Udienza 10 giugno 1912; Pres. Gui, Est. Tocci —Ric. P. M. c. VivarelliSource: Il Foro Italiano, Vol. 37, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1912), pp.395/396-397/398Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23114793 .
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895 PARTE SECONDA
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Prima sezione penale)
Udienza 30 marzo 1912; Pres. e Rei. Gui — Conflitto
in causa Mosca ed altri.
Competenza — Complicità «orrIspettiva (bod. pen., art,
378; cod. proc. pen., art. 11)
La diminuzione di pena stabilita dall'art. 378 eod. pen.
(complicità corrispettiva), non influisce sulla compe
tenza. (1) Spetta quindi alla Corte d'assise, non al tribunale, il
giudicare dell' imputazione di complicità corrispettiva
in lesioni personali previste dall'art. 375 n. 2 cod.
pen. (2)
(1-2) In senso contrario, vedi la sentenza 11 gennaio 1912, conflitto in causa Cernusco, pubblicata a col. 231 del presente volume.
La sentenza attuale adottò i motivi della seguente requisi toria del P. G. (De Francesco) :
« Il P. G. : — Letti gli atti del procedimento a carico di Mosca Giacomo e Gazzena Bartolomeo Giacinto, trasmessi alla corte suprema agli effetti dell'art. 395 codice di proc. penale ;
Ritenuto che la camera di consiglio presso il tribunale di
Torino, con ordinanza 23 ottobre 1911, rinviò Mosca Giacomo di Federico e Gazzena Bartolomeo Giacinto di Alberto, al giu dizio del tribunale di Torino, per rispondere del delitto di cui all'art. 378 in relazione all'art. 372, n. 2, codice penale, per avere il di 11 luglio 1911 in Torino, nell'osteria di via Don Bosco n. 6, preso parte all'esecuzione del delitto di lesione all'occhio destro in danno di Levis Giuseppe, lesione che produsse malattia per giorni quindici, con incapacità di attendere alle ordinarie oc
cupazioni per egual tempo, nonché indebolimento permanente della vista, e permanente deformazione del viso ; lesione di cui
s'ignora l'autore.
Che, procedutosi a dibattimento, il tribunale di Torino, su istanza della parte civile, con sentenza 26 gennaio 1912, dichiarò la propria incompetenza, rimettendo gli atti al Procuratore del Ee per il corso ulteriore.
Considerò il tribunale che l'art. 378 cod. pen. non contempla una speciale figura di reato, tanto vero che in esso si fa espresso richiamo ai delitti previsti negli art. 364, 365, 366, 372 e 373 stesso
codice, ma sancisce soltanto una diminuzione di pena ; e poiché nel determinare la competenza (art. 12 cod. proc. penale) non
può tenersi conto di alcuna circostanza, per la quale, senza che sia mutato il titolo del reato, possa avere diminuita la pena, eccetto che si tratti delle diminuzioni per ragione di età, ne
consegue che la diminuzione di pena, stabilita nell'art. 378 cod.
pen., non fa rientrare nella competenza del tribunale il reato ascritto ai giudicabili, la cui cognizione spetta alla Corte d'assise.
Attesoché per determinare la competenza, salvo il disposto dell'art. 252 cod. proc. pen., non si tien conto di alcuna circo stanza per la quale, senza che sia mutato il titolo del reato, possa essere diminuita la pena stabilita dalla legge, eccetto che si tratti delle diminuzioni per ragioni di età.
Attesocchè la diminuzione di pena, stabilita nell'art. 378 cod. pen., non fa venir meno la figura giuridica del reato cui essa si riferisce ; e perciò, nella specie, il titolo del reato di cui debbono rispondere Mosca Giacomo e Gazzena Bartolomeo
Giacinto, permane quello di lesioni contemplate nell'art. 372, n. 2, codice stesso, salvo che, per essere rimasto ignoto l'autore della lesione, è applicabile in favore di coloro che presero parte all'esecuzione di tale reato una diminuzione di pena.
Attesoché, ciò premesso, il reato ascritto ai predetti Mosca e Gazzena é di competenza della Corte d'assise, superando nel minimo la pena l'ordinaria competenza del tribunale.
Visto l'art. 395 codice di proc. pen. ; Chiede che l'eco.ma Corte Suprema dichiari che il fatto
ascritto a Mosca Giacomo e Gazzena Bartolomeo Giacinto co stituisce reato di competenza della Corte d'assise, ed annullando l'ordinanza della camera di consiglio presso il tribunale di To rino 23 ottobre 1911, disponga la trasmissione degli atti al Pro curatore Generale presso la Corte d'appello di detta città per il corso ulteriore di giustizia ».
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA (Prima sezione penale).
Udienza 10 giugno 1912 ; Pres. Gui, Est. Tocci — Rio.
P. M. o. Vivarelli.
Portile — Castagneto — Taglio sbasivo — Lieve en
tità (L. 2 giugno 1910 n. 277, art. 27 ; regolam. 19
febbraio 1911 n. 188, art. 118).
Costituisse contravvenzione agli art. 27 legge 2 giugno 1910 n. 277 e 118 regolamento 19 febbraio 1911
n. 188, il taglio abusivo di castagni, anche se si tratti
di pochi alberi deperiti o in parte abbattuti dal vento.
La Corte : — Vivarelli Angiolo, denunziato per avere
tagliato abusivamente quattro castagni nel suo castagneto in contrada Ledra, territorio di Granagliene, fu tratto
in giudizio avanti il pretore di Bagni della Porretta, per
rispondere della contravvenzione prevista dall'art. 27
L. 2 giugno 1910 n. 277. In esito al dibattimento, il P. M.
chiese l'assoluzione del Vivarelli per non essere l'autore
del reato « e che venisse elevata rubrica d'imputazione
pel medesimo titolo a carico di Gentilini Pietro », testi
mone dato a discolpa dall' imputato. Ed il pretore, con
sentenza dol 10 aprile 1912, dichiarò non farsi luogo a
procedimento contro "Vivarelli Angiolo, perchè il fatto ad
esso imputato non costituisce a termine di legge un
reato.
Il P. M. presso il pretore propose in termine ricorso
per cassazione contro cotesta sentenza, per motivo così
formulato : Erronea interpretazione del 4° capov. art. 27
L. 2 giugno 1910 n. 277, in relazione all'art. 118 rego lamento per l'esecuzione di detta legge approvata con
regio decreto 19 febbraio 1911 n. 188. Per precisa di
sposizione del regolamento, al quale rimanda la legge 2
giugno 1910, deve ottenersi autorizzazione per il taglio di qualsiasi numero di alberi di castagno. Sono eccet
tuati, per le prescrizioni di massima, gli alberi secchi.
Non vale il dire che gli alberi tagliati erano deperiti o rotti dal vento. La decisione sull'opportunità o meno
del taglio, dev'essere lasciata all'autorità forestale.
La Corte osserva, che anzitutto importa stabilire l'og
getto del ricorso. Il P. M. presso la pretura aveva con
cluso, doversi assolvere il Vivarelli per non essere egli autore del reato, e procedere invece contro Gentilini Pie
tro, quale autore del taglio di castagni, indebitamente
ascritto al Vivarelli ; e poiché il pretore con la sua sen
tenza dichiarò che il fatto stesso non costituiva reato,
perchè la legge punisce il taglio di qualche importanza, non già il taglio limitato a qualche pianta, appunto per
questi criteri, che indussero il pretore alla dichiarazione
d'inesistenza di reato, denunzia il P. M. la sentenza
come violatrice delle disposizioni di legge anzidette, e la denunzia è manifestamente giusta.
La legge 2 giugno 1910 n. 277 ha lo scopo generale della tutela della silvicoltora, e questo scopo spiega pie namente il significato del disposto dell'art. 27 della legge stessa; «Il taglio dei castagneti si fa secondo le norme che verranno stabilite nel regolamento generale, e dovrà
essere preventivamente denunziato all'autorità. Il taglio abusivo o non denunziato, è punito con l'ammenda da lire 20 a lire 200 per ogni metro cubo di legname ta
gliato». E coerentemente, il regolamento generale 19 febbraio
1911 n. 188, nell'art. 118 dice: «I proprietari dei ca
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stagneti, vincolati o no, che vogliono procedere al taglio, devono farne denunzia un mese prima all'autorità fore
stale, indicando la destinazione del legname». Ora, se
nella legge non è detto da qual punto il taglio cominci
ad essere importante e denunziabile, deve ritenersi im
portante ai fini della legge e quindi denunziabile qua lunque taglio, perchè l'autorità forestale sia in gx-ado di vigilare ed impedire gli abusi grandi e piccoli, anche
perchè la legge — oltre ad essere repressiva — è emi
nentemente preventiva, in quanto il primo interesse è
quello di conservare i boschi. V' ha di più ; la legge co
mincia a punire l'abuso, da un metro cubo di legname
tagliato, come dall'art. 28 sopra citato, ed anche ciò di
mostra che la denunzia non ha limiti. Nel caso in esame
il legname tagliato risulta di metri cubi 4 ed una fra
zione : e non può essere esatta l'interpretazione di una
norma di legge, per la quale un taglio di tale entità co
stituirebbe un fatto lecito e resterebbe impunito, quando la legge punisce anche il taglio di un metro cubo.
I criteri che ispirarono la denunziata sentenza sono
dunque erronei e bisogna annullarla, rinviando la causa
per nuovo esame ad altro pretore.
Per questi motivi, cassa "e rinvia al pretore di Ca
stiglione di Pepoli.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. (Prima sezione peuale)
Udienza 21 marzo 1912; Pres. Fontana, Est. Tocci —
Rio. Belmonte.
Preserlzlone minore di an anno — Interruzione —
Effetto (Cod. pen., art. 91, n. 6, e 93, comma 3").
Anche nelle prescrizioni minori di un anno, la interru
zione fa decorrere un nuovo termine, compiuto il quale senza ulteriori atti, si verifica la prescrizione, e non
rileva che dalla data del reato sia trascorso meno di
un anno. (1)
La Corte : — ... Sta in fatto che la contravvenzione
di cui trattasi avvenne nel giorno 12 dicembre 1910, e
fu denunciata con verbale del giorno istesso ; il certifi
cato sindacale degli atti di rito è del 14 marzo 1911; in
data 8 novembre è la richiesta del certificato penale del
casellario, ed è della stessa data la citazione al giudizio,
cui segui la sentenza definitiva del pretore in data del
21 novembre medesimo.
Alla base di questi dati di fatto ed ai sensi dell'art. 91
n. 6, 92 e 93 comma 3, cod. pen., l'azione penale di
cui trattasi è prescritta. Invero, all'imputato Belmonte
si sarebbe dovuto infliggere (e fu poi inflitta) l'ammenda
non superiore a L. 300, quindi l'azione penale si prescrive
in sei mesi : la prescrizione, cominciata il 12 dicem
bre 1910, fu interrotta il 14 marzo 1911, ma da quest'ul
tima data all'atto successivo dell'8 novembre corsero più di 6 mesi senza altri atti interruttivi ; evidentemente
dunque l'azione penale contro il Belmonte è prescritta. Ma non è di questo avviso la denunciata sentenza.
In essa si legge : « Non è a ritenere che l'azione pe nale per la contravvenzione su rubricata sia colpita dalla
prescrizione semestrale tenuta presente la pena in con
creto inflitta, perchè oltre a considerare che, come ritiene
la più recente giurisprudenza, la denunzia ha efficacia
interruttiva, come quella che imprime movimento al pro
(1) Non pare ohe possa dubitarsene, e deve recar meravi
glia ohe siasi potuto giudicare in contrario.
cesso ed è atta ad interrompere la prescrizione più breve
di un anno, i] rituale di nascita in data 14 marzo 1911, cioè quando non era decorso il semestre, è egualmente efficace ad interrompere la prescrizione, essendo il ri
tuale un atto che dà sviluppo ed impulso alla procedura. Né può dubitarsi non essersi verificata la prescrizione se
mestrale dalla data del rilascio del rituale (14 marzo 1911) a quella del decreto di citazione (8 novembre), perchè interrotta una volta la prescrizione prima del decorso
del semestre, l'interruzione conserva l'efficacia di man
tenere in vita l'azione penale per la durata di un anno
dal giorno dall'avvenimento, come dispone l'art. 93 2°
cap. cod. pen., senza che occorra compiere successiva
mente altri atti di procedura, sebbene sia trascorso un
semestre fra l'uno e l'altro atto. La legge per i reati
soggetti a prescrizione più breve di un anno ha dettato
una norma speciale, e cioè la prescrizione interrotta si
verifica sempre se nel termine di un anno dal giorno dell' inizio di essa non sia profferita sentenza di con
danna in prima istanza, e non si può, senza offenderne
la portata, aggiungere al testo che la interruzione debba
effettuarsi di sei mesi in sei mesi. Oltre a ciò, nel penul timo capoverso di quell'articolo non è detto come dal
giorno della interruzione ricominci e si svolga l'ulte
riore corso della prescrizione e, per saperlo, si dovrà ri
correre al comma terzo, applicandolo in tutto il suo con
tenuto e non in una parte soltanto.
« Pertanto nel caso in esame, interrotta la prescri zione sul primo semestre, la vita dell'azione si è pro tratta pel corso di un anno dal dì dell'avvenimento».
Ora questa conclusione non è giustificata dalle dispo sizioni di leggi invocate, e tanto meno dalla argomenta zione che la precede. Nel caso in esame trattasi della
prescrizione di sei mesi ; in tal caso dice il terzo comma
dell'art. 93, il corso della prescrizione è interrotto da
qualsiasi atto di procedimento, e la prescrizione inter
rotta ricomincia a decorrere dal giorno della interruzione,
secondo il comma quarto ; di consegnenza, quanti sono
i giorni del primo semestre, altrettante volte la prescri zione può compiersi in un secondo semestre. È quindi
manifèstamente erronea l'affermazione della denunziata
sentenza, che «'interrotta una volta la prescrizione prima del decorso semestre, l'interruzione conservi l'efficacia
di mantenere in vita l'azione penale per la durata di un
anno, dal giorno in cui cominciò la prescrizione secondo
l'art. 92, senza che occorra compiere successivamente al
tri atti di procedura, sebbene sia trascorso un semestre
fra Vuno e l'altro ».
Ed è vero il contrario sempre, meno una volta, cioè
quando l'interruzione avviene nell' ultimo giorno del
primo semestre; nel quale caso, ricominciando la pre scrizione a decorrere dal giorno della interruzione si com
pirà dopo un altro semestre, e cioè contempofaneamente alla prescrizione di un anno stabilita dal comma terzo
dell'art. 93. Cosicché, cominciata a decorrere la prescri zione di cui trattasi nel giorno 12 dicembre 1910, ed in
terrotta nel giorno 14 marzo 1911, in questo stesso giorno la prescrizione ricominciò a decorrere ; e poiché nei sei
mesi successivi al 14 marzo non vi furono atti interrut
tivi, la prescrizione si compi il 14 settembre 1911, e
nel successivo novembre la denunciata sentenza non po
teva condannare il Belmonte per una contravvenzione
già prescritta da due mesi circa.
Per questi motivi, annulla senza rinvio,
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