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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezioni unite penali; sentenza 17 aprile 1982; Pres. Berri,...

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Sezioni unite penali; sentenza 17 aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (concl. parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio App. Torino 10 giugno 1981 Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp. 305/306-309/310 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174606 . Accessed: 25/06/2014 01:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Wed, 25 Jun 2014 01:33:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite penali; sentenza 17 aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (concl.parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio App. Torino 10 giugno 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.305/306-309/310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174606 .

Accessed: 25/06/2014 01:33

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GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite penali; sentenza 17

aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (conci,

parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio App. Torino 10

giugno 1981.

Impugnazioni penali in genere — Cassazione — Motivi gene rici — Inammissibilità del ricorso (Cod. proc. pen., art. 201).

Falsità in atti — Titoli di credito — Falsa firma di girala — Per

seguibilità a querela (Cod. pen., art. 491; 1. 24 novembre 1981

n. 689, modifiche al sistema penale, art. 89).

Querela, richiesta, istanza — Reati divenuti perseguibili a que rela — Informativa alla persona offesa — Necessità — Esclu

sione — Limiti — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 152, 592;

1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 89, 99; d. p. r. 18 dicembre

1981 n. 744, concessione di amnistia e indulto).

Va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione fondato su

motivi del tutto generici, in quanto limitati al richiamo ai mo

tivi d'appello, in ordine al rigetto dei quali vengono dedotti

imprecisati difetti di motivazione. (1) In applicazione dell'art. 493 bis c.p., introdotto dall'art. 89 l. 24

novembre 1981 n. 689, il reato di falsità in titolo di credito, commesso apponendo su un assegno bancario una falsa firma di girata, va ritenuto perseguibile a querela della persona of

fesa. (2) Se è pendente il procedimento penale, non deve procedersi alla

informativa alla persona offesa dal reato della facoltà di eser

citare il diritto di querela, ai sensi dell'art. 99, cpv., I. 24 no

vembre 1981 n. 689 — che deve sempre essere effettuata anche

se l'offeso abbia già avuto notizia del fatto costituente il reato

divenuto perseguibile a querela — quando: a) già risulti una

causa di estinzione del reato; b) il diritto di querela sia estin

to ovvero sia già stato esercitato o rinunziato in modo espresso o tacito; c) sia intervenuta remissione di querela; d) la persona

offesa non sia stata identificata ovvero risulti irreperibile (nella

specie, è stato ritenuto che, essendo al reato di falsità in titoli

di credito applicabile l'amnistia, non dovesse procedersi all'av

viso di cui all'art. 99, cpv., I. 24 novembre 1981 n. 689). (3)

(1) Giurisprudenza costante. Cfr. da ultimo; Cass. 8 ottobre 1980, Scimone, 14 ottobre 1980, Tuccio, 7 ottobre 1980, Sanfìlippo, 26 settembre 1980, Vetri, 4 luglio 1980, Ferrini, 6 ottobre 1980, Pe

lasgi, 9 luglio 1980, Zerbo, 3 luglio 1980, Mastini, 1° luglio 1980,

Palomba, 9 aprile 1980, Vecchione, 9 aprile 1980, De Masi, 9 aprile

1980, Ardenti, 11 febbraio 1980, Bedana, 27 dicembre 1979, Lafulli, 17 dicembre 1979, Melucci, 8 maggio 1980, Ruggeri, 10 ottobre 1980,

Rosta, 22 maggio 1980, Rossetti, Foro it., Rep. 1981, voce Impugna zioni penali, nn. 114-131; 20 marzo 1979, Binni, 21 novembre 1979,

Demurtas, 22 novembre 1979, Palomba, 30 ottobre 1979, Peluppo, 2 marzo 1979, Cavassa, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 125-129.

(2) Nello stesso senso, in tema di falsità in cambiali, v. Cass., Sez. V, 3 febbraio 1982, Bertoli, inedita.

La sentenza richiama la giurisprudenza di legittimità, del tutto pre valente nel senso che l'art. 491 c.p. configuri, rispetto al falso in

scrittura privata di cui all'art. 485 c. p., una circostanza aggravante e non un titolo autonomo di reato. Per una decisione in senso con

trario, v. Cass. 1° luglio 1979, Bressanini, Foro it., 1980, II, 232, con nota critica di Mele, Falso in cambiali: titolo autonomo di reato

o circostanza aggravante? (3) Le sezioni unite della Corte di cassazione sono tempestivamente

intervenute per risolvere il contrasto che si era delineato tra Sez. V 24 febbraio 1982, Giammarruto, Sez. IV 23 marzo 1982, Sala, Sez. V 3 febbraio 1982, Bertoli, inedite (che si erano tutte pronunciate per l'immediata applicazione dell'amnistia) e Sez. VI 9 febbraio 1982,

Macaluso, pure inedita (che per contro aveva ritenuto che la de

claratoria di improseguibilità dell'azione penale, a seguito dell'incom

bente di cui all'art. 99 1. 24 novembre 1981 n. 689, ha carattere

pregiudiziale anche rispetto alla declaratoria di estinzione del reato

per amnistia). Va ricordato che dopo la sentenza delle stesse Sez. un. 9 maggio

1964, Pirrotta, Foro it., 1965, II, 151, con nota di richiami, la giu

risprudenza di legittimità è stata costante nel ritenere che il pro

scioglimento per impromuovibilità dell'azione penale per mancanza

di querela prevale su quello per estinzione del reato per amnistia.

Con tale orientamento non sembra contrastare peraltro la sentenza

riportata. Di fronte all'alternativa tra proscioglimento per mancanza

di querela e proscioglimento per estinzione del reato per amnistia, la

Corte di cassazione ha infatti esattamente optato per la prima solu

zione, nel presupposto della attuale e immediata operatività di en

trambe. Per contro, il presupposto non ricorre nell'ipotesi dell'art.

99, 2° comma, 1. n. 689/1981, ove l'alternativa si pone tra il pro

scioglimento per amnistia e l'informativa alla persona offesa sulla

facoltà di esercitare il diritto di querela rispetto ad un reato che

prima della legge cit. era perseguibile d'ufficio. In tale situazione, il

proscioglimento per mancanza di querela si pone come evenienza fu

tura e incerta, talché deve attribuirsi prevalenza al proscioglimento

per amnistia, che è attuale e immediato. In dottrina, sull'art. 99 1. cit., ma in termini generali, cons. Ber

toni-Lattanzi-Lupo-ViolaNte, Modifiche al sistema penale, Milano,

Il Foro Italiano — 1982 — Parte II-22.

Motivi della decisione. — Deve pregiudizialmente esaminarsi

l'ammissibilità del ricorso. Come questa corte ha già avuto modo

di ritenere (Sez. 1 13 gennaio 1978, Mele, Foro it., Rep. 1978, voce Cassazione penale, n. 30), i motivi di ricorso per cassazione

non possono consistere nel semplice e generico richiamo dei motivi di appello, né nell'apodittica censura di difetto di motiva

zione. Invero, il carattere autonomo di ogni atto di impugnazio ne postula che esso abbia in sé tutti i requisiti voluti dalla legge, compreso quello della specificità, per provocare e consentire il

controllo devoluto al giudice superiore. I motivi dedotti dal

difensore dell'imputato sono generici, perché si esauriscono in

un indifferenziato riferimento ai motivi d'appello, in ordine al

rigetto dei quali vengono dedotti, apoditticamente, imprecisati difetti di motivazione.

Il ricorso dev'essere, perciò, dichiarato inammissibile per ge nericità dei motivi. Ma, trattandosi di causa sopravvenuta d'inam

missibilità, la corte ha l'obbligo di esaminare d'ufficio l'eventuale sussistenza degli estremi per l'applicabilità dell'art. 152 c.p.p.

Rispetto ai tre menzionati reati ascritti al Corapi, non si pon

gono problemi per il delitto di ricettazione, il quale, siccome com

messo nell'agosto 1974, è punito con la reclusione fino a sei anni

e con la multa fino a lire 800.000 in base al testo dell'art. 648

c.p. in vigore prima delle modificazioni apportate con l'art. 15 1. 22 maggio 1975 n. 152. Tale delitto è perseguibile d'ufficio anche

dopo la 1. 24 novembre 1981 n. 689, non è compreso tra quelli

per i quali sono state concesse le amnistie di cui al d.p.r. 4 ago sto 1978 n. 413 e al d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, ed è soggetto ad un periodo prescrizionale massimo di quindici anni ai sensi

dell'art. 157. 1° comma, n. 3, c.p.

Rispetto al reato di falsità aggravata in titolo di credito tra

smissibile per girata (assegno bancario tratto sulla Cassa di ri

sparmio di Asti) deve rilevarsi che, per effetto dell'art. 493 bis

c.p. aggiunto con l'art. 89 1. 24 novembre 1981 n. 689, tale reato

è divenuto punibile a querela della persona offesa. Il citato art.

493 bis c.p. non menziona espressamente l'art. 491 c.p., ma il re

lativo riferimento emerge con evidenza dal capoverso dello stes

so art. 493 bis, il quale mantiene la procedibilità d'ufficio per le

falsità concernenti un testamento olografo. Tale enucleazione, avente natura di eccezione, consente di argomentare, anche sulla

base del riferimento esplicito all'art. 485 c.p. contenuto nel 1°

comma dell'art. 493 bis c.p., che per tutte le altre scritture pri vate equiparate agli atti pubblici agli effetti della pena, i reati

di falsità sono punibili a querela della persona offesa. D'altra

parte, come questa corte ha già avuto modo di ritenere con giu

risprudenza del tutto prevalente (da ultimo, Sez. V 2 luglio 1980,

Pace, id., Rep. 1981, voce Falsità in atti, n. 98), l'art. 491 c.p.,

nell'equiparare agli atti pubblici i testamenti olografi ed i titoli

di credito soltanto quoad poenam, configura, per le falsità con

cernenti tali scritture private, una circostanza aggravante e non

un titolo autonomo di reato. Ne segue che trattasi pur sempre del reato di falsità in scrittura privata previsto dall'art. 485 c.p., solo che — come dispone il 1° comma dell'art. 491 c.p. — in

luogo della pena stabilita dall'art. 485 si applicano le pene pre viste per i reati di falsità materiale in atto pubblico. Deve, inol

tre, osservarsi che il capoverso dell'art. 493 bis c.p. ha un senso

soltanto se si ritiene che per le falsità concernenti tutte le altre

scritture private equiparate quoad poenam agli atti pubblici in

base all'art. 491 c.p., eccettuati i testamenti olografi, opera la re

gola generale della perseguibilità a querela posta nel 1° comma

dello stesso art. 493 bis c.p. Non vale a modificare il nomen

iuris del reato ascritto all'imputato, il fatto che la falsità riguardi un assegno bancario tratto su una cassa di risparmio. Come que sta Corte suprema ha già avuto modo di ritenere con giurispru denza costante (sent. 22 luglio 1977, n. 3264, >id., 1978, I, 450; 2 aprile 1975, Chiarioni, id., Rep. 1976, voce cit., n. 23, e voce

Pubblico ufficiale, n. 3; 16 febbraio 1973, Leoni, id., Rep. 1973, voce Peculato, n. 26; 6 dicembre 1972, Bianchi, ibid., n. 25; 20

dicembre 1971, Radini, id., Rep. 1972, voce cit., n. 30, e voce

Falsità in atti, n. 178; 26 febbraio 1970, Rossi, id., 1971, II, 95),

le casse di risparmio sono enti pubblici economici. Ne segue che

i documenti formati dal personale delle casse di risparmio, per

ragioni di ufficio, sono atti pubblici agli effetti penali. Ma, i mo

duli degli assegni bancari, predisposti dalle casse di risparmio, siccome privi di sottoscrizione da parte del personale dell'isti

tuto di credito all'atto della consegna ai clienti, non possono considerarsi atti pubblici ai fini dei reati di falsità documentale,

a differenza degli assegni circolari emessi dalle stesse casse di

risparmio. Salvo che riguardi un testamento olografo, il reato

1982, II (a cura di V. Esposito), 113. Sulla stessa legge, cons, altresì':

Bartolini, Il codice della depenalizzazione e delle modifiche al si

stema penale di cui alla l. 24 novembre 1981 n. 689, Piacenza, 1982.

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PARTE SECONDA

previsto dagli art. 491, 485, 482 e 476 c.p., oltre che perseguibile a querela, deve ritenersi compreso tra quelli per i quali è stata

concessa amnistia con d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744. Invero, in

base all'art. 1, lett. d), d.p.r. citato, è concessa amnistia per il

reato previsto dall'art. 476 in relazione agli art. 491 e 482 c.p., limitatamente alla falsità in cambiale o in altro titolo di credito

trasmissibile per girata o al portatore. Tale norma — al pari del

l'art. 493 bis c.p., non certo ineccepibile sotto il profilo tecnico

giuridico — certamente è applicabile al caso di specie concer

nente la falsità materiale commessa da un privato in assegno bancario trasmissibile per girata (art. 491, in relazione agli art.

485, 482 e 476 c.p.). Non sussiste l'esclusione oggettiva di cui

all'art. 2, lett. e), d.p.r. 744/1981, perché nella specie l'aggra

vante prevista dall'art. 61, n. 2, c.p. è stata contestata in relazione

al reato di truffa, il quale, anche se commesso in danno di un

ente pubblico (cassa di risparmio), non può considerarsi com

preso nel novero dei «delitti contro la p.a. ». Invero, tale di

zione dell'art. 2, lett. e), d. p. r. cit. deve ritenersi usata in senso

tecnico e perciò riferita esclusivamente ai reati contenuti nel ti

tolo II, libro II del codice penale. Rispetto a questi reati, sia

quelli propri dei pubblici ufficiali (capo 1°), che quelli com

messi da privati (capo 2°), viene in considerazione, quale be

ne giuridico tutelato, non tanto il danno patrimoniale cagio nato alla p. a., quanto l'interesse pubblico concernente il nor

male funzionamento e il prestigio dello Stato e degli altri en

ti pubblici. Per contro, nell'ipotesi aggravata di truffa previ sta dall'art. 640, cpv., n. 1, c.p. — reato compreso tra quelli contro il patrimonio — viene in considerazione esclusivamente

il danno patrimoniale, sia pure considerato di maggiore gravi tà perché cagionato allo Stato o ad un altro ente pubblico.

All'applicazione dell'amnistia concessa con d.p.r. 744/1981 non

ostano i precedenti penali del Corapi. Per il reato di falsità in

assegno bancario ritenuto a carico dell'imputato con la conces

sione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p., dichiarata equi valente alle aggravanti, la prescrizione è maturata, ai sensi del

l'art. 157, 1° comma, n. 4, c.p., il 13 febbraio 1982, ossia poste riormente all'entrata in vigore del d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744.

In ordine al terzo reato, quello di truffa, contestato all'impu

tato, deve rilevarsi che, sebbene nella relativa rubrica sia stata

fatta menzione dell'art. 640 c.p., senza specificazione, tuttavia

nel capo d'imputazione è stato esplicitato che la truffa era stata

commessa in danno della Cassa di risparmio di Asti. Per quan to sopra osservato, le casse di risparmio sono enti pubblici eco

nomici, talché il reato ascritto al Corapi deve considerarsi aggra vato ai sensi dell'art. 640, 2° comma, n. 1, c.p. Ne segue che il

predetto reato non può ritenersi punibile a querela ai sensi del

l'art. 98 1. 24 novembre 1981 n. 689, né compreso nelle amnistie

concesse con d.p.r. 413/1978 e 744/1981, trattandosi di aggra vante per la quale la misura della pena è determinata in modo

indipendente da quella ordinaria dal reato e non potendosi tener

conto del giudizio di equivalenza con l'attenuante di cui all'art.

62, n. 6, c.p. operato dal giudice di merito. Di tale giudizio deve,

invece, tenersi conto ai fini del termine prescrizionale (art. 157, 3° comma, c.p.), maturato, perciò, il 13 febbraio 1982 (art. 157, 1° comma, n. 4, c.p.).

Dalle considerazioni che precedono consegue che, dei tre reati

ascritti all'imputato, soltanto per quello di falsità in assegno bancario si pone il problema dell'applicabilità della norma tran

sitoria di cui all'art. 99 1. 689/1981, sia in termini generali che

con riferimento al caso, quale quello di specie, in cui per il reato

divenuto perseguibile a querela sia applicabile l'amnistia.

In ordine alla prima questione deve rilevarsi che l'art. 99 1.

24 novembre 1981 n. 689 trova il suo precedente più immediato

nell'art. 36 r.d. 28 maggio 1931 n. 601 (disposizioni di coordina

mento e transitorie per il codice penale del 1930), secondo il

quale, per la parte che interessa, salvo che sia intervenuta una

causa di decadenza, il termine di tre mesi stabilito nell'art. 124

c.p. per presentare la querela decorre dal giorno dell'attuazione

del codice stesso, quando la persona offesa ha avuto notizia del

fatto che costituisce il reato prima di tale giorno; altrimenti de

corre dal giorno della notizia del fatto. Tale norma non preve deva alcun avviso per la persona offesa, non distingueva fra pro cedimenti pendenti e non pendenti, ed era incentrata esclusiva

mente sulla anteriorità o meno, rispetto alla data di attuazione

del codice penale, dell'acquisizione da parte della persona offesa

della notizia del fatto costituente reato, commesso prima della

data predetta. Orbene il 1° comma dell'art. 99 1. 689/1981 ripro duce sostanzialmente la menzionata parte dell'art. 36 r.d. 601/ 1931 e ciò induce a ritenere che il legislatore del 1981 ne abbia

tenuto conto adottando la regola lex interpellat pro iudice. Ma

tale regola risulta capovolta nel 2° comma dello stesso art. 99,

imponendosi quella opposta iudex interpelli pro lege, con la

sola precisazione che deve trattarsi di procedimento pendente. Dovendosi dare un senso al suddetto 2° comma, non resta che

ritenere che il legislatore del 1981, nel caso di procedimento pen dente, ha ritenuto troppo drastica la regola posta nel 1° comma

sulla scia dell'art. 36 r.d. 601/1931, ed ha adottato quella, più

garantista per la persona offesa, dell'avviso alla stessa anche se

abbia già avuto notizia del fatto costituente reato. Potrebbe

obiettarsi che tale maggiore garantismo è stato (irrazionalmente) adottato proprio nel caso in cui, a cagione della pendenza del

procedimento, è più facile che la persona offesa abbia già avuto

notizia del fatto. Ma deve considerarsi che, nella ipotesi di pro cedimento non ancora pendente, sarebbe stato impossibile indi

viduare l'autorità pubblica obbligata ad effettuare l'avviso e lo

stesso destinatario di esso. Pertanto, l'art. 99 1. 689/1981 deve

leggersi nel senso che per i reati commessi prima del giorno di

entrata in vigore della 1. 689/1981 e divenuti perseguibili a que rela per effetto della stessa legge, il termine di presentazione del

la querela decorre: a) se non è pendente il procedimento, dal

giorno suddetto qualora la persona offesa abbia avuto in prece denza notizia del fatto; b) se è pendente il procedimento, il pre detto termine decorre dal giorno in cui la persona offesa, anche

se abbia già avuto notizia del fatto costituente reato, è stata in

formata dall'autorità giudiziaria della facoltà di esercitare il di

ritto di querela. Tale interpretazione è quella più aderente alla lettera dell'art.

99 1. citata, posto che la circostanza che discrimina la previsione contenuta nel T comma da quella del 1° comma, è costituita

dalla pendenza del procedimento e non dalla conoscenza del

fatto costituente reato da parte della persona offesa. Perciò, men

tre l'inserimento, in via interpretativa, nel 1° comma della con

dizione negativa « se non è pendente il procedimento » è giusti ficato dall'esordio avversativo del 2° comma « se è pendente il

procedimento » ; al contrario, l'inserimento nel 2° comma della

condizione « se non ha avuto in precedenza notizia del fatto co

stituente reato », risulta privo di qualsiasi base testuale. Inoltre, la suddetta interpretazione è la più aderente allo spirito della

norma. Infatti, il correttivo apportato col 2° comma dell'art. 99

citato alla regola posta nel 1° comma ricalcando l'art. 36 r.d.

601/1931, deve spiegarsi con l'intento di impedire che i proce dimenti promossi per reati (originariamente) perseguibili d'uffi

cio possano chiudersi con una sentenza di proscioglimento per mancanza di querela sulla sola base della fictio legis secondo

cui lex interpellat pro iudice, e non dopo una formale informa

tiva da parte del giudice alla persona offesa sulla facoltà di eser

citare il diritto di querela.

Mentre, se non vi è un procedimento pendente, tale avviso di

venta praticamente impossibile, talché costituisce una scelta ob

bligata il ricorso alla diversa regola posta nel 1° comma dello

stesso art. 99. L'adottata interpretazione dell'art. 99 1. 689/1981 non deve però essere esasperata al punto di portarla a conseguen ze aberranti sul piano dei principi ovvero comportanti, sul pia no pratico, ingiustificati ritardi o paralisi procedimentali. È, per ciò, da ritenere che l'avviso alla persona offesa previsto dal 2°

comma del menzionato art. 99, non debba essere fatto quando risulti dagli atti: che il diritto di querela sia già stato formal

mente esercitato; che l'offeso, salvo il disposto dell'art. 92, cpv.,

c.p.p., abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la

volontà di instare per la punizione dell'imputato; che l'offeso

abbia rinunciato al diritto di querela in modo espresso o tacito

ai sensi dell'art. 124 c.p.; che il diritto di querela sia estinto a

norma dell'art. 126 c.p.; che sia intervenuta remissione della

querela; che la persona offesa non sia stata identificata ovvero

risulti irreperibile. Nelle indicate situazioni dev'essere immedia

tamente dichiarata, ai sensi dell'art. 152 c.p.p., l'improcedibilità dell'azione penale per mancanza o per remissione di querela, restando pur sempre salva l'applicabilità dell'art. 17 c.p.p. per il caso di illegittima omissione dell'avviso di cui all'art. 99, cpv., 1. 689/1981.

Con riferimento alla delimitazione dell'ambito di operatività del cpv. dell'art. 99 citato si pone la seconda delle questioni so

pra indicate, consistente nello stabilire se l'avviso di cui alla pre detta disposizione debba essere fatto anche nel caso che per il

reato divenuto perseguibile a querela sia già intervenuta una

causa di estinzione, quale l'amnistia, la prescrizione o la morte

dell'imputato prima della condanna.

Al quesito, queste sezioni unite ritengono di dover dare ri

sposta negativa. Il 2° comma dell'art. 99 è certamente una norma

introdotta a favore della persona offesa, siccome diretta quasi a

bilanciare il possibile nocumento derivante alla stessa dalla im

mediata operatività della sopravvenuta perseguibilità a querela di determinati reati, con la previsione dell'avviso alla persona

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Page 4: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Sezioni unite penali; sentenza 17 aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (concl. parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio

GIURISPRUDENZA PENALE

offesa per tutti i procedimenti promossi d'ufficio in base alla nor

mativa previgente. Orbene, ponendosi anzitutto dal punto di vi

sta della tutela degli interessi della persona offesa — come sem

bra doveroso data la ratio della norma — non si vede quale van

taggio possa derivare all'offeso dalla sollecitazione ad esercitare

il diritto di querela in un procedimento che, una volta esercitato

tale diritto, non potrà che concludersi con una declaratoria di

estinzione del reato ovvero addirittura di assoluzione nel merito

ai sensi del cpv. dell'art. 152 c.p.p. Anzi, nel caso di applicabilità della amnistia, l'esclusione dell'avviso di cui all'art. 99, 2° com

ma, citato vale ad evitare che, per l'ipotesi di mancata proposi zione della querela nel termine ivi previsto, risulti inoperante il disposto dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405 sulle statuizioni

civili. La questione va esaminata, però, anche ponendosi dal punto

di vista della tutela della posizione dell'imputato. Per questi, il

proscioglimento per mancanza di querela è indubbiamente più favorevole della declaratoria di estinzione del reato per amnistia

o per prescrizione. Del resto, anche da un punto di vista concet

tuale, come queste sezioni unite hanno già affermato (sentenza 9

maggio 1964, ric. Pirrotta, id., 1965, II, 151) «la pretesa puni tiva non può avere ingresso o non può essere proseguita se fac

ciano difetto le condizioni all'uopo stabilite dalla legge, e di

conseguenza prima della questione relativa all'applicazione della

causa estintiva del reato si presenta quella della procedibilità o

proseguibilità dell'azione penale». Ma deve ritenersi che il men

zionato principio, di indubbia esattezza, sia applicabile soltanto

nel caso di contemporanea sussistenza, allo stato degli atti, sia

di una causa di impromuovibilità o di improseguibilità dell'azione

penale, sia di una causa di estinzione del reato. Qualora, invece, tale coesistenza o concorso non sia attuale ma solo potenziale, vale la regola dell'immediata declaratoria posta dall'art. 152

c.p.p. secondo cui l'amnistia toglie al giudice il potere di esami

nare e di decidere ogni altra questione relativa all'azione penale,

quando questo esame non è assolutamente necessario per l'ap

plicabilità del beneficio, salvo che già sussistano gli estremi per l'assoluzione nel merito ai sensi del cpv. dell'art. 152. Non sem

bra decisivo affermare che il principio della pregiudizialità della

improcedibilità dell'azione penale rispetto all'estinzione del rea

to, vale soltanto nel caso di mancanza di una condizione per l'inizio dell'azione penale, non anche se, come nell'ipotesi di cui

all'art. 99 1. 689/1981, la querela non ha l'efficacia sua propria, ma quella di condizione per la ulteriore prosecuzione del proce dimento già ritualmente instaurato d'ufficio dal pubblico mini

stero. Infatti, deve osservarsi in contrario che in caso di coesi

stenza (attuale e non solo potenziale) fra una causa di estinzione

del reato ed una causa di improseguibilità dell'azione penale (ad es. diniego di autorizzazione a procedere) va data prevalenza a

questa seconda causa.

Il punto è, invece, che in presenza di una causa estintiva del

reato subito applicabile il giudice, nonostante il disposto degli art. 152 e 592 c.p.p., dovrebbe sospendere o rinviare il processo soltanto per rendere possibile la (eventuale e futura) insorgenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale. Il che con

trasta chiaramente col disposto degli art. 152 e 592 c.p.p., non

ché col principio di economia processuale dato che, se la querela viene tempestivamente proposta dopo l'avviso di cui all'art. 99,

cpv., 1. 689/1981, il giudice non potrà che applicare la causa

estintiva del reato. Non senza rilevare la abnormità della rivita

lizzazione di un procedimento penale concernente un reato già estinto. E ciò senza neppure la certezza di evitare che il procedi mento si concluda ugualmente con una declaratoria di estinzione

del reato, essendo arbitra la persona offesa interpellata di optare

per la proposizione della querela.

Non vale osservare in contrario che l'art. 99, cpv., 1. 689/ 1981 è entrato in vigore prima del d.p.r. 15 dicembre 1981 n. 744.

A prescindere dal rilievo che l'argomento non vale, ovviamente,

per l'amnistia concessa con d.p.r. 4 agosto 1978 n. 413, occorre

ribadire che rispetto all'obbligo della sospensione o del rinvio

del procedimento per procedere all'informativa alla persona of

fesa, posto dal suddetto art. 99, deve ritenersi prevalente quello

dell'immediata declaratoria dell'estinzione del reato di cui agli

art. 152 e 592 c.p.p. Invero, l'art. 99 citato introduce una causa

di improcedibilità che non diventa attuale solo per effetto del

l'entrata in vigore della predetta norma, ma che sarà in futuro

operante se e in quanto la persona offesa non sporgerà querela entro tre mesi dalla ricezione dell'avviso. Trattasi, pertanto, di

una fattispecie complessa di improcedibilità, avente natura del

tutto peculiare, posto che la produzione dei relativi effetti giuri

dici è sospensivamente condizionata dal compimento da parte

dell'autorità giudiziaria procedente dell'informativa alla persona

offesa, previo rinvio o sospensione del procedimento in fase di

giudizio. Perciò, il punto non è quello della data di entrata in vigore

dell'art. 99 1. 689/1981 e del d.p.r. 744/1981, sibbene l'attualità

o meno della coesistenza, in termini di immediata operatività, di

una causa di improcedibilità dell'azione penale e di una causa

di estinzione del reato. Se tale coesistenza « operativa » non sus

siste allo stato degli atti, il giudice deve dichiarare l'estinzione

del reato, stante l'obbligo impostogli dagli art. 152 e 592 c.p.p. Né vale invocare, in contrario, il principio del favor rei. In

fatti, come desumesi dal disposto dell'art. 152, cpv., c.p.p., le

cause di estinzione del reato producono un effetto cristallizzante

sul materiale probatorio già acquisito e paralizzante o preclusivo

rispetto al compimento di ulteriori attività processuali. Non si

vede, perciò, come il principio del favor rei, pur tanto penaliz zato nella descritta situazione finalizzata ad un'assoluzione nel

merito, dovrebbe invece valere a far proseguire il procedimento relativo ad un reato estinto solo per pervenire (eventualmente e

non certamente) ad un proscioglimento per mancanza di querela. Conclusivamente, queste sezioni unite, ritengono che, se è pen

dente il procedimento, l'informativa alla persona offesa prescritta dall'art. 99, cpv., 1. 689/1981 deve sempre essere effettuata e per ciò anche se l'offeso abbia già avuto notizia del fatto costituente

il reato divenuto perseguibile a querela. Tuttavia, tale avviso

non dev'essere fatto: quando risulta una causa di estinzione del

reato ovvero se il diritto di querela sia estinto oppure sia stato

formalmente o sostanzialmente già esercitato oppure rinunciato

in modo espresso o tacito; se sia intervenuta remissione di que

rela; se la persona offesa non sia stata identificata ovvero risulti

irreperibile. Nel caso di specie, per quanto sopra ritenuto, dato che il reato

di falsità in assegno bancario è estinto per effetto dell'amnistia

concessa con d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, non deve procedersi all'avviso di cui all'art. 99, cpv., 1. 689/1981, mentre deve dichia

rarsi l'estinzione del reato per tale causa. Il reato di truffa, come

sopra rilevato, va dichiarato estinto per prescrizione. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite penali; sentenza 12

dicembre 1981; Pres. Barba, Est. Moro, P.M. (conci, conf.); ric. P. m. c. Sapori. Conferma Trib. Ferrara, ord. 29 maggio 1980.

Amnistia, indulto e grazia — Riduzione della sospensione della

patente di guida — Pena sospesa condizionalmente — Applica zione dell'indulto — Necessità — Esclusione — Applicabilità — Sufficienza (Cod. pen., art. 163, 174, 183; 1. 3 agosto 1978

n. 405, delega al presidente della repubblica per la concessione

di amnistia e indulto e disposizioni sull'azione civile in se

guito ad amnistia, art. 11).

La concreta applicazione dell'indulto alla pena principale, con

dizionalmente sospesa, non costituisce presupposto necessario

ed indispensabile per l'applicazione della riduzione della san

zione penale atipica della sospensione della patente di guida, essendo sufficiente la potenziale applicabilità del beneficio al

reato ritenuto in sostanza. (1)

Considerazioni in fatto. — Con sentenza del 16 febbraio 1978 — divenuta irrevocabile il 17 aprile 1979 — il Tribunale di Fer

rara dichiarava Gianni Sapori responsabile di omicidio col

poso con violazione delle norme sulla circolazione stradale e con

seguentemente lo condannava alla pena di un anno di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pe

na, ed inoltre ordinava la sospensione della patente di guida

per la durata di anni tre.

Il 2 aprile 1980 il Sapori inoltrava istanza al predetto tribu

nale chiedendo che venisse •dichiarato estinto per indulto, in

virtù della 1. 3 agosto 1978 n. 405, il periodo di sospensione della patente di guida.

Con ordinanza del 29 maggio 1980 il Tribunale di Ferrara ri

duceva ad un anno la durata della sospensione della patente di

guida ai sensi dell'art. 11 1. n. 405 del 1978.

(1) Nello stesso senso Cass. 3 luglio 1979, P. m. c. Giovacchini, Foro it., 1980, li, 295; contra Cass. 29 marzo 1979, Montanari, 16

gennaio 1979, Della Porta, ibid., 296, con ampia nota di richiami

(cui adde, in dottrina, Napoleoni, L'applicabilità dell'indulto ad una

pena condizionalmente sospesa, in Mass. pen., 1980, 409), in cui è

evidenziato il contrasto giurisprudenziale che ha determinato l'inter

vento delle sezioni unite.

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