+ All Categories
Home > Documents > PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi,...

PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi,...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: ngodiep
View: 215 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl. conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App. Torino 30 dicembre 1988 Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp. 151/152-155/156 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23185913 . Accessed: 28/06/2014 19:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:17 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl. conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App.

sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl.conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App. Torino 30 dicembre 1988Source: Il Foro Italiano, Vol. 115, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1992), pp.151/152-155/156Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23185913 .

Accessed: 28/06/2014 19:08

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl. conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App.

PARTE SECONDA

che lo esamina, un determinato avvenimento; c) la relazione

fra l'oggetto di tale rappresentazione e il thema decidendum

non è sempre palese, ma la maggiore, o minore, connessione

di esso con i fatti da accertare può risultare solo dopo un'atten

ta ed oculata valutazione.

D'altronde, la prova penale non è quasi mai monolitica, ma

si ottiene componendo, come in un mosaico, i vari frammenti

di verità (logica), collocando ciascuno nel posto che gli compe te. E, a tal fine bisogna stabilire, anzitutto, quale sia il grado di attendibilità di ogni singolo elemento, e poi verificare se,

per avventura, esso non venga neutralizzato da qualche altro, di significato opposto o incompatibile.

Dunque, al di là delle classificazioni teoriche, non è possibile

stabilire, nel processo penale, un ordine di precedenza fra prove dirette (o «storiche») e prove indirette (o «critiche»), poiché sia in relazione alle une, che alle altre, resta fondamentale l'at

tività raziocinante del giudice, che vale ad accertarne la credibi

lità e l'incidenza, e quindi a coordinarle adeguatamente allo scopo di pervenire ad un convincimento di colpevolezza o di innocen

za dell'imputato, o di mancanza di un fatto penalmente rilevan

te (Cass., sez. V, 8 giugno 1989, Monformoso, Foro it., Rep.

1990, voce Prova penale, nn. 19, 24). Tale attività dev'essere documentata nella motivazione per ga

rantire che il «libero convincimento» sia stato raggiunto, dal

giudice, attraverso un iter logico ineccepibile. È tutt'altro che infrequente, invero, il fatto che, nei congrui

casi, una pluralità di indizi può consentire al giudice di raggiun

gere livelli di «certezza» di gran lunga superiori a quelli resi

possibili da una o più prove «dirette». Questa ipotesi, ovvia

mente, si realizza soltanto se, e in quanto, gli indizi siano «gra

vi», vale a dire attendibili e convincenti, «precisi», e cioè univo

ci e non suscettibili di interpretazione diversa, altrettanto, o an

che più, verosimile, e «concordanti», perché non contrastanti

fra loro e con altre sicure emergenze processuali, ma anzi capa ci di integrarsi a vicenda, rendendo più efficace l'intero quadro

probatorio (v., da ultimo, Cass., sez. I, 30 gennaio 1991,

Vassallo). In ordine agli indispensabili requisiti degli indizi, testé indica

ti, sembra utile sottolineare che, da una parte, essi erano già da tempo entrati nel nostro patrimonio giurisprudenziale, per cui il 2° comma dell'art. 192 c.p.p. non fa altro che codificare

una prassi giudiziaria già consolidata, e, dall'altra, che, a ben

guardare, essi si addicono anche alle «prove». (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 18

giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (conci,

conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App. Torino 30 di

cembre 1988.

Acque pubbliche e private — Tutela dall'inquinamento — Ana

lisi — Preavviso — Termine (Cod. proc. pen. del 1930, art.

304 ter, 1. 10 maggio 1976 n. 319, norme per la tutela delle

acque dall'inquinamento, art. 15; 1. 24 dicembre 1979 n. 650,

integrazioni e modifiche delle leggi 16 aprile 1973 n. 171 e

10 maggio 1976 n. 319, in materia di tutela delle acque dal

l'inquinamento, art. 18).

In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, le operazioni di analisi dei campioni, avendo natura amministrativa, non

sono assoggettate agli adempimenti previsti dalle norme pro cessuali penali, tra cui quello relativo al rispetto del termine

dilatorio di ventiquattro ore tra il momento del prelievo e

quello delle analisi (in motivazione, viene precisato che —

in ossequio al principio di ragionevolezza — il detto termine

Il Foro Italiano — 1992.

non deve comunque essere cosi ridotto da rendere solo fitti

zio il diritto del titolare dello scarico a partecipare agli accer

tamenti di laboratorio). (1)

Svolgimento del processo. — Con sentenza del 30 dicembre

1988 la Corte d'appello di Torino confermava quella del Preto

re di Biella del 25 marzo 1988, con la quale Tallia Gastone,

nella qualità di rappresentante legale della s.p.a. f.lli Tallia di

Delfino, era stato condannato alla pena di mesi uno e giorni venti di arresto per violazione dell'art. 21, 3° comma, 1. 10 mag

gio 1976 n. 319 per avere scaricato nel corpo idrico ricettore

del rio Valtrucco reflui liquidi provenienti dalla lavorazione del

l'impresa predetta, con caratteristiche chimiche eccedenti la ta

bella A allegata alla legge, relativamente ai parametri 7, 8 e 45.

Contro tale sentenza ha prodotto ricorso per cassazione il

Tallia (omissis) Con un secondo motivo deduce quanto già sottoposto alla

valutazione della corte d'appello, rilevando l'inesattezza dell'as

sunto negativo della natura processuale dell'analisi dei campio ni. Pur non volendo ritenere trattarsi di vera e propria perizia, sarebbe stato comunque doveroso applicare la normativa di cui

all'art. 304 ter, 1° comma, c.p.p. allora vigente, in omaggio

all'interpretazione fornita in materia dalla Corte costituzionale

con le decisioni n. 148 del 1969 (Foro it., 1970, I, 10), quanto

al valore degli accertamenti tecnici della polizia giudiziaria, e

n. 248 del 1983 (id., 1984, I, 371), circa l'obbligo dell'avviso con modalità non diverse da quelle previste nella norma proces suale ricordata, ivi compreso il termine dilatorio di ventiquattro ore.

(1) I. - La pronuncia — benché connessa alle norme del c.p.p. del

1930 — affronta alcune questioni ermeneutiche tuttora importanti, con

cernenti l'attività di campionamento e di analisi dei reflui. Di queste, innanzitutto, viene ribadita la natura strettamente amministrativa (co me opinato anche da Corte cost. 26 giugno 1990, n. 330, Foro it.,

1991, I, 32, con nota di Giorgio, cui si rinvia per i conformi richiami

della giurisprudenza di legittimità) e la conseguente inapplicabilità del

termine dilatorio (desunto dall'art. 304 ter c.p.p. del 1930) di ventiquat tro ore tra l'esecuzione dell'una e, poi, dell'altra.

II. - È noto che l'art. 223 disp. att. c.p.p. del 1988 ha escluso la

natura endoprocedimentale di ogni attività di prelievo svolta motu pro

prio da organi della pubblica amministrazione, stabilendo a favore del

privato interessato la [limitata] garanzia difensiva del necessario preav viso circa la data ed il luogo di esecuzione delle analisi (irripetibili) di laboratorio (per richiami di dottrina, cfr. sub I e VII la nota cit. di Giorgio a Corte cost. 26 giugno 1990, n. 330, nonché per auspici de iure condendo, v. sub II della nota di Paone a Corte cost. 10 otto bre 1990, n. 434, ibid., 22-23 ss.). Non è stata, invece, prefissata l'am

piezza (legale) del lasso di tempo, che deve intercorrere tra il momento

del campionamento e quello dei riscontri di laboratorio, la cui (maggio re o minore) durata — attesa la sua (persistente) estraneità alle norme

processuali (ora, gli art. 360 e 364, 2° comma, c.p.p. del 1988) — è, di fatto, affidata alla discrezionalità degli organi delle Usi competenti in materia.

III. - È, peraltro, evidente che l'assegnazione di un ristrettissimo ter mine di preavviso (ad horas, per esempio) può radicalmente affievolire

o, comunque, rendere molto difficile l'attuazione del contraddittorio in sede di analisi di laboratorio. La Suprema corte, in proposito, ritiene

censurabili, in virtù del «principio di ragionevolezza», l'assegnazione al titolare dello scarico di un termine cosi ristretto da rendere «fittizio ed apparente» e comunque «non produttivo» l'esercizio del («minimo») diritto difensivo de quo.

Resta, dunque, aperta la possibilità di un sindacato di legittimità in subiecta materia del giudice penale, cui sostanzialmente spetta accertare che i comportamenti degli organi della pubblica amministrazione siano

rispettosi sia del principio di «imparzialità», sancito dall'art. 97 Cost., sia dei limiti difensivi dei privati (anche nell'ambito dei procedimenti amministrativi), a mente dell'art. 24 Cost.

Tuttavia, tale (incidentale) tutela giurisdizionale, se pur apprezzabile, non può ritenersi del tutto soddisfacente, poiché solo la fissazione di

parametri (cronologici) predeterminati dal legislatore sarebbe idonea a

convogliare l'ampia discrezionalità degli organi pubblici in binari certi e più vincolanti (in proposito, cfr. anche Giarda, Prelievo, campiona mento ed analisi di acque e legge Merli: alcune precisazioni della Corte

costituzionale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, 1614 ss., spec. 1616). E, d'altronde, il giudice è (fisiologicamente) un legislatore «sciancato», che non può — come tale — colmare le (obiettive) lacune normative.

Peraltro, in subiecta materia non sarebbe auspicabile un contenzioso

giudiziario conseguente alla (pretesa) mancata fruizione di qualche ora

This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl. conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App.

GIURISPRUDENZA PENALE

Il ricorso, essendo stato evidenziato un contrasto di decisioni, è stato assegnato a queste sezioni unite, anche in relazione al

testo dell'art. 618 del nuovo codice di rito.

Motivi della decisione. — (Omissis). Queste sezioni unite de

vono, pertanto, risolvere l'unico quesito posto ritualmente, che

è quello attinente alla pretesa illegittimità della procedura adot

tata in materia, sulla premessa, peraltro, che dall'accoglimento del motivo possa discendere il pieno proscioglimento dell'impu tato ex art. 152, cpv., c.p.p. previgente, essendo il reato pre scritto sin dal 7 aprile 1991.

Sul punto va preliminarmente osservato che la giurisprudenza di questa Suprema corte è pressoché uniforme, se si eccettua

un'isolata decisione (sez. Ili 21 settembre 1987, Guidotti, id.,

Rep. 1988, voce Acque pubbliche, n. 145), nella quale, peraltro

apoditticamente, viene asserito che la dichiarazione di illegitti mità costituzionale dell'art. 15, 7° comma, 1. 319/76, come so

stituito dall'art. 18 1. 650/79, nella parte in cui non prevede l'avviso al titolare dello scarico perché possa presenziare, even

tualmente con l'assistenza di un consulente tecnico, all'esecu

zione delle analisi, comporta per analogia l'applicazione del di

sposto dell'art. 304 ter, ivi compresa l'osservanza del termine

non inferiore a ventiquattro ore. Ma va anche chiarito che la

stessa sentenza fa espressa riserva di tale innovazione con l'inci

so «per quanto è possibile» e deduce che in ogni caso l'assegna zione di un termine inferiore non comporta una nullità ricondu

cibile al regime di cui all'art. 186, n. 3; ma soltanto a quella

regolata dagli art. 377 e 401 c.p.p.

in più, dedotta come necessaria, per l'effettivo esercizio del diritto di

fensivo de quo. Invero, la scelta dell'autorità giudiziaria sarebbe co

munque opinabile e non è da escludersi che — a seconda delle opzioni

(più o meno «verdi») dei singoli giudici — un termine dilatorio di due

tre ore possa magari essere ritenuto presso qualche pretura e/o corte

d'appello congruo e, al contrario, iugulatorio presso altri uffici giudi ziari: il tutto, ad onta del principio di certezza del diritto, la cui impor tanza — nell'ambito della normativa antinquinamento — è stata recen

temente sottolineata anche da Corte giust. 28 febbraio 1991, causa 360/87

(Foro it., 1991, IV, 321 ss., spec. 329, con note di Giorgio ed Amendola). In argomento, va ricordato che secondo Cass. 7 gennaio 1991, Bel

lucci, Cass, pen., 1991, 1829, un lasso temporale di pochissime ore tra

il prelievo del refluo (effettuato, nel caso di specie, alle ore 21,20) e

le analisi di laboratorio (disposte per l'indomani mattina, alle ore 9.00)

comporta la nullità del risultato delle analisi.

IV. - La natura (normalmente) amministrativa del prelievo e delle

successive analisi è stata ribadita da Cass. 6 aprile 1990, Cortese, Riv.

pen., 1991, 301; 15 giugno 1990, Trivella, ibid., 521 e 10 dicembre 1990,

Cappio, ibid., 1331. Quanto al preavviso, è stato sottolineato che esso

deve indicare precisamente luogo e data delle operazioni (Cass. 28 mag

gio 1990, Tassi, ibid., 411); mentre la sua omissione è stata valutata

come fonte (solo) di una nullità relativa, sanabile se non dedotta prima delle formalità di apertura del dibattimento da Cass. 11 luglio 1990,

Lori, ibid., 521, a differenza — tra i giudici di merito — di App. Tren

to 6 giugno 1990, ibid., 63, secondo cui invece sarebbe configurabile una ipotesi di nullità assoluta, con conseguente radicale inutilizzabilità

delle analisi. V. - Vanno, infine, segnalate due pronunce, che possono suscitare

qualche perplessità: secondo la prima, la consegna di un avviso ad un

dipendente del titolare dello scarico, presente al prelievo, può ritenersi

legittima, quando «possa presumersi» che in tal modo l'interessato ven

ga poi tempestivamente informato (Cass. 15 giugno, Trivella, cit.). Per

la seconda, invece, anche le guardie comunali possono procedere al pre lievo di campioni di acque reflue, trattandosi di un atto di controllo

amministrativo doveroso di competenza di tutta la polizia giudiziaria — a differenza delle analisi, che richiedono una specializzazione tecnica — Cass. 27 settembre 1991, Dalmazzo, inedita, ma richiamata da Po

stiglione, Traffico urbano: parcheggi a tutela dell'ambiente, in La po lizia municipale, 1991, fase. 21, 20 ss., spec. 23 (estensore della stessa). Sul punto, in dottrina, sostanzialmente conforme è la posizione di Landi

Santoloci, Tecnica di polizia giudiziaria ambientale, Roma, 1991, 94-95;

diversamente, cfr. Amendola, La tutela penale dell'inquinamento idri

co, Milano, 1989, 329-330, secondo cui sarebbe «preferibile» optare

per la tesi della esclusiva competenza dei funzionari dei servizi ambien

tali multizonali, delle Usi, salvo il libero apprezzamento del giudice cir

ca la capacità professionale di altri prelevatori. Invece, per P. e F. Giam

pietro, Rassegna critica della giurisprudenza sull'inquinamento delle

acque e del suolo, Milano, 1985, II, 1828-1836, non va esclusa la possi bilità d'intervento in subiecta materia anche dei funzionari ispettivi dei

servizi d'igiene ambientale (di base) delle Usi. [G. Giorgio]

Il Foro Italiano — 1992.

Tutte le altre decisioni in materia sono, come si diceva, di

segno contrario, non rinvenendosi nullità alcuna in tale ultima

ipotesi, sulla base della presupposta inapplicabilità dell'art. 304

ter c.p.p. previgente.

Tuttavia, essendo sempre auspicabile un costante indirizzo in

terpretativo di questa Suprema corte, e in obbedienza alle linee

generali cui si ispira l'art. 618 del nuovo codice di rito, tendente

a prevenire eventuali contrasti (disposizione che, al di là della

possibile applicazione della norma al caso concreto, rappresen ta una linea di tendenza legislativa che non può essere trascura

ta dall'interprete) appare opportuna una ripetuta riflessione sul

la validità dei principi sin qui affermati, al fine di rivederne

la portata o di confermarne il valore.

Il discorso deve prendere le mosse dalla sentenza n. 248 del

1983 della Corte costituzionale, che, occupandosi della norma

in argomento cosi come fino allora interpretata, ebbe a dichia

rare incostituzionale l'art. 15, nella parte in cui non prevedeva che il laboratorio di igiene e profilassi desse avviso al titolare

dello scarico perché questi potesse presenziare, eventualmente

con l'assistenza di consulente tecnico, all'esecuzione delle analisi.

A tale conclusione la corte perveniva con una sintetica, ma

efficace motivazione, nella quale, distinguendo i due momenti

del prelievo (per il quale confermava l'inesistenza ovvia di al

cun obbligo di preavviso) e dell'analisi, esprimeva due proposi

zioni, che devono essere tenute ben presenti ai fini della decisione:

1) che le acque campionate debbono essere esaminate con la

massima tempestività, stante la potenziale loro deteriorabilità;

2) che le analisi di laboratorio, assumendo particolare effica

cia probatoria, costituiscono un vero e proprio accertamento,

nella sostanza assimilabile ad una perizia. Tali principi venivano ripetuti nella sentenza n. 469 del 1988

{id., Rep. 1988, voce Regione, n. 340), nella quale si riafferma

va che la doverosa massima tempestività dell'accertamento, com

portandone l'irripetibilità nel corso del successivo procedimen

to, rendeva «necessaria una pronta e quindi immediata tutela

del diritto di difesa, a sua volta realizzabile soltanto con l'avvi

sare dell'inizio delle operazioni d'analisi chi dal loro esito sfa

vorevole potrebbe risultare irrimediabilmente pregiudicato», ter

minando con un dispositivo del tutto eguale a quello della pre cedente decisione.

Il discorso è stato infine completato dalla stessa Corte costi

tuzionale con la sentenza n. 434 del 1990 id., 1991, I, 21), nella

quale esplicitamente si affermava, con riferimento a precedenti decisioni (sentenze n. 149 del 1969, id., 1970, I, 8 e n. 15 del

1986, id., 1986, I, 2727) che la mancata osservanza degli art.

390, 304 bis, ter e quater c.p.p. comportava contrasto con il

diritto di difesa in occasione della revisione delle analisi, ma

non in relazione allo svolgimento precedente delle stesse, conse

guenti al prelievo. Dal quadro delle sentenze sopra riportate — e non potendosi

evidentemente dare efficacia estensiva alle decisioni abrogatrici della corte delle leggi, che implicano la concreta cancellazione

di normative preesistenti — emergono in maniera limpida alcu

ne proposizioni che conviene qui richiamare anche ai fini di

un inquadramento dell'attività di analisi dei campioni. L'avere la corte ritenuto tali operazioni soltanto assimilabili

alla perizia dimostra come ad esse sia stato negato il carattere

vero e proprio di accertamento processuale, che, se riconosciu

to, avrebbe comportato anche l'applicazione di tutte le norme

che disciplinano tale istituto e non solo di quelle garantistiche

alle quali si è fatto riferimento dalla difesa. II che non è senza

ragione, posto che il contributo al convincimento del giudice

riguarda un atto che rimane amministrativo perché è al di fuori

del processo, eseguito da soggetti che non rivestono la qualifica

di ufficiali di polizia giudiziaria e svolto in una sede certamente

extraprocessuale. L'assimilabilità rimane per questo circoscritta

ad un particolare modo di atteggiarsi del diritto di difesa, in

relazione al quale, in nessun caso si fa riferimento alla nomina

di un difensore, ma a quella di un consulente tecnico, proprio

per il manifesto intento di consentire alla persona interessata

di opporre alle cognizioni tecniche di chi le analisi esegue quelle

dello stesso genere di un esperto di sua fiducia; e non altro.

Era evidente d'altronde, sin dalle prime decisioni, che, con

l'assimilazione alla perizia, si intendeva garantire solo quella

This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 18 giugno 1991; Pres. Boschi, Est. Mele, P.M. Lombardi (concl. conf.); ric. Tallia. Annulla senza rinvio App.

PARTE SECONDA

limitata attività di difesa avanzata, che, esercitandosi fuori del

processo, non poteva essere la stessa di quella prevista nel codi

ce di procedura penale per le attività istruttorie vere e proprie. Se diversamente avesse voluto intendere la Corte costituzio

nale, sarebbe stato sufficiente (come poi abbiamo visto aver

fatto per altra ipotesi) il doveroso riferimento proprio a quelle norme del genere dell'art. 304 ter, che qualificano in modo pre ciso le attività difensive non solo consentite, ma spesso necessarie.

Se qualche dubbio fosse rimasto in ordine a siffatta interpre

tazione, questo deve ritenersi completamente fugato dall'ultima

citata decisione della Corte costituzionale del 1990, dove vi è

esplicito richiamo, ad altri fini, proprio a tale categoria di nor

me, sicché si può con sicurezza escludere che nelle precedenti

decisioni, con il solo riferimento all'avviso da dare all'interessa

to, si intendesse richiamare tutta la disciplina attinente alle ga ranzie che circondano la perizia. Non solo, ma dal contesto

delle sentenze richiamate, nelle quali si fa sempre riferimento

all'urgenza nel disporre le analisi a causa della deteriorabilità

del campione, emerge in maniera evidente come ciò che in nes

sun caso si intendeva richiedere era il termine previsto nel 1°

comma dell'art. 304 ter di non meno di ventiquattro ore, tempo che è noto essere sufficiente in taluni casi ad alterare alcune

componenti frequentemente riscontrate in acque inquinate.

Questo non significa — ed in ciò è indiscutibile l'esattezza

delle considerazioni di opportunità svolte dalla difesa — che

tra il momento dell'avviso e quello dell'espletamento dell'anali

si possa intercorrere un termine cosi ridotto da renderlo fittizio,

apparente e comunque non produttivo perché inidoneo all'ap

prestamento di quel minimo di difesa previsto dalla legge nella

lettura corretta della norma che ne ha fatto la Corte costituzio

nale, perché ciò vanificherebbe in concreto la stessa ragione del

l'avviso. Sicché non si può escludere che in talune ipotesi sia

possibile dimostrare l'assoluta inidoneità del termine assegnato in relazione alla non deperibilità delle acque per ricavarne la

impossibilità del concreto, se pur limitato esercizio del diritto

di difesa. Ma è evidente che questo riguarda un principio di ragionevo

lezza. Esso non trova alcun aggancio né logico, né normativo

nel 1° comma dell'art. 304 ter, nel senso di ritenere che, con

la scelta delle ventiquattro ore, il legislatore abbia inteso fornire

un canone interpretativo, intorno al quale far ruotare l'indivi

duazione anche di altri termini o imporre al giudice di chiarire

le ragioni per le quali da tale termine si sia eventualmente disco

stato. Un'affermazione del genere finirebbe per ridare indiretta

mente alla norma in argomento e al termine ivi fissato quel valore di regola, cui seguirebbe un obbligo di motivazione inte

so a giustificare le ragioni per le quali ci si sia discostati per avventura da quest'ultimo. Poiché invece la pretesa regola non

ha nella materia della quale ci si occupa alcuna applicazione, è evidente l'insussistenza di qualsiasi dovere di motivazione per

ipotesi che finirebbero con l'essere catalogate come eccezioni di fronte ad una regola che invece non esiste.

Nel caso di specie peraltro, essendosi il prelievo esaurito in

torno alle ore 12 e le analisi iniziate alle ore 9 del giorno succes

sivo, il lasso di tempo intercorso è stato di sole tre ore inferiore

alle ventiquattro, termine quindi più che valido per il reperi mento di un consulente e per il suo intervento; sicché non è

possibile rinvenire alcun motivo di illegittimità neanche sotto il profilo della sostanziale validità del termine assegnato.

Dovendosi quindi, per le ragioni sin qui esposte, escludere

la possibilità di applicazione dell'art. 152, cpv., codice previ

gente, che presuppone la evidenza dell'innocenza dell'imputato, si deve far luogo alla dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Il Foro Italiano — 1992.

1

CORTE DI CASSAZIONE; sezione VI penale; sentenza 7 giu

gno 1991; Pres. Boschi, Est. Moro, P.M. Martusciello

(conci, diff.); ric. P.m. in causa Morra. Conferma Trib. Na

poli, ord. 31 ottobre 1990.

Misure cautelari personali — Fermo — Omessa convalida —

Applicazione di misura cautelare — Interrogatorio — Termi

ne di cinque giorni — Decorrenza dalla data del fermo (Cod.

proc. pen., art. 294).

In caso di fermo non seguito da procedimento di convalida (per cui non fu effettuato autonomo interrogatorio) e di successi

va emissione e notificazione di provvedimento di custodia cau

telare, il termine entro il quale il giudice per le indagini preli minari deve procedere all'interrogatorio ai sensi dell'art. 294

c.p.p. decorre dalla data del fermo e non già dal momento

in cui è stato notificato il provvedimento con cui si disponeva la custodia cautelare. (1)

II

PRETURA DI MATERA; ordinanza 22 febbraio 1991; Giud.

Vetrone.

Misure cautelari personali — Fermo — Pericolo di fuga — Re

quisiti (Cod. proc. pen., art. 384, 391).

Il pericolo di fuga di cui è menzione nell'art. 384 c.p.p. non

deve essere valutato astrattamente in relazione al titolo e alla

gravità del reato, in quanto la norma richiede quale condizio

ne legittimatrice, tra le altre, quella che sussistano precise cir

costanze di fatto tali da far ritenere probabile la fuga del

soggetto da sottoporre al fermo. (2)

I

Rilevato a) che Morra Carmine è stato fermato dai carabinie

ri di Napoli il 15 settembre 1990 ai sensi dell'art. 384; b) che

non è seguito un procedimento di convalida del fermo ma è

stata emessa e notificata il 17 settembre 1990 all'indiziato una

ordinanza cautelare di custodia in carcere per gli stessi fatti per i quali il Morra era già stato fermato e cioè i reati di cui agli art. 71 e 71 bis legge stupefacenti e successive modifiche; c) che l'interrogatorio dell'imputato avvenne il 21 settembre suc

cessivo; d) che conseguentemente la difesa dell'imputato, consi

derando come dies a quo il giorno del fermo e non quello della

notifica dell'ordinanza cautelare, ha chiesto la rimessione in li

bertà essendo trascorso il termine perentorio di cui all'art. 294;

e) che l'istanza veniva rigettata dal g.i.p.; f) che il Tribunale

di Napoli, in sede di riesame, ha invece ritenuto fondata la tesi difensiva proposta ed ha, pertanto, revocato la misura cautelare

della custodia in carcere sostenendo: — che il termine per effettuare l'interrogatorio dell'imputato

in vinculis decorre dal momento della privazione della libertà

personale indipendentemente dal titolo della custodia; — che comunque — data l'irritualità dell'avviso al difensore

di fiducia poiché il verbale di notifica al difensore non indicava

l'indiziato che doveva essere interrogato né il procedimento re

lativo — sicuramente nullo è l'interrogatorio reso dal Morra

(1) Questione controversa. In senso conforme, v. Cass. 12 febbraio 1991, Fardella, Cass, pen.,,

1991, II, 601; 24 maggio 1990, P.m. in c. Magnotta, Giur. it., 1990, II, 355; 12 marzo 1990, Savio, Foro it., 1990, II, 481; contra, Cass. 31 gennaio 1991, Napoli, Cass, pen., 1991, II, 604; 23 agosto 1990, Pranno, Arch, nuova proc. pen., 1991, 286; e, in dottrina, Spangher, Fermo non convalidato e termine per l'interrogatorio ex art. 294 c.p.p., in Cass, pen., 1991, II, 601.

(2) Nello stesso senso, v. Cass. 25 giugno 1990, Pardo, cit. da Guari

niello, Il nuovo codice di procedura penale: un anno di applicazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione, in Foro it., 1990, II, 581, n. 58; 27 marzo 1991, Matina, Arch, nuova proc. pen., 1991, 413; e, in dottrina, D'Ambrosio-Vigna, Polizia giudiziaria e nuovo processo penale, Roma, 1989, 304; D'Ambrosio, in Commento ai nuovo codice di procedura penale coordinato da Chiavario, Torino, 1990, IV, 404, sub art. 384; Nappi, Guida a! nuovo codice di procedura penale, 2a

ed., Milano, 1991, 166.

This content downloaded from 91.213.220.103 on Sat, 28 Jun 2014 19:08:17 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended