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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres....

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sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Archidiacono, P.M. Niro (concl. conf.); ric. P.m. c. Pasqualetti e altri. Conferma App. Firenze 17 ottobre 1985 Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 1/2- 5/6 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179622 . Accessed: 28/06/2014 10:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.12 on Sat, 28 Jun 2014 10:45:54 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite penali; sentenza 10 ottobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Archidiacono, P.M. Niro(concl. conf.); ric. P.m. c. Pasqualetti e altri. Conferma App. Firenze 17 ottobre 1985Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 1/2-5/6Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179622 .

Accessed: 28/06/2014 10:45

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Anno CXIII Roma, 1988 Volume CXI

IL FORO

ITALIANO

PARTE SECONDA

GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 10 ot

tobre 1987; Pres. Arienzo, Est. Archidiacono, P.M. Niro

(conci, conf.); ric. P.m. c. Pasqualetti e altri. Conferma App.

Firenze 17 ottobre 1985.

CORTE DI CASSAZIONE;

Valore aggiunto (imposta sul) — Bolla di accompagnamento —

Previsione di sanzioni penali — Difetto di delega normativa — Questione manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 76; d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, norme integrative e cor

rettive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, concernente istituzio

ne e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, in attuazione

della delega prevista dall'art. 7 1. 10 maggio 1976 n. 249, ri

guardante l'introduzione dell'obbligo di emissione del documento

di accompagnamento dei beni viaggianti, art. 7). Valore aggiunto (imposta sul) — Bolla di accompagnamento —

Alterazione — Reato — Esclusione (D.p.r. 6 ottobre 1978 n.

627, art. 7).

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 7, ultimo comma, d.p.r. 627/78, nella parte in

cui prevede sanzioni penali, in riferimento all'art. 76 Cost. (1) La norma di cui all'art. 7, ultimo comma, d.p.r. 627/78 ha per

oggetto la tutela della genuinità originale dei mezzi previsti dal

la legge, quali strumenti di trascrizione dei dati imponibili; in

particolare, l'azione consistente nella formazione o alterazione

di documenti deve essere intesa come riferita alla parte carta

cea della bolla di accompagnamento e non al suo contenuto. (2)

(1-2) Con la prima massima è stata respinta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, d.p.r. 627/78 in riferimento al l'art. 76 Cost. La questione si basava su di un eccepito difetto di delega, in quanto la previsione di sanzioni penali avrebbe dovuto ritenersi in con trasto con i poteri concessi al governo con l'art. 7 della legge-delega n.

249/76 (cfr. Dainese, Bolla d'accompagnamento: un esempio di produ zione normativa costituzionalmente illegittima, in Rass. trib., 1985, I, 231; Traversi, I reati tributari in materia di imposte dirette ed Iva, Mila

no, 1986, 578). La sentenza giunge tuttavia alla conclusione che la fonte

primaria della delega debba essere ravvisata nella più generale 1. 9 ottobre

1971 n. 825, che all'art. 10 prevede esplicitamente l'irrogabilità di sanzio

ni penali, anche detentive. Nello stesso senso, già in precedenza, v. Fa

nelli, La falsità in bolle di accompagnamento dei beni viaggianti, in

Corriere trib., 1985, 2783; Ferro, Considerazioni sulla falsificazione del

le bolle di accompagnamento, in Fisco, 1981, 4043. Particolare interesse riveste inoltre la seconda parte della pronuncia,

con la quale le sezioni unite sono intervenute sulla discussa questione della punibilità, o meno, ai sensi dell'art. 7, ultimo comma, d.p.r. 627/78

della condotta di alterazione dei dati originariamente contenuti nei docu menti di accompagnamento di beni viaggianti. In senso conforme, circa

Il Foro Italiano — 1988 — Parte II-1.

Motivi della decisione. — Il ricorrente pubblico ministero de

nunzia la nullità dell'impugnata sentenza, con motivo unico, per «violazione dell'art. 524, n. 1, c.p.p., erronea applicazione della

legge penale», per le ragioni: il fatto contestato all'imputato rien

tra nella norma penale di cui all'art. 7, ultima parte, d.p.r. 6

ottobre 1978 n. 627; la previsione normativa riguarda la falsifica

zione materiale del documento di accompagnamento dei beni viag

gianti; la falsificazione consiste nel mutamento artificioso del testo

originario del documento di accompagnamento, quindi del suo

contenuto.

Il difensore degli imputati denunzia l'illegittimità costituziona

le della detta norma penale, per difetto di delega, essendo stato

attribuito al governo, nella sede relativa, ex art. 76 Cost., il pote re di esercizio della funzione legislativa attinente ad un oggetto

punitivo, definito in soli termini di sanzioni di carattere ammini

strativo.

l'esclusione della configurabilità del reato di cui alla citata disposizione, v. Cass., ord. 22 novembre 1985, F.G., Foro it., Rep. 1986, voce Valore

aggiunto (imposta sul), n. 231; Cass. 22 dicembre 1985, Bollettino trib., 1986, 852, con nota di Furia, L'alterazione di bolle di accompagnamento - L'orientamento della Cassazione e di altri giudici; Cass. 17 febbraio

1987, Stefani, id., 1987, 1018; nella giurisprudenza di merito v. soprattut to App. Trento 19 gennaio 1987, ibid., 780; App. Firenze 17 ottobre

1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n. 235; 22 maggio 1986, id., 1987, II, 446, con nota di ulteriori richiami anche in dottrina, nonché Trib. Trani 11 novembre 1987 (pres. Paulangelo, est. Lovecchio, imp. Dalui

so), inedita. Per quanto riguarda il diverso orientamento interpretativo respinto dalla presente sentenza, v. Cass. 27 maggio 1986, Bollettino trib., 1987, 517; nonché Trib. Genova 6 novembre 1986, Foro it., 1987, II, 447; App. Venezia 28 ottobre 1986, Bollettino trib., 1987, 857; Trib. Arezzo 24 marzo 1986, Foro it., 1986, II, 431, con nota di richiami; Trib. Man tova 27 novembre 1985, id., Rep. 1986, voce cit., n. 237; Trib. Milano 17 ottobre 1985, id., 1987, II, 460. Questo indirizzo permane inoltre an che in alcune recenti pronunce di merito nelle quali si ribadisce la ricon

ducibilità della condotta di alterazione del contenuto della bolla di

accompagnamento alla fattispecie di cui al citato art. 7, ultimo comma,

d.p.r. 627/78; cosi Trib. Modena 23 ottobre 1987 (pres. Orlandini, est. Di Bari, imp. Bonacini), inedita. Nella motivazione si afferma, in parti colare, che: «La bolla di accompagnamento vuole essere uno strumento

per controllare in ogni sua fase il trasporto delle merci e quindi per docu

mentare con fedeltà le operazioni di acquisto e vendita, i costi e ricavi

relativi, che hanno nel trasferimento materiale dei beni la loro necessaria

premessa di fatto. Potendo verificare il trasporto si vuole prevenire l'eva

sione delle imposte indirette e dirette. Per farlo in modo completo occor re disciplinare tutti gli atti attinenti al trasporto a cominciare dallo

«stampato» che una volta riempito diventa «documento» e di cui va te

nuta adeguata registrazione. Nessun passaggio deve rimanere secondo il

legislatore estraneo al controllo.»

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PARTE SECONDA

La corte osserva, in relazione alla questione sollevata dalla di

fesa degli imputati: l'esame della non manifesta infondatezza, della

questione di legittimità costituzionale del d.p.r. 6 ottobre 1978

n. 627, quale atto avente forza di legge, in relazione specifica alla norma penale posta dall'art. 7, ultimo comma, assume in

questa sede carattere preliminarmente rilevante ai fini del decide

re, non essendo processualmente possibile esprimere un giudizio di valore giuridico sul contenuto normativo di una legge — o

di un atto avente forza di legge — di cui sia contestata la legitti mità costituzionale.

Il titolo delegatorio del decreto legislativo è nominalmente rife

rito all'art. 7 1. 10 maggio 1976 n. 249, per l'evidente, sola ragio ne di riferimento all'oggetto specifico della funzione legislativa

esercitata, in relazione all'introduzione dell'obbligo di emissione

del documento di accompagnamento dei beni viaggianti. Oggetto

che, quindi, quale particolare species di funzione legislativa dele

gata, per sua natura, rientra ontologicamente nell'ampio genus

posto in materia dalla 1. 9 ottobre 1971 n. 825, che va appunto ritenuta essere la fonte primaria e fondamentale di delega I pia tiva al governo, in tema di riforma tributaria.

Nell'indicata legge, per il combinato disposto degli art. 5 e 10,

punto 11, per la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, viene

definito, fra gli altri, quale oggetto di delega legislativa, quello

propriamente correlato all'irrogabilità di «sanzioni penali, anche

detentive».

Altresì', per l'operatività di tale delega, il tempus condendi (l'ex cursus sul punto è dato: dall'art. 17, 2° comma, stessa legge; dall'art. 2 1. 24 luglio 1972 n. 321; dall'art. 2 1. 14 agosto 1974

n. 354; dall'art. 30 1. 2 dicembre 1975 n. 576; dall'art. 22 1. 13

aprile 1977 n. 114) risulta fissato al 31 dicembre 1979, oltre, cioè,

la data di entrata in vigore del d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627.

Conseguentemente, la sollevata questione d'illegittimità costi

tuzionale della norma in esame, risulta, nei termini di cui all'art.

I 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1, manifestamente infondata.

In relazione alle ragioni di censura formulate dal p.m.: per stabilire la rilevanza penale dell'oggetto della contestazione d'ac

cusa — quale questione preliminare di legittimità — l'indagine, sui dati essenziali-costitutivi, evidenzia che il fatto si è estrinseca

to nei seguenti termini, «per aver formato ed alterato la bolletta

di accompagnamento emessa dalla Idromoda, senza indicazione

del numero dei capi, aggiungendo sull'esemplare del documento

in sue mfini il numero dei capi trasportati, facendone quindi uso, col presentarlo agli agenti della tributaria, al fine di eludere le

disposizioni sulla circolazione dei beni viaggianti». L'evento prodotto dall'indicata azione è consentito, quindi, nel

l'immutazione del contenuto della detta bolla, rimasta integra nei

suoi elementi strutturali di preformazione stampata. Il rilevato

evento non coincide, sul piano dell'ontologia guridica, con quello

previsto, come elemento costitutivo di reato, dalla norma di cui

all'art. 7, ultima parte, d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627.

L'intelligenza del valore giuridico di tale norma va affidata,

principalmente, alla sua collocazione nel sistema della nuova ri

forma tributaria, quindi all'interpretazione propriamente specifi

ca, mediante i suoi dati, lessicale e logico. Nel quadro generale della riforma tributaria, l'introduzione del

l'imposta sul valore aggiunto ha assunto una funzione di rinno

vamento determinatamente rilevante, in particolare riferimento

al metodo di accertamento della materia imponibile, cioè dell'og

getto dell'imposta. In un sistema economico avanzato, che assuma, quale suo dato

di fondo di produzione della ricchezza, la molteplicità dei rap

porti di scambio di beni e di prestazione di servizi, il prelievo

tributario, mediante un'imposta sul valore aggiunto, non può che

avvenire funzionalmente seguendo l'iter dei versamenti fraziona

ti, in capo ai soggetti che partecipano al ciclo della produzione e della distribuzione, fino alla formazione definitiva dell'oggetto

imponibile (cioè, l'entità di ricchezza consumata, a causa della

quale si è obbligati a pagare l'imposta), cosi come perviene al

soggetto ultimo, cioè il consumatore o fruitore, inciso dall'obbli

go tributario.

In tale particolare sistema di prelievo tributario, primaria preoc

cupazione del legislatore è stata ovviamente quella di creare un

metodo di accertamento particolarmente rigoroso, nell'assoluta

tipicità formale dei suoi criteri.

Da ciò la fissazione di operazioni, modi e tempi tecnici, speci ficamente riferiti ai soggetti partecipanti al ciclo produttivo e di

stributivo dell'oggetto imponibile, ed i correlati adempimenti

II Foro Italiano — 1988.

obbligatori, quali strumenti tassativamente tipici di accertamento.

In tale prospettiva sistematica, si cplloca la normativa desumi

bile dal d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, quale specifica disciplina dei mezzi, dei modi e dei tempi di trasporto e di consegna dei

beni viaggianti: disciplina, cioè, soltanto intesa a garantire il me

todo di accertamento del correlativo valore, corrispondente al par

ticolare momento del ciclo di scambio.

Conseguentemente, le sanzioni previste dall'art. 7, nel sistema

organico dell'intera normativa, sono predisposte — quali mezzi

di prevenzione generale e quali strumenti di repressione in con

creto — in funzione specifica della stessa garanzia di accertamen

to, e non direttamente quali sanzioni intese a colpire l'evasione

fiscale, che, peraltro, nell'ambito del particolare fenomeno tribu

tario, potrebbe essere un dato soltanto eventuale.

Ovviamente, la certezza dell'entità della base imponibile, ed

i metodi tecnici fissati per ottenerla, e cosi, conseguentemente,

l'operatività complementare dei mezzi di natura sanzionatoria,

sono pur sempre anche finalizzati ad impedire l'evasione, ma sol

tanto quale dato indiretto e mediato, mai assunto, però, quale elemento specifico di caratterizzazione giuridica degli strumenti

sanzionatori di cui all'art. 7.

Peraltro, per reprimere direttamente l'evasione fiscale — cioè,

per l'omesso pagamento dell'imposta, in quanto dato oggettiva mente reale — la sanzione di natura penale, all'epoca dell'entrata

in vigore del d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, era predisposta (v. 1° comma, art. 50 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633) con un criterio

collegato sia al tempo globale annuale, stabilito per la dichiara

zione d'imposta, sia ad un quantum di importo oggettivamente

predeterminato; cosi, attualmente, anche la disciplina penale sul

punto, di cui al d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito nella 1.

7 agosto 1982 n. 516.

Stabiliti tali principi direttivi, in tema di indagine sistematica

sui criteri assunti dal legislatore, in materia di sanzioni conse

guenti alla violazione di obblighi tributari, l'interpretazione, les

sicale e logica, dell'ultimo comma dell'art. 7 d.p.r. 6 ottobre 1978

n. 627 risulta di convincente soluzione.

Nella relativa operazione, non appare necessario effettuare in

dagine alcuna, su fattispecie giuridiche sanzionatorie previste da

altre norme tributarie, dato che non sussiste processualmente, nei

limiti fissati dal fatto, oggetto della contestazione d'accusa —

ai quali soltanto deve riferirsi la valutazione di legittimità — que stione attualmente rilevante ai fini del decidere, correlata ad ipo

tesi di concorso di norme o di concorso di reati.

L'intera normativa dell'art. 7 è funzionalmente intesa, nelle sue

varie parti, a garantire il metodo di accertamento dell'oggetto

dell'imposta, nella realtà dinamica del relativo momento di pas

saggio. Le sanzioni previste dalla detta norma — quelle penali come

le altre amministrative — colpiscono la violazione degli adempi menti cui sono tenuti i soggetti del rapporto di scambio, e dei

relativi modi e mezzi, indipendentemente da ogni dato di evasio

ne fiscale, che, peraltro, nella realtà conseguente ad ogni singolo

inadempimento, potrebbe, quale evento connesso, successivo o

comunque conclusivo, anche non prodursi. In tale prospettiva, la particolare norma di cui all'ultima parte

dell'art. 7 ha per oggetto, quale bene giuridico immediato e diret

to, la tutela della genuinità originale dei mezzi — «stampati, do

cumenti o registri» — previsti dalla legge, quali strumenti di

trascrizione dei dati imponibili, materia di denunzia da parte del

soggetto obbligato, quindi di verifica da parte degli organi del

l'amministrazione tributaria. Tutela giuridica che risulta predi

sposta in funzione della natura propria di tale metodo di

accertamento, che impone l'utilizzazione di strumenti cartacei pre fissati morfologicamente, per evidenti ragioni di oggettiva certez

za e di pratica rapidità nei controlli. Prefissazione morfologica di cui, con apposite disposizioni (v., in materia, il d.m. 29 no

vembre 1978), sono state determinate caratteristiche tipologiche e tempi e modi di utilizzazione, quali mezzi pratici per imporre l'effettuazione dell'adempimento tributario e, massimamente, per rendere possibili i relativi controlli.

Né rilievo alcuno negativo, per tale interpretazione, può assu

mere il termine «documenti», inserito fra gli altri indicati nel te

sto della norma, non tanto perché quale dato dell'ampio genus

morfologico, certo ed inconfondibile, soltanto previsto dalla ra

tio legis, ma ulteriormente per l'argomento che il termine «docu

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GIURISPRUDENZA PENALE

mento», nella sua esatta accezione, sta ad indicare il «contenen

te» e non il «contenuto», cioè la dichiarazione, di qualsivoglia natura, in esso incorporata.

Invero, un qualsiasi dato della realtà — dal nome più vario:

carta, modulo, stampato, registro — tecnicamente idoneo a con

tenere una dichiarazione, quando incorpora il detto contenuto, viene poi definito documento (cosi come, nel caso di specie, av

viene nella fase operativa di compilazione), ma il suo tipo ontolo

gico originario rimane pur sempre quello di essere il solo

contenente.

Quindi, l'azione consistente in «formazione o alterazione» di

«documenti», deve intendersi egualmente sempre riferita alla par te cartacea, nella forma appositamente prevista, e cioè al tipo

predisposto, a mezzo del quale è obbligatorio emettere la dichia

razione afferente al relativo adempimento tributario.

Non avendo, nella specie, la contestazione d'accusa avuto ad

oggetto l'imitazione o l'immutazione della forma cartacea della

bolla d'accompagnamento, ma soltanto quella del suo contenuto, correttamente la corte di merito ha pronunziato il proscioglimen

to, con la formula «il fatto non è previsto dalla legge come reato».

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 27 giu

gno 1987; Pres. Barba, Est. Cuomo, P. M. Niro (conci, conf.); ric. Stasi. Annulla senza rinvio Trib. Napoli 13 gennaio 1984.

Armi e materie esplodenti — Arma-giocattolo priva di tappo ros

so — Detenzione e porto — Reato — Sussistenza (L. 18 aprile 1975 n. 110, norme integrative della disciplina vigente per il

controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, art. 5).

Costituiscono reato la detenzione ed il porto in luogo pubblico di un 'arma-giocattolo priva del prescritto tappo rosso incorpo rato all'estremità della canna, avendo la prescrizione di cui al

l'art. 5, 4° comma, ultima parte, l. 18 aprile 1975 n. 110,

sanzionata dal successivo 6° comma, portata generale e non

circoscritta ai fabbricanti di armi-giocattolo. (1)

Motivi della decisione. — 1. - Questione che viene in decisione

è quella di stabilire se il porto e/o la detenzione di giocattoli

(1) In ordine alla natura di reato «proprio» o «comune» della violazio ne del precetto di cui all'ultima parte dell'art. 5, 4° comma, 1. 110/75, vedi già Trib. Rimini 24 maggio 1983, Pret. Morbegno 13 novembre 1982, Foro it., 1983, II, 375, con nota di richiami; Cass. 8 novembre 1983, Zucco, id., 1984, II, 442, con osservazioni di Gironi, e Pret. Cagliari 22 maggio 1985, id., 1986, II, 62, con nota di richiami.

Oltre i precedenti ivi segnalati, vedi, più di recente, per la tesi del reato

«proprio», Cass. 5 ottobre 1984, Prati, id., Rep. 1986, voce Armi, n.

43; Trib. S. Maria Capua Vetere 29 maggio 1985, ibid., n. 50; Pret. Imola 19 settembre 1984, ibid., n. 52, e, da ultimo, Cass. 14 marzo 1986, Cavallaro, Giust. pen., 1987, III, 391. Per la tesi, largamente prevalente, del reato «comune», vedi, invece, Cass. 21 gennaio 1985, Barbani, 20 marzo 1985, Vannoni, 30 aprile 1985, Naccari, 29 maggio 1985, Paladi

no, 14 luglio 1985, Fiori, 21 giugno 1985, Pompei, Pret. Ravenna 9 giu gno 1984, Pret. Forlì 22 marzo 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n.

44-49, 57, 51, 53; Cass. 6 febbraio 1984, Nehat, id., Rep. 1985, voce

cit., nn. 24-26; Pret. Napoli 18 novembre 1983, D'Alessio, ibid., n. 28. La tesi del reato «comune» è stata recepita anche da Corte cost. 7

luglio 1986, n. 171, ibid., nn. 39-42, che ha dichiarato l'infondatezza di numerose questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, 4° e 6° com

ma, 1. n. 110/75, in riferimento al principio di eguaglianza per pretesa irrazionale disparità del trattamento sanzionatorio delle fattispecie ivi con

template rispetto ad altre ipotesi ritenute dai giudici a quibus meno gravi. Con la medesima sentenza la corte ha, inoltre, dichiarato infondata la

questione di costituzionalità concernente il pari trattamento sanzionatorio riservato dall'art. 5, 6° comma, della legge in esame alle diverse condotte

(fabbricazione, detenzione, porto) previste dal precedente 4° comma. Le sezioni unite hanno ora ribadito la fondatezza dell'indirizzo giuris

prudenziale dominante con argomentazioni non dissimili da quelle svolte su queste colonne in margine alla già citata Cass. 8 novembre 1983, Zucco.

In dottrina, agli autori menzionati in Foro it., 1984, II, 442 e 1986, II, 62, adde, a sostegno della tesi del reato «proprio», Giunti, Detenzio ne di arma giocattolo priva dei prescritto tappo rosso e violazione della

legge penale sulle armi, in Riv. polizia, 1986, 207.

Il Foro Italiano — 1988.

riproducenti armi da sparo prive di un visibile tappo rosso incor

porato all'estremità della canna integri o meno il reato previsto dall'art. 5, 4° e 6° comma, 1. 10 aprile 1975 n. 110 e, in modo

più specifico, se la prescrizione imposta dall'ultima parte del ri

detto articolo abbia quali destinatari i soli fabbricanti delle armi

giocattolo, oppure tutti coloro che in qualsiasi modo siano in

possesso delle stesse prive del tappo, sia perché rimosso dai me

desimi detentori, sia perché acquistate in tale stato.

2. - La prevalente giurisprudenza di questa corte, condivisa da

parte della dottrina e delle magistrature di merito, ha ritenuto

ravvisabile nella detenzione e/o porto di un'arma giocattolo pri va della prescritta ostruzione la sussistenza del reato in esame.

Tale indirizzo si fonda, prevalentemente, sulla interpretazione

logico-letterale del testo normativo.

Si sostiene che il 4° comma dell'articolo in questione debba

scindersi in due parti delle quali solo la prima si riferisce esclusi

vamente ai fabbricanti, mentre la seconda, che contempla la pre scrizione sul tappo rosso, ha portata generale che non può limitarsi

ai soli fabbricanti, dato che il 6° comma punisce «chiunque non

osservi tali disposizioni» e da ciò si deduce l'ipotizzabilità di un reato comune, del quale si rende colpevole chiunque detenga o

porti fuori della propria abitazione il giocattolo privo del con

trassegno distintivo; che a tale conclusione soccorre pure la ratio

legis, individuabile nella esigenza di una facile ed immediata rico

noscibilità delle armi-giocattolo da quelle vere. Nella scia di tale

orientamento, da parte delle magistrature di merito è stata rite

nuta non manifestamente infondata l'eccezione di incostituziona

lità del predetto art. 5 sotto il profilo della illogicità ed

irragionevolezza del suo trattamento sanzionatorio rispetto alla

ipotesi di detenzione e/o porto in luogo pubblico di un'arma co

mune da sparo, punita meno gravemente di quella in considera

zione (in riferimento al minimo edittale della pena ed alla possibilità di applicazione, alla sola prima ipotesi della diminuente della lie

ve entità del fatto). Tuttavia tutte le questioni di incostituzionalità, sono state di

chiarate infondate con la sentenza della Corte costituzionale n.

171 del 7 luglio 1986 (Foro it., Rep. 1986, voce Armi, n. 39). 3. - Un diverso indirizzo interpretativo, seguito da altra parte

della dottrina e sostenuto da due sentenze di questa corte (sez. Il 5 ottobre 1984, Prati, ibid., n. 43, e sez. I 3 marzo 1986,

Rosella) ritiene che la fattispecie criminosa prevista dai commi

4° e 6° dell'art. 5 1. 110/75 non può avere che natura di reato

proprio, esigendo per la sua sussistenza che l'agente abbia la qua lità di fabbricante che svolga l'attività di costruzione di giocattoli che abbiano l'apparenza di arma.

A suffragio di tali tesi si adducono considerazioni che eviden

ziano: l'intima connessione esistente tra la prima e la seconda

parte del 4° comma, lessicalmente evidenziata dall'avverbio «inol

tre»; l'assenza di limitazioni per il periodo della vacatio legis,

previsto dall'art. 38 stessa legge, all'evidente scopo di consentire

ai produttori di eliminare le scorte ed adeguarsi alla nuova nor

mativa; la stessa intitolazione dell'art. 5 (limiti alle registrazioni); le disposizioni dei commi 1° e 3°, con le quali viene eccezional

mente escluso, proprio perché si tratta di armi-giocattolo, l'ob

bligo della registrazione imposto per tutte le armi; la disposizione del 5° comma che, escludendo qualsiasi limitazione all'aspetto dei giocattoli destinati all'esportazione, riconferma l'ambito di

applicabilità delle precedenti prescrizioni del 4° comma, dirette

a disciplinare la fabbricazione di tal genere di manufatti (v. sen

tenza sez. II già citata); gli stessi limiti, insuperabili, posti dalla

legge e la individuazione della sua ratio secondo il criterio siste

matico e storico, quale risultante dai lavori preparatori dell'origi nario testo di legge e dall'esame di tutta la legislazione vigente in materia di armi, nella finalità del legislatore di vietare la circo

lazione sul territorio nazionale di giocattoli strutturalmente ido

nei ad essere trasformati in armi o, comunque, in strumenti atti

ad offendere la persona, ritenuta sufficientemente tutelata con

l'imporre ai soli fabbricanti l'obbligo dell'impiego di tecniche e

materiali idonei e quello, inoltre, dell'occlusione della canna con

un visibile ed incorporato segno distintivo, senza del quale il gio cattolo è idoneo ad offendere la persona; ogni altra attività com

piuta in violazione di tale finalità della legge, da persona diversa

dal fabbricante con o sui predetti giocattoli si risolve in condotta

illecita specificamente prevista dalle diverse disposizioni che rego lano la materia delle armi e precisamente nel fabbricare, intro

durre nello Stato, porre in vendita o cedere a qualsiasi tito

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