Udienza 10 febbraio 1879, Pres. ed Est. Narici —Ric. P. M. c. CiminoSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.239/240-241/242Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084766 .
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PARTE SECONDA
vitalità del ricorso per annullamento avverso i verbali
di ammonizione, riconoscendo che per l'art. 638 del
Cod. di proc. pen. il cennato straordinario gravame è
ammesso soltanto avverso le sentenze, lia però in sva
riati rincontri temperata la severità del principio pro
clamando la massima, che quando sul reclamo dell'am
monito il pretore emetta analogo provvedimento, in
tal caso questo va bene equiparato ad una sentenza;
sì che il rammentato art. 638 del Codice di rito pe
nale gli è applicabile ed il ricorso per Cassazione av
verso il provvedimento non è del pari irricevibile
come avverso il verbale. La quale massima non po
trebbe senza evidente contraddizione applicarsi nei
casi in cui l'ammonito cliiegga la revoca dell'ammoni
zione, o perchè siano trascorsi i due anni nei sensi
dello art. 104 della legge sulla pubblica sicurezza, o
prudenza della Cassazione di Napoli ; e che riguardo al ricorso contro
l'ordinanza di ammonizione inesattamente si è creduto da alcuni che essa con la sentenza 9 dicembre 1874, ric. Murolo (Giorn. trib., Mi
lano 1875, n. 23; Annali, 1875, pag. 4, ecc.) siasi pronunziata per l'ammessibilità. Gli è vero che in quella sentenza si dice che: « la
potestà data ai pretori dalla legge di pubblica sicurezza non induce una giurisdizione indipendente fuori della legge organica giudiziaria; onde essi non sono sottratti al magistero della Cassazione quante volte nell'esercizio di detta potestà violino il testo della legge e le forme dalla medesima sancite »; le quali espressioni sembrano gene rali e riferibili all'ordinanza o verbale di ammonizione per sè stanti.
Ma in verità nel caso deciso con quella sentenza s'impugnava non il decreto di ammonizione, ma il provvedimento con cui il pretore ri
gettò la domanda di revoca del monito, fondandosi sul motivo (che la Cassazione ritenne erroneo) di non potersi estendere agli ammoniti
per oziosità e vagabondaggio o per altra causa la cessazione degli effetti dell'ammonizione stabilita per gli ammoniti per furti campestri, allorché sia decorso un biennio senza condanne. E del resto l'inam messibilità del ricorso contro l'ordinanza con cui si pronunzia l'am monizione era già stata affermata con la precedente sentenza della stessa Corte del 15 settembre 1873, ric. Raglia, ed è stata confer
mata, per citare le più recenti, dalle sentenze 9 febbraio 1877 (Foro il., 1877, col. 345), e 29 luglio 1878 (id., 1878, col. 411).
Riguardo poi al gravame avverso il provvedimento emesso sulla domanda di revoca del monito, oltre le sentenze citate dalla stessa
suprema Corte (la prima delle quali è riportata nel Giorn. trib., Na
poli, XXVIII, pag. 395, e l'altra nel voi. precedente di questo gior nale, col. 411), è utile tener presente l'altra, pure della stessa Corte, del 4 giugno 1875 (Annali, 1875, pag. 278).
Il principio accolto con queste decisioni, ed ampiamente confermato con la sentenza che annotiamo, di ammettersi cioè il ricorso quantun que la domanda di revoca sia fondata sovra illegalità commesse nel
pronunziare l'ammonizione, viene indirettamente a distruggere l'altro di non essere ammissibile il ricorso contro l'ordinanza o decreto di ammonizione. Basterà infatti all' indomani del monito proporre una domanda di revoca fondata su motivi d'illegalità dell'ammonizione., per far sì che questi motivi, i quali non si sarebbero esaminati se fossero stati proposti con ricorso avverso l'ordinanza di ammonizione, lo siano quando vengono riproposti contro il provvedimento emanato sulla domanda di revoca. In altri termini il decreto di ammonizione, o ciò che vale lo stesso, i vizi che gli s'imputano non possono esser esaminati dalla suprema Corte se viene denunziato direttamente il verbale od ordinanza di ammonizione ; ma viceversa possono esserlo se invece di esser recati alla diretta conoscenza della suprema Corte, siano prima dedotti innanzi al pretore a corredo di una istanza per revoca del monito.
Negli effetti pratici quindi la teorica della Cassazione napoletana non si discosta di molto da quella delle supreme Corti di Roma e
Firenze, le quali, com'è noto, ammettono (a differenza delle consorelle di Torino e di Palermo) il ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza o decreto di ammonizione.
perchè sostenga di aver egli dato prova di resipiscenza
e di emenda, e venir meno poi ognora che l'ammonito,
come nella specie, abbia chiesta la revoca dell'ammoni
zione o per illegalità commesse in occasione del mo
nito o per erroneità di fatti a suo carico in quel rin
contro ritenuti.
In due arresti, l'uno del 23 febbraio 1877 sul ricorso
Vernieri, e l'altro del 29 luglio 1878 sul ricorso Jan
doli, questo Collegio regolatore non potè non ricono
scere il diritto dell'ammonito (pel niun divieto di legge)
di reclamare quando che sia al pretore così per tra
sgressione del rito o del dritto nell'ammonizione, come
per migliori e più accurate indagini, salvo ben vero in
questa ultima ipotesi al pretore di vagliare se occor
rano le indagini ulteriori. E quando il diritto è rico
nosciuto, ciò importa due conseguenze : che il pretore
ha il dovere di emettere un provvedimento qualsiasi
conforme a sua coscienza, e che se al medesimo non
creda acquetarsi l'ammonito, l'aula del supremo Collegio non debba nè possa essergli chiusa.
Il ricorso adunque nel caso presente è ammessibile e
fa d'uopo vagliarne i motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 10 febbraio 1879, Pres. ed Est. Narici — Ric.
P. M. c. Cimino.
Appello — Sentenza «lei pretore — Appello del pro curatore del Re — Ove debba Interpol's! (Cod.
proc. pen., art. 353 e 356; Legge sull'orci, giucliz., art. 132; Tariffa penale, art. 400, n. 2).
Il procuratore del Re può validamente appellare dalla,
sentenza del pretore presentando la dichiarazione
di appello nella cancelleria dello stesso Tribunale,
non essendo assolutamente necessario che tale ap
pello sia presentato nella cancelleria della pre
tura. (1)
La Corte, ecc. — Osserva che la massima adottata
dal Tribunale, di essere inammessibile l'appello diret
tamente prodotto dal regio procuratore contro una
sentenza di pretore, quando non ne sia stata presen tata la dichiarazione nella cancelleria della pretura, non si trovi sorretta dalla legge;
Che di vero l'invocato art. 356 proc. pen. evidente
mente si riferisce all' imputato, alla parte civile ed al
P. M. presso la pretura, ma non mai al regio procu ratore che risiede presso il Tribunale, nè potrebbe certo assentarsene per andar presentando appelli nelle
cancellerie delle diverse preture comprese nella giu
risdizione del Collegio; Che senza alcun dubbio può la dichiarazione del gra
(1) Con questa sentenza la Cass, di Napoli conferma la sua giuri sprudenza di potersi l'appello del procuratore del re interporre presso la cancelleria del Tribunale, mentre tutte le altre Corti ritengono che la dichiarazione di quel gravame deve, a pena di nullità, presentarsi nella cancelleria del pretore. Vedi la sentenza della Cass. di Palermo, 13 gennaio 1879. e la relativa nota a col. 154 e seguenti del presente Volume.
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241 GIURISPRUDENZA PENALE 242
vame essere ufficialmente trasmessa al pretore perchè
la faccia presentare da uno di coloro clie vi esercitano
le funzioni di P. Al., giusta l'art. 132 della legge di or
dinamento giudiziario; ma l'accennata facoltà, oramai
riconosciuta da una costante giurisprudenza, non esclude
l'altra di presentare personalmente la dichiarazione di
appello nella cancelleria dello stesso Tribunale, ove a
norma dell'art. 400, n. 2, della tari (fa penale esiste un
apposito registro degli appelli dalle sentenze dei pre
tori, e bene può quindi annotarvisi quello del regio pro
curatore ;
Che se nel silenzio della legge debbe ritenersi legit
timamente esercitata la facoltà nell'una o nell'altra
maniera, arbitrario sia invece il supporre una pena di decadenza non espressamente sancita.
Osserva che avendo il regio procuratore nella specie
utilmente presentato l'appello presso la cancelleria del
Tribunale, non potea questo dichiararlo inammessibile; Per tali motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI, Udienza 24 marzo 1879, Pres. ed Est. Narici — Ric.
P. M. c. Del Plato Olodomiro.
Appello — Sentenza assolutoria «lei pretore — Con
clusioni conformi del pubblico ministero — Ap
pello del procuratore del Ile (Cod. proc. pen., ar
ticolo 353). Trattandosi di delitti, il regio procuratore può ap
pellarsi dalla sentenza del pretore, sebbene il pub blico ministero presso il medesimo abbia concluso
per l'assoluzione dello imputalo. (1)
La Corte, ecc. — Osserva nel diritto, che l'art. 353,
proc. pen., scolpitamente distingue le contravvenzioni
da delitti, e se rispetto alle prime attribuisce al pub
blico ministero presso la pretura la facoltà di appel
lare, sol quando abbia chiesto l'applicazione della pena
degli arresti, sicché la stessa limitazione debba inten
dersi statuita pel regio procuratore, in quanto ai de
litti la concede senza veruna condizione o restrizione,
ed espressamente la impartisce al procuratore regio
anche nel caso di silenzio o di acquiescenza del pub
blico ministero presso il pretore;
Che se impertanto i reati dei quali veniva imputato
Del Plato erano indubbiamente delitti, giusta gli arti
coli 286, n. 2, e 669 Codice, il Tribunale dichiarando
inammessibile lo appello del regio procuratore violò
flagrantemente il citato art. 353, proc. pen.;
Per tali motivi, ecc.
(1) Giurisprudenza costante. V. conformi : stessa Corte, 26 ottobre
1877, ric. P. M. c. De Marco {Legge, 1878, pag. 185), e 26 gennaio 1876
{Foro it., 1876, col. 129) ; Cass. Torino, 29 gennaio 1877 (Id., 1877, col. 87) ; Cass. Firenze, 18 agosto 1877, ric. P. M. c. Balduzzo {An nali, 1877, pag. 221); Cass. Roma, 9 marzo 1876 {Forò it., 1876, col. 97), ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI FIRENZE. Udienza 1° marzo 1879, Pres. Poggi, Est. Coppi —Ric.
Arrighetti.
Ammonizione — Obbligo ili non dar luogo a so
spetti — Furto — Doppio reato (Legge di pubblica
sicurezza, art. 105 e 106 modificati).
V individuo ammonito come sospetto -ladro che si
renda colpevole di furto è passibile di due pene, Vuna per contravvenzione all'ammonizione di non
dar luogo ad ulteriori sospetti, e l'altra pel furto
effettivamente commesso. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché il fatto, dal quale sca
turivano i due reati di cui fu dichiarato colpevole il
ricorrente, cioè la contravvenzione all'ammonizione e
il furto semplice, non era costituito da una sola ed
unica azione inscindibile ne'suoi resultati giuridici, come
si richiede per l'applicabilità dell'art. 81 del Cod. pen.
toscano, della quale però trovasi un esempio nel caso
dello stupro o dell'adulterio congiunto coli'incesto, ma
si presentava invece quale un fatto complesso estrin
secato mediante due distinte azioni, che non si com
penetravano necessariamente l'una nell'altra, secondo
il concetto nel quale procede il ricordato articolo. Po
teva infatti il ricorrente, introducendosi nei fondi al
trui, contravvenire all'ammonizione da cui era vinco
lato di non dar luogo a sospetti in materia di furti, ma con quella prima e sola azione che già esauriva
l'uno dei due reati non veniva fin allora a commettere
l'altro reato di furto, ad eseguire il quale occorreva
un'altra azione ulteriore. Tanto basterebbe per dimo
strare che l'azione di lui non fu unica, nel senso del
citato articolo, e che la contravvenzione poteva sus
sistere di per sè indipendentemente dal furto, comunque la perpetrazione di questo includesse anco quella. Chè
se il ricorrente con una successiva e separata azione
volle tradurre il sospetto in realtà, aggiungendo così
alla prima già consumata un'altra infrazione della legge,
(1) Non possiamo astenerci dall'esprimere i gravi dubbi che ci lascia nell'animo questa sentenza. Verissimo che l'ammonito può arrivare a tali atti da dar luogo al solo sospetto di voler commettere il furto, senza commetterlo; ma si può consumare il furto senza far sospettare, anzi senza dar la certezza che avesse voluto consumarlo? E come si
può sostenere che in questo caso il sospetto non si compenetri nel fatto già avveratosi, al quale il sospetto si riferisce?
D'altra parte la legge ha voluto creare per alcuni individui perico losi alla società un reato sui generis e di mera essenza politica, qual è il dar luogo a sospetto di aver commesso un reato. Ciò che per re
gola generale non può esser punibile, dovendosi le condanne fondare
sopra prove positive e non sopra semplici sospetti di reità, lo diviene
per alcune categorie di persone, le quali per i loro precedenti fanno
presumere con molta probabilità che abbiano potuto delinquere. In altri termini, la legge punisce quegl'individui pel solo sospetto perchè quantunque spesso manchi la prova legale di aver essi consumato il reato, pure, per le loro qualità ed abitudini, è così grave la presun zione che in effetto abbiano delinquito, da rendere politicamente ne cessaria una punizione. Non potendosi raggiungere la prova completa della reità, si punisce l'aver dato luogo al sospetto. Ma quando quella prova si è ottenuta vien meno lo scopo della legge, e sarebbe quindi inopportuna, anche per questa considerazione, una doppia pena, tanto
più che la stessa legge aggrava le conseguenze penali del reato ap punto per la qualità di ammonito.
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