Sezioni unite penali; sentenza 17 aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (concl.parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio App. Torino 10 giugno 1981Source: Il Foro Italiano, Vol. 105, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1982), pp.305/306-309/310Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174606 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
CORTE DI CASSAZIONE; CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite penali; sentenza 17
aprile 1982; Pres. Berri, Est. Boschi, P. M. Corasaniti (conci,
parz. diff.); ric. Corapi. Annulla senza rinvio App. Torino 10
giugno 1981.
Impugnazioni penali in genere — Cassazione — Motivi gene rici — Inammissibilità del ricorso (Cod. proc. pen., art. 201).
Falsità in atti — Titoli di credito — Falsa firma di girala — Per
seguibilità a querela (Cod. pen., art. 491; 1. 24 novembre 1981
n. 689, modifiche al sistema penale, art. 89).
Querela, richiesta, istanza — Reati divenuti perseguibili a que rela — Informativa alla persona offesa — Necessità — Esclu
sione — Limiti — Fattispecie (Cod. proc. pen., art. 152, 592;
1. 24 novembre 1981 n. 689, art. 89, 99; d. p. r. 18 dicembre
1981 n. 744, concessione di amnistia e indulto).
Va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi del tutto generici, in quanto limitati al richiamo ai mo
tivi d'appello, in ordine al rigetto dei quali vengono dedotti
imprecisati difetti di motivazione. (1) In applicazione dell'art. 493 bis c.p., introdotto dall'art. 89 l. 24
novembre 1981 n. 689, il reato di falsità in titolo di credito, commesso apponendo su un assegno bancario una falsa firma di girata, va ritenuto perseguibile a querela della persona of
fesa. (2) Se è pendente il procedimento penale, non deve procedersi alla
informativa alla persona offesa dal reato della facoltà di eser
citare il diritto di querela, ai sensi dell'art. 99, cpv., I. 24 no
vembre 1981 n. 689 — che deve sempre essere effettuata anche
se l'offeso abbia già avuto notizia del fatto costituente il reato
divenuto perseguibile a querela — quando: a) già risulti una
causa di estinzione del reato; b) il diritto di querela sia estin
to ovvero sia già stato esercitato o rinunziato in modo espresso o tacito; c) sia intervenuta remissione di querela; d) la persona
offesa non sia stata identificata ovvero risulti irreperibile (nella
specie, è stato ritenuto che, essendo al reato di falsità in titoli
di credito applicabile l'amnistia, non dovesse procedersi all'av
viso di cui all'art. 99, cpv., I. 24 novembre 1981 n. 689). (3)
(1) Giurisprudenza costante. Cfr. da ultimo; Cass. 8 ottobre 1980, Scimone, 14 ottobre 1980, Tuccio, 7 ottobre 1980, Sanfìlippo, 26 settembre 1980, Vetri, 4 luglio 1980, Ferrini, 6 ottobre 1980, Pe
lasgi, 9 luglio 1980, Zerbo, 3 luglio 1980, Mastini, 1° luglio 1980,
Palomba, 9 aprile 1980, Vecchione, 9 aprile 1980, De Masi, 9 aprile
1980, Ardenti, 11 febbraio 1980, Bedana, 27 dicembre 1979, Lafulli, 17 dicembre 1979, Melucci, 8 maggio 1980, Ruggeri, 10 ottobre 1980,
Rosta, 22 maggio 1980, Rossetti, Foro it., Rep. 1981, voce Impugna zioni penali, nn. 114-131; 20 marzo 1979, Binni, 21 novembre 1979,
Demurtas, 22 novembre 1979, Palomba, 30 ottobre 1979, Peluppo, 2 marzo 1979, Cavassa, id., Rep. 1980, voce cit., nn. 125-129.
(2) Nello stesso senso, in tema di falsità in cambiali, v. Cass., Sez. V, 3 febbraio 1982, Bertoli, inedita.
La sentenza richiama la giurisprudenza di legittimità, del tutto pre valente nel senso che l'art. 491 c.p. configuri, rispetto al falso in
scrittura privata di cui all'art. 485 c. p., una circostanza aggravante e non un titolo autonomo di reato. Per una decisione in senso con
trario, v. Cass. 1° luglio 1979, Bressanini, Foro it., 1980, II, 232, con nota critica di Mele, Falso in cambiali: titolo autonomo di reato
o circostanza aggravante? (3) Le sezioni unite della Corte di cassazione sono tempestivamente
intervenute per risolvere il contrasto che si era delineato tra Sez. V 24 febbraio 1982, Giammarruto, Sez. IV 23 marzo 1982, Sala, Sez. V 3 febbraio 1982, Bertoli, inedite (che si erano tutte pronunciate per l'immediata applicazione dell'amnistia) e Sez. VI 9 febbraio 1982,
Macaluso, pure inedita (che per contro aveva ritenuto che la de
claratoria di improseguibilità dell'azione penale, a seguito dell'incom
bente di cui all'art. 99 1. 24 novembre 1981 n. 689, ha carattere
pregiudiziale anche rispetto alla declaratoria di estinzione del reato
per amnistia). Va ricordato che dopo la sentenza delle stesse Sez. un. 9 maggio
1964, Pirrotta, Foro it., 1965, II, 151, con nota di richiami, la giu
risprudenza di legittimità è stata costante nel ritenere che il pro
scioglimento per impromuovibilità dell'azione penale per mancanza
di querela prevale su quello per estinzione del reato per amnistia.
Con tale orientamento non sembra contrastare peraltro la sentenza
riportata. Di fronte all'alternativa tra proscioglimento per mancanza
di querela e proscioglimento per estinzione del reato per amnistia, la
Corte di cassazione ha infatti esattamente optato per la prima solu
zione, nel presupposto della attuale e immediata operatività di en
trambe. Per contro, il presupposto non ricorre nell'ipotesi dell'art.
99, 2° comma, 1. n. 689/1981, ove l'alternativa si pone tra il pro
scioglimento per amnistia e l'informativa alla persona offesa sulla
facoltà di esercitare il diritto di querela rispetto ad un reato che
prima della legge cit. era perseguibile d'ufficio. In tale situazione, il
proscioglimento per mancanza di querela si pone come evenienza fu
tura e incerta, talché deve attribuirsi prevalenza al proscioglimento
per amnistia, che è attuale e immediato. In dottrina, sull'art. 99 1. cit., ma in termini generali, cons. Ber
toni-Lattanzi-Lupo-ViolaNte, Modifiche al sistema penale, Milano,
Il Foro Italiano — 1982 — Parte II-22.
Motivi della decisione. — Deve pregiudizialmente esaminarsi
l'ammissibilità del ricorso. Come questa corte ha già avuto modo
di ritenere (Sez. 1 13 gennaio 1978, Mele, Foro it., Rep. 1978, voce Cassazione penale, n. 30), i motivi di ricorso per cassazione
non possono consistere nel semplice e generico richiamo dei motivi di appello, né nell'apodittica censura di difetto di motiva
zione. Invero, il carattere autonomo di ogni atto di impugnazio ne postula che esso abbia in sé tutti i requisiti voluti dalla legge, compreso quello della specificità, per provocare e consentire il
controllo devoluto al giudice superiore. I motivi dedotti dal
difensore dell'imputato sono generici, perché si esauriscono in
un indifferenziato riferimento ai motivi d'appello, in ordine al
rigetto dei quali vengono dedotti, apoditticamente, imprecisati difetti di motivazione.
Il ricorso dev'essere, perciò, dichiarato inammissibile per ge nericità dei motivi. Ma, trattandosi di causa sopravvenuta d'inam
missibilità, la corte ha l'obbligo di esaminare d'ufficio l'eventuale sussistenza degli estremi per l'applicabilità dell'art. 152 c.p.p.
Rispetto ai tre menzionati reati ascritti al Corapi, non si pon
gono problemi per il delitto di ricettazione, il quale, siccome com
messo nell'agosto 1974, è punito con la reclusione fino a sei anni
e con la multa fino a lire 800.000 in base al testo dell'art. 648
c.p. in vigore prima delle modificazioni apportate con l'art. 15 1. 22 maggio 1975 n. 152. Tale delitto è perseguibile d'ufficio anche
dopo la 1. 24 novembre 1981 n. 689, non è compreso tra quelli
per i quali sono state concesse le amnistie di cui al d.p.r. 4 ago sto 1978 n. 413 e al d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, ed è soggetto ad un periodo prescrizionale massimo di quindici anni ai sensi
dell'art. 157. 1° comma, n. 3, c.p.
Rispetto al reato di falsità aggravata in titolo di credito tra
smissibile per girata (assegno bancario tratto sulla Cassa di ri
sparmio di Asti) deve rilevarsi che, per effetto dell'art. 493 bis
c.p. aggiunto con l'art. 89 1. 24 novembre 1981 n. 689, tale reato
è divenuto punibile a querela della persona offesa. Il citato art.
493 bis c.p. non menziona espressamente l'art. 491 c.p., ma il re
lativo riferimento emerge con evidenza dal capoverso dello stes
so art. 493 bis, il quale mantiene la procedibilità d'ufficio per le
falsità concernenti un testamento olografo. Tale enucleazione, avente natura di eccezione, consente di argomentare, anche sulla
base del riferimento esplicito all'art. 485 c.p. contenuto nel 1°
comma dell'art. 493 bis c.p., che per tutte le altre scritture pri vate equiparate agli atti pubblici agli effetti della pena, i reati
di falsità sono punibili a querela della persona offesa. D'altra
parte, come questa corte ha già avuto modo di ritenere con giu
risprudenza del tutto prevalente (da ultimo, Sez. V 2 luglio 1980,
Pace, id., Rep. 1981, voce Falsità in atti, n. 98), l'art. 491 c.p.,
nell'equiparare agli atti pubblici i testamenti olografi ed i titoli
di credito soltanto quoad poenam, configura, per le falsità con
cernenti tali scritture private, una circostanza aggravante e non
un titolo autonomo di reato. Ne segue che trattasi pur sempre del reato di falsità in scrittura privata previsto dall'art. 485 c.p., solo che — come dispone il 1° comma dell'art. 491 c.p. — in
luogo della pena stabilita dall'art. 485 si applicano le pene pre viste per i reati di falsità materiale in atto pubblico. Deve, inol
tre, osservarsi che il capoverso dell'art. 493 bis c.p. ha un senso
soltanto se si ritiene che per le falsità concernenti tutte le altre
scritture private equiparate quoad poenam agli atti pubblici in
base all'art. 491 c.p., eccettuati i testamenti olografi, opera la re
gola generale della perseguibilità a querela posta nel 1° comma
dello stesso art. 493 bis c.p. Non vale a modificare il nomen
iuris del reato ascritto all'imputato, il fatto che la falsità riguardi un assegno bancario tratto su una cassa di risparmio. Come que sta Corte suprema ha già avuto modo di ritenere con giurispru denza costante (sent. 22 luglio 1977, n. 3264, >id., 1978, I, 450; 2 aprile 1975, Chiarioni, id., Rep. 1976, voce cit., n. 23, e voce
Pubblico ufficiale, n. 3; 16 febbraio 1973, Leoni, id., Rep. 1973, voce Peculato, n. 26; 6 dicembre 1972, Bianchi, ibid., n. 25; 20
dicembre 1971, Radini, id., Rep. 1972, voce cit., n. 30, e voce
Falsità in atti, n. 178; 26 febbraio 1970, Rossi, id., 1971, II, 95),
le casse di risparmio sono enti pubblici economici. Ne segue che
i documenti formati dal personale delle casse di risparmio, per
ragioni di ufficio, sono atti pubblici agli effetti penali. Ma, i mo
duli degli assegni bancari, predisposti dalle casse di risparmio, siccome privi di sottoscrizione da parte del personale dell'isti
tuto di credito all'atto della consegna ai clienti, non possono considerarsi atti pubblici ai fini dei reati di falsità documentale,
a differenza degli assegni circolari emessi dalle stesse casse di
risparmio. Salvo che riguardi un testamento olografo, il reato
1982, II (a cura di V. Esposito), 113. Sulla stessa legge, cons, altresì':
Bartolini, Il codice della depenalizzazione e delle modifiche al si
stema penale di cui alla l. 24 novembre 1981 n. 689, Piacenza, 1982.
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PARTE SECONDA
previsto dagli art. 491, 485, 482 e 476 c.p., oltre che perseguibile a querela, deve ritenersi compreso tra quelli per i quali è stata
concessa amnistia con d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744. Invero, in
base all'art. 1, lett. d), d.p.r. citato, è concessa amnistia per il
reato previsto dall'art. 476 in relazione agli art. 491 e 482 c.p., limitatamente alla falsità in cambiale o in altro titolo di credito
trasmissibile per girata o al portatore. Tale norma — al pari del
l'art. 493 bis c.p., non certo ineccepibile sotto il profilo tecnico
giuridico — certamente è applicabile al caso di specie concer
nente la falsità materiale commessa da un privato in assegno bancario trasmissibile per girata (art. 491, in relazione agli art.
485, 482 e 476 c.p.). Non sussiste l'esclusione oggettiva di cui
all'art. 2, lett. e), d.p.r. 744/1981, perché nella specie l'aggra
vante prevista dall'art. 61, n. 2, c.p. è stata contestata in relazione
al reato di truffa, il quale, anche se commesso in danno di un
ente pubblico (cassa di risparmio), non può considerarsi com
preso nel novero dei «delitti contro la p.a. ». Invero, tale di
zione dell'art. 2, lett. e), d. p. r. cit. deve ritenersi usata in senso
tecnico e perciò riferita esclusivamente ai reati contenuti nel ti
tolo II, libro II del codice penale. Rispetto a questi reati, sia
quelli propri dei pubblici ufficiali (capo 1°), che quelli com
messi da privati (capo 2°), viene in considerazione, quale be
ne giuridico tutelato, non tanto il danno patrimoniale cagio nato alla p. a., quanto l'interesse pubblico concernente il nor
male funzionamento e il prestigio dello Stato e degli altri en
ti pubblici. Per contro, nell'ipotesi aggravata di truffa previ sta dall'art. 640, cpv., n. 1, c.p. — reato compreso tra quelli contro il patrimonio — viene in considerazione esclusivamente
il danno patrimoniale, sia pure considerato di maggiore gravi tà perché cagionato allo Stato o ad un altro ente pubblico.
All'applicazione dell'amnistia concessa con d.p.r. 744/1981 non
ostano i precedenti penali del Corapi. Per il reato di falsità in
assegno bancario ritenuto a carico dell'imputato con la conces
sione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6, c.p., dichiarata equi valente alle aggravanti, la prescrizione è maturata, ai sensi del
l'art. 157, 1° comma, n. 4, c.p., il 13 febbraio 1982, ossia poste riormente all'entrata in vigore del d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744.
In ordine al terzo reato, quello di truffa, contestato all'impu
tato, deve rilevarsi che, sebbene nella relativa rubrica sia stata
fatta menzione dell'art. 640 c.p., senza specificazione, tuttavia
nel capo d'imputazione è stato esplicitato che la truffa era stata
commessa in danno della Cassa di risparmio di Asti. Per quan to sopra osservato, le casse di risparmio sono enti pubblici eco
nomici, talché il reato ascritto al Corapi deve considerarsi aggra vato ai sensi dell'art. 640, 2° comma, n. 1, c.p. Ne segue che il
predetto reato non può ritenersi punibile a querela ai sensi del
l'art. 98 1. 24 novembre 1981 n. 689, né compreso nelle amnistie
concesse con d.p.r. 413/1978 e 744/1981, trattandosi di aggra vante per la quale la misura della pena è determinata in modo
indipendente da quella ordinaria dal reato e non potendosi tener
conto del giudizio di equivalenza con l'attenuante di cui all'art.
62, n. 6, c.p. operato dal giudice di merito. Di tale giudizio deve,
invece, tenersi conto ai fini del termine prescrizionale (art. 157, 3° comma, c.p.), maturato, perciò, il 13 febbraio 1982 (art. 157, 1° comma, n. 4, c.p.).
Dalle considerazioni che precedono consegue che, dei tre reati
ascritti all'imputato, soltanto per quello di falsità in assegno bancario si pone il problema dell'applicabilità della norma tran
sitoria di cui all'art. 99 1. 689/1981, sia in termini generali che
con riferimento al caso, quale quello di specie, in cui per il reato
divenuto perseguibile a querela sia applicabile l'amnistia.
In ordine alla prima questione deve rilevarsi che l'art. 99 1.
24 novembre 1981 n. 689 trova il suo precedente più immediato
nell'art. 36 r.d. 28 maggio 1931 n. 601 (disposizioni di coordina
mento e transitorie per il codice penale del 1930), secondo il
quale, per la parte che interessa, salvo che sia intervenuta una
causa di decadenza, il termine di tre mesi stabilito nell'art. 124
c.p. per presentare la querela decorre dal giorno dell'attuazione
del codice stesso, quando la persona offesa ha avuto notizia del
fatto che costituisce il reato prima di tale giorno; altrimenti de
corre dal giorno della notizia del fatto. Tale norma non preve deva alcun avviso per la persona offesa, non distingueva fra pro cedimenti pendenti e non pendenti, ed era incentrata esclusiva
mente sulla anteriorità o meno, rispetto alla data di attuazione
del codice penale, dell'acquisizione da parte della persona offesa
della notizia del fatto costituente reato, commesso prima della
data predetta. Orbene il 1° comma dell'art. 99 1. 689/1981 ripro duce sostanzialmente la menzionata parte dell'art. 36 r.d. 601/ 1931 e ciò induce a ritenere che il legislatore del 1981 ne abbia
tenuto conto adottando la regola lex interpellat pro iudice. Ma
tale regola risulta capovolta nel 2° comma dello stesso art. 99,
imponendosi quella opposta iudex interpelli pro lege, con la
sola precisazione che deve trattarsi di procedimento pendente. Dovendosi dare un senso al suddetto 2° comma, non resta che
ritenere che il legislatore del 1981, nel caso di procedimento pen dente, ha ritenuto troppo drastica la regola posta nel 1° comma
sulla scia dell'art. 36 r.d. 601/1931, ed ha adottato quella, più
garantista per la persona offesa, dell'avviso alla stessa anche se
abbia già avuto notizia del fatto costituente reato. Potrebbe
obiettarsi che tale maggiore garantismo è stato (irrazionalmente) adottato proprio nel caso in cui, a cagione della pendenza del
procedimento, è più facile che la persona offesa abbia già avuto
notizia del fatto. Ma deve considerarsi che, nella ipotesi di pro cedimento non ancora pendente, sarebbe stato impossibile indi
viduare l'autorità pubblica obbligata ad effettuare l'avviso e lo
stesso destinatario di esso. Pertanto, l'art. 99 1. 689/1981 deve
leggersi nel senso che per i reati commessi prima del giorno di
entrata in vigore della 1. 689/1981 e divenuti perseguibili a que rela per effetto della stessa legge, il termine di presentazione del
la querela decorre: a) se non è pendente il procedimento, dal
giorno suddetto qualora la persona offesa abbia avuto in prece denza notizia del fatto; b) se è pendente il procedimento, il pre detto termine decorre dal giorno in cui la persona offesa, anche
se abbia già avuto notizia del fatto costituente reato, è stata in
formata dall'autorità giudiziaria della facoltà di esercitare il di
ritto di querela. Tale interpretazione è quella più aderente alla lettera dell'art.
99 1. citata, posto che la circostanza che discrimina la previsione contenuta nel T comma da quella del 1° comma, è costituita
dalla pendenza del procedimento e non dalla conoscenza del
fatto costituente reato da parte della persona offesa. Perciò, men
tre l'inserimento, in via interpretativa, nel 1° comma della con
dizione negativa « se non è pendente il procedimento » è giusti ficato dall'esordio avversativo del 2° comma « se è pendente il
procedimento » ; al contrario, l'inserimento nel 2° comma della
condizione « se non ha avuto in precedenza notizia del fatto co
stituente reato », risulta privo di qualsiasi base testuale. Inoltre, la suddetta interpretazione è la più aderente allo spirito della
norma. Infatti, il correttivo apportato col 2° comma dell'art. 99
citato alla regola posta nel 1° comma ricalcando l'art. 36 r.d.
601/1931, deve spiegarsi con l'intento di impedire che i proce dimenti promossi per reati (originariamente) perseguibili d'uffi
cio possano chiudersi con una sentenza di proscioglimento per mancanza di querela sulla sola base della fictio legis secondo
cui lex interpellat pro iudice, e non dopo una formale informa
tiva da parte del giudice alla persona offesa sulla facoltà di eser
citare il diritto di querela.
Mentre, se non vi è un procedimento pendente, tale avviso di
venta praticamente impossibile, talché costituisce una scelta ob
bligata il ricorso alla diversa regola posta nel 1° comma dello
stesso art. 99. L'adottata interpretazione dell'art. 99 1. 689/1981 non deve però essere esasperata al punto di portarla a conseguen ze aberranti sul piano dei principi ovvero comportanti, sul pia no pratico, ingiustificati ritardi o paralisi procedimentali. È, per ciò, da ritenere che l'avviso alla persona offesa previsto dal 2°
comma del menzionato art. 99, non debba essere fatto quando risulti dagli atti: che il diritto di querela sia già stato formal
mente esercitato; che l'offeso, salvo il disposto dell'art. 92, cpv.,
c.p.p., abbia, in qualsiasi atto del procedimento, manifestato la
volontà di instare per la punizione dell'imputato; che l'offeso
abbia rinunciato al diritto di querela in modo espresso o tacito
ai sensi dell'art. 124 c.p.; che il diritto di querela sia estinto a
norma dell'art. 126 c.p.; che sia intervenuta remissione della
querela; che la persona offesa non sia stata identificata ovvero
risulti irreperibile. Nelle indicate situazioni dev'essere immedia
tamente dichiarata, ai sensi dell'art. 152 c.p.p., l'improcedibilità dell'azione penale per mancanza o per remissione di querela, restando pur sempre salva l'applicabilità dell'art. 17 c.p.p. per il caso di illegittima omissione dell'avviso di cui all'art. 99, cpv., 1. 689/1981.
Con riferimento alla delimitazione dell'ambito di operatività del cpv. dell'art. 99 citato si pone la seconda delle questioni so
pra indicate, consistente nello stabilire se l'avviso di cui alla pre detta disposizione debba essere fatto anche nel caso che per il
reato divenuto perseguibile a querela sia già intervenuta una
causa di estinzione, quale l'amnistia, la prescrizione o la morte
dell'imputato prima della condanna.
Al quesito, queste sezioni unite ritengono di dover dare ri
sposta negativa. Il 2° comma dell'art. 99 è certamente una norma
introdotta a favore della persona offesa, siccome diretta quasi a
bilanciare il possibile nocumento derivante alla stessa dalla im
mediata operatività della sopravvenuta perseguibilità a querela di determinati reati, con la previsione dell'avviso alla persona
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GIURISPRUDENZA PENALE
offesa per tutti i procedimenti promossi d'ufficio in base alla nor
mativa previgente. Orbene, ponendosi anzitutto dal punto di vi
sta della tutela degli interessi della persona offesa — come sem
bra doveroso data la ratio della norma — non si vede quale van
taggio possa derivare all'offeso dalla sollecitazione ad esercitare
il diritto di querela in un procedimento che, una volta esercitato
tale diritto, non potrà che concludersi con una declaratoria di
estinzione del reato ovvero addirittura di assoluzione nel merito
ai sensi del cpv. dell'art. 152 c.p.p. Anzi, nel caso di applicabilità della amnistia, l'esclusione dell'avviso di cui all'art. 99, 2° com
ma, citato vale ad evitare che, per l'ipotesi di mancata proposi zione della querela nel termine ivi previsto, risulti inoperante il disposto dell'art. 12 1. 3 agosto 1978 n. 405 sulle statuizioni
civili. La questione va esaminata, però, anche ponendosi dal punto
di vista della tutela della posizione dell'imputato. Per questi, il
proscioglimento per mancanza di querela è indubbiamente più favorevole della declaratoria di estinzione del reato per amnistia
o per prescrizione. Del resto, anche da un punto di vista concet
tuale, come queste sezioni unite hanno già affermato (sentenza 9
maggio 1964, ric. Pirrotta, id., 1965, II, 151) «la pretesa puni tiva non può avere ingresso o non può essere proseguita se fac
ciano difetto le condizioni all'uopo stabilite dalla legge, e di
conseguenza prima della questione relativa all'applicazione della
causa estintiva del reato si presenta quella della procedibilità o
proseguibilità dell'azione penale». Ma deve ritenersi che il men
zionato principio, di indubbia esattezza, sia applicabile soltanto
nel caso di contemporanea sussistenza, allo stato degli atti, sia
di una causa di impromuovibilità o di improseguibilità dell'azione
penale, sia di una causa di estinzione del reato. Qualora, invece, tale coesistenza o concorso non sia attuale ma solo potenziale, vale la regola dell'immediata declaratoria posta dall'art. 152
c.p.p. secondo cui l'amnistia toglie al giudice il potere di esami
nare e di decidere ogni altra questione relativa all'azione penale,
quando questo esame non è assolutamente necessario per l'ap
plicabilità del beneficio, salvo che già sussistano gli estremi per l'assoluzione nel merito ai sensi del cpv. dell'art. 152. Non sem
bra decisivo affermare che il principio della pregiudizialità della
improcedibilità dell'azione penale rispetto all'estinzione del rea
to, vale soltanto nel caso di mancanza di una condizione per l'inizio dell'azione penale, non anche se, come nell'ipotesi di cui
all'art. 99 1. 689/1981, la querela non ha l'efficacia sua propria, ma quella di condizione per la ulteriore prosecuzione del proce dimento già ritualmente instaurato d'ufficio dal pubblico mini
stero. Infatti, deve osservarsi in contrario che in caso di coesi
stenza (attuale e non solo potenziale) fra una causa di estinzione
del reato ed una causa di improseguibilità dell'azione penale (ad es. diniego di autorizzazione a procedere) va data prevalenza a
questa seconda causa.
Il punto è, invece, che in presenza di una causa estintiva del
reato subito applicabile il giudice, nonostante il disposto degli art. 152 e 592 c.p.p., dovrebbe sospendere o rinviare il processo soltanto per rendere possibile la (eventuale e futura) insorgenza di una causa di improcedibilità dell'azione penale. Il che con
trasta chiaramente col disposto degli art. 152 e 592 c.p.p., non
ché col principio di economia processuale dato che, se la querela viene tempestivamente proposta dopo l'avviso di cui all'art. 99,
cpv., 1. 689/1981, il giudice non potrà che applicare la causa
estintiva del reato. Non senza rilevare la abnormità della rivita
lizzazione di un procedimento penale concernente un reato già estinto. E ciò senza neppure la certezza di evitare che il procedi mento si concluda ugualmente con una declaratoria di estinzione
del reato, essendo arbitra la persona offesa interpellata di optare
per la proposizione della querela.
Non vale osservare in contrario che l'art. 99, cpv., 1. 689/ 1981 è entrato in vigore prima del d.p.r. 15 dicembre 1981 n. 744.
A prescindere dal rilievo che l'argomento non vale, ovviamente,
per l'amnistia concessa con d.p.r. 4 agosto 1978 n. 413, occorre
ribadire che rispetto all'obbligo della sospensione o del rinvio
del procedimento per procedere all'informativa alla persona of
fesa, posto dal suddetto art. 99, deve ritenersi prevalente quello
dell'immediata declaratoria dell'estinzione del reato di cui agli
art. 152 e 592 c.p.p. Invero, l'art. 99 citato introduce una causa
di improcedibilità che non diventa attuale solo per effetto del
l'entrata in vigore della predetta norma, ma che sarà in futuro
operante se e in quanto la persona offesa non sporgerà querela entro tre mesi dalla ricezione dell'avviso. Trattasi, pertanto, di
una fattispecie complessa di improcedibilità, avente natura del
tutto peculiare, posto che la produzione dei relativi effetti giuri
dici è sospensivamente condizionata dal compimento da parte
dell'autorità giudiziaria procedente dell'informativa alla persona
offesa, previo rinvio o sospensione del procedimento in fase di
giudizio. Perciò, il punto non è quello della data di entrata in vigore
dell'art. 99 1. 689/1981 e del d.p.r. 744/1981, sibbene l'attualità
o meno della coesistenza, in termini di immediata operatività, di
una causa di improcedibilità dell'azione penale e di una causa
di estinzione del reato. Se tale coesistenza « operativa » non sus
siste allo stato degli atti, il giudice deve dichiarare l'estinzione
del reato, stante l'obbligo impostogli dagli art. 152 e 592 c.p.p. Né vale invocare, in contrario, il principio del favor rei. In
fatti, come desumesi dal disposto dell'art. 152, cpv., c.p.p., le
cause di estinzione del reato producono un effetto cristallizzante
sul materiale probatorio già acquisito e paralizzante o preclusivo
rispetto al compimento di ulteriori attività processuali. Non si
vede, perciò, come il principio del favor rei, pur tanto penaliz zato nella descritta situazione finalizzata ad un'assoluzione nel
merito, dovrebbe invece valere a far proseguire il procedimento relativo ad un reato estinto solo per pervenire (eventualmente e
non certamente) ad un proscioglimento per mancanza di querela. Conclusivamente, queste sezioni unite, ritengono che, se è pen
dente il procedimento, l'informativa alla persona offesa prescritta dall'art. 99, cpv., 1. 689/1981 deve sempre essere effettuata e per ciò anche se l'offeso abbia già avuto notizia del fatto costituente
il reato divenuto perseguibile a querela. Tuttavia, tale avviso
non dev'essere fatto: quando risulta una causa di estinzione del
reato ovvero se il diritto di querela sia estinto oppure sia stato
formalmente o sostanzialmente già esercitato oppure rinunciato
in modo espresso o tacito; se sia intervenuta remissione di que
rela; se la persona offesa non sia stata identificata ovvero risulti
irreperibile. Nel caso di specie, per quanto sopra ritenuto, dato che il reato
di falsità in assegno bancario è estinto per effetto dell'amnistia
concessa con d.p.r. 18 dicembre 1981 n. 744, non deve procedersi all'avviso di cui all'art. 99, cpv., 1. 689/1981, mentre deve dichia
rarsi l'estinzione del reato per tale causa. Il reato di truffa, come
sopra rilevato, va dichiarato estinto per prescrizione. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite penali; sentenza 12
dicembre 1981; Pres. Barba, Est. Moro, P.M. (conci, conf.); ric. P. m. c. Sapori. Conferma Trib. Ferrara, ord. 29 maggio 1980.
Amnistia, indulto e grazia — Riduzione della sospensione della
patente di guida — Pena sospesa condizionalmente — Applica zione dell'indulto — Necessità — Esclusione — Applicabilità — Sufficienza (Cod. pen., art. 163, 174, 183; 1. 3 agosto 1978
n. 405, delega al presidente della repubblica per la concessione
di amnistia e indulto e disposizioni sull'azione civile in se
guito ad amnistia, art. 11).
La concreta applicazione dell'indulto alla pena principale, con
dizionalmente sospesa, non costituisce presupposto necessario
ed indispensabile per l'applicazione della riduzione della san
zione penale atipica della sospensione della patente di guida, essendo sufficiente la potenziale applicabilità del beneficio al
reato ritenuto in sostanza. (1)
Considerazioni in fatto. — Con sentenza del 16 febbraio 1978 — divenuta irrevocabile il 17 aprile 1979 — il Tribunale di Fer
rara dichiarava Gianni Sapori responsabile di omicidio col
poso con violazione delle norme sulla circolazione stradale e con
seguentemente lo condannava alla pena di un anno di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pe
na, ed inoltre ordinava la sospensione della patente di guida
per la durata di anni tre.
Il 2 aprile 1980 il Sapori inoltrava istanza al predetto tribu
nale chiedendo che venisse •dichiarato estinto per indulto, in
virtù della 1. 3 agosto 1978 n. 405, il periodo di sospensione della patente di guida.
Con ordinanza del 29 maggio 1980 il Tribunale di Ferrara ri
duceva ad un anno la durata della sospensione della patente di
guida ai sensi dell'art. 11 1. n. 405 del 1978.
(1) Nello stesso senso Cass. 3 luglio 1979, P. m. c. Giovacchini, Foro it., 1980, li, 295; contra Cass. 29 marzo 1979, Montanari, 16
gennaio 1979, Della Porta, ibid., 296, con ampia nota di richiami
(cui adde, in dottrina, Napoleoni, L'applicabilità dell'indulto ad una
pena condizionalmente sospesa, in Mass. pen., 1980, 409), in cui è
evidenziato il contrasto giurisprudenziale che ha determinato l'inter
vento delle sezioni unite.
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