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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 1° maggio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M....

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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 1° maggio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato (Concl. diff.) — Ric. Caruso

Udienza 1° maggio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani, P. M. Del Mercato (Concl. diff.) —Ric.CarusoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.293/294-295/296Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084798 .

Accessed: 17/06/2014 14:44

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293 GIURISPRUDENZA PENALE 294

Infatti la 1. 40 dello stesso titolo così si esprime : Qui

jumenta sibi commodqta longius duxerit, alienave re,

invito domino, usus sit, furtum facit. E dunque nel diritto romano eravi caso, in cui era

possibile un primo tempo di contrattazione non dolosa

di un possesso legale, cioè quello del comodato; op

pure il dolo potea sopravvenire e costituire il furto,

allorché della cosa si Iacea quell'uso, che il proprie tario non avea consentito.

Cujacio defluì, alla sua volta, il furto con queste altre parole: furtum est interversio possessionis rei

mobilis. Ed allora cosa mette in essere la consegna del pa

drone al domestico? Essa esclude la dolosa materiale

contrattazione del primo tempo, ma se sopravvenga la

distrazione della cosa consegnata, da parte del conse

gnatario domestico, sopraggiunge altresì il momento

del dolo; ed esso è quello della inversione del possesso

precario nell'altro come a padrone, spogliandone il vero

proprietario, il quale non mai l'aveva perduto, perchè il domestico consegnatario, per l'uso determinato, pos

sedea.in nome di lui (art. 685 Cod. civ.)

Ed ora è utile che dalle astrazioni si passi sul ter

reno della "pratica appliòazione della legge, bene intesa

nel suo spirito e nella lettera.

La distinzione tra fiducia generica e speciale non ha

ragione di essere, sì perchè non è nella legge che ci

governa, e perchè importa solo che tale fiducia sia

necessaria sempre. Volle la legge rigorosamente tute

lare siffatta necessità di confidenza, che il padrone è

costretto avere nella persona del suo domestico, ap

punto per lo speciale pericolo, al quale la proprietà

si trova esposta, e per la maggiore reità di colui che

abusa di essa necessaria confidenza del proprietario.

Or nello stesso modo, in cui necessariamente il pa

drone affida al servo tutto ciò che possiede nella pro

pria casa, senza consegna, così è necessario che gli

consegni il danaro per la spesa giornaliera, il rame

per la cucina, l'argento per la tavola; altrimenti ver

rebbe meno lo scopo, per cui, con quella qualità, lo

elegge e lo paga; di tal che sé il domestico involi il

danaro lasciato dal padrone per accidente sul tavolo,

o se distragga quello consegnatogli per la spesa, egli

commette lo stesso reato, quello cioè di furto quali

ficato per la persona; appunto perchè la fiducia è in

sita alla qualità personale, non diversificabile dalla

volontà del padrone, in quanto lo speciale servizio con

venuto concerne, e conseguentemente tale fiducia è ne

cessaria sempre.

Dalle cose discorse discende che, non essendovi tra

la Camera di consiglio ed il Tribunale di Caltanissetta

discordia sul fatto della qualità eli domestico nel vero

senso legale, la quistione di diritto non può essere ri

soluta in modo differente da quello esposto, cioè che,

nella fattispecie, si tratti di furto qualificato per la

persona, previsto dallo art. 607 Cod. pen., non mai di

appropriazione indebita ai termini dell'art. 631 dello

stesso Codice;

Pertanto, la Corte, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI PALERMO. Udienza 1° maggio 1879, Pres. Parisi, Est. Abrignani,

P. M. Del Mercato (Conci, diff.) — Ric. Caruso.

Cassazione — (■indisi» «li falso — Errore materiale — Travisamento — Ammissibilità «lei ricorso

(Cod. proc. pen., art. 640 o 645).

L'incensurabilità del giudizio di fatto ritenuto dal

magistrato di merito ha luogo soltanto allorché si

tratta di un giudizio propriamente detto, risultante

da un lavorìo di mente, pel quale si ha bisogno di

'analisi e di sintesi.

Ma se per semplice errore materiale è stato ritenuto

un calcolo erroneo, produttivo di effetti giuridici diversi (nella specie, che l'impedimento al lavoro

sia durato 30 giorni anziché 29), il pronunziato

del giudice di merito è censurabile in Cassazione

e dev'essere annullato.

La Corte, ecc. — Attesoché il Caruso chiese la cas

sazione, perchè la Corte di appello ritenne un fatto

contrario alla verità, risultante dagli atti del processo, cioè che, secondo le perizie giudiziarie, la durata della

incapacità al lavoro era stata di giorni 30, mentre si

legge in esse che fu di 29, e quindi contro legge ap

plicavasi l'art. 538, invece dell'art. 544 del Cod. pen.,

in aggravio del condannato.

E, per vero, il fatto è secondo il ricorrente asserisce;

imperciocché dalla denunzia del reato, da parte della

pubblica forza, e dalla prima perizia medica risulta

che la ferita avvenne alle ore 6 p. m. del giorno 22

aprile 1878, e la cessazione della incapacità al lavoro

fu dal perito riconosciuta la mattina del 21 maggio che

segui; di tal che si ha la certezza che dagli atti ri

sulta il fatto contrario a quello dalla Corte di appello

ritenuto, cioè che la incapacità durò 29 giorni, non

mai 30.

Or così stando le cose in fatto, il supremo Collegio

osserva in diritto quanto appresso.

Non è dubbio che la Corte di appello avrebbe potuto

non attendere alla perizia e giudicare, per criterio

proprio, che 30, non mai 29 giorni erano scorsi, du

rante la incapacità suddetta; ma essa non solo ciò non

disse, ben pure alla perizia medesima, con apposita

considerazione, conformossi e si riferì; dal che con

segue che tal fatto, dalla Corte ritenuto, non fu sta

bilito per effetto del criterio proprio, conciossiachè non

paragonò proposizione con proposizione, giudizio con

giudizio, per conoscere la verità, non adoperò perspi

cacia alcuna; le quali cose esclusivamente avrebbero

potuto costituire il proprio criterio; ad essa invece

servì di norma unica l'avviso del perito dell'arte e di

chiarò espressamente che tal giudizio volea rispettare

e su di tal base giudicare dell'entità del reato. Ciò

dall'un canto esclude la idea di un eccesso di potere

dal ricorrente asserto, nel senso del n. 3 dell'art. 640

del Cod. di proc. pen., in relazione agli art. 538 e 544

Cod. pen., e dall'altro, la ingiustizia e la violazione della

legge risultan flagranti, perchè fu applicato, fuori luogo,

l'art. 538, invece del 544, in aggravio del condannato

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295 PARTE SECONDA 296

ricorrente, sol perchè la Corte di appello incorse in

errore nel calcolo dei giorni, sommandone 30 invece

di 29, quanti se ne compirono dalle ore 6 p. m. del 22

aprile al mattino del 21 maggio, precisamente quando

il perito giudicò cessata la incapacità al lavoro.

Nel civile sarebbe il caso preciso del giudizio di re

vocazione, coram eodem, ai termini del n. 4 dell'art. 494

proc. civ.; ma perchè tal mezzo riparatore, nel penale, non sia stato dettato, ne avverrà che la Corte di cas

sazione non possa riconoscere e dichiarare la viola

zione delle invocate leggi, sicché ne rimanga confer

mata, per necessità legale, la involontaria ingiustizia ?

Non è possibile!

Infatti, l'ostacolo della incensurabilità del giudizio sul

fatto, ritenuto dal magistrato del merito, debbe essere

inteso nel senso di un giudizio propriamente detto,

consistente nel prodotto di un lavorìo di mente su di un

fatto qualunque, ed in cui si ha bisogno della analasi

e della sintesi tutta propria. In questo, esclusivamente,

la legge si abbandona alla rettitudine del magistrato

giudicante ed alla sua coscienza. Ma se, per semplice errore materiale, fu applicata una sanzione penale per

un'altra, la Corte di cassazione deve annullare.

Così avvenne nella fattispecie. La Corte di appello non giudicò alcun fatto; essa intese a ritenere quello dal perito giudicato, ma, per semplice errore materiale

nel calcolo dei giorni, ne ritenne un altro, produttivo di effetti diversi, nel senso di essere stata applicata una disposizione di legge per un'altra; niun dubbio

adunque che la Corte di cassazione non incontri l'osta

colo della incensurabilità anzicennata. Essa deve an

nullare e rinviare per nuovo giudizio; Per tali motivi, annulla, ecc.

CORTE D'APPELLO DI ROMA. Udienza 31 marzo 1879, Est. Vasta — Ric. Tarducci.

Appropriazione indebita — Eccezione pregiudiziale — l'i 'ora testimoniale — Conili/ione — Momento

consumativo (Cod. proc. pen., art. 848; Cod. civ.,

art. 1312).

All'imputato per indebita appropriazione non è le

cito, per provare la inesistenza del reato, di fare

la prova per testimoni nei casi nei quali la legge

civile la proibisce espressamente. (1)

Il reato s'intende consumato, ognorachè furono con

vertite in proprio profitto le somme altrui, ancorché

se ne fosse fatta la restituzione dopo la denuncia

del delitto. (2)

La Corte, ecc. — Attesoché in questa specie di fatto

bene si avvisarono i primi giudici ad applicare le di

sposizioni degli articoli 848 proc. pen. e 1341 Cod. civ.,

ad escludere la prova per testimoni che si offriva dal

Tarducci. È troppo evidente che in questo giudizio

penale questi non miri che a stabilire per testimoni la

prova della liberazione dall'obbligazione che assunse

con l'atto scritto del 3 giugno 1876, quella cioè di di

videre col Luswergli l'ammontare delle due cambiali

che doveva scontare e che scontò, o meglio quella di

portare a questi lire 1000 dopo scontate lo due cam

biali. Ed è troppo noto del pari che nelle materie ci

vili la liberazione di un'obbligazione o il pagamento,

al quale deve concorrere il consenso di colui che lo

fa, e di colui che lo riceve, non si può provare con

testimoni se eccede lire 500: siccome del pari è testuale

che colui che prima ha domandato una somma mag

giore di lire 500 non può essere ammesso a farne la

prova per testimoni, neppure se riducesse la sua do

manda a lire 500 (art. 1343 del Codice civile);

Attesoché sia questo per l'appunto il caso dell'ap

pellante Tarducci. Nel dibattimento di primo grado,

25 luglio 1877, chiese di voler provare con testimoni

che aveva pagato al Luswergh le lire mille giusta l'ac

cordo stabilito fra di loro; e dopo che il Tribunale con

l'ordinanza pronunciata nel dibattimento medesimo di

chiarò inammessibile l'offerta prova per testimoni per

stabilire l'asserto pagamento di lire 1000, accettando

da una parte quell'ordinanza che neppur protestò di

appello, se ne venne poi dall'altra davanti la Corte per

domandare che la prova per testimoni si ammettesse

per il pagamento di lire 500;

Attesoché essendo nella materia civile evidentemente

inammessibile la prova per testimoni che si vuol fare

dal Tarducci, nessun rimprovero può farsi alla sentenza

appellata che la dichiarò inammessibile in questo giu

dizio penale in base dell' art. 848 della proc. pen., che

si riporta alle regole delle legge civili per l'ammis

sione delle prove testimoniali nei giudizi penali. Per

(1-2) Per maggiore intelligenza riassumiamo il fatto della causa, de sumendolo dalla stessa sentenza della Corte.

Giacomo Luswergh, ingegnere costruttore in Roma, avendo bisogno di lire 1500 creò nel 17 maggio 1876 una cambiale per la detta somma con scadenza al 17 agosto successivo, la quale venne immediatamente

scontata al Banco Sinder in via Condotti per mezzo dell'ebanista Vito

Tarducci, che sotto il giorno 19 maggio medesimo versò in mano del suddetto Luswergh l'equivalente di lire 1500, e ne ritirò la ricevuta.

Dallo stesso Luswergh li 2 giugno successivo furono firmate altre due cambiali di lire 000, l'una con scadenza al 15 del successivo set

tembre e l'altra con scadenza al 25 dello stesso mese; e furono en trambe consegnate mediante atto scritto del 3 giugno detto allo stesso

Tarducci per iscontarle e versare mille lire al suddetto Luswergh, ritenendo le altre mille per proprio comodo, con obbligo però di pa

garle alla scadenza. Decorsi quasi due mesi dalla consegna e dopo che il consegna

tario Tarducci aveva scontato le due cambiali al Banco Sinder, senza

che il Luswergh avesse ricevuto le mille lire, questi ritenendosi truf

fato ne avanzò reclamo alla questura, giustificando il proprio assunto

con l'esibizione dell'atto scritto che provava la consegna delle due

cambiali, e l'uso determinato che il Tarducci ne doveva fare. Da ciò ne venne un procedimento penale contro di quest'ultimo per appro

priazione indebita. Nel pubblico dibattimento del 25 luglio 1877 l'imputato Tarducci

dichiarò che scontate le due cambiali aveva passato al Luswergh le

lire mille giusta l'accordo stabilito fra loro ; e produsse quattro testi

moni per assodare l'asserto pagamento. Il Tribunale correzionale di Roma, ravvisando cotesta prova orale

ostacolata dal combinato disposto dell'art. 848 della proc. pen. e del

l'art. 1312 del Codice civile, con sua ordinanza motivata la dichiarò

inammessibile.

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