Udienza 1° febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici —Ric. MacchiaSource: Il Foro Italiano, Vol. 3, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1878), pp.219/220-221/222Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23081917 .
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219 PARTE SECONDA 220
vera consegna, essendo troppo evidente che il mugnaio,
per frodare i proprietari, non avrebbe avuto in tal caso
che a ritenere per sè una parte dei cereali affidatigli,
senza bisogno di ricorrere a fraudolenti artifizi per im
possessarsene ;
Che, per conseguenza, concorrendo veramente nella
specie e la contrectatio fraudólosa e Vablatio per mezzo
del congegno praticato nel palmento, nè concorrendo
per altra parte la volontaria consegna delle derrate
(esclusa e dalla presenza degli interessati e da quello
stesso artifizio ora detto), il fatto dei ricorrenti ben fu
ritenuto qual furto, e non può ritenersi quale appro
priazione indebita.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 28 gennaio 1878, Pres. Ghiglieri P., Est. Fer
reri — Ric. Leoni ed altri.
Ammoni/Ione — Ordinanza —■ Diretto d'Inter roga torie (L. P. S., art. 166).
E nulla l'ordinanza d'ammonizione se manchi il ver
bale dell' interrogatorio, o se dal medesimo non re
sulti che il denunziato fu interrogato. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché l'art. 106 della legge di
pubblica sicurezza testualmente disponga: « Il giudice « del mandamento, assunte le occorrenti informazioni, « chiamerà dinanzi a sè i denunziati e li ammonirà
< severamente a non dare motivo ad ulteriori sospetti, « facendo risultare della fatta ammonizione da pro « cesso verbale, che verrà compilato senza loro spesa »;
Attesoché cotesta disposizione dimostri chiaramente
che anche nel procedimento e nel giudizio per le am
monizioni, per quanto sommariamente debbano essi cor
rere e compiersi, a senso e per gli effetti della legge sulla pubblica sicurezza, non si possono tuttavia tra
scurare quei principi e quelle norme elementari di
giustizia, giusta cui nessuno può legalmente essere giu dicato senza prima essere sentito, ove non si renda
contumace, ed aver mezzo di giustificarsi e difendersi, non fosse che colle sue risposte all'interrogatorio da
eseguirsi sui fatti costituenti il soggetto dell'imputa
zione; Attesoché dalla disposizione medesima risulti con non
minore evidenza che una delle principali guarentigie
per la legalità del procedimento e del decreto d'am
monizione consiste nel processo verbale che se ne deve
compilare, senza di cui vano tornerebbe il più delle
volte ogni richiamo sulla inosservanza delle prescritte
formalità;
Attesoché, nella fattispecie, non solamente non consta che il pretore abbia proceduto all'interrogatorio dei ricorrenti denunziati per l'ammonizione, ma manca anche del tutto il processo verbale, e non si ha che
la semplice ordinanza del pretore, pronunciata sulla
denuncia dei reali carabinieri, il che non corrisponde alle prescrizioni del surriferito articolo 106 della legge di pubblica sicurezza; ond'è radicale e inevitabile la
nullità sì del procedimento che del giudizio; Per questi motivi, cassa, ecc.
(1) La stessa Corte decìse altra volta (sentenza del 21 luglio 1876, Foro if.. 1877, II, 46) che l'ammonizione non è nulla se, quantunque manchi il processo verbale, fu pronunciata invece una sentenza la quale contenga tutto quanto si sarebbe potuto contenere nel verbale.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 1° febbraio 1878, Pres. Pironti P., Est. Na
ri ai — Ric. Macchia.
Estorsione — Sequestro di persona — IVna (Cod.
pen., art. 602). Giurì — Composizione — Condannato per falso —
Iiuiiorsaniento (L. 8 giugno 1874, art. 5, 37, 43).
Mancata la estorsione, a consumar la quale erasi fatto
sequestro di persona, bene è livellata la pena a base
dell' articolo 602 del Codice penale. Se fra trenta giurati, i cui nomi furono imborsati,
si comprese un condannato per falsità, la compo sizione del giurì è nulla, quantunque non abbia
fatto parte de' quattordici giurati della causa. (1).
La Corte, ecc. — (Omissis). Osserva che la doglianza
racchiusa nel 2° mezzo principale intorno alla pena non
(1) A sorreggere la tesi, di non potersi la nullità dedurre, se non quando il giurato, già condannato o interdetto, abbia fatto parte del giurì definitivo, si è creduto trovarne la conferma nel comento del Casorati alla legge degli 8 giugno 1874, ove, rammentando la modifi cazione proposta dalla Giunta presso la Camera de' deputati al primo schema ministeriale del vigente articolo 43, soggiunge : « Aver la Giunta considerato esservi casi ne' quali la sanatoria dedotta dal si lenzio potrebbe condurre ad una palese ingiustizia, come, ad esempio, quando sol dopo la sentenza di condanna profferita dalla Corte di as sise si venisse a conoscere che fra' giurati sedeva un interdetto; e quindi aver proposto che si escludesse la sanatoria, quando nel giuri avessero seduto determinati individui ».
Giova però dapprima osservare come il Casorati, parlando delle persone che abbiano seduto nel giuri, non dica in alcuna guisa rife rirsi a' soli quattordici giurati della causa; e poiché niuna sanzione della legge impone a' trenta giurati di rimanere in piedi, finché non si ritirino nella stanza loro destinata, così non può affatto sostenersi che sotto il nome di persone sedenti nel giurì debbano esclusivamente intendersi i quattordici della causa.
In secondo luogo è mestieri avvertire che dal brano della relazione della Giunta, trascritto a pag. 109, lucidamente si deduce che si fosse inteso favellare di tutti i 30, e non mica de' soli 14. Vi si legge in ef fetti: « La maggioranza della Giunta non ha potuto consentire nel concetto del ministero. Si comprende che esso è animato dal desiderio di limitare gli annullamenti, ma i più fra' vostri commissari non pos sono menar buona la ragione, dappoiché credono che non sia principio di giustizia scemare quelle garanzie, che a' giudicabili debbono pure offerirsi, e che sono la loro più efficace tutela. Si immagini, a modo di esempio, il caso che in un giuri sedesse un interdetto; che ciò ignorassero il pubblico ministero, lo accusato, ed il difensore, e quindi nessuno fra loro proponesse eccezioni o dimande contro la legalità del giuri; che pel verdetto di questo giurì lo accusato fosse dannato nel capo, e che posteriormente alla sentenza di condanna si scoprisse ciò che nel giorno del dibattimento ignoravasi. Or bene, secondo la proposta, qualsiasi ricorso in Cassazione sarebbe inammessibile. Ci si dica, in grazia, se la coscienza pubblica non si rivolterebbe contro una enormezza di simile natura; e ci si dica poi se la magistratura stessa non sarebbe la prima a condannare un principio che conduce a tali risultamenti, e non si studierebbe di trovare il modo per an nullare, anche contro il divieto della legge, quel giudizio pronunziato da un giurì illegalmente composto l »
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221 GIURISPRUDENZA PENALE 222
abbia alcun fondamento; e di vero, la circostanza di
essere mancata la estorsione, a consumar la quale erasi
operato il sequestro di persona, importava di doversi
il reato punire come mancato, ma noi denaturava, sicché
gli si rendesse applicabile la sanzione dello articolo 601,
Cod. pen., vai dire della estorsione semplice ; erronea fu
bensì la determinazione della pena, ma nel favore del
ricorrente perciocché per la diminuzione di due gradi da quella stabilita nell'articolo 602 avrebbe dovuto di
scendersi ad anni dieci di reclusione, mentre invece ne
furono inflitti soltanto sei.
Osserva che sia stata dedotta col 1° mezzo aggiunto la violazione dello articolo 37, legge 8 giugno 1874, per aver fatto parte de' trenta giurati, i cui nomi vennero
imborsati, un Giovanni Marolda, condannato per uso
sciente di carta falsa.
Che intorno al fatto non possa cader dubbio, essendo
constatato dagli atti e dagli elementi, chiesti con la
precedente sentenza di questo supremo Collegio, che
il Marolda, già condannato pel suddetto reato contro
la pubblica fede, fosse identicamente il giurato com
preso fra' trenta del giudizio. E poiché nel citato articolo, con una formola, la quale
importa di esser tolto ogni potere di dritto e di fatto, è vietato comprendersi nello accennato numero le per sone contemplate dallo articolo 5, cioè i condannati per reati contro la pubblica fede, è innegabile la violazione
della legge. Che la nullità non possa dirsi coverta dal silenzio,
giusta lo articolo 43 della mentovata legge ; perciocché il legislatore, non ignaro del principio di potersi con
siderare sanabili le trasgressioni delle forme secondarie
del rito, e non mica le sostanziali, e molto meno le in
frazioni alle sanzioni che si attengono alla giurisdizione, abbia espressamente statuito nel medesimo articolo le
nullità contro la costituzione del giurì potersi dedurre
anche nel caso di silenzio, quando ne abbiano fatto parte le persone indicate nello articolo 5.
Che la distinzione la quale vorrebbesi fare fra' trenta, i cui nomi s'imborsano, ed i quattordici estratti a de
cidere sulla causa, sia affatto arbitraria; conciossiachè
in primo luogo lo articolo non riferiscasi punto al giurì
diffinitivo, siccome avrebbe dovuto fare se avesse in
teso parlare de' soli giurati della causa, ma al giurì in genere, sotto la qual denominazione tecnicamente
e ideologicamente è indicato lo intero consesso de' cit
tadini convocato ad assumere le funzioni di giurato,
qualunque sia l'esito del sorteggio ; ed in secondo luogo il raffronto tra gli articoli 37 e 43 apertamente dimo
stri come la legge abbia in quest'ultimo inteso favel
lare di tutti i giurati, e non di quelli soltanto estratti
a comporre il giurì diffinitivo.
Che irrazionale di vantaggio sia l'accennata distin
zione ; dappoiché, o la legge supponeva nota alle parti la incapacità, stante lo intervallo loro concesso per as
sumere indagini sulla condizione de' giurati, i cui nomi
anticipatamente si notificano, e nel detto caso doveva
in maniera assoluta ritener sanata la nullità dal si
lenzio; ovvero, muovendo dalla ipotesi inversa, cioè
della ignoranza della sentenza di condanna o d'inter
dizione contro il giurato, in modo anche assoluto do
veva ritenere inefficace il silenzio, e non sancire la
incongrua disposizione di sanarsi la nullità quando il
nome del giurato rimanga in fondo dell'urna, e non sa
narsi ognora che il giurato estratto sia stato accettato
dal pubblico ministero e dallo accusato.
Per tali motivi, cassa, ecc.
Or se nella ipotesi esemplificata dalla Giunta è detto che mentre nel giuri si trovi a sedere un interdetto non possa alle parti adde bitarsi il difetto della eccezione per la ignoranza della interdizione, e se le dimande od eccezioni debbono farsi prima, e non dopo la estra zione de' quattordici, è chiaro più della luce meriggiana che la Giunta, parlando dello interdetto sedente nel giurì, e la cui presenza avrebbe dovuto essere impugnata prima della estrazione, siasi indubitatamente riferita a tutti i trenta giurati ; il qual vero è poi ribadito dalla parte ultima del brano, ove si parla di giurì illegalmente composto; essendo evidente che, siccome la composizione è la unione armonica delle varie
parti di un soggetto, così la illegalità nella specie non possa da altra
cagione inferirsi, se non dalla intrusione fra i trenta di un condannato o di un interdetto, la quale importa di essersi proceduto alla diffinitiva
composizione con ventinove e non con trenta giurati.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 26 giugno 1878, Pres. Pironti P., Est. Narici
— Ric. Pecorelli.
Inesistenza di reato — Ordinanza irrevocabile —
Riapertura del processo (Cod. proc. pen., art. 250,
265, 445). Divenuta irrevocabile la ordinanza della Camera di
Consiglio di non farsi luogo a procedere per ine
sistenza di reato, non può lo imputato essere più molestato pel medesimo fatto.
La Corte, ecc. — Osserva, nel diritto, che inesatta
mente ne' suoi prolegomeni la Sezione di accusa abbia
compreso nella prima formola la ipotesi di non essere
avvenuto il fatto constituente l'oggetto della imputa
zione, mentre, riferendosi dessa per lo contrario a quella di non constituire reato e di non offerirne traccia, pre
suppone la esistenza del fatto; Che in una seconda inesattezza sia incorsa la Sezione,
supponendo di aver la Camera di Consiglio ammesso
la esistenza del fatto, sol perchè non avesse dubitato
della preesistenza e mancanza di una somma presso il Tripodi, nè del sequestro di danaro in casa Peco
relli; se in effetti trattavasi, non di una sottrazione
patita dal Tripodi senza sapersene il luogo, nè il nome
del sottrattore, bensì di quella addebitata al Pecorelli,
detentore supposto della identica somma, e se la Ca
mera di Consiglio rilevò, da un canto, consistere solo
in congetture e sospetti il fatto di avere Tripodi la
sciato il danaro in casa Pecorelli, e constatò, dall'altro,
di aver questi provato come onestamente avesse po
tuto possedere la somma sequestratagli, è chiaro che
la Camera avesse escluso, e non mica ammesso, la esi
stenza del fatto, siccome ella stessa ebbe a dichiarare
nella seconda ordinanza; Osserva che, ritenuto non comprendersi nelle for
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