sezioni unite penali; sentenza 27 giugno 1987; Pres. Barba, Est. Cuomo, P. M. Niro (concl.conf.); ric. Stasi. Annulla senza rinvio Trib. Napoli 13 gennaio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 111, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1988), pp. 5/6-7/8Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179623 .
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GIURISPRUDENZA PENALE
mento», nella sua esatta accezione, sta ad indicare il «contenen
te» e non il «contenuto», cioè la dichiarazione, di qualsivoglia natura, in esso incorporata.
Invero, un qualsiasi dato della realtà — dal nome più vario:
carta, modulo, stampato, registro — tecnicamente idoneo a con
tenere una dichiarazione, quando incorpora il detto contenuto, viene poi definito documento (cosi come, nel caso di specie, av
viene nella fase operativa di compilazione), ma il suo tipo ontolo
gico originario rimane pur sempre quello di essere il solo
contenente.
Quindi, l'azione consistente in «formazione o alterazione» di
«documenti», deve intendersi egualmente sempre riferita alla par te cartacea, nella forma appositamente prevista, e cioè al tipo
predisposto, a mezzo del quale è obbligatorio emettere la dichia
razione afferente al relativo adempimento tributario.
Non avendo, nella specie, la contestazione d'accusa avuto ad
oggetto l'imitazione o l'immutazione della forma cartacea della
bolla d'accompagnamento, ma soltanto quella del suo contenuto, correttamente la corte di merito ha pronunziato il proscioglimen
to, con la formula «il fatto non è previsto dalla legge come reato».
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite penali; sentenza 27 giu
gno 1987; Pres. Barba, Est. Cuomo, P. M. Niro (conci, conf.); ric. Stasi. Annulla senza rinvio Trib. Napoli 13 gennaio 1984.
Armi e materie esplodenti — Arma-giocattolo priva di tappo ros
so — Detenzione e porto — Reato — Sussistenza (L. 18 aprile 1975 n. 110, norme integrative della disciplina vigente per il
controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, art. 5).
Costituiscono reato la detenzione ed il porto in luogo pubblico di un 'arma-giocattolo priva del prescritto tappo rosso incorpo rato all'estremità della canna, avendo la prescrizione di cui al
l'art. 5, 4° comma, ultima parte, l. 18 aprile 1975 n. 110,
sanzionata dal successivo 6° comma, portata generale e non
circoscritta ai fabbricanti di armi-giocattolo. (1)
Motivi della decisione. — 1. - Questione che viene in decisione
è quella di stabilire se il porto e/o la detenzione di giocattoli
(1) In ordine alla natura di reato «proprio» o «comune» della violazio ne del precetto di cui all'ultima parte dell'art. 5, 4° comma, 1. 110/75, vedi già Trib. Rimini 24 maggio 1983, Pret. Morbegno 13 novembre 1982, Foro it., 1983, II, 375, con nota di richiami; Cass. 8 novembre 1983, Zucco, id., 1984, II, 442, con osservazioni di Gironi, e Pret. Cagliari 22 maggio 1985, id., 1986, II, 62, con nota di richiami.
Oltre i precedenti ivi segnalati, vedi, più di recente, per la tesi del reato
«proprio», Cass. 5 ottobre 1984, Prati, id., Rep. 1986, voce Armi, n.
43; Trib. S. Maria Capua Vetere 29 maggio 1985, ibid., n. 50; Pret. Imola 19 settembre 1984, ibid., n. 52, e, da ultimo, Cass. 14 marzo 1986, Cavallaro, Giust. pen., 1987, III, 391. Per la tesi, largamente prevalente, del reato «comune», vedi, invece, Cass. 21 gennaio 1985, Barbani, 20 marzo 1985, Vannoni, 30 aprile 1985, Naccari, 29 maggio 1985, Paladi
no, 14 luglio 1985, Fiori, 21 giugno 1985, Pompei, Pret. Ravenna 9 giu gno 1984, Pret. Forlì 22 marzo 1985, Foro it., Rep. 1986, voce cit., n.
44-49, 57, 51, 53; Cass. 6 febbraio 1984, Nehat, id., Rep. 1985, voce
cit., nn. 24-26; Pret. Napoli 18 novembre 1983, D'Alessio, ibid., n. 28. La tesi del reato «comune» è stata recepita anche da Corte cost. 7
luglio 1986, n. 171, ibid., nn. 39-42, che ha dichiarato l'infondatezza di numerose questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, 4° e 6° com
ma, 1. n. 110/75, in riferimento al principio di eguaglianza per pretesa irrazionale disparità del trattamento sanzionatorio delle fattispecie ivi con
template rispetto ad altre ipotesi ritenute dai giudici a quibus meno gravi. Con la medesima sentenza la corte ha, inoltre, dichiarato infondata la
questione di costituzionalità concernente il pari trattamento sanzionatorio riservato dall'art. 5, 6° comma, della legge in esame alle diverse condotte
(fabbricazione, detenzione, porto) previste dal precedente 4° comma. Le sezioni unite hanno ora ribadito la fondatezza dell'indirizzo giuris
prudenziale dominante con argomentazioni non dissimili da quelle svolte su queste colonne in margine alla già citata Cass. 8 novembre 1983, Zucco.
In dottrina, agli autori menzionati in Foro it., 1984, II, 442 e 1986, II, 62, adde, a sostegno della tesi del reato «proprio», Giunti, Detenzio ne di arma giocattolo priva dei prescritto tappo rosso e violazione della
legge penale sulle armi, in Riv. polizia, 1986, 207.
Il Foro Italiano — 1988.
riproducenti armi da sparo prive di un visibile tappo rosso incor
porato all'estremità della canna integri o meno il reato previsto dall'art. 5, 4° e 6° comma, 1. 10 aprile 1975 n. 110 e, in modo
più specifico, se la prescrizione imposta dall'ultima parte del ri
detto articolo abbia quali destinatari i soli fabbricanti delle armi
giocattolo, oppure tutti coloro che in qualsiasi modo siano in
possesso delle stesse prive del tappo, sia perché rimosso dai me
desimi detentori, sia perché acquistate in tale stato.
2. - La prevalente giurisprudenza di questa corte, condivisa da
parte della dottrina e delle magistrature di merito, ha ritenuto
ravvisabile nella detenzione e/o porto di un'arma giocattolo pri va della prescritta ostruzione la sussistenza del reato in esame.
Tale indirizzo si fonda, prevalentemente, sulla interpretazione
logico-letterale del testo normativo.
Si sostiene che il 4° comma dell'articolo in questione debba
scindersi in due parti delle quali solo la prima si riferisce esclusi
vamente ai fabbricanti, mentre la seconda, che contempla la pre scrizione sul tappo rosso, ha portata generale che non può limitarsi
ai soli fabbricanti, dato che il 6° comma punisce «chiunque non
osservi tali disposizioni» e da ciò si deduce l'ipotizzabilità di un reato comune, del quale si rende colpevole chiunque detenga o
porti fuori della propria abitazione il giocattolo privo del con
trassegno distintivo; che a tale conclusione soccorre pure la ratio
legis, individuabile nella esigenza di una facile ed immediata rico
noscibilità delle armi-giocattolo da quelle vere. Nella scia di tale
orientamento, da parte delle magistrature di merito è stata rite
nuta non manifestamente infondata l'eccezione di incostituziona
lità del predetto art. 5 sotto il profilo della illogicità ed
irragionevolezza del suo trattamento sanzionatorio rispetto alla
ipotesi di detenzione e/o porto in luogo pubblico di un'arma co
mune da sparo, punita meno gravemente di quella in considera
zione (in riferimento al minimo edittale della pena ed alla possibilità di applicazione, alla sola prima ipotesi della diminuente della lie
ve entità del fatto). Tuttavia tutte le questioni di incostituzionalità, sono state di
chiarate infondate con la sentenza della Corte costituzionale n.
171 del 7 luglio 1986 (Foro it., Rep. 1986, voce Armi, n. 39). 3. - Un diverso indirizzo interpretativo, seguito da altra parte
della dottrina e sostenuto da due sentenze di questa corte (sez. Il 5 ottobre 1984, Prati, ibid., n. 43, e sez. I 3 marzo 1986,
Rosella) ritiene che la fattispecie criminosa prevista dai commi
4° e 6° dell'art. 5 1. 110/75 non può avere che natura di reato
proprio, esigendo per la sua sussistenza che l'agente abbia la qua lità di fabbricante che svolga l'attività di costruzione di giocattoli che abbiano l'apparenza di arma.
A suffragio di tali tesi si adducono considerazioni che eviden
ziano: l'intima connessione esistente tra la prima e la seconda
parte del 4° comma, lessicalmente evidenziata dall'avverbio «inol
tre»; l'assenza di limitazioni per il periodo della vacatio legis,
previsto dall'art. 38 stessa legge, all'evidente scopo di consentire
ai produttori di eliminare le scorte ed adeguarsi alla nuova nor
mativa; la stessa intitolazione dell'art. 5 (limiti alle registrazioni); le disposizioni dei commi 1° e 3°, con le quali viene eccezional
mente escluso, proprio perché si tratta di armi-giocattolo, l'ob
bligo della registrazione imposto per tutte le armi; la disposizione del 5° comma che, escludendo qualsiasi limitazione all'aspetto dei giocattoli destinati all'esportazione, riconferma l'ambito di
applicabilità delle precedenti prescrizioni del 4° comma, dirette
a disciplinare la fabbricazione di tal genere di manufatti (v. sen
tenza sez. II già citata); gli stessi limiti, insuperabili, posti dalla
legge e la individuazione della sua ratio secondo il criterio siste
matico e storico, quale risultante dai lavori preparatori dell'origi nario testo di legge e dall'esame di tutta la legislazione vigente in materia di armi, nella finalità del legislatore di vietare la circo
lazione sul territorio nazionale di giocattoli strutturalmente ido
nei ad essere trasformati in armi o, comunque, in strumenti atti
ad offendere la persona, ritenuta sufficientemente tutelata con
l'imporre ai soli fabbricanti l'obbligo dell'impiego di tecniche e
materiali idonei e quello, inoltre, dell'occlusione della canna con
un visibile ed incorporato segno distintivo, senza del quale il gio cattolo è idoneo ad offendere la persona; ogni altra attività com
piuta in violazione di tale finalità della legge, da persona diversa
dal fabbricante con o sui predetti giocattoli si risolve in condotta
illecita specificamente prevista dalle diverse disposizioni che rego lano la materia delle armi e precisamente nel fabbricare, intro
durre nello Stato, porre in vendita o cedere a qualsiasi tito
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PARTE SECONDA
lo, dare in locazione o in comodato, portare, detenere illegalmen te armi di tipo guerra, o parti di esse atte all'impiego o armi
clandestine, ovvero nel portare senza giustificato motivo strum
menti chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di
luogo per l'offesa alla persona (art. 1, 2, 4 1. 895/74 e 4, 22, 23 1. 110/75), restando ogni altra attività non espressamente pre vista penalmente indifferente (cfr. citata sentenza della Corte di
cassazione, sez. I). 4. - Reputa la corte che debba condividersi l'interpretazione
espressa dalla prevalente giurisprudenza di questa corte, con la
quale si è ritenuto che il reato in esame è reato comune, di porta ta generale, che ha come soggetti attivi tutti coloro che, anche
se non fabbricanti, abbiano violato le disposizioni del 4° comma
dell'art. 5.
Il diverso orientamento è pervenuto all'opposta opinione so
stanzialmente ritenendo che per la titolazione dell'art. 5, per il
contenuto particolare delle disposizioni inserite nel 4° comma,
per le finalità della norma intesa ad impedire la circolazione sul
territorio nazionale di giocattoli strutturalmente idonei ad essere
trasformati in armi, o, comunque, in strumenti ad offendere (fi nalità che, secondo una delle decisioni, deve ritenersi soddisfatta
mediante gli obblighi ed i requisiti di costruzione imposti al fab
bricante), il 4° comma deve intendersi diretto ai soli fabbricanti
e non consente la sua estensione a persone diverse dagli stessi
e che il successivo 6° comma deve ritenersi affatto privo di effi
cacia giuridica. Tale interpretazione non può trovare adesione. Se infatti le ra
gioni svolte per sostenere che il 4° comma ha come soli destinata
ri i fabbricanti delle armi-giocattolo sono esaurienti e pregevoli, tali sole ragioni non bastano però a convincere perché non sia
applicabile il disposto del successivo 6° comma, che, in modo
espresso, ha esteso la normativa a tutti coloro che, non fabbri
canti, abbiano violato le prescrizioni specificamente imposte ai
costruttori di manufatti del genere. A siffatta opinione osta in modo insuperabile il preciso ed uni
voco disposto del ripetuto 6° comma che esplicitamente dispone che il trattamento sanzionatorio è applicato a «chiunque non os
servi le disposizioni previste dal precedente 4° comma».
Secondo i principi generali che regolano l'interpretazione della
legge (art. 12 preleggi) alla legge non può attribuirsi altro signifi cato che quello fatto palese dal significato delle parole secondo
la connessione di esse; la interpretazione logica, desumibile dal
l'individuzione della intenzione del legislatore, è ammessa sol quan do il significato letterale della norma contraddice a ciò che aliunde
risulti essere il suo significato.
L'espressione usata dal legislatore, col 6° comma dell'art. 5, di punire «chiunque» — e, cioè, persona anche diversa dal fab
bricante già considerato nel 4° comma — non osservi le disposi zioni stabilite per la costruzione delle armi giocattolo, rende
manifesto per il suo contenuto letterale di trasparente chiarezza
come destinatari della norma siano anche persone diverse dai fab
bricanti e non lascia adito a margini di dubbio, né a possibilità di una interpretazione diversa da quella resa palese dal significato lessicale e logico che le è proprio.
Ma anche a voler ricorrere al criterio di interpretazione logica la conclusione cui si perviene è identica.
Non può revocarsi in dubbio — e sul punto concorda il preva lente indirizzo giurisprudenziale in esame — che le finalità perse
guite dal legislatore con l'introduzione dell'art. 5 nella legge sulle
armi siano state quelle di vietare la circolazione nel territorio del
lo Stato di giocattoli strumentalmente idonei ad essere trasforma
ti in armi, o, comunque, in strumenti atti ad offendere e, al tempo
stesso, di rendere gli stessi immediatamente riconoscibili delle ar
mi vere.
Tali finalità sono in piena rispondenza e sintonia logica col
dettato del citato 6° comma col quale si vieta a chiunque di poter
disporre di armi giocattolo non rispondenti ai requisiti di legge. Né può ritenersi che tali finalità siano adeguatamente soddisfatte
coi soli obblighi imposti ai fabbricanti perché, con tale limitazio
ne, le esigenze di tutela della collettività, che sono a fondamento
della disciplina delle armi e di tutti gli altri mezzi idonei all'offe
sa, verrebbero irrimediabilmente frustrate quando le disposizioni dirette ad impedire una successiva trasformazione delle armi gio cattolo in armi o in strumenti atti ad offendere vincolassero i
soli fabbricanti e fosse invece consentito ad ogni altra persona di disporre di armi giocattoli di tipo vietato, ovvero anche di
modificarli alterandone le originarie caratteristiche regolamentari.
Il Foro Italiano — 1988.
Una diversa interpretazione non appare, perciò, consentita né
dalla lettera, né dalla ratio della disposizione in esame, né alcuna
ragione sussiste per ritenere che la stessa sia affatto priva di sen
so e di significato e, conseguentemente, di efficacia giuridica. 5. - Resta infine da osservare che l'illecito penale in esame,
costituisce reato di pericolo ed ha natura di delitto: esso non è
quindi punibile a titolo di mera colpa, ma a quello di dolo gene rico consistente nella volontà e coscienza di disporre di un'arma
giocattolo nella consapevolezza che lo stesso non è rispondente ai prescritti requisiti di legge (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 14 apri le 1987; Pres. Battimeiai, Est. Ceci, P.M. Cotronei (conci,
conf.); ric. Perino. Annulla senza rinvìo App. Torino 17 giu
gno 1986.
Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Residui derivanti da lavora
zioni industriali — Raccolta, trasporto e ammasso — Attività
di smaltimento di rifiuti speciali sottoposta al regime autorizza
torio — Irrilevanza della utilizzazione economica del residuo
industriale (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, attuazione delle
direttive (Cee) n. 75/442, relativa ai rifiuti, n. 76/403, relativa
allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili e
n. 78/319, relativa ai rifiuti tossici e nocivi, art. 1, 2, 25).
La raccolta, il trasporto e l'ammasso dei residui derivanti da la
vorazioni industriali, oggettivamente destinati all'abbandono, sono attività di smaltimento di rifiuti speciali sottoposte a! re
gime autorizzatorio previsto dal d.p.r. n. 915 del 1982, a nulla
rilevando il valore economico degli stessi e il loro successivo
reimpiego nell'attività produttiva, poiché il fine della utilizza
zione economica del residuo industriale non ne altera la tipolo
gia giuridica né lo svincola dal regime generale che disciplina la sua inclusione nel novero dei rifiuti speciali. (1)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III penale; sentenza 22 set
tembre 1986; Pres. Martuscelli, Est. Postiglione, P.M. (conci,
conf.); ric. Bagna. Conferma Trib. Casale Monferrato 21 no
vembre 1985.
Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Rifiuti tossici e nocivi — Smal
timento — Punibilità — Fattispecie (D.p.r. 10 settembre 1982
n. 915, art. 26). Sanità pubblica — Rifiuti solidi — Ordinanza contingibile ed ur
gente — Finalità e presupposti — Discarica di rifiuti tossici
e nocivi — Autorizzazione del sindaco — Illegittimità (D.p.r. 10 settembre 1982 n. 915, art. 12).
È punibile a norma dell'art. 26 d.p.r. 10 settembre 1982 n. 915
chi effettua smaltimento di rifiuti tossici e nocivi (nella spe
cie, raccogliendo e trasportando detti rifiuti successivamente
stoccati in discarica) anche in epoca anteriore all'emanazione
della delibera del 27 luglio 1984 del comitato interministeriale,
essendo sufficiente la mancanza della autorizzazione regionale
differenziata per le varie fasi di smaltimento dei citati rifiuti. (2)
(1,4) La Corte di cassazione, nel confermare Pret. Asti 10 gennaio 1986, Foro it., 1986, II, 443, e in Riv. giur. ambiente, 1986, 381, con nota di Amendola, sembra aver accolto la tesi espressa dal pretore in ordine alla nozione di rifiuto. Sulla base della considerazione che «il fine della utilizzazione economica del residuo industriale non ne altera la tipologia giuridica», la corte è pervenuta alla conclusione che sono assoggettati alla disciplina penale del d.p.r. 915/82 anche coloro che acquisiscono scarti di lavorazione o materiali di recupero, rientranti nel novero dei rifiuti speciali, in vista di un loro successivo reimpiego nell'attività pro duttiva. In termini, da ultimo, Pret. Vigevano 13 maggio 1987, id., 1987, 80. In senso contrario, oltre Pret. Salò in epigi ie v. Pret. Vicenza 27 settembre 1984, Foro it., Rep. 1986, voce Sana pubblica, n. 232.
In dottrina, sulla questione, cfr. P. Giampietro, La nozione di rifiuto secondo il d.p.r. 915/82, in Comuni d'Italia, 1987, 1077 e 1215 (con
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