Milano, 1986, 170 s.; Leone, Manuale di diritto pro cessuale penale'2, Napoli, 1985, 637; Manzini, op. cit., IV, 630; Tranchina, Impugnazione (dir. proc. pen.), voce dell' Enciclopedia de!

diritto, Milano, 1970, XX, 712; contra, per la configurazione del difenso re quale titolare di un autonomo diritto di impugnazione, v. C. Massa, Natura giuridica del difensore impugnante, in Arch, pen., 1953, I, 291).

In altri termini, a differenza della sostituzione processuale delineata dall'art. 81 c.p.c., non si esercita «un diritto altrui in nome proprio», ma si fa valere un diritto in nome e per conto di altra persona «dichia randosi che non si compie l'atto nel proprio interesse». Se ne è dedotto

che, anche qualora perduri l'impedimento del difensore, non è possibile da parte di quest'ultimo una «delega» ad esercitare il diritto di impugna zione per conto dell'imputato.

Il Foro Italiano — 1988.

il diritto di impugnazione per conto dell'imputato. La «delega» di tale diritto si addimostra inconcepibile nell'ambito della rap

presentanza delineata nell'art. 193, 3° comma, c.p.p. Vale a dire

che, a differenza della sostituzione processuale, definita nell'art.

81 c.p.c., non si fa valere un «diritto altrui in nome proprio», ossia nel proprio interesse, bensì s'esplica un diritto in nome e

per conto di altra persona, dichiarandosi che non si compie l'atto

per sé. Il che, per l'appunto, si raccorda alla rappresentanza pro cessuale di cui innanzi; rappresentanza che è limitata alla propo sizione del rimedio (impugnazione), inserendosi tutta l'attività

successiva del difensore nella fase del giudizio di impugnazione nell'autonomo settore dell'assistenza tecnica dell'imputato.

Il ricorso, alla luce dei superiori principi, va dichiarato inam

missibile con le conseguenze di legge.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 17 luglio

1987; Pres. Pennacchia, Est. Archidlacono, P. M. Iannelli

(conci, diff.); ric. Marcinkus ed altri. Annulla senza rinvio Trib.

Milano, ord. 13 aprile 1987.

Competenza e giurisdizione penale — Chiesa cattolica — Ente

centrale — Non ingerenza — Giurisdizione italiana — Esclu

sione (Cod. pen., art. 3; 1. 27 maggio 1929 n. 810, esecuzione

del trattato, dei quattro allegati annessi e del concordato, sot

toscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia, I'll febbraio

1929: trattato, art. 11).

Per obbligo di non «ingerenza» dello Stato italiano deve inten

dersi il dovere, internazionalmente assunto, di non esercitare

le funzioni pubbliche della sovranità, comunque implicanti un

intervento nell'organizzazione e nell'azione degli enti centrali

della Chiesa cattolica, e fra queste la giurisdizione. (1)

Motivi della decisione. — I ricorrenti denunciano la nullità del

l'impugnato provvedimento, con il primo motivo, per «difetto

di giurisdizione dell'autorità giudiziaria italiana, in relazione al

l'art. 11 del trattato del Laterano»; con il secondo motivo, per:

«improcedibilità dell'azione penale, per difetto delle condizioni

stabilite dagli art. 9 e 10 c.p., conseguente nullità del mandato

di cattura»; con il terzo motivo, per «errata applicazione degli art. 253 c.p.p., 110 c.p., 223, 216, 219 r.d. 16 marzo 1942 n.

267»; con il quarto motivo, per «violazione per errata applicazio ne dell'art. 263 ter c.p.p., in relazione agli art. 254 e 254 bis

stesso codice»; con il quinto motivo, per: «violazione per errata

applicazione dell'art. 254, 2° comma, c.p.p.»; con il sesto moti

vo, per «nullità del mandato di cattura, per violazione dell'art.

304 bis c.p.p., in riferimento all'art. 524, n. 3, c.p.p.». Il p.g. presso questa corte chiede: «l'annullamento con rinvio

dell'ordinanza impugnata, nella parte relativa al diniego degli ar

resti domiciliari; rigetto nel resto».

La corte osserva: nella giurisdizione sono rigorosamente possi bili solo valutazioni di giuridicità, nell'esame delle leggi che disci

(1) La Cassazione esamina nel merito, pur se nell'ambito di un proce dimento incidentale riguardante la legittimità di un provvedimento sulla libertà personale, i motivi posti dagli stessi imputati a sostegno di analo

go ricorso, dichiarato inammissibile, perché avverso un provvedimento non soggetto ad impugnazione, da Cass., sez. Ili, ord. 4 giugno 1984, Foro it., 1984, II, 481.

L'interpretazione dell'art. 11 del trattato leteranense, che vede la Cas sazione su posizioni difformi dal procuratore generale (la cui requisitoria scritta è pubblicata in Cass, pen., 1987, 1914 ss.) e perfettamente in linea, invece, con il Tribunale vaticano di prima istanza 25 aprile 1987 (in que sto fascicolo, IV, 332), forma oggetto delle questioni di legittimità costi tuzionale sollevate dal giudice istruttore milanese con le ordinanze del 26 novembre e del 2 dicembre 1987 (Gazz. uff., la s.s., 30 dicembre

1987, n. 55). Entrambe le questioni sono state dichiarate inammissibili da Corte cost.

8 giugno 1988, n. 609, in questo fascicolo, I, 2080, con nota di richiami e commento di N. Colaianni, cui si rinvia anche per i profili più stretta mente attinenti alla decisione in epigrafe.

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