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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || sezioni unite penali; sentenza 21 novembre 1987; Pres....

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sezioni unite penali; sentenza 21 novembre 1987; Pres. Faccini, Est. Dinacci, P.M. (concl. diff.); ric. Proc. gen. App. Ancona in causa Martella. Annulla senza rinvio Trib. Ascoli Piceno, ord. 19 giugno 1986 Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 1/2- 3/4 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23182690 . Accessed: 24/06/2014 23:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.228 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite penali; sentenza 21 novembre 1987; Pres. Faccini, Est. Dinacci, P.M. (concl. diff.);ric. Proc. gen. App. Ancona in causa Martella. Annulla senza rinvio Trib. Ascoli Piceno, ord. 19giugno 1986Source: Il Foro Italiano, Vol. 112, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1989), pp. 1/2-3/4Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23182690 .

Accessed: 24/06/2014 23:52

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Anno CXIV Roma, 1989 Volume CXII

IL FORO

ITALIANO

PARTE SECONDA

GIURISPRUDENZA PENALE

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 21 no

vembre 1987; Pres. Faccini, Est. Dinacci, P.M. (conci, diff.); ric. Proc. gen. App. Ancona in causa Martella. Annulla senza

rinvio Trib. Ascoli Piceno, ord. 19 giugno 1986.

CORTE DI CASSAZIONE; i

Libertà personale dell'imputato — Giudizio direttissimo — Con

clusione — Richiesta di riesame del provvedimento coercitivo — Inammissibilità (Cod. proc. pen., art. 263 bis, 502, 505).

È inammissibile la richiesta di riesame del decreto di convalida

dell'arresto in flagranza formulata quando il giudizio direttissi

mo si sia concluso e il processo sia pervenuto alla fase post

dibattimentale. (1)

1. - Con provvedimento del 13 giugno 1986, il Pretore di S.

Benedetto del Tronto ha convalidato l'arresto di Nicolino Mar

tella, disponendo a carico dello stesso, il giudizio direttissimo per il reato ex art. 4 1. 18 aprile 1975 n. 110 (detenzione di un coltello

di genere proibito). Il pretore, poi, all'esito della istruzione dibat

timentale (con sentenza del 13 giugno 1986), ha giudicato il Mar

tella responsabile della imputazione di cui innanzi e lo ha

condannato alla pena di mesi due di arresto e lire duecentomila

di ammenda, disattendendo la istanza di concessione della libertà

(1) Non risultano precedenti specifici sulla fattispecie presa in esame

dalla sentenza che si riporta. La Corte di cassazione si è limitata, in altre occasioni, a statuire che

il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e il giudizio direttissimo sono procedure non interdipendenti e non incompatibili, che

possono quindi coesistere «nei limiti in cui le particolarità del caso, e

soprattutto i tempi del loro promovimento, lo consentono» (Cass. 1° feb

braio 1986, Bucci, Foro it., Rep. 1985, voce Libertà personale dell'impu

tato, n. 227). In generale, cfr. pure Cass. 5 maggio 1983, Graziano, id., Rep. 1985,

voce cit., n. 213, secondo la quale sulla richiesta di riesame deve provve

dere, in conformità al disposto dell'art. 502, 3° comma, c.p.p., il tribu

nale della libertà anche ove si proceda con il rito direttissimo.

Le sezioni unite, nella sentenza su riprodotta, pur confermando la pos sibilità di coesistenza del riesame e del giudizio direttissimo, hanno affer

mato che è inammissibile la richiesta di riesame nei confronti del decreto

di convalida dell'arresto, qualora la stessa sia stata formulata a conclu

sione del giudizio direttissimo, in quanto l'istituto del riesame non è consen

tito «in rapporto ad un processo pervenuto alla fase post-dibattimentale», dato che, in questa ipotesi, ogni controllo «compreso quello inerente allo

status libertatis dell'imputato» è attribuito al giudice dell'impugnazione

(analogamente, in dottrina, Fenizla, Minniti, Il nuovo processo penale

pretorile, Milano, 1985, 74).

Il Foro Italiano — 1989 — Parte II-1.

provvisoria. Proposta richiesta di riesame del decreto di convali

da dell'arresto in data 14 giugno 1986, il Tribunale di Ascoli Pi

ceno, con il provvedimento in epigrafe, ha ordinato la liberazione

dell'imputato, revocando il decreto di cui sopra. Ha rilevato, in

motivazione, la omessa valutazione, da parte del pretore, degli elementi indicati nell'art. 254, 2° comma, c.p.p. (v. ordinanza

del Tribunale di Ascoli Piceno in data 19 giugno 1986). 2. - Il procuratore generale presso la Corte d'appello di Anco

na ha interposto ricorso per cassazione avverso la riferita decisio

ne, deducendone la illegittimità. In particolare, ad avviso del

procuratore generale ricorrente, il tribunale, con la ordinanza im

pugnata, non avrebbe considerato il «meccanismo» ex art. 505

c.p.p., essendo stato l'imputato (contestualmente al decreto di

convalida dell'arresto) sottoposto a giudizio conclusosi con sen

tenza di condanna; talché — sempre a dire del procuratore gene rale ricorrente — la decisione del giudice del riesame, qualora

fosse consentita, si risolverebbe in «un invalicabile ostacolo al

potere conferito dalla legge al pretore» (v. il motivo di ricorso

del procuratore generale presso la Corte di appello di Ancona

in data 2 settembre 1986). 3. - Il delicato quesito, segnalato nel motivo di ricorso del pro

curatore generale, riguarda la «ritualità» della pronuncia del giu

dice del riesame.

Si vuol conoscere se esistano limiti al potere decisionale del

giudice del riesame in rapporto alla esposta situazione. Si tratta

di quesito, a cui — contrariamente a quanto reputa il procurato re generale presso questa corte nella sua requisitoria scritta del

10 novembre 1986 — la giurisprudenza non ha ancora fornito

una risposta. La decisione di questa corte (sez. I, 5 maggio 1983,

Graziano, Foro it., Rep. 1985, voce Libertà personale dell'impu

tato, n. 213), richiamata nella requisitoria del procuratore gene

rale, concerne il caso di chi, tratto a giudizio direttissimo dopo

la convalida dell'arresto, insceni la procedura di riesame nello

stesso giorno della comparizione dinanzi al giudice del dibatti

mento rinviato ad udienza fissa per la concessione dei termini

a difesa; ond'è che la ritenuta legittimità della concorrenza dei

due procedimenti (sez. I, 5 maggio 1983, Graziano, cit.) non ha,

per le autonome qualità della fattispecie, alcun rilievo determi

nante. Vale a dire che il quesito formulato dal procuratore gene

rale ricorrente presenta un indiscutibile carattere di novità: di qui

la esigenza dell'intervento delle sezioni unite di questa corte.

4. - Nell'ottica delle istanze revisionistiche del sistema s'inseri

sce la regolamentazione del giudizio direttissimo davanti al preto

re, stabilendosi che le persone arrestate in flagranza di reato siano

presentate direttamente all'udienza dagli ufficiali di polizia giudi

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PARTE SECONDA

ziaria (o, al più tardi, siano condotte in udienza entro le quaran totto ore). Quel che più interessa è il fatto che la norma (art. 505 c.p.p.) ha riunito, in una unica udienza, due controlli: uno

relativo alla legalità dell'arresto; un altro afferente all'avvio del

rito direttissimo.

Più esattamente, nella evenienza di convalida dell'arresto in fla

granza, il pretore ha l'obbligo di procedere ex art. 505, 4° com

ma, c.p.p. «secondo le forme del giudizio direttissimo». Si delinea

una stretta e rigorosa correlazione tra la procedura di convalida

dell'arresto e le modalità del successivo iter processuale («secon do le forme del giudizio direttissimo»); correlazione nella quale si situa un'importante scelta che implica una nuova scala di valo

ri dove un posto preminente è assegnato al «giudizio» rispetto a quello della «custodia in carcere». E, in effetti, quest'ultimo momento attiene — sulla base della ratio della disposizione in

esame — ai soli imputati che, all'esito del giudizio, siano stati

condannati. Si palesa cosi un segnale di politica legislativa che

si fonda sul consenso generale dei cittadini. E la significatività della soluzione, che anticipa — per molti versi — la «grande ri

forma del processo penale», traluce soprattutto dall'ampiamento della sfera di competenza del pretore in dipendenza della 1. 31

luglio 1984 n. 400.

5. - Nello sfondo dei rilievi fin qui svolti appare evidente che

alla procedura ex art. 505 c.p.p. si connettono «le forme del giu dizio direttissimo», in esse compresa la prescrizione dell'art. 502, 3° comma, secondo cui i casi ed i modi del rito in esame non

vengono meno «se l'arrestato, dopo essere stato presentato all'u

dienza, è liberato ai sensi dell'art. 263 ter»; una prescrizione, que

sta, di ordine generale che ammette la concorrenza dei due

procedimenti. In sostanza la norma (art. 502, 3° comma, c.p.p.),

applicabile al procedimento ex art. 505 c.p.p. (procedimento che, come si è visto, si modella sulle «forme del giudizio direttissi

mo»), rende possibile il controllo del decreto di convalida (preor dinato alla instaurazione del giudizio direttissimo) attraverso la

procedura di riesame.

Può dirsi che, incardinato il rito direttissimo, nessuna conse

guenza è raffigurabile nella eventualità di un esito positivo del

riesame. In questa evenienza, cioè, il giudizio direttissimo prose

gue fino al suo epilogo. La liberazione dell'arrestato non impedi sce la prosecuzione del dibattimento con rito direttissimo. La scelta

del rito resta ferma: ecco il significato della statuizione ex art.

502, 3° comma, c.p.p. (significato nel quale, se si vuole, può anche cogliersi l'abbandono d'un concetto di processo visto in

funzione della istruzione e del dibattimento). Ma, se ciò è vero, è ancora più vero che l'ipotesi della concorrenza dei due procedi menti non ha ragione di essere allorquando la istanza di riesame

o la decisione sull'anzidetta istanza siano successive alla conclu

sione del giudizio direttissimo. La conclusione di siffatto giudizio non consente più la esperibilità della procedura di riesame. È dav

vero inconcepibile ammettere l'incidente del riesame in rapporto ad un processo pervenuto alla fase post-dibattimentale e sul qua le, ove la parte abbia proposto impugnazione (come nella specie), è chiamato a pronunciarsi un giudice al primo sovraordinato. Ed

è a questo giudice che spetta ogni controllo, compreso quello ine

rente allo status libertatis dell'imputato. 6. - Consegue da quanto si è detto che il giudice del riesame

era privo di potere decisionale; e pertanto l'ordinanza impugnata è improduttiva di qualsiasi effetto. Essa, nel rispetto dei superiori

principi, deve essere annullata senza rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione V penale; sentenza 24 set

tembre 1987; Pres. Moefa, Est. Bertoni, P.M. Manzillo (conci,

conf.); ric. Proc. gen. App. Milano parti civili, imp. Rosone, e altri. Annulla App. Milano 10 giugno 1986.

società — Violazione di obblighi incombenti agli amministratori — Acquisto di azioni proprie — Reato — Estremi (Cod. civ., art. 2357, 2630).

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 2630, 1° com ma, n. 2, c.c. (violazione di obblighi incombenti agli ammini

II Foro Italiano — 1989.

stratori), l'espressione «bilancio regolarmente approvato», usa

ta dall'art. 2357, 1° comma, c.c. per legittimare l'acquisto di

azioni proprie, va interpretata come avente portata onnicom

prensiva, tale da riferirsi ad un bilancio che sia stato ratificato nelle forme prescritte e che non sia falso nelle voci concernenti

gli utili e le riserve. (1)

(1) Una questione penalistica in tema di illecito acquisto di azioni proprie.

1. - Fino a che punto può spingersi l'interprete nel chiarire la portata di un linguaggio tecnico-giuridico contenuto in una fattispecie incrimi natrice?

Questo il quesito di fondo affrontato dalla Suprema corte nel decidere sulla rilevanza penale del comportamento degli amministratori di un isti tuto di credito che operano acquisti di azioni proprie sulla base di un bilancio regolarmente approvato (1): il nodo da sciogliere riguardava ap

punto il senso e il limite che all'interno della fattispecie incriminatrice

di cui all'art. 2630, 1° comma, n. 2, c.c. assume la formula «bilancio

regolarmente approvato» (2). Più precisamente occorreva stabilire se il suddetto inciso debba inten

dersi in senso meramente formale ovvero in senso sostanziale: la prima opzione implica che la semplice approvazione del bilancio nelle forme

previste dalla legge legittima gli acquisti di azioni proprie nei limiti indi

cati dal bilancio medesimo ed esclude di conseguenza la configurabilità del reato in caso di falsità del bilancio medesimo; la seconda soluzione viceversa ritiene che sia regolarmente approvato solo quel bilancio che sia sostanzialmente veritiero nel suo contenuto ed in particolare nelle ap postazioni riguardanti gli utili e le riserve, e postula la esistenza del reato

nell'ipotesi di bilancio solo formalmente regolare ma sostanzialmente falso.

2. - Come è noto, il d.p.r. 30/86 di attuazione della seconda direttiva Cee in materia societaria (3) ha modificato la disciplina originaria del codice civile sugli acquisti di azioni proprie non soltanto nel suo aspetto privatistico ma anche e rilevantemente nel suo aspetto penalistico con il preciso intento di rispettare il principio di proporzione fra fatto reato e sanzioni e di rapportare i carichi sanzionatori alla natura e qualità dei beni protetti. In un siffatto contesto il delitto di illecito acquisto di azioni

proprie — pur restando invariata la sua struttura formale — ha subito una sostanziale modifica del suo contenuto.

La fattispecie incriminatrice in esame era invero prevista all'interno dell'art. 2630, 1° comma, n. 2, e puniva con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire quattrocentomila a lire due milioni gli

(1) Sulla disciplina privatistica prima e dopo l'attuazione della seconda direttiva in tema di acquisto di azioni proprie, si veda: Carbonetti, L'ac

quisto di azioni proprie, Giuffrè, Milano, 1988; Id., Commento agli art. 8, 9, 10 d.p.r. 10 febbraio 1986, n. 30, in Nuove leggi civ., 1988, 65 ss.; Id., Acquisto di azioni proprie e patrimonio sociale, in Riv. società, 1982, 1120 ss.; Portale, Una sentenza penale in tema di «.bilancio rego larmente approvato» ex art. 2357 c.c., in Giur. comm., 1987, II, 462; Id., I bilanci straordinari, in Riv. società, 1978, 329; F. Corsi, L'acqui sto di azioni proprie, in L'adeguamento della disciplina della società per azioni alle direttive comunitarie nel d.p.r. 30/86, Firenze, s.d., 522; Tof foletto, Le azioni proprie e il bilancio di esercizio, in Giur. comm., 1986, II, 516 ss.; Sabatini, Acquisto di azioni proprie da parte della società emittente, id., 1985, I, 876; Id., Acquisto di azioni proprie da parte della società emittente, in La II direttiva Cee in materia societaria, a cura di Buttaro e Patroni Griffi, Giuffrè, Milano, 1984, 275 s.; Lan dolfi, Ascquisto di azioni proprie da parte della società emittente, in

Società, 1985, 843; Fortunato, Qualche nota in tema di finanziamento, iscrizione in bilancio e informazioni dovute in caso di acquisto di azioni proprie, in Giur. comm., 1985, I, 880; Id., Acquisto di azioni proprie; finanziamento e contabilizzazione, in La II direttiva Cee, cit., 313 s.; Grande Stevens, Questioni in tema di azioni proprie, in Riv. società, 1982, 529 ss.; Vender, L'acquisto di proprie azioni sociali. Aspetti nor mativi e riflessi finanziari, in Sviluppo e organizzazione, 1977, n. 40, 11 ss.

(2) Per la letteratura penalistica sull'art. 2630, 1° comma, n. 2, c.c.

dopo l'attuazione della lì direttiva Cee, cfr. Russo, Commento all'art. 33 d.p.r. 10 febbraio 1986, n. 30, in Nuove leggi civ., 1988, 225 ss.; Foffani, Profili penalistici dell'acquisto di azioni proprie da parte della società emittente dopo il d.p.r. 10 febbraio 1986, n. 30, in Giur. comm., 1987, II, 471 ss.; Pedrazzi, Il diritto penale societario dopo la ricezione della seconda direttiva Cee, in Legislazione pen., 1987, 321; G. Grasso, Profili penalistici nella normativa di attuazione della seconda direttiva Cee in materia societaria, in Foro it., 1986, V, 328 s.; e prima della riforma, si veda Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complemen tari, Giuffrè, Milano, 1985, 439 ss.; Conti, Diritto penale commerciale, Torino, Utet, 2a ed., 1980, 506 ss.; Tagliarini, Disposizioni penali in materia di società e di consorzi, in Trattato di diritto privato a cura di Rescigno, Torino, Utet, 1985, 122 ss. dell'estratto.

L'unico precedente giurisprudenziale sul delitto in esame è costituito da App. Milano 18 settembre 1986, Foro it., Rep. 1987, voce Società, nn. 551, 612, e, per esteso, in Giur. comm., 1987, II, 461.

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