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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 10 ottobre 1883; Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri, P....

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Udienza 10 ottobre 1883; Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri, P. M. Luciani —Ric. Bonalumi Source: Il Foro Italiano, Vol. 9, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1884), pp. 77/78- 79/80 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23088079 . Accessed: 18/06/2014 23:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.44.79.149 on Wed, 18 Jun 2014 23:41:04 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 10 ottobre 1883; Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri, P. M. Luciani — Ric. Bonalumi

Udienza 10 ottobre 1883; Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri, P. M. Luciani —Ric. BonalumiSource: Il Foro Italiano, Vol. 9, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1884), pp. 77/78-79/80Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23088079 .

Accessed: 18/06/2014 23:41

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GIURISPRUDENZA PENALE

e la scienza giuridica non è elemento costitutivo del

reato ma circostanza aggravante dell' omicidio. E

tutto ciò si ritrae rettamente dall'art. 534 cod. p. in

cui é detto: « l'omicidio volontario non accompa

« guato da alcuna delle circostanze e qualità indi

« cale negli articoli precedenti, sarà punito coi la

« vori forzati a vita ». L'omicidio sta da sé indipen

dentemente dal disegno formato prima dell'azione

che non è elemento costitutivo di esso. Nel diritto

romano l'omicidio premeditato non era esattamente

definito, solo gl'interpreti posteriori lo definirono ho

micidium simplex illud est in quo occidendi animus

concurrit tempore rixae: praemeditatum vero in

quo occidendi deliberano ante rixampraecedit. L'an

tico dritto francese riteneva per assassinio l'omicidio

commesso per mandato o mercede: assassinus mei

tur is qui suscepta ab aliquo pecunia mediante man

dato alterum occidit.

Appo noi nell'antico diritto napolitano ed in quello

toscano l'omicidio premeditato prendeva diverse fi

gure e denominazioni. Nel napolitano dicevasi ora

deliberato, ora a sangue freddo, ora proditorio, ora

insidioso, ed era sempre annoverato fra questi omi

cidi che si dicevano enormi. In Toscana fu detto:

occidendi proposilum frigido paca toque animo su

sceptum et moram habens.

La circostanza che aggrava il reato non può quindi

essere elemento costitutivo, imperocché tutti i soc'

del medesimo omicidio dovrebbero essere in egual

modo puniti. La vera ragione dell'aumento - secondo

la moderna scuola - di quantità politica riconosciuta

nell'omicidio per causa dalla premeditazione sta nella

maggiore difficoltà che ha la vittima di difendersi

avverso un nemico che freddamente calcolò l'aggres

sione. Questa è la vera ragione politica dell'aggra

vante. Non già la maggior pertinacia nel malvagio

proposito; poiché questa ragione assunta e ripetuta da molti, quantunque esprima una verità sotto il

punto di vista morale non sarebbe che una idea dia

fana sotto il punto di vista politico, dove al mag

gior grado di moralità intèrna dell'azione non rispon desse un maggior grado di moralità esterna, cioè una

quantità maggiore di danno politico. Si aggiunge che

neppure nel seno della Commissione del nuovo cod. pen. tanto alacremente elaborato fu mosso dubbio sull'es

senza della premeditazione come circostanza aggra vante dell'omicidio, ed é come tale ritenuta.

Dunque non si appone al vero chi trae argomento contrario dall'art. 84 del cod. pen. che prescrive non

potersi ascendere alla pena di morte senza espressa determinazione della legge; imperocché in questa di

sposizione si è voluto non altro statuire che non si

riconosce passaggio alla pena di morte per qualsiasi aumento nascente dal concorso di aggravanti senza

un'espressa disposizione.

Per queste ragioni, rigetta, etìc.

La Corte, ecc. — Sul ricorso Pastorelli — Atte

soché questa suprema Corte abbia già più volte di

chiarato che trattandosi di accusa di omicidio com

messo con premeditazione ed aguato, la premedita

j zione e l'aguato hanno già a considerarsi non già come elementi costitutivi del reato di omicidio vo

lontario, a senso delle combinate disposizioni degli art. 522, 526 e 534 del cod. penale, onde la figura

giuridica dell'assassinio non è che un complesso qua lificato del fatto principale dell'omicidio volontario, e di circostanze aggravanti e qualificanti che, se

condo i casi, possono essere la prodizione, la preme ditazione o l'aguato. E ciò a differenza del cod. pen. toscano il quale ha la figura speciale, per sé stante, e definita di omicidio premeditato, in cui perciò la

premeditazione entra necessariamente come elemento

costitutivo del reato.

Attesoché dietro la scorta di cotesto massime di

giurisprudenza appena occorra di osservare che nella

presente causa il presidente delle assise presentando ai giurati nella prima questione il fatto principale dell'omicidio volontario, nella seconda la circostanza

della premeditazione, e nella terza quella dell'aguato, non ha fatto che ottemperare esattamente al voto

della legge, in piena conformità alle disposizioni

degli art. 494 e 495 modificati del cod. di proc. pen, e ciò per servir meglio alla verità ed alla giustizia, evitando ogni pericolo di perplessità nell' animo dei

giurati, e rendendo più semplice e più libero il loro

verdetto. Epperò non regge punto la pretesa viola

zione degli art. 494 e 495 modificati del cod. di proc.

pen. che si è denunziata e che si sostiene nella pri ma parte del 3° mezzo aggiunto.

Attesoché tanto meno sussista né meriti accogli

mento, la seconda parte dello stesso mezzo, colla

quale si lamenta la violazione dell'art. 509 del cod.

di proc. pen., inquantochè il presidente non abbia

avuto cura di dare ai giurati 1' opportuno avverti

mento che il fatto principale si trovava frazionato

e compreso nelle tre prime questioni, onde se l'affer

mativa su alcuna di esse si fosse pronunziata alla

semplice maggioranza di sette voti se ne avesse a

fare espressa menzione. Ed invero, se il fatto prin

cipale non era compreso che nella prima questione, se per questa sola il presidente usò la formola « Vac

cusato è egli colpevole ? » se, in seguito, accetta

tesi, senza veruna osservazione, le questioni, come

erano state proposte, il presidente lesse e spiegò ai

giurati, come ne risulta dal verbale, il contenuto

negli art. 502 e 603 del cod. di proc. pen., è mani

festo, e non si può dubitare, che l'avvertimento pre scritto dall' art. 509 fu dato esso pure nei termini

di legge ed in modo da escludere ogni equivoco, ogni

errore, e da assicurare il giusto diritto dell'accusato.

Quindi è priva d' ogni legale fondamento la pretesa violazione del ripetuto art. 509, e la reclamata

nullità. — Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 10 ottobre 1883; Pres. Ghiglieri, Est. Fer

reri, P. M. Luciani — Ric. Bonalumi.

Dibattimento — Interrogatorio Incompleto

tispecic (Cod. proc. pen., art. 281 e 282).

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79 PARTE SECONDA 80

■ ■■giuria — Espressione impersonale ed ipotetica

(Cod. pen., art. 686 n. 3).

Non soddisfa all'obbligo d' interrogare V imputalo

sui fatti che costituiscono il soggetto della impu

tazione, il pretore che in tema d' ingiuria com

messa per mezzo di cartolina postale, si limita

a dimandare al prevenuto se questa è scritta di

suo carattere.

Un giudizio astratto ed oggettivo sulla moralità di

un'azione, espressa a chi forse sta per commetterla

non può costituire ingiuria.

Applicazione al caso Ai cartolina postale cosi con

cepita « se voi volete approfittare di uno sbaglio del mio agente, cosa poco onesta, vi prevengo che

metterò in giro una tratta a vostro carico ecc. »

La Corte, ecc. — (Omissis) 2°. Violazione dell'art.

2 del cod. di proc. pen., inquantochè il pretore non

osservò l'ordine della discussione, trascurando d'in

terrogare l'imputato sulle sue generalità, e non in

terrogando innanzi tutto il medesimo sui fatti che

costituivano il soggetto dell' imputazione 5.° Violazione dell'art. 1 in relazione agli art. 583

e 686 n. 3 del cod. penale inquantochè si ritenne per reato un fatto che tale non era a termini di legge, ritenendosi cioè per reato d'ingiuria una espressione

condizionata, non personale, ma oggettiva, che non

poteva sotto nessun aspetto costituire tale reato. Im

perocché il dire che l'approfittare d'uno sbaglio sa

rebbe cosa poco onesta, è una proposizione del fatto

oggettivo, che nulla ha di personale, nulla d'ingiu rioso e d'offensivo a senso di legge. Or l'imputato disse anche meno, quando premise alla sua proposi zione la particella se, che la rese del tutto condizio

nale e potestativa, e si limitò a qualificare di cosa

poco onesta un fatto eventuale, possibile, senza re

lazione necessaria e diretta alla persona del quere lante Pareschi.

Sul secondo mezzo: — Attesoché dal verbale del

dibattimento pur troppo risulta che il pretore ha tra

scurato affatto di adempiere all'obbligo prescritto a

pena di nullità di domandare all' imputato le sue

generalità, e di interrogarlo sui fatti che costitui

scono il soggetto della imputazione, essendosi egli li

mitato a chiedere al mandatario speciale Stegnanini

se la cartolina postale fosse scritta di pugno e ca

rattere dell' imputato Bonalumi, il che non tiene luogo

di certo dell' interrogatorio formale voluto dalla legge.

Basterebbe questo motivo di rito per portare senza

altro all' annullamento della denunziata sentenza,

giusta le combinate disposizioni degli art. 281 n. 1 e

282, del cod. di proc. penale.

Ma un' altro ben più grave motivo di nullità si

ha in merito della causa, e questo è denunziato col

quinto mezzo del ricorso, su cui per ciò conviene fer

marsi, giacché accogliendolo si va all' annullamento

senza rinvio.

Sul quinto mezzo — Attesoché la proposizione, ossia

le espressioni della cartolina postale scritta dall' im

putato Bonalumi, in cui si volle ravvisare il reato

d'ingiuria a senso dell'art. 686 n. 3 del cod. penale

siano precisamente queste: « In ogni modo se voi volete approfittare di uno

sbaglio del mio agente (cosa poco onesta) vi prevengo che metterò in giro una tratta a vostro carico per il nove ».

Ora non è possibile, senza far sfregio al buon senso, e senza trascorrere ad un eccesso di personale suscet

tibilità, fuor d'ogni misura ed usanza quotidiana,

inammessibile in tema giuridico, il vedere e raffigu

rare in tali parole, in cotale proposizione non che il

sostrato, neppur l'ombra dell' ingiuria contro la per

sona a senso di legge. Il dire cosa poco onesta l'approfittare d'uno sbaglio

è una affermazione tutta oggettiva, ed astratta, non

altramente che il qualificare e giudicare un qualun

que fatto secondo l'intrinseca sua natura e moralità.

E quando il fatto o la cosa non si attribuisce di

rettamente ad una persona, nessuno può intender

sene offeso, ingiuriato, nessuno può dolersene. Un

giudizio astratto sulla moralità di un fatto o di

una azione é l'esercizio di un diritto, e non può con

vertirsi in un reato d'ingiuria.

Nel caso si aggiunge che il Bonalumi non solo si è

astenuto dal l'accusare il Pareschi di poco onesto, ma

ebbe anzi ad ennunciare il suo proposito in modo del

tutto condizionale con un se — Il che dimostra che

nulla vi era di personale, nulla di diretto, nulla di

necessario fra l'oggetto e la persona, nessuna idea

d'ingiuria. Il Pareschi adunque malamente ha fatto scaturire

una ingiuria personale da un concetto o giudizio

puramente oggettivo, attribuendo a sé ciò che era

proprio soltanto della cosa.

In questa condizione di cose il reato d' ingiuria

non sussiste; vi mancano tutti gli estremi legali.

Epperò la denunziata sentenza vuol essere annullata

senza rinvio.

CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA Udienza 11 gennaio 1884; Pres. Ghiglieri, Est. Fer

keri, P. M. Venzi — Ric. Iannarelli.

Farlo — l uoyo — Stalla situata In luogo abi

talo (Cod. pen., art. 609).

Il furto di animali commesso nelle stalle è quali

ficaio pel luogo sia che- le stalle si trovino in a

perta campagna, sia che si trovino in luoghi a

bitati. (1)

La Corte, ecc. — Violazione dell'art. 609 cod. pen.,

perchè per la qualifica del luogo quest'art, richiede

che il reato sia commesso in aperta campagna o in

stalla egualmente situata in campagna, lungi dall'a

bitato; ciò che non si ha in una stalla, come nella

fattispecie, sita nel paese.

Attesoché tale mezzo sia privo d'ogni fondamento

poiché i quesiti sulle qualifiche del luogo a senso de

(1) V. in proposito Cass. Palermo, 28 die. 1882, e relativa nota, nel

Foro it., 1883, II; 256.

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