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PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE || Udienza 12 maggio 1943; Pres. Romano, Est. Bicci, P. M....

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Udienza 12 maggio 1943; Pres. Romano, Est. Bicci, P. M. Battaglini (concl. conf.) —Ric. Moccia Source: Il Foro Italiano, Vol. 68, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1943), pp. 145/146-147/148 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23132373 . Accessed: 24/06/2014 23:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.20 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:21 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Udienza 12 maggio 1943; Pres. Romano, Est. Bicci, P. M. Battaglini (concl. conf.) —Ric. MocciaSource: Il Foro Italiano, Vol. 68, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1943), pp.145/146-147/148Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23132373 .

Accessed: 24/06/2014 23:52

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145 GIURISPRUDENZA PENALE 146

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE. (Prima sezione penale)

Udienza 7 aprile 1943 ; Pres. Jannitti Piromallo, Est.

Pai.opOli, P. M. Cordova (conci, conf.) — Eicc. P. M.

e Chidichimo (Avv. Ungaro; per la parte civile Av

vocato Cassinelli).

(Sent, denunciata : Trib. Castrovillari 25 maggio 1942)

Locazione di cose — Licenza per finita locazione — Man

cala comparizione del conduttore -— Convalida —

Esecuzione — Non sussiste slratto abusivo (R. D. L. 12 marzo 1941, n. 142, art. 2 capov. 2°).

Non incorre nella violazione dell'art. 2, capov. 2°, del regio

decreto-legge 12 marzo 1941 n. 142 il locatario che, dopo avere intimato al conduttore la licenza per finita loca zione ed ottenutane la convalida per mancata compari zione del conduttore stesso, dà esecuzione alla convalida. (1)

La Corte : — ... Ha ritenuto infatti la sentenza gravata, che con atto di citazione per finita locazione del 12 gen naio 1942 Chidichimo Rinaldo convenne dinanzi al Giu dice conciliatore di Trebisacce Di Noia Nicola per sentirsi

convalidare la licenza per finita locazione e ordinare il

rilascio del quartierino locato, assumendo : che la società

Italcementi di Bergamo aveva locato ad esso Di Noia, al

lora Segretario comunale di Trebisacce, una palazzina per uso abitazione, col patto espresso che l'avrebbe lasciata

sempre libera per consegnarla subito, e in qualunque tempo, all'acquirente, in caso di vendita ; che essendo stata dalla Società venduta la palazzina, il Di Noia, dovendo lasciarla libera e non avendo, momentaneamente, ove de

positare i mobili per farli poi trasportare a Moiano Ca

labro, paese ove era tornato a risiedere, ottenne dalla So cietà medesima di potere momentaneamente e transito

riamente depositare i mobili in un quartierino di altra

palazzina, allora libera, pattuendo, per tale deposito, lire 35 al mese, mentre gli altri quartierini erano locati a lire 200 mensili ; che avendo la Società venduto tutti i suoi im

mobili compresa la palazzina al Chidichimo, questi aveva interesse che il quartierino gli fosse stato lasciato libero al 1° febbraio 1942, potendo il Di Noia trasportare co

modamente i suoi mobili a Moiano Calabro.

Ottenuta la convalida di licenza, il Chidichimo vi dette esecuzione per mezzo di ufficiale giudiziario, immetten dosi in possesso.

In seguito a denuncia del Di Noia, il Chidichimo venne

rinviato a giudizio per sfratto abusivo ai sensi dell'art. 2,

capov. 2°, legge 12 marzo 1941, n. 142, e 9, 1» e 2a parte, della legge 8 luglio 1941, n. 645, e condannato dal Tri bunale di Castrovillari con sentenza 25 maggio 1942 alla

pena di lire 160 di ammenda per il reato di cui al pre detto art. 2, capov. 2°, regio decreto-legge 12 marzo 19'1, n. 142, in relazione all'art. 12, capov., legge 8 luglio 1941, n. 645, così modificata la rubrica. ..

Il primo motivo del ricorso proposto dal Chidichimo è giuridicamente fondato.

Invero, il regio decrero-legge 12 marzo 1941, n. 142, contiene norme relative agli affitti degli immobili urbani

(prorogate poi, con opportune modificazioni dal successivo

regio decreto-legge 24 marzo 1942, n. 200) ; ma nessuno dei due regi decreti-legge, abroga espressamente o taci tamente la disposizione relativa alla mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato : disposizione sancita nella legge 24 dicembre 1896, n. 547, ora riprodotta nel l'art. 663 del vigente cod. proc. civ., per la'quale, se l'in

(1) La Corte suprema in sede civile ha detto, perù non senza

contrasto, che la contestazione fondata dal conduttore sulla pro roga legale della locazione per tutta la durata della guerra non

permette al Giudice adito di convalidare la licenza per finita lo cazione : 6 m irzo 1943, Celli c. Valsecchi (anno corr., I, 664, con nota di richiami).

Per lo stato attuale della legislazione vedi la nota alla sen tenza P. Roma, 16 aprile 1943, Rossi e Lucarelli {retro, col. 133).

timato non comparisca, o comparendo non si opponga, il Giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone, con ordinanza in calce alla citazione, la appposizione su di essa della formula esecutiva. Ne consegue che il diritto del conduttore alla proroga della locazione in corso du rante la guerra deve essere tempestivamente fatta valere.

Nella specie presa in esame dalla sentenza del Tribu nale di Castrovillari, la licenza per finita locazione inti mata dal Chidichimo al Di Noia, era stata dal Giudice conciliatore di Trebisacce legalmente convalidata per man cata comparizione del conduttore ; e il locatore in base al titolo esecutivo era entrato legalmente in possesso del suo immobile. Nessuna opposizione alla convalida venne pro posta dal Di Noia, il quale deve imputare a sè stesso le

conseguenze della mancata comparizione. Il Tribunale per tanto, ritendo abusivo lo sfratto, ha violato i rapporti che intercedono fra la competenza penale e la competenza civile. Il sistema accolto dal nostro diritto è quello che si fonda sul principio dell'essenziale unicità del potere di

giurisdizione. Qualunque sia il Giudice e la competenza è

sempre la stessa funzione di giurisdizione che si attua. Tra le varie suddivisioni di giurisdizione (competenza) non vi è antagonismo ma integrazione.

Il giudizio, quindi, esauritosi davanti a qualunque Giu

dice, a qualsivoglia fine, non deve essere ripetuto nè nella stessa sede, nè in altra, diversamente si violano i principi

generali concernenti l'unità del potere di giurisdizione e l'autorità della cosa giudicata.

Con l'accoglimento del primo motivo, che importa l'as sorbimento degli altri, e il rigetto del ricorso del P. M., devesi annullare, senza rinvio, la sentenza gravata perchè il fatto non costituisce reato.

Per ques'i motivi, annulla perchè il fatto non costi tuisce reato.

CORTE SUPREMA 01 CASSAZIONE. (Seconda sezione penale)

Udienza 12 maggio 1943 ; Pres. Romano, Est. Bicci, P. M. Battaglini (conci, conf.) — Ric. Moccia.

(Sent, denunciata : P. Foggia 2 jebbraio 1943)

Sicurezza pubblica — Licenze eli esercizio — Noleggio di motocicli e biciclette — Obbligo della licenza (L., t. u.f 18 giugno 1931, n. 773, art. 86; regol. 6 mag gio 1940, n. 635, art. 158).

È necessaria la licenza di polizia per l'esercizio di noleggio di motocicli e biciclette. (1)

La Corte : — Ricorre per cassazione Moccia Pellegrino il quale, con sentenza 2 febbraio 1943 del Pretore di

Foggia, veniva condannato a lire 20 di ammenda sic

come colpevole di contravvenzione all'art. 86 della legge di pubblica sicurezza per avere gestito un esercizio di

noleggio di biciclette senza licenza del Questore... Osserva la Corte suprema che, sebbene l'art. 86 del te

sto unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con

regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, faccia espresso rife

rimento solo agli esercizi di rimessa di autoveicoli o di

vetture, pur tuttavia nessun dubbio può sorgere circa il

carattere esemplificativo della norma, come risulta dal

(1> Come è ricordato nella sentenza, già il Supremo Collegio aveva deciso che anche gli esercizi di nokggio di autoveicoli da rimessa sono soggetti ad autorizzazione di polizia : 23 febbraio 1940, Pavroni, 23 febbraio 1940, .Iacopino (Foro it., Rep. 1941, voce Sicurezza pubblica, nn. 13-15). B per quanto riguarda le biciclette, se pur vi poteva essere dubbio di fronte all'art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, non può ormai esservi dubbio, come pure è detto nella sentenza, di fronte all'art. 158 del relativo regolamento, il quale esplicitamente stabilisce che sono soggetti alla disciplina dell'art. 86 della legge i noleggiatori di biciclette.

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147 PARTE SECONDA 148

l'aggiunta che immediatamente sussegue « ovvero locali di stallaggio e simili ».

Appare chiaro pertanto il pensiero del legislatore di

assoggettare a controllo, mediante preventiva autorizza zione di polizia, tutti quegli esercizi dove si depositano o si dànno a noleggio autoveicoli e vetture di qualsiasi specie, fra i quali rientrano gli esercizi di noleggio di motocicli e di biciclette, come del resto è stato anche chiarito dall'art. 158 del regolamento alla predetta legge di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 mag gio 1940, n. 635, che esplicitamente assoggetta i noleg giatori di autoveicoli con conducente e di biciclette alla

disciplina dell'art. 86 della legge. Sul carattere esemplificativo della norma data con

l'art. 86 della legge di pubblica sicurezza ha già avuto occasione di statuire questa Corte suprema, la quale ha deciso che anche gli esercizi di noleggio di autoveicoli da rimessa sono soggetti ad autorizzazione di polizia.

Nè si può invocare, come fa il ricorrente, l'errore di fatto in quanto egli non avrebbe conosciuto una circolare del Ministero delle finanze chiarificatrice del pensiero della legge negli stessi sensi su espressi, perchè non è la detta circolare che stabilisce la disciplina cui devono as

soggettarsi gli esercizi di rimessa e di noleggio di vetture e autovetture, ma è la stessa legge di pubblica sicurezza nella sua espressione esemplificativa, cui fece seguito poi, in forma espressa, il regolamento alla legge suddetta. Pertanto il ricorso va rigettato.

Per questi motivi, rigetta il ricorso.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE. (Terza sezione pesale)

Udienza 2 febbraio 1943 ; Pres. Miraulo, Est. Fidenzi, P. M. Mirto (conci, conf.) — Eie. Ferrara (Avv. Botti, De Nicola, Persico).

(Sent, denunciata : App. Napoli 30 dicembre 1941)

Frode processuale — Immutazione dello stato di fatto —

Artificio idoneo a indurre in errore — Capacità di creare una situazione di pericolo per lo svolgimento dell'attività giudiziaria (Cod. pen., art. 374).

A costituire il reato di frode processuale si richiede che la immutazione dello stato di fatto sia compiuta con arti

ficio, e altresì che questo sia idoneo a indurre in errore e a trarre in inganno il giudice e il perito. (1)

La frode processuale, come le altre falsità giudiziali, è reato di pericolo e quindi occorre che l'immutazione artificiosa abbia la capacità di creare una situazione di pericolo per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria, de sumendosi tale requisito dalla necessità di un nesso cau sale fra l'azione del colpevole e l'evento. (2)

La Corte. — Con transazione 4 maggio 1935, l'avvo cato Prospero Ferrara cedette a Silvestri Amalia, condo mina di un fabbricato in S. Pietro a Patierno, un vano terreno e una cisterna, e la Silvestri si obbligò a inca nalare le acque piovane che provenivano dalla proprietà Ferrara mediante una conduttura, da immettersi in quella esistente nel cortile, assicurandone il deflusso fino alla via pubblica.

(1) Sostanzialmente conformi: 15 gennaio 1936, Svegliado (Foro it., Rep. 1936, Voce Frode processuale, n. 2) ; T. Milano, 11 maggio 1936, Gorla c. Torriani (id., Hep. 1937, voce cit., n. 5). Osserva, però, il De Maio (Sul reato di frode processuale, in Giusi, pen., 1934, II, 1009, § VI) che vi è artificio tutte le volte che nessun'altra ragione non illecita spieghi o giustifichi la immutazione praticata.

(a) Osserva il Sandulli (Frode processuale, in Scuola pos., 1932, I, 132, § XIII) che quando avviene l'immutazione il reato si consuma, salvo poi a vedere se il giudice potrà essere tratto in inganno.

Con citazione 18 settembre 1939, il Ferrara, lamen tando che la Silvestri aveva eseguito opere irregolari e

imperfette, in dipendenza delle quali le acque si erano riversate fuori delle condutture, che erano state logorate e distrutte, e si erano infiltrate nel fabbricato, di cui ave vano danneggiato i muri e le fondazioni, convenne la Sil vestri avanti il Tribunale di Napoli, instando per l'am missione di una perizia per accertare la irregolarità delle

opere eseguite, i danni cagionati e le opere occorrenti per ripararli.

Il Tribunale, con pronuncia del novembre 1939, di

spose la perizia, dando incarico al perito di stabilire se i danni al fabbricato dell'attore fossero dipesi da cattiva esecuzione delle opere, o da cattiva manutenzione da parte del Ferrara. Nelle more del giudizio, il 27 ottobre 1939, il Ferrara fece togliere le vecchie grondaie di zinco, che

raccoglievano le acque piovane dalla copertura della sua

proprietà, sostituendole con tubi di eternit. La Silvestri, il 20 gennaio 1940, denunciò il Ferrara per tale immuta zione dello stato dei luoghi, ed esaurita l'istruzione, il sunnominato fu chiamato a rispondere, avanti il Tribu nale di Napoli, di frode processuale (art. 374 cod. pen.) sia per la rimozione e sostituzione della grondaia, sia per l'asportazione di una vaschetta destinata alla raccolta delle acque. Il Tribunale prosciolse l'imputato, perchè il fatto non costituisce reato.

Su impugnazione del Procuratore del Re Imperatore, la Corte di appello di Napoli affermò la colpevolezza dell'imputato, solo in relazione alla grondaia, e lo con dannò alla pena, condonata, di mesi sei di reclusione, non ché alle spese processuali e a quelle a favore della parte oivile.

Il Ferrara ha proposto rioorso per cassazione, dedu

cendo, oltre che mancanza di motivazione sul dolo, che il fatto ritenuto dalla Corte di merito non è preveduto dalla legge come reato, perchè l'immutazione non fu ar

tificiosa, e perchè comunque l'immutazione non aveva la l'idoneità a trarre in inganno il perito e il giudice. Ha

chiesto, preliminarmente alla declaratoria di amnistia, la

applicazione del secondo comma dell'art. 152 cod. proc. penale.

Questa ultima richiesta merita accoglimento. Nel delitto di frode processuale, oggetto della tutela

penale è l'interesse di assicurare la genuinità della fonte del convincimento del giudice sugli elementi di prova, che si possono trarre dall'ispezione di luoghi, di cose o di

persone, dall'esperimento giudiziale o dalla perizia, contro l'artificiosa immutazione di tali luoghi, cose o persone. Ma il legislatore, nel configurare questo reato, che era

ignoto al codice abrogato, ha assegnato ad esso confini ben princiBi e definitivi, essendosi proposto di innovare con prudenza e moderazione, limitandosi a prevedere ipo tesi di frode processuale di molta gravità, e costituenti vere falsità reali.

A costituire il reato in parola si richiede pertanto che l'immutazione dello stato di fatto sia compiuta con ar

tificio, e altresì che questo sia idoneo a indurre in errore e a trarre in inganno il giudice e il perito.

Vero è che la frode processuale, non diversamente dalle altre falsità giudiziali, è reato di pericolo, non occorrendo

per la sua incriminazione che in concreto si verifichi l'in

ganno della giustizia ; tuttavia, per la sussistenza del

reato, occorre che l'immutazione artificiosa abbia la ca

pacità di creare una situazione di pericolo per il regolare svolgimento dell'attività giudiziaria, desumendosi tale re

quisito dalla necessità di un nesso causale fra l'azione del

colpevole e l'evento. Nel caso in esame, la Corte di appello, confondendo

in sostanza col dolo specifico del reato l'elemento obbiet tivo dell'artificio richi« sto dalla legge, fa consistere co desto artificio nella malizia con la quale il Ferrara avrebbe cercato di fare apparire che la sostituzione della gron daia si fosse resa necessaria in seguito ai reclami degli inquilini, mentre egli, secondo l'avviso della Corte, la avrebbe effettuata per far scomparire la prova della sua

responsabilità per i danni subiti dal suo fabbricato, ma,

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