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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 20 aprile 1994; Pres. Zucconi...

Date post: 30-Jan-2017
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sezioni unite penali; sentenza 20 aprile 1994; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Valente, P.M. Aponte (concl. conf.); ric. Vigorito. Annulla App. Firenze 15 maggio 1993 Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp. 481/482-483/484 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188506 . Accessed: 28/06/2014 18:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.118 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:20 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite penali; sentenza 20 aprile 1994; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Valente, P.M.Aponte (concl. conf.); ric. Vigorito. Annulla App. Firenze 15 maggio 1993Source: Il Foro Italiano, Vol. 117, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1994), pp.481/482-483/484Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188506 .

Accessed: 28/06/2014 18:27

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GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 20

aprile 1994; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Valente, P.M. Aponte (conci, conf.); ric. Vigorito. Annulla App. Fi

renze 15 maggio 1993.

CORTE DI CASSAZIONE; La Corte di appello di Firenze, sezione per i minorenni, con

sentenza in data 15 maggio 1993, dichiarava inammissibile l'ap

pello, perché tardivo, osservando che, poiché la sentenza era

stata depositata, oltre il quindicesimo giorno, ma nel trentesimo

giorno dalla sua della deliberazione, non era dovuto alcun avvi

so di deposito della stessa, in quanto l'art. 458 c.p.p. sancisce

l'obbligo di tale avviso soltanto quando «la sentenza non è de

positata entro il trentesimo giorno».

Proponeva ricorso per cassazione il difensore del Vigorito,

denunciando, la violazione degli art. 127, 128, 438, 544 e 585 c.p.p., nonché dell'art. 178, lett. e), e 548, 2° comma, stesso

codice, sul rilievo che, poiché la sentenza era stata depositata

dopo il termine previsto dall'art. 544, 2° comma, c.p.p., era

dovuto l'avviso di deposito della stessa, secondo la disposizione dell'art. 548 stesso codice e che, comunque, tale avviso era reso

obbligatorio dal disposto dell'art. 128 c.p.p., applicabile nella

specie, vertendosi in ipotesi di provvedimento emesso a seguito di procedimento in camera di consiglio.

La trattazione del ricorso, originariamente assegnata alla se

conda sezione penale, è stata, da tale sezione, rimessa a queste sezioni unite rilevandosi che, sulla questione oggetto del grava me si era venuto a creare un contrasto di indirizzi, avendo, la

sesta sezione, con giurisprudenza innovativa, affermato il prin

cipio che non è dovuto l'avviso del deposito della sentenza, quan do la sua motivazione sia depositata entro trenta giorni dalla

pronunzia del dispositivo, in quanto sulla prescrizione dettata

dall'art. 548 c.p.p., non ha inciso la riduzione da trenta a quin dici giorni assegnati per la redazione dei motivi dall'art. 6 d.l.

1° marzo 1991 n. 60, convertito con 1. 22 aprile 1991 n. 133.

Considerazioni in diritto. — Per una migliore comprensione

nel caso di inosservanza del termine di quindici giorni fissato nel 2°

comma dell'art. 544 c.p.p. In «linea» con le surriportate conclusioni dottrinali, recepite dalla

decisione delle sezioni unite che si riporta, era, già prima dell'intervento

di quest'ultime, anche la prevalente giurisprudenza della Cassazione (v., tra le altre, sent. 9 giugno 1993, Piscitelli, Arch, nuova proc. pen.,

1993, 553 — la massima che precede il testo della decisione afferma

peraltro l'opposto principio, ma trattasi di un errore, dovuto ad uno

scambio con la massima relativa alla sentenza 24 maggio 1993, Chiron

na, che precede, come risulta chiaro anche dell'esame delle relative mo

tivazioni e delle massime ufficiali redatte dal competente ufficio della

Cassazione, per le quali v., rispettivamente, Mass. Cass, pen., 1993, fase. 12, 117, e ibid., 23 —; sent. 9 novembre 1992, Viscardi, Cass.

pen., 1994, 136; 18 settembre 1992, Arciero, Mass. Cass, pen., 1993, fase. 5, 36), con l'eccezione rappresentata da Cass. 24 maggio 1993, Chironna (Arch, nuova proc. pen., 1993, 553, per la quale si richiama

quanto testé evidenziato con riferimento allo scambio delle massime), che aveva ritenuto non dovuta la notifica dell'avviso di deposito della

sentenza nell'ipotesi che ne occupa, sul rilievo che «alla discrasia siste

matica . . . determinatasi tra gli art. 544, 2° comma, e 548, 2° comma,

c.p.p., non è possibile porre rimedio in sede interpretativa, ma solo

con un mirato intervento legislativo, e che fin quando a ciò non si

sarà provveduto, nel periodo intercorrente tra il quindicesimo e il tren

tesimo giorno dalla sentenza è posto un supplementare onere di diligen za a carico delle parti . . . costrette a controllare l'avvenuto deposito del provvedimento».

Vale, infine, rammentare come anche la Corte costituzionale, in una

sentenza interpretativa di rigetto (v. Corte cost. 30 luglio 1993, n. 364, Cass. pen., 1993, 2791), avesse acceduto all'opinione fatta propria dalle

sezioni unite, affermando, in motivazione, tra l'altro, che nel diritto vivente l'incongruenza formale e le incertezze che potevano derivare

dal mancato coordinamento delle norme de quibus dovevano ritenersi

«superate dall'univoco indirizzo intepretativo adottato in merito dalla

Corte di cassazione»; interpretazione sulla base della quale la normati

va denunciata (ossia l'art. 544, 2° comma, c.p.p., nel testo vigente) «non ha l'effetto di ridurre il termine di trenta giorni per impugnare

assegnato alle parti dall'art. 585, 1° comma, lett. b, c.p.p. poiché —

nel caso di sentenza non contestualmente motivata e depositata oltre

il quindicesimo giorno dalla pronuncia — va comunque notificato alle

parti stesse (e comunicato al p.m.) l'avviso di deposito, mentre il termi

ne per l'impugnazione decorre dal giorno in cui è stata eseguita la noti

ficazione (o la comunicazione) dell'avviso stesso», sicché «non si verifi

ca ... la contrazione del termine per impugnare ipotizzata» invece dal

giudice a quo, con conseguente esclusione della lesione del diritto di

difesa tutelato dall'art. 24 Cost.

Impugnazioni penali in genere — Decorrenza del termine per

impugnare — Avviso di deposito — Necessità — Estremi (Cod.

proc. pen., art. 544, 585).

Nel caso in cui il giudice, pur non avendo fissato un termine

maggiore di quello di quindici giorni a lui normativamente

assegnato, depositi la sentenza oltre tale termine, è necessa

rio, perché cominci a decorrere il termine stabilito per l'im

pugnazione, far luogo a comunicazione o notificazione del

l'avviso di deposito della sentenza anche nell'ipotesi in cui

il deposito sia avvenuto entro il trentesimo giorno dalla pro nuncia. (1)

Svolgimento del processo. — Il g.u.p. del Tribunale per i

minorenni di Firenze, con sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato il 12 maggio 1992 e depositata in cancelleria il 9

giugno 1992, dichiarava il minore Vigorito Vincenzo responsa bile dei delitti di rapina e di lesioni personali e lo condannava

a pena ritenuta di giustizia. Con appello del 13 ottobre 1992, pervenuto in cancelleria il

successivo 20 novembre 1992, l'imputato chiedeva, in via preli

minare, il rinvio degli atti al g.u.p., «onde procedere alla notifi

ca della sentenza agli aventi diritto e, nel merito instava per il proscioglimento per incapacità di intendere e di volere e per

l'accoglimento di altre richieste subordinate . . .»

(1) La questione «risolta» dalle sezioni unite trae la sua ragion d'es

sere da una probabile «dimenticanza» del legislatore, cui lo stesso non

ha, peraltro, inteso rimediare direttamente. Al riguardo conviene ap punto ricordare come il termine «normativamente» assegnato per la re

dazione della sentenza (nel caso di non «immediatezza» della motiva

zione ex art. 544, 1° comma, c.p.p.) fosse, nel vigore del testo origina rio del 2° comma dell'art. 544 c.p.p., di trenta giorni; a tale termine

era, evidentemente, correlato, in parte qua, il disposto del 2° comma

del successivo art. 548, alla stregua del quale «quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine stabili

to dal giudice a norma dell'art. 544 comma 3» occorre far luogo a

notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione; notificazione o comunicazione dalla cui esecuzione inizia a decorrere

il termine per l'impugnazione ai sensi dell'art. 585, 2° comma, lett.

c), c.p.p. Orbene, nel ridurre (con l'art. 6 d.l. 1° marzo 1991 n. 60, convertito

in 1. 22 aprile 1991 n. 133) a quindici giorni il termine stabilito dal

menzionato 2° comma dell'art. 544 c.p.p., il legislatore omise di prov vedere in maniera analoga con riferimento a quanto previsto dal 2°

comma dell'art. 548 c.p.p. (un successivo intervento operato in tal sen

so con l'art. 5, 5° comma, d.l. 13 maggio 1991 n. 152, «naufragò» a seguito della soppressione del detto comma ad opera della legge di

conversione 12 luglio 1991 n. 203). Il mancato coordinamento tra le norme in parola ha, dunque, posto

il problema della necessità o meno di far luogo alla notificazione o

comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza anche nel caso in cui il giudice, pur non avendo osservato il termine di quindici giorni

per la sua redazione, provveda comunque al deposito della stessa entro

il trentesimo giorno. In dottrina si è data da vari autori risposta affermativa al suesposto

interrogativo. Ad esempio, A. Nappi (Guida al nuovo codice di proce dura penale, 3a ed., Giuffrè, Milano, 1992, 479 s.) — che definisce

«inspiegabile» la soppressione del già ricordato 5° comma dell'art. 5

d.l. n. 152 del 1991 — afferma che dalla lettura della lett. c) del 2°

comma dell'art. 585 c.p.p. «si dovrebbe desumere che tale avviso com

pete quando la motivazione non sia stata depositata entro il quindicesi mo giorno». Analogamente, G. Illuminati (in Commento al codice di

procedura penale coordinato da M. Chiavarlo, 1 ° Aggiornamento, Utet,

Torino, 1993, 392) sostiene che «ferma restando l'opportunità di un

definitivo intervento del legislatore», l'art. 548, 2° comma, c.p.p. «de

v'essere . . . emendato in via interpretativa, e coordinato» con l'art.

544, 2° comma, c.p.p., sicché deve concludersi «che l'avviso di deposi to è dovuto per tutte le sentenze depositate oltre il quindicesimo giorno, e che il termine per impugnare decorre, quando non sia comunque ri

spettata la scadenza prevista per il deposito, dal giorno della notifica

zione o comunicazione dell'avviso». Anche F. Cordero (Procedura pe

nale, 2a ed., Giuffrè, Milano, 1993, 854) ritiene «prescritto» l'avviso

Il Foro Italiano — 1994 — Parte II-16.

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PARTE SECONDA

della questione e della decisione, sembra opportuno permettere

che, nella sua originaria formulazione, l'art. 544, 2° comma,

c.p.p. stabiliva che — nel caso di impossibilità di provvedere

alla redazione immediata dei motivi della sentenza in camera

di consiglio — il giudice doveva provvedervi non oltre il trente

simo giorno da quello della pronuncia. In coerenza con tale disposto normativo, l'art. 548, 2° com

ma, c.p.p., prevedeva la comunicazione dell'avviso di deposito

della sentenza al pubblico ministero e la notificazione dell'avvi

so stesso alle parti private, nell'ipotesi che il deposito non fosse

stato effettuato entro il trentesimo giorno dalla data della pro

nuncia.

Infine, l'art. 585, 2° comma, lett. c), c.p.p. fissa il dies a

quo dell'impugnazione nella scadenza del termine stabilito dalla

legge . . . per il deposito della sentenza, ovvero, nel caso previ sto dall'art. 548, 2° comma, c.p.p., nel giorno in cui è stata

eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di de

posito. In siffatta sequenza di norme, ordinatamente dirette a disci

plinare i tempi di redazione e di deposito della sentenza non

contestualmente motivata, le modalità di informazione alle par

ti del deposito avvenuto oltre il termine normativamente previ

sto e l'inizio di decorrenza dei termini per le impugnazioni, si

è venuto ad inserire il disposto dell'art. 6 d.l. 1° marzo 1991

n. 60, convertito in 1. 22 aprile 1991 n. 133, che, modificando

il 2° comma dell'art. 544 c.p.p., ha ridotto a quindici giorni

per la redazione della motivazione non contestuale.

La predetta norma ha lasciato, però, inalterato il termine di

trenta giorni previsto dall'art. 548, 2° comma, c.p.p., al cui

eventuale superamento è collegato l'obbligo di comunicazione

e notificazione alle parti dell'avviso di deposito. Il mancato coordinamento tra le citate disposizioni ha provo

cata un'evidente discrasia normativa, per la quale si è posto,

in giurisprudenza, il problema della necessità, o meno, per il

decorso del termine di impugnazione, della notifica e della co

municazione dell'avviso di deposito per le sentenze depositate fra il sedicesimo ed il trentesimo giorno dalla data della pro

nuncia, allorquando il giudice non abbia fissato un termine mag

giore di quindici giorni per il deposito della motivazione.

Come si è già evidenziato, l'indirizzo interpretativo ampia mente prevalente ha risolto in senso affermativo il problema e da esso si è discostata una sola decisione che è pervenuta alla conclusione di segno contrario, ritenendo insuperabile la

lettera della norma.

Orbene, questo Supremo collegio ritiene che, poiché la com

prensione dei testi legislativi non può attestarsi alla loro ridu

zione ad una mera formula espressiva, per la quale è sufficiente

ridurre il testo ad un discorso intellegibile, controllando il signi ficato delle singole parole che lo compongono ed i nessi gram maticali posti tra le varie parole, ma deve comprendere uno

sforzo ermeneutico per rendere quei testi attualizzabili ed orga nicamente inseriti nel contesto normativo del quale fanno parte,

quando l'interpretazione letterale di una norma pone questa in

evidente contrasto con il significato discendente da altre dispo sizioni facenti parte del medesimo testo e con i principi basilari

che risultano fissati dal testo stesso, per il superamento della

disarmonia che se ne evidenzia, deve prescindersi da siffatta

interpretazione e deve farsi ricorso all'interpretazione legico sistematica.

La correttezza e la coerenza di siffatta metodologica interpre tativa sono rese evidenti dal disposto dell'art. 12 disp. prel. c.c.,

che, nell'indicare i metodi dell'interpretazione giuridica, fà rife rimento, oltreché, al significato letterale delle parole, alla vo

lontà del legislatore e, quindi, alla ratio legis. Ciò posto, va osservato che, dall'assetto normativo che go

verna il sistema delle impugnazioni, si deduce chiaramente co

me questo sistema sia informato al collegamento del decorso

automatico dei termini per proporle, alternativamente, alla data

prevista dalla legge, od a quella fissata dal giudice, con la con

seguenza che il mancato rispetto di una di tali date, impone la notifica e la comunicazione dell'avvisto di deposito della sen

II Foro Italiano — 1994.

tenza per far scattare l'inizio del decorso del termine per im

pugnare. Da tanto discende l'obbligo di provvedere alla comunicazione

ed alla notificazione dell'avviso di deposito alle parti aventi di

ritto a proporre impugnazione, ogniqualvolta la sentenza non

sia depositata entro il quindicesimo giorno dalla pronuncia —

che è il termine preventivamente fissato dalla legge —, ovvero

entro il diverso termine indicato dal giudice nel dispositivo della

sentenza e portato a conoscenza delle parti con la lettura di

questo in udienza.

In tali sensi devono ritenersi coordinati i disposti dell'art. 544,

2° comma, c.p.p., giacché solo tale coordinamento pone le par ti in condizione di conoscere con certezza l'esatto dies a quo

del decorso del predetto termine ed evita — come, peraltro,

di già riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza in

terpretativa di rigetto 30 luglio 1993, n. 364 (Foro it., Rep. 1993,

voce Impugnazioni penali, n. 86 e voce Sentenza penale, nn.

8, 9) — che possano sorgere condizioni di disparità di tratta

mento tra parti versanti in una identica situazione processuale — la diversa soluzione, difatti, porta inevitabilmente ad am

mettere che, mentre l'imputato od il p.m. di procedimenti nei

quali il giudice depositi la sentenza nei quindici giorni o fissi

preventivamente la data di superamento di tale termine oltre

gli ulteriori quindici giorni, avranno a disposizione per le impu

gnazioni l'intero periodo di tempo, normativamente previsto,

le stesse parti godranno, invece, di un periodo di durata inferio

re quando la sentenza venga depositata, senza alcuna loro iner

zia od attività colpevole, tra il quindicesimo ed il trentesimo

giorno dalla decisione — e tra imputato più accorto al processo — perché presente all'udienza — e quello meno accorto, che, rimanendo contumace, conserva il diritto a godere dell'intero

periodo stabilito per la proposizione del gravame, anche nella

seconda ipotesi di deposito della sentenza.

Dovendosi, pertanto, concludere che, nel caso in cui il giudi

ce, pur non avendo fissato un termine maggiore di quello di

quindici giorni a lui normativamente assegnato, depositi la sen

tenza oltre tale termine, ma nel trentesimo giorno dalla pronun

cia è obbligatorio che la cancelleria faccia luogo a comunicazio

ne, o notificazione dell'avviso di deposito, ai fini della decor

renza dei termini stabiliti per l'impugnazione, deve, nella

fattispecie in esame, disporsi l'annullamento della sentenza im

pugnata, apparendo evidente, in relazione al suddetto princi

pio, che non poteva ritenersi intempestivo l'appello proposto

dall'imputato, non essendo stato, a questo, notificato l'avviso

di deposito della sentenza e non essendo, ancora, iniziato a de

correre il termine per la proposizione dell'impugnazione.

Va, quindi, disposto il rinvio alla sezione per minorenni della

Corte d'appello di Bologna per nuovo esame dell'appello azio

ne annulla la sentenza impugnata e rinvia alla sezione per i mi

norenni della Corte di appello di Bologna, per nuovo esame.

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