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Udienza 12 febbraio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri, P. M. Spera —Ric. Botti LuigiSource: Il Foro Italiano, Vol. 4, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1879), pp. 89/90-91/92Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23084689 .
Accessed: 18/06/2014 07:43
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GIURISPRUDENZA PENALE 90
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 31 gennaio 1879, Pres. Ghiglieri, Est. Ferreri,
P. M. Spera — Ric. Caselli.
Ammonizione — IVndenia ilei procedimento penale
per la stessa imputazione (Cod. pi*0C. pen., art. 640,
n. 3). Truffa — Sacerdote —
Dispensa di " brevi » spac ciati per miracolosi — Ricevimento di doni (Cod.
proc. peri, art., 626).
E nulla per eccesso di potere Vammonizione inflitta
per lo stesso fatto pel quale trovasi pendente re
golare procedimento penale.
Non costituisce truffa, e non può quindi neanche dar
luogo ad ammonizione per sospetto di aver com
messo quel .reato, il fatto del sacerdote il quale
dispensi dei brevi facendoli credere atti a guarire
le malattie ed allontanare le streghe, e riceva
qualche dono dai creduli ai quali, dietro loro pre
ghiera, li abbia dispensati.
La Corte, ecc. — Considerando, sul primo mezzo, che
mediante processo verbale dell'11 ottobre 1878 il bri
gadiere dei reali carabinieri di stazione in Città San
tangelo esponeva come il sacerdote Luigi Caselli, chia
mato dall' arciprete di detta città a coadiuvarlo nelle
funzioni di curato, avendo agio di avvicinare la gente
superstiziosa, specialmente i contadini, dispensasse loro
brevi da lui fatti, 'facendo credere che per essi si sa
rebbero liberati da diverse malattie e dalle streghe, e
ricevesse in compenso complimenti ed altre molte cose;
e poiché si trattasse di una frode continuata, prevista
dall'art. 626 del Cod. pen., lo denunziava all'autorità
giudiziaria pel procedimento di regola, qualora i fatti
risultassero dietro istruzione. Di che nello stesso dì
11 ottobre data dal pretore comunicazione al procu
ratore del Re di Teramo, questi incaricò tosto il pre
tore stesso per gli atti di istruzione contro il denun
ziato per reato di truffa. Nel mentre s'istruivano
tali atti, il pretore nel 31 ottobre, prima che fosse
compiuta l'iniziata istruzione, ordinò al denunziato di
comparire avanti di lui per essere ammonito, e per lo
stesso identico fatto, con ordinanza del 3 novembre suc
cessivo, dopo di averlo interrogato, l'ammonì come so
pra è stato detto; quindi nel seguente di 11 inviò gli
atti e le raccolte informazioni al procuratore del Re.
Ora, dopo tutto ciò, si presenta fondato il primo
mezzo. E per fermo, una volta deferito il denunciato
alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, cui
spettava di conoscere in via di azione penale del reato,
ed una volta ordinata ed istruita contro di esso una
regolare procedura, il pretore, quale ufficiale di po
lizia giudiziaria, se poteva, sebbene si trattasse di un
reato non di sua competenza, instituire indagini, rac
cogliere informazioni e procedere a tutti gli atti di
istruzione occorrenti affine di accertare il reato o il
suo autore, per quindi rimetterli all'autorità ordinaria
competente; era peraltro suo debito l'astenersi dal pro
cedere, come fece, in via economica, e ciò per non
preoccupare il corso della giustizia penale, e non ag
gravare la condizione dell'imputato, sottoponendolo nel
tempo medesimo a un doppio procedimento, e a rischio
di far nascere un conflitto fra le due autorità, come
di fatto avvenne. Poiché, mentre il pretore profferì sotto dì 3 novembre un'ordinanza d'ammonizione contro
il denunziato, quale sospetto in reato di truffa, poco
dopo il giudice d'istruzione nelle conformi conclusioni
del pubblico ministero, con decreto del 16 dello stesso
mese, non ravvisando nell'identico fatto gli elementi
della truffa, dichiarava non farsi luogo a procedimento
per inesistenza di reato.. È adunque fondato il primo
mezzo; giacché vi abbia eccesso di potere ogni volta
che il giudice operi al di là di quanto la legge gli
consente;
Considerando, sul secondo mezzo, che egli è ugual
mente fondato. Ed invero, dispone l'art. 626 del Codice
penale che si fa reo di truffa chiunque, con qualsiasi
artifìcio o maneggio doloso atto ad ingannare ed abu
sare della altrui buona fede, si sarà fatto consegnare
o rilasciare danaro, fondi, mobili ed altro che non gli
spettino, ed avrà con quei mezzi carpito la totalità o
parte degli altrui beni. Onde, a costituire il reato di
truffa non basta l'uso di un artifizio o maneggio do
loso atto ad ingannare od abusare dell' altrui buona
fede, ancorché a scopo di lucro ; ma è di necessità che
si verifichi anco l'altro estremo, che cioè l'agente per
mezzo di quegli artifizi sia riuscito a farsi consegnare,
o rilasciare, o carpire denaro od altre cose. che non
gli appartengono.
Ora, nella specie, tanto se si attenda il tenore della
denunzia dei reali carabinieri, quanto se attendasi il
tenore dell' ordinanza d' ammonizione, il Caselli non
avrebbe fatto altro, secondo giustamente osservò il giu
dice d'istruzione nel suo decreto di non esser luogo a
procedimento, che « ricevere qualche dono dai creduli
« che lo pregavano, ed ai quali egli impartiva i suoi
« brevi per guarire e le sue benedizioni ».
In questi termini di fatto viene meno evidentemente
il reato di truffa, quale è previsto dall'art. 626 del Co
dice penale. Onde, escluso nell'operato del Caselli un
tale reato pel quale era stato denunziato, non poteva
certo ritenersi per quell'istesso fatto un individuo so
spetto come truffatore ; egli fu dunque ammonito senza
che si trovasse né in quello né in alcun altro dei casi
tassativamente indicati dall'art. 105 della legge sulla
pubblica sicurezza 20 marzo 1865, e 105 della succes
siva legge 6 luglio 1871 ; furono perciò violati detti ar
ticoli, e malamente applicato l'art. 106 della suddetta
legge ; sicché l'ordinanza di ammonizione deve essere
annullata ;
Per questi motivi, cassa senza rinvio, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 12 febbraio 1879, Pres.- Ghiglieri, Est. Fer
reri, P. M. Spera — Rie. Botti Luigi.
Dibattimento — lBretore — Iiiterriizione per oltre
IO giorni — Dissenso dell' imputato — Xullità
(Cod. proc. pen., art; 282).
Il Foro Italiano. — Volume IV. - Parte II. — 6,
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91 PARTE SECONDA
Vi è nullità se il dibattimento fu rinviato dal pre
tore, malgrado il dissenso della difesa, e per oltre
10 giorni, e dipoi fa ripreso non da capo, ma come
continuazione di quello interrotto. (1)
La Corte, ecc. — Attesoché stia in fatto, come ne
risulta dagli atti, che il pretore di Frascati nella prima udienza del 27 settembre, a cui fu chiamata la causa
e comparve l'imputato, per far luogo ad una perizia delle misure sequestrate, non ostante il dissenso e la
protesta della difesa dell' imputato medesimo, ordinò
il rinvio della causa all'udienza fissa del giorno 12 ot
tobre successivo, e così oltre i dieci giorni; Attesoché risulti ancora che a questa udienza del
l'I 1 ottobre il pretore, invece di ripigliare e comin
ciare da capo tutto il dibattimento, non fece che pro
seguire quello interrotto e rinviato già dall'udienza del
27 settembre, di guisa che fra la prima parte e la se
conda del dibattimento vi è corsa una sospensione per l'intervallo di ben 14 giorni;
Attesoché una simile arbitraria ed eccessiva sospen sione di un dibattimento cominciato, senza che venga del tutto rinnovato ed integrato, non solo è contraria
ai principi di una retta amministrazione della giustizia, che non consentono in nessun caso la interruzione dei
giudizi penali, se non per quei brevi periodi di tempo che non possano nuocere alla piena e perfetta ricor
danza di fatti e delle circostanze tutte relative alla
causa, ma è espressamente e formalmente condannata
da una chiara e tassativa disposizione di legge, quale è quella che si legge nel secondo copoverso dell'arti
colo 282 del Codice di procedura penale, il quale, non
permette la continuazione di un dibattimento rinviato
o sospeso per altri dieci giorni; Attesoché il suddetto art. 2 capoverso sia cosi con
cepito: « I dibattimenti innanzi ai pretori, ai Tribu
« nali correzionali, ed alle Corti nelle sezioni degli ap « pelli correzionali, potranno per gravi motivi, col
« consenso delle parti, essere interrotti e rimandati
« con ordinanza motivata per la continuazione ad una
« delle udienze successive, purché non sia oltre dieci
"« giorni ».
Or, nella fattispecie, non si ebbe il consenso delle parti, e il termine del rinvio fu assai al di là del maximum
concesso.
Quindi aperta violazione del citato articolo, e nullità
assoluta del dibattimento, perchè interrotto e ripreso sensa il consenso delle parti e fuori termine, senza'una
integrale rinnovazione; Per questi motivi, cassa, ecc.
(1) Il Saluto (Commento, ecc., sec. ediz., vol. Ili, § 957), mentre ritiene nullo il dibattimento interrotto senza consenso delle parti, os serva che il termine non oltre i 10 giorni non è prescritto a pena di nullità, e crede che, nel difetto di protesta da parte della difesa, l'in frazione di un tal precetto di legge non sia soggetto a cassazione, come ha deciso la suprema Corte di Firenze con le sentenze 16 feb braio 1870 {Legge, 1871, pag. 715; Annali, IV, pag. 240), e 23 dicem bre 1872 (Annali, VII, pag. 62).
CORTE DI CASSAZIONE DI ROMA. Udienza 17 febbraio 1879, Pres. Ghigliebi, Est. Nicolai,
P. M. Spera — Ric. Scisione Giuseppe.
(■iiirati — Questioni —Più reali —Unica questione sulla provocazione — Complessità (Cod. proc pen., art. 494 e 495 modif. dalla legge 8 giugno 1874).
Vi è vizio di complessità, se, essendo stata proposta la scusa della provocazione per più reati dedotti
in accusa, la relativa domanda sia stata fatta in
unica questione complessiva, e non in tanti quesiti
quanti sono i reati.
La Corte, ecc. — Considerando che il ricorrente fu menato al pubblico giudizio sotto l'accusa di due distinti
reati, cioè di ferimento susseguito da morte nei qua ranta giorni immediatamente successivi, in persona di
Tommaso Giordani, e di ferimente volontario semplice in persona di Cammillo Giordani;
Che, dedotta dal difensore dell' accusato la circo stanza della grave provocazione per ambedue i reati, le questioni sulla proposta scusante furono formulate così :
« Questione quarta. — Nell'affermativa della prima « e della terza questione (l'una relativa al fatto del fe « rimento susseguito da morte, l'altra relativa al feri « mento volontario semplice), ed anche di una sola di « esse, l'accusato commise i fatti ivi indicati nell'im « peto dell' ira, ed in seguito di provocazione ?
« Questione sesta. — Nella affermativa della prece « dente, la provocazione è seguita con percosse o vio « lenze gravi contro le persone, o con atroci ingiurie, « avuto riguardo all'indole dei fatti ed alla generalità « delle persone provocanti e provocate? »
Considerando che apparisce evidente il vizio di com
plessità nelle due riferite questioni; giacché, anzi di essere la scusante proposta in questioni distinte e se
paratamente per ciascuno dei due reati, fu invece pro posta complessivamente, in una sola questione per en
trambi, da lasciare incerti se la scusante della grave provocazione fosse stata negata per l'uno o piuttosto per l'altro reato, o per ambidue. Né rileva che alla
questione quinta i giurati abbiano risposto affermati
vamente, ammettendo la provocazione semplice; im
perocché il vizio della complessità rimane nella se
guente questione sesta intorno alla gravità della pro vocazione, cui i giurati risposero negativamente; mentre non poteva neppure escludersi il possibile che l'accu sato Scisione si rendesse colpevole del ferimento sus
seguito da morte in persona di Tommaso Giordani, trattovi da grave provocazione, e ferisse semplicemente Camillo Giordani, senza che riguardo a costui la
grave provocazione avesse luogo, o viceversa; ed avrebbe anco potuto verificarsi che, essendovi provo cazione per entrambi i reati, tale provocazione fosse
grave per uno, non fosse grave per l'altro; Che in conseguenza di un tal vizio di complessità è
manifesta la violazione degli articoli 494 e 495 della
procedura penale, modificati dalla legge 8 giugno 1874;
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