Udienza 12 aprile 1879, Pres. Ghiglieri P., Est. Canonico, P. M. Spera (Concl. conf.) —Grassini(Avv. Cadenazzi) c. Municipio di Novara (Avv. Cerruti e Rivaroli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp.113/114-117/118Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084703 .
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113 GIURISPRUDENZA PENALE 114
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 25 gennaio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Nicolai,
P. M. Spera (Conci, conf.) — Ric. Di Carlo Tommaso.
(•turati — Questioni — Ferimento seguito da morte
— Concausa — Eccesso di line — Compatibilità
(Cod. pen., art. 541 e 569; Cod. proc. pen., art. 594).
In tema di ferimento seguito da morte sul concorso
di una causa preesistente o sopravvenuta, può ben
sussistere l'eccesso di fine; e quindi è nullo il ver
detto, se la Corte d'assise abbia ricusato di proporre
al Giurì la domanda relativa a quest'ultima scu
sante. (1)
La Corte, ecc. — Considerando che a nome e per
interesse dell'accusato Di Carlo la difesa conchiuse per
una dichiarazione d'incolpabilità; in subalterno caso
ammettersi il benefizio dell'eccesso nel fine ai termini
dell'art. 569 del Cod. pen.
E siccome il presidente dalle proposte questionijavea
esclusa la questione sulla scusante dell'eccesso nel fine
proposta dalla difesa, così, questa insistendo per l'am
missione, la Corte dovè pronunziare sull'incidente, e
con ordinanza proposta in pubblica udienza, sulle dif
formi conclusioni del pubblico ministero, rigettò la di
manda della difesa per la considerazione che, trattan
dosi del caso in cui la morte di Colella sarebbe avve
nuta non solo pel fatto delle percosse datele dall'accusato,
ma eziandio per altra causa preesistente sopravvenuta,
la proposta questione non era ammessibile; giacché»
concesso dall'art. 541 Cod. pen. un largo beneficio al
l'agente nel caso d'omicidio avvenuto non solo per na
tura delle percosse o ferite, ma anco pel concorso di
altra causa preesistente o sopravvenuta, come nella
specie, questo benefizio dovesse naturalmente escludere
qualsiasi altro favore come quello dell'eccesso del fine;
Considerando che questo ragionamento della denun
ciata sentenza è del tutto erroneo. La Corte infatti non
ha considerato che la legge nel caso previsto dall'ar
ticolo 541 ha stabilito due benefizi, due scusanti infor
mate a principi diversi: la prima tutta obbiettiva,
quando cioè la morte dell'offeso sia seguita entro i 40
giorni immediatamente successivi al reato, non per la
sola natura delle ferite o percosse, ma anco per causa
preesistente o sopravvenuta, accordando una diminu
zione della pena d'uno o di due gradi; la seconda tutta
subbiettiva contemplata dall'art. 569, e consistente nel
l'eccesso del fine, quando cioè colui che aveva intenzione
soltanto di percuotere o di ferire commette un reato
più grave che sorpassa nelle sue conseguenze l'avuto
disegno, tranne che avesse potuto facilmente preve
dere le conseguenze del proprio fatto, accordando pure
una diminuzione di uno o di due gradi.
Onde, l'una scusante, quella del concorso della con
causa, non escludendo l'altra dell'eccesso nel fine e della
non facile prevedibilità delle sinistre conseguenze, fosse
debito del presidente e della Corte di ammettere la
questione sulla scusante richiesta dalla difesa; e non
ammettendola violasse manifestamente il disposto del
l'art. 569 del Cod. pen., nonché l'art. 495 della relativa
procedura ; Per questi motivi, cassa e rinvia, ecc.
(1) Coerentemente al principio che la circostanza della concausa è
del tutto obbiettiva e quindi estranea alla persona degli accusati, la
Cassazione di Torino ha deciso che deve tenersene conto anche quando si tratti di ferimento seguito da morte commesso in rissa e di cui non
si conosca il preciso autore (sentenza 3 maggio 1878, Foro it., 1878»
col. 494).
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 12 aprilo 1879, Pres. Giiiglieri P., Est. Ca
nonico, P. M. Spera (Conci, conf.) — Grassini (Avv.
Cadenazzi) c. Municipio di Novara (Avv. Cerroti
e Rivaroli).
Stazio consumo — Frazione «sterna <li Connine chiuso
— Deposito — Uistanza (Legge 3 luglio 1864, art. 5,
6 e 3; Legge 11 agosto 1870, art. 1 e 4; Regol. 25 a
gosto 1870, art. 48).
La parificazione stabilita dall' articolo 5 della legge
3 luglio 1864 delle porzioni di Comuni chiusi poste
fuori del recinto daziario ai Comuni aperti non è
ristretta al solo modo di riscossione del dazio, ma
deve intendersi come un principio generale posto
a fondamento delle leggi sulla materia. (1)
La disposizione dell' art. 48 del reg. 25 agosto 1870,
la quale vieta i depositi di generi soggetti a dazio
entro i 500 metri dalla linea daziaria, si applica
anche alle porzioni dei Comuni chiusi abbonati
poste al di fuori della cinta. (2)
La Corte, ecc. — Ritenuto che con sentenza 25 giu
gno 1878 il signor Carlo Grassini veniva dal pretore
di Novara condannato a cinque lire d'ammenda ed ac
cessori, siccome colpevole di contravvenzione all'ar
ticolo 48 del regolamento 25 agosto 1870 sui dazi in
terni di consumo, per aver tenuto un deposito di ge
neri soggetti a dazio in un magazzeno situato nel sob
borgo di Sant' Agabio, frazione del Comune di Novara,
ma al di fuori del recinto daziario, senza la prescritta
dichiarazione ed a distanza minore di 500 metri dalla
linea daziaria del detto Comune chiuso ed abbonato
per la riscossione dei dazi di consumo governativi che
(1-2) Aderiamo pienamente alla tesi intorno alla applicazione del
l'art. 48 del regolamento 20 agosto 1870 alle frazioni di Comune chiuso
situate fuori la cinta daziaria, sostenuta nella presente causa con
gran vigore di argomentazione dall'avv. Cerruti di Novara ed accolta
dalla Cassazione con la sentenza che pubblichiamo. La quistione è notevolmente importante perchè, per quanto ci consta,
il citato art. 48 è stato sinora diversamente applicato dalle ammini
strazioni comunali di molte città: i Comuni di Novara, Napoli, Ales
sandria, Vercelli, Pinerolo e Casale Monferrato lo hanno infatti co
stantemente applicato in senso conforme alla presente sentenza, le città,
di Milano, Torino e Genova in senso contrario.
Non abbiamo contuttociò rinvenuto alcun precedente di giurispru denza nei giornali giuridici : ci è noto soltanto che la Corte di appello di Torino nella sentenza (inedita) 8 febbraio 1879, pronunziata in altra
causa civile fra le stesse parti fra le quali è stata emessa la presente
decisione, è andata in una opinione opposta a quella della Cassazione
di Roma e che la stessa opinione contraria era già stata prima soste
nuta dalla Rivista gabellaria alle pag. 239 e 402 dell'anno 1876.
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte li. — 8,
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115 PARTE SECONDA 116
10 riflettono; e tale sentenza fu confermata in appello
con altra del Tribunale di Novara in data 4 dicembre
1878, contro cui produsse regolare ricorso, accompa
gnato dal deposito della multa, il Grassini (Omissis);
Premesso, in ordine ai due mezzi di diritto dal ri
corrente dedotti, che scopo delle leggi sovracitate è
assicurare la riscossione dei dazi, sia nell' interesse dello
Stato, sia nell' interesse dei Comuni che, entro i limiti
concessi, abbiano assunto essi medesimi tale riscossione; Che per conseguenza, mentre dagli articoli 6 e 8 della
legge 3 luglio 1864 è stabilito in massima generale che
11 dazio di consumo si riscuota, pei Comuni chiusi, al
l'introduzione dei generi nel recinto daziario, intorno
al quale è prescritta una zona di vigilanza larga 25
metri, e che, per i Comuni aperti e le frazioni esterne
dei Comuni chiusi, si riscuota sulla vendita al minuto,
quando si tratta di Comuni chiusi, i quali abbiano as
sunto la ricossione del dazio anche di Comuni aperti
contermini, la legge non si contenta più della zona
ordinaria di vigilanza, ma esige che, tranne assenso
dell'autorità daziaria, non si possano far depositi di
generi o d'animali soggetti a dazio a distanza minore
di 500 metri dal recinto daziario e senza previa dichia
razione all' autorità suddetta, e ciò onde impedire che,
per la prossimità di tali depositi, si renda più facile
l'introduzione clandestina;
Atteso, nel caso presente, che il Municipio di No
vara, Comune chiuso, assunse (è vero) la riscossione
per abbonamento del dazio proprio soltanto, e non di
quello di Comuni aperti contermini, ma che però al
cune frazioni d'esso Comune (fra cui quella di S. Agabio, della quale si tratta) sono situate fuori del recinto da
ziario, e che l'art. 5 della legge 3 luglio 1864 parifica
quelle frazioni ai Comuni aperti; Che questa parificazione non può intendersi ristretta
al solo modo di riscossione del dazio, ma deve ritenersi
come un principio generale posto a fondamento delle
leggi sulla materia; Che infatti la formola illimitata con cui è concepita
questa disposizione di legge, le porzioni dei Comuni
chiusi fuori del recinto daziario s'intenderanno pa
rificate ai Comuni aperti, non consente restrizione di
sorta; tanto più ch'essa trovasi collocata in principio della legge ed immediatamente dopo l'articolo 4, in cui
si dichiara quali Comuni debbono intendersi chiusi,
quali aperti, quasi a completare questi concetti che
sono la base di tutta la legge; Che l'avere il legislatore adoperato in parecchi ar
ticoli le due locuzioni distinte Comuni aperti e fra zioni di Comuni chiusi, invece di accennare ad un si
gnificato restrittivo del citato art. 5, non fa anzi che confermare il principio della parificazione completa da
quell'articolo stabilita; imperciocché in tutti gli articoli, in cui ciò avviene, le dette due locuzioni sempre si
adoperano congiuntivamente per applicare, sì ai Comuni
aperti che alle frazioni esterne dei Comuni chiusi, iden
tiche disposizioni di legge (Conf. legge 3 luglio 1864, art. 8; legge 11 agosto 1870, art. 13 e 16; regolamento 25 agosto 1875, art. 34) ;
Che non si trova articolo nel quale una siffatta pa
rificazione non si riscontra: il solo che sembri a prima
giunta farvi eccezione è l'articolo 1 della legge 11 ago
sto 1870, ove è detto che gli articoli 16 e 17 della legge
3 luglio 1864 sono applicabili solamente ai Comuni chiusi
colle loro frazioni esterne, ed ai consorzi volontari di
Comuni aperti; ma, oltre che la distinzione cade qui, non fra Comuni aperti e frazioni esterne di Comuni
chiusi, bensì fra Comuni chiusi colle loro frazioni
esterne e consorzi volontari di Comuni aperti (ed era
necessario per l'oggetto di cui si parla in quell' articolo),
la deroga che si faccia in certi casi singolari non giova
che ad avvalorare il principio generale; Che nulla eziandio prova in contrario il non trovarsi
nelle leggi anteriori al 1870 disposizioni relative al caso
in esame; dappoiché, sulla base del principio stabilito
dal ripetuto art. 5 della legge 3 luglio 1864, si fece l'ar
ticolo 4 della legge 11 agosto 1870 ed il relativo ar
ticolo 48 del regolamento 25 stesso mese, senza che
nessuna limitazione sia stata recata dalle leggi mede
sime a quel generale principio; Che identica d'altronde è la ragione della legge, sì
pei Comuni aperti, come per le frazioni esterne dei
Comuni chiusi, quella cioè d'impedire al possibile l'in
troduzione clandestina nei Comuni chiusi di genere
soggetto a dazio onde evitarne il pagamento, il quale
pericolo evidentemente si verifica tanto nel caso in cui
il sobborgo esterno al recinto costituisca un Comune
di per sè (e chiamasi quindi Comune aperto), quanto nel caso in cui quel sobborgo sia semplice frazione esterna del Comune chiuso, al cui recinto è vicina; ed
è manifesto del pari che, limitando la parificazione (come il ricorrente vorrebbe) al solo modo di riscossione del
dazio, l'accennato pericolo sarebbe, non diminuito, ma
accresciuto. Poiché è appunto per evitare il pagamento del dazio al momento della vendita che si cerca in
trodurre clandestinamente i generi nel recinto daziario
dei Comuni chiusi; ed ove si escludessero per le frazioni
esterne dei medesimi le guarentigie dell'articolo 48
del citato regolamento, diretto precisamente ad assicu
rare il pagamento del dazio all'entrare nel recinto, una
siffatta clandestina introduzione resterebbe senza pa
ragone più facile; Atteso pertanto che, sebbene l'abbonamento assunto
dal Municipio di Novara per la riscossione del dazio
riguardi soltanto il proprio Comune, esso abbraccia
però tutte le frazioni del Comune stesso che si trovano
extra muros, fra le quali è il sobborgo di S. Agabio; Che questo sobborgo, dovendo, pel citato articolo 5
della legge 3 luglio 1864, intendersi parificato ad un
Comune aperto, non solo agli effetti del modo di riscos
sione del dazio, ma altresì per l'applicazione delle
guarentigie dalla legge ordinate ad assicurare una tale
riscossione, è ad esso applicabile la disposizione del
l'art. 48 del regolamento 25 agosto 1870, la quale vieta
i depositi di generi soggetti a dazio entro i 500 metri
dalla linea daziaria, ed esige inoltre una precisa dichia
razione; Che il deposito fatto dal Grassini ebbe luogo ad una
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117 GIURISPRUDENZA PENALE 118
distanza minore di 500 metri dalla linea daziaria di
Novara, e non fu preceduto dalla prescritta dichiara
zione ; Che quindi non sussistono i mezzi d'annullamento
dal medesimo dedotti, e sussiste invece la contravven
zione appostagli, non che l'impugnata sentenza con
fermativa della condanna contro di lui pronunziata dal
pretore di Novara; Per questi motivi, rigetta il ricorso, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 5 febbraio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Fer
reri, P. M. Spera — Ric. Murra Falqui Antonio e
Giovanili.
Corte <11 assise — Giudice traslocato — Giurisdi
zione prorogata dal primo presidente (Ord. giud.,
art. 80). Un giudice traslocato altrove può continuare a sedere
nella medesima Corte di assise se la giurisdizione
gli sia prorogata da una nota ufficiale del primo
presidente, cui l'art. 80 della legge sull'ordina
mento giudiziario conferisce l'ufficio di regolare ed
assicurare il servizio delle assise nel suo distretto. (1)
La Corte, ecc. — Sul secondo mezzo: « Violazione
dell'art 80 della legge sull'ordinamento giudiziario per
chè il giudice Felice Ortu, che con decreto del 5 agosto
era di già stato traslocato al Tribunale di Oristano,
non poteva più far parte della Corte d'assise di Nuoro,
in cui mancava di giurisdizione ».
Attesoché risulta agli atti che se il giudice Fe
lice Ortu con R. decreto del 5 agosto era stato tra
mutato al Tribunale di Oristano, gli si era però colla
nota del primo presidente della Corte d'appello, in data
del 16 agosto stesso, ordinato di non lasciare il posto
fino all'arrivo del suo successore
Attesoché dietro le premesse risultanze degli atti
il secondo motivo trovi una categorica risposta, per la
proroga della giurisdizione, nella nota ufficiale del
primo presidente della Corte di appello, a cui, giusta
l'art. 80 della legge sull'ordinamento giudiziario, spetta
in ogni caso di regolare ed assicurare il servizio delle
Assise nel suo distretto, e di surrogare, ove d'uopo, i
giudici mancanti od impediti;
Per questi motivi, rigetta, ecc.
(1) Confronta stessa Corte, 30 dicembre 1878. a col. 49 del presente
volume, e relativa nota, ivi.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA.
Udienza 29 gennaio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Fer
reri, P. M. Spera — Ric. Contessa Ugo.
Minaccio — Contravvenzione — Estremi — Mani
inermi (Cod. pen., art. 686, n. 2).
A costituire la contravvenzione di minaccie, preve
duta dall'art. 686, n. 2, Cod. pen., non è neces
savio V impugnamento di un'arma, potendo il giusto
timore ed il pericolo del danno altrimenti provenire da minacciate violenze alla persona con morsi od
anche solo a colpi di mano o di piede.
La Corte, ecc. — Il pretore di Terni dichiarò colpe vole Contessa Ugo del reato di minaccie, e in appli
cazione dell'art. 686 del Cod. pen. lo condannò a lire 5
di ammenda.
Il Contessa ricorse e denunziò la violazione degli articoli 686, n. 2, e 688 del Cod. pen. Esso dice che le
parole profferite: Lasciatemi: me la voglio mangiare,
nell'atto di farsi addosso alla Stefanini, non costitui
vano il reato di cui parla il citato art. 686, al n. 2,
tanto più, perchè pronunciate da un giovane inerme,
esse non potevano essere cagione di allarme; Attesoché il pretore di Terni colla denunciata sen
tenza abbia in sostanza pronunciato un giudizio di ap
prezzamento e di fatto che per sè sfugge ad ogni cen
sura in sede di Cassazione; Attesoché d'altronde non è cosa seria il sostenere,
contro il dettato del più comune buon senso, che nei
termini surriferiti dalle parole usate dall'imputato ri
corrente, nell'atto di avventarsi contro il suo avver
sario, non si contengano gli estremi legali di quella
semplice contravvenzione che è preveduta e punita
dal n. 2 dell'art. 686 del Cod. pen., per cui non è punto necessario l'impugnamento di un'arma, quando il giusto timore e il pericolo del danno possono ben altramente
provenire, come nella fattispecie, da minacciate vio
lenze alla persona, coi morsi, ed anche solo a colpi di
mano o di piede; Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI NAPOLI. Udienza 28 marzo 1879, Pres. Mirabelli, Est. Ciol
laro, P. M. Conforti (Conci, conf.) — Ric. Passa
nante.
Testimone — Giuramento — Nullità non sanabile
(Cod. proe. pen., art. 289). Parte lesa non denunziante — Giuramento (Cod.
proc. pen., art. 289 e 270). Attentato al Ile — Estremi (Cod. pen., art. 153).
Principio di esecuzione — Questione <li diritto o di
fatto (Cod. pen., art. 159). Giurati — Questioni — Modalità del fatto dedotto
in accusa — Doppia ipotesi — Unico quesito (Cod.
proc. pen., art. 494). Dibattimento — Deposizioni scritte — Lettura dopo
l'esame orale (Cod. proc. pen., art. 311). Perizie — Risposte dell'accusato — Lettura al di
battimento (Cod. proc. pen., art. 311).
Il giuramento dei testimoni vuoisi ritenere siccome
prescrizione di ordine pubblico, ed il silenzio delle
parti non basta a sanare la nullità derivante dalla
omissions di quella solennità. (1)
(1) Conformemente la stessa Corte con la sentenza 27 novembre 1876, ric. Izza (Rivista pen., V, pag. 460), decise che il silenzio della parte
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