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Udienza 13 giugno 1941; Pres. Aloisi, Est. De Conciliis, P. M. Masci (concl. conf.) —Ric. P. M. c.Cuniberto ed altri (Avv. Sechi ed Escobedo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 66, PARTE SECONDA: GIURISPRUDENZA PENALE (1941), pp.233/234-235/236Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23132070 .
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233 GIURISPRUDENZA PENALE 234
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Prima sezione penale)
Udienza 6 giugno 1941 ; Pres. Aloisi, Est. Toesca, P. M.
Corti?sani (conci, conf.) — Kic. P. M. c. Cusinato
(Avv. Pitxaluga).
(Sent, denunciata : Pretura Castelfranco Veneto 24 settem
bre 1940)
Calmiere e disciplina della produzione e della distribu
zione — Carta annonaria — Cessione o indebita ri
tenzione — Sanzione applicabile (L. 6 maggio 1940, n. 577, art. 2 e 4 ; D. M. 12 settembre 1940).
La carta annonaria individuale è personale e non è cedi
bile e ogni forma di cessione, come anche l'indebita ri
tenzione, è soggetta alle sanzioni di cui all'art. 4 della
legge 6 maggio 1940 n. 577. ( 1) Ciò era anche prima dell'emanazione del decreto ministe
riale 12 settembre 1940, che contiene il divieto di ces
sione, perchè si tratta di prescrizione aderente all'uso
obbligatorio della carta annonaria in modo essenziale. (2)
La Corte : — ... Considera : il ricorso proposto dal
P. M. è fondato e deve essere accolto.
Stabilisce l'art. 2 della legge 6 maggio 19,0, n. 577, che per l'attuazione del razionamento è fatto uso di una
carta annonaria da rilasciarsi da ciascun Comune ai re
Bidenti nel comune stesso. Le norme di utilizzazione della
carta annonaria per consentirle di conseguire i propri scopi sono contenute nel decreto ministeriale 12 settembre 1940, che detta le norme di esecuzione della legge 6 maggio 1940, n. 577. In detto decreto è stabilito espressamente che la carta annonaria individuale è personale e non è
cedibile e pertanto ogni forma di cessione deve ritenersi
vietata e soggetta alle sanzioni di cui all'art. 4 della legge 6 maggio 1940, n. 577.
È vero che la detta statuizione relativa al divieto di
cessione non è contenuta nella legge, ma soltanto nelle
norme di esecuzione emanate in data successiva alla con
testazione della contravvenzione, ma si tratta di prescri zione aderente all'uso obbligatorio della carta annonaria
in modo essenziale, perchè senza la sua osservanza non
è possibile conseguire gli effetti voluti raggiungere col
tesseramento.
Invero questo mira a stabilire nell'ambito del comune
di residenza la parità di condizione dei comunisti di fronte
alla limitazione dei consumi voluta per necessità di or
dine generale, ma tale parità di condizione appunto non
sarebbe possibile ottenere senza il divieto di cessione della
tessera, in stretta dipendenza perciò coli'introduzione del
tesseramento a mezzo della carta annonaria. Il divieto di
cessione pertanto, nel quale va compreso per necessità
logica anche quello dell'indebita ritenzione della carta an
nonaria contro la volontà dell'intestatario, deve ritenersi
contenuta nell'art. 2 della legge, che impone l'uso della
carta annonaria, indipendentemente da una norma espres sa che lo disponga.
Ora il Procuratore del Re ricorrente mette in evidenza
(1-2) Il fatto ora cadrebbe eotto l'art. 12 della nuova legge sui reati aDnonari 8 luglio 1941, n. 645, il quale dice che chiun
que viola le norme legislative o regolamentari sulla disciplina della produzione, dell'approvvigionamento, della distribuzione, del
commercio, o del consumo delle merci ecc. è punito ecc. L'art. 16
di detta legge soggiunge che le disposizioni di essa sostituiscono le norme penali di vari provvedimenti, tra i quali la legge 6 mag
gio 1940, n. 577. Dice la relazione ministeriale sul disegno della
legge 8 luglio 1941 : «S'intende perciò che tutte le sanzioni pe nali oggi sparse in molteplici provvedimenti sono senz'altro so stituite da un'unica ed uniforme sanzione, quella dell'art. 12, che è stata adeguata, nel massimo, alla triplicazione stabilita
dall'art. 1 del E. decreto-legge 27 dicembre 1940-XIX, n. 1715»
(vedila in Le leggi, 1941, pag. 648). E vedi anche: Tallarigo, La legge 8 luglio 1941, XIX, n. 645, che disciplina le sanzioni
penali in materia di approvvigionamento e consumo, in Biv. pen., 19 ' 1, pag. 1098, § 8.
l'incongruenza strutturale del ragionamento col quale il
Pretore ha ritenuto, accogliendo in pieno l'assunto difen
sivo dell'imputato, di dovere escludere che una fraudo
lenta cessione delle (essere o quanto meno un'illecita ed
arbitraria ritenzione delle stesse da parte del Cusinato
siasi verificata nella specie. Osserva invero il P. M. ri
corrente che l'illecita utilizzazione a favore di terzi delle
carte annonarie indebitamente ritenute dall'imputato era
resa possibile dalla dichiarazione del Bianco che la sua
famiglia limitava il consumo mensile dello zucchero a kg. 6
sui kg. 20.500 ai quali aveva diritto, e la mala fede del
Cusinato è dimostrata dal tentativo di restituire al Bian
co nel periodo delle indagini le carte anuonarie tratte
nute. Aggiunge che '.'argomento fondamentale della sen
tenza di essere la frode esclusa dal portare ancora le carte
annonarie attaccate le cedole di prenotazione e di prele vamento del mese di agosto, mentre era scaduto il ter
mine per la prenotazione, era reso vano e dimostrato in
concreto senza valore dall'avere il Bianco ritirato il sa
pone senza che ne avesse fatta prenotazione. Di tali circostanze essenz ali per l'applicazione della
legge al fatto la sentenza non ha invero tenuto conto
alcuno.
Erra pertanto in diritto la sentenza quando ritiene
inapplicabile al fatto una sanzione penale per l'illecita
detenzione della tessera, ed è inoltre viziata da mancanza
di motivazione sopra punti essenziali della causa.
Per questi motivi, cassa e rinvia al Pretore di Treviso.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Prima sezione penule)
Udienza 13 giugno 1941 ; Pres. Aloisi, Est. De Conciliis,
P. M. Masci (conci, conf.) — Eie. P. M. c. Cuniberto
ed altri (Avv. Sechi ed Escobedo).
(Sent, denunciata : App. Torino 14 maggio 1940)
Calmiere e disciplina della produzione e della distribu
zione — Caffè — Accaparramento e sottrazione al
consumo — Può esserne oggetto — Sanzione appli cabile (L. 30 settembre 1920, n. 1349, art. 6; R. D.
L. 3 settembre 1939, n. 1337, art. 1).
Il caffè può essere oggetto di accaparramento e di sottra
zione al normale consumo anche dopo il provvedimento del Ministero delle corporazioni che ne ha vietata la
vendita, riservandone il consumo alle Forze armate, alle
ease di cura, agli ospedali ed alle opere pie. (I)
Le relative infrazioni sono punibili ai sensi dell'art. 1 d-l
regio decreto-legge 3 settembre 1939 n. 1337 e, se ante
riori all'entrata in vigore di questo, ai sensi delVart. 6
delta legge 30 settembre 1920 n. 1349, non ai sensi del
Vart. 650 cod. penale. (2)
La Corte : — Nicodano Teodoro, proprietario di un
esercizio di torrefazione di caffè in Torino, al momento
degli accertamenti eseguiti dalla R. Guardia di finanza
nel suo esercizio, il 30 agosto 1939, per l'applicazione
dell'ordinanza della stessa data del Ministero delle cor
porazioni, conia quale veniva bloccato il commercio del
caffè, riusciva a sottrarre al controllo degli agenti circa
200 kg. di caffè crudo. Lo rivendeva più tardi a Cuni
berto Giuseppe, viaggiatore di commercio in generi colo
niali, ad un prezzo variabile fra le 50 e le 55 lire al kg.
(1-2) Vedi le conformi sentenze ricordate in testo. Conforme
ìlla prima massima : De Mattia, Il consumo normale nel reato
di accaparramento, in Giust. pen., 1941, III, 514, § 2.
Le norme penali del regio decreto legge 3 settembre 1939, nu
mero 1337, sono ora sostituite da quelle della nuova legge 8 lu
glio 1941, n. 645, come è detto nell'art. 16 della legge medesima.
Vedi la nostra nota alla sentenza 6 giugno 1941, Cusinato, che
precede.
Il Poro Italiano — Anno LXV1 — Parte II 20
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235 PARTE SECONDA 236
Gavazza Luigi, commerciante di coloniali in Asti, riu
sciva a sottrarre al controllo degli agenti kg. 180 di caf
fè crudo, che pure rivendeva al Cuniberto, ad un prezzo fra le 35 e le 40 lire al kg. Questi, a sua volta, riven
deva il caffè come sopra acquistato a Bolzano Angelo,
per kg. 47, ed a Loy Pietro, Borelli Gian Carlo e Lotti
Francesco, per quantitativi inferiori ai 25 kg. per cia
scuno....
La Corte di appello di Torino, con sentenza 14 mag
gio 1940, ritenne che il fatto commesso dagli imputati non costituisse il delitto previsto dal regio decreto-leg ge suaccennato, ritenendo che il caffè non potesse più con
siderarsi merce di uso comune e che non potesse parlarsi di consumo normale di esso, essendone vietata la vendita
per disposizioni emanate dal Ministero delle corporazioni. Bitenne che il fatto costituisse invece la contravvenzio ne di cui all'art. 650 cod. pen., in ordine alla quale di
chiarò non luogo a procedere essendo estinto il reato per amnistia.
Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la detta Corte, deducendo violazione e falsa interpreta zione dell'art. 1 del ripetuto regio decreto-legge, in quan to ricorrano gli estremi del delitto da esso preveduto ; e difetto e contraddittorietà di motivazione, in quanto la
sentenza, mentre ha affermata la sussistenza della con
travvenzione, non ha giustificato in che consistesse l'inos servanza del provvedimento da parte di quelli degli im
putati che effettuarono l'acquisto dopo il 30 agosto 1939,
epoca cui la denuncia doveva riferirsi, o che acqui starono caffè per meno di 25 kg. e quindi non avevano
obbligo di denuncia. Il ricorso del P. M. è fondato e va accolto per quanto
si riferisce all'applicabilità del regio decreto-legge 3 set tembre 1939, n. 1337, art. 1, e per le infrazioni anteriori all'entrata in vigore del detto decreto legge, della legge 30 settembre 1920, n. 1349, art. 6.
La questione è stata ripetutamente presa in esame dal
Supremo Collegio, il quale, con la sentenza 29 maggio-7 giugno 1940, ric. Pozzati (Foro it., retro, col. 57, con nota di richiami), 21 marzo 1941, ric. Galluzzo (Qiust. peri., 1941, III, col. 425), e 2 maggio 1941, ric. Nori ed altri, ha rilevato che il caffè può essere oggetto di accaparra mento e di sottrazione al consumo normale ai sensi delle dette disposizioni anche dopo il provvedimento del Mini stero delle, corporazioni del 30 agosto 1939, che ne ha vietata la vendita, riservandone il consumo alle Forze ar
mate, alle case di cura, agli ospedali, ed alle opere pie. Ciò in quanto il caffè è indubbiamente merce di uso co mune e popolare, e tale sua qualità non è venuta meno
per il fatto che l'uso ne sia stato riservato a determinate
categorie di persone, che ne hanno maggiore bisogno; ed in quanto per consumo normale deve intendersi quello che deriva non soltanto dalla naturale situazione del mer cato e dalla libera concorrenza, ma anche, ed a maggiore ragione, da speciali norme e vincoli stabiliti dalla legge e dalle Autorità amministrative.
La Corte non può che confermare, per le ragioni già esposte, la suaccennata giurisprudenza.
Non è invece applicabile l'art. 650 cod. pen., perchè il detto articolo si riferisce ai provvedimenti legalmente dati dall'Autorità per ragioni di giustizia, di sicurezza
pubblica, di ordine pubblico o di igiene, mentre il prov vedimento sopraccennato del Ministero delle corporazioni non è dato per tali ragioni ed attiene invece alla polizia dei consumi. Anche su ciò il Supremo Collegio si è ripe tutamente pronunciato con lé indicate sentenze, ric. Poz zati e ric. Galluzzo, e con le sentenze, 5 novembre 1937, ric. Morandotto, e 22 maggio 1940, Dell'Arsina ed altri
(Foro it., 1940, II, 120, con nota di richiami). Eimangono pertanto assorbite le questioni sollevate, circa l'applica zione del detto articolo nei riguardi di alcuni degli impu tati, con il ricorso del P. M.
Per questi motivi, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Torino.
CORTE DI CASSAZIONE DEL REGNO. (Prima sezione penale)
Udienza 20 giugno 1941 ; Pres. Aloisi, Est. Guidi, P. M.
Mirto (conci, conf.) — Eie. P. M. c. Arata (Avv. Per
sico).
(Sent, denunciata : Trib. Milano 16 settembre 1940)
Calmiere e disciplina della produzione e della distribu
zione — Sottrazione al consumo normale — Nozione — Generi contingentati — Acquisti illegittimi — Pri
vato consumatore — Sussistenza di reato (E. D. L.
3 settembre 1939, n. 1337, art. 1).
Deve intendersi sottratto al consumo normale non soltanto
il genere accantonato ed incettato, ma anche quello che
viene da chiunque svialo dalla sua destinazione, per modo che, anziché essere distribuito alla generalità dei
cittadini, nei modi e nei quantitativi prestabiliti, è uti
lizzato da pochi, per un nascosto e lucrobo smercio, se si
tratta di commerciante, per il consumo diretto fuori il
tempo ed oltre la quantità consentita, se si tratta di
privato. (1)
Quindi gli acquisti illegittimi di generi contingentati com
piuti anche dal privato consumatore ben possono costi
tuire sottrazione al consumo normale. (2)
La Corte: Ritiene che, denunciato ed arrestato il
6 luglio 1940, Arata Giulio fu tratto al giudizio del Pre
tore di Milano I'll detto, per rispondere del delitto di
cui all'art. 1 prima parte regio decreto-legge 3 settembre
1939, n. 1357, per avere in Milano accaparrato 3 kg. di
olio di oliva, 109 chili di riso, 45 di zucchero, 38 di pa sta alimentare, 54 di sapone da bucato, e 5.700 di caffè,
nonché 18 pacchetti di surrogato e 53 pezzi di generi in
scatola di estratti vari. Invero il 6 luglio Agenti di p. s.
del servizio annonario avevano proceduto a perquisizione a domicilio nell'abitazione dell'Arata al fine di constatare
l'entità della scorta di generi alimentari di uso comune
da lui detenuti, ed avevano rinvenuto parte in casa e
parte in cantina quanto sopra, sebbene egli alla preven tiva domanda avesse risposto che era in possesso soltanto
di un quintale di riso e di un pò di olio. Poi, esperite
indagini, la P. S. aveva accertato che la famiglia del
l'Arata constava di cinque persone (i coniugi, una ni
pote, non fissa a Milano, e due domestiche) ; che quattro
(12) Sulla nozione di sottrazione al normale consumo vedi :
App. Catanzaro, 10 giugno 1941, Bardo (retro, col. 206, con nota
di richiami) ; De Mattia, Il consumo normale nel reato di acca
parramento, in Giust. pen., 1941, III, 514, § 2.
Come abbiamo detto in nota alla sentenza 13 giugno 1941,
Cuniberto, che precede, le norme penali del regio decreto
legge 3 settembre 1939, n. 1337, sono state sostituite dalla leg ge 8 luglio 1941, n. 645. Questa, come ha anche detto il Guar
dasigilli nella relazione sul disegno di legge (vedila in Le leggi, 1941, 647) e nella circolare 19 luglio 1941-X1X, n. 2606, ai Capi delle Corti, ha eliminato la differenziazione delle tre attività pre viste dall'art. 1 del regio decreto-legge anzidetto (incetta, acca
parramento, sottrazione al consumo normale), fissando la mate
rialità del reato nella sottrazione al consumo normale, nel cui
concetto sono compresi l'incetta e l'accaparramento ; ed ha inteso
riferirsi a tutte le merci. Vedi al riguardo : Bernieri, Il concetto
di sottrazione al consumo normale, in Annali di dir. e proc. pen.,
1941, 691 ; Bonini, I reati annonari secondo la nuova legge, in
Riv. pen., 1941, 977, §§ 5, 15 e 16 ; Tallarigo, La legge 8
luglio 1941-XIX, n. 645, che disciplina le sanzioni penali in ma
teria di approvvigionamento e consumo, id., 1941, 1098, §§ 1 e 2.
Quest'ultimo autore al § 4, però, ritiene che con la nuova legge il privato cittadino, il quale provvede a formarsi delle provviste familiari secondo le consuetudini del luogo o le proprie abitu
dini o quelle che ritiene le necessità della sua famiglia e viola
con ciò le norme sul razionamento di merci di largo e comune
consumo, non compie sottrazione al normale consumo, ma la
sola contravvenzione prevista dall'art. 12 della legge medesima ;
consuma il reato di sottrazione al normale consumo solo se ec
ceda la normalitàTdella provvista familiare.
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